Collaboratori e autori: RAI, Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente

IL MUSICHIERE

(1958)

Il musichiere 1958


Totò non amava molto la televisione. Era convinto che fosse un mezzo che divorasse gli attori fino a bruciarli e perciò preferiva considerarsene un fruitore piuttosto che un interprete. Nonostante la sua idea però, si lasciò convincere nel 1958 a partecipare a Il Musichiere di Mario Riva, esattamente sabato 1° febbraio 1958.

L'incontro con il presentatore con il quale aveva già lavorato nel passato in numerose riviste fu molto affettuoso, ma durante la trasmissione l'attore si lasciò scappare un "Viva Lauro", l'allora sindaco di Napoli. La frase lascio interdetto lo stesso Riva che esclamo "...ma Toto.."; e lui di rimando: "A me piace Lauro...". I dirigenti democristiani della Rai mal tollerarono che un personaggio così popolare inneggiasse al capo del partito monarchico e per molti tempo il Principe non venne più chiamato in televisione. Passarono molti anni fino a quando, nel 1966, riapparve sul piccolo schermo in una trasmissione televisiva molto seguita Studio Uno, in cui duettò lungamente con Mina che alla fine cantò una canzone scritta dallo stesso Totò.


Antonio ebbe un grosso contrasto con la RAI per il Musichiere. Si lasciò sfuggire questa frase, «Viva Lauro!», frase che - posso testimoniarlo fino alla fine - aveva detto non perché fosse un sostenitore del comandante Lauro ma perché era il momento in cui Lauro dava la pasta, i pacchi dono, sembrava che facesse qualche cosa per la popolazione di Napoli. L'aveva detto in questo senso. Successe l'ira di Dio e la RAI non lo cercò più per molto tempo.

Franca Faldini


Viva Lauro!

Su quali fossero le tendenze politiche del grande Totò non vi è alcuna certezza. Certi personaggi di alcuni film (ad esempio, Antonio La trippa nel film Gli Onorevoli o il nobile Scipione di Torrealta in Totò Diabolicus) farebbero pensare ad una certa tendenza destrorsa.
Da ricordare ancora che Totò aveva una certa fissazione per la nobiltà, fissazione che lo portò a spendere un patrimonio per dimostrare i suoi nobili ascendenti. In controtendenza abbiamo invece le dichiarazioni della figlia di Totò che ricorda il padre come un socialista. Di sicuro Totò amava interpretare certi ruoli, a prescindere dalle sue idee, perchè gli consentivano di dar luogo a una delle sue "satire" meglio riuscite: il Mussolini al "balcone", ovverosia l'uomo di potere impegnato in discorsi retorici: esempi, in tal senso, sono anche presenti in Totò e Cleopatra, in Sua Eccellenza si fermò a mangiare, in Totò e la dolce vita. Nel 1958 accadde invece un episodio che costrinse poi Totò a un lungo periodo di allontanamento, per punizione, dalla televisione. Come tanti altri grandissimi personaggi (vedi Gary Cooper) fu invitato alla trasmissione Il Musichiere condotta dall'indimenticato Mario Riva.

All'improvviso, Totò lanciò un "urlo" da tifoso: "Viva Lauro!". Il conduttore rimase esterefatto, forse anche terrorizzato per le conseguenze che il comportamento di Totò avrebbe potuto avere per la trasmissione e per la sua carriera (all'epoca la censura era particolarmente attenta...; per saprene di più, Totò e la censura).
Perchè lo fece? Probabilmente, di base, Totò stimava l'imprenditore Lauro; in quel momento crediamo invece ebbe il sopravvento il suo instinto alla battuta "estemporanea" che lo aveva già portato a comportamenti simili in altre occasioni nei suoi film.


Così la stampa dell'epoca

1958 02 06 Gazzetta del Popolo Toto Musichiere L

«Gazzetta del Popolo», 6 febbraio 1958


Altezza, perdoni il sentito sfogo di un Suo antico e tenace ammiratore. Io la seguo, Altezza, dagli anni di Clely Fiamma (Bologna, Teatro Manzoni) o di Paola Orlova (Bologna, Teatro Verdi). Bei tempi. Altezza. Io facevo il cronista, Lei faceva l'avanspettacolo. Lei si chiamava semplicemente Totò, io ero semplicemente il « Vice » (cioè, non mi chiamavo affatto) di E. Ferdinando Palmieri. Quanti anni sono passati? Secoli, sembra: ma Lei adesso è Principe e io non ho strappato al destino e ai ministri nemmeno una croce di cavaliere. Lasciamo stare i bilanci e gli odiosi confronti: io, Altezza, sono anche ingrassato.

Pensi, Altezza, che quando le mie figliole ridono alle scadenti trovate della Via del successo in me si scatena una struggente tenerezza : « Le infelici piccine » dico « ignorano cos’era Totò quando io e la mamma eravamo fidanzati. Quella scenetta dell’Orapronobisse che scatenava nella pomeridiana platea del Verdi convulse reazioni; e Totò e Castellani in scena per un'ora senza che neppure il sensibile pubblico della mia gloriosa città invocasse l’apparizione delle 6 Girls 6 ».

Altezza, Lei appartiene ai miti della mia generazione: noi rimpiangiamo ancora canzonette come La bambola rosa o La carrozzella, noi citiamo con devozione Spadaro e Lotte Menas (compagnia Schwarz: i grandi impresari viennesi lasciarono in deposito qualche ragazza a distinti e stimati professionisti e a facoltosi uomini d'affari).

Ricordiamo Macario e « le gocce cadono, ma che fa », guai a chi ci tocca il Zavattini di Parliamo tanto di me e il Marotta di Strattamente confidenziale; ci piacevano, pensi, Cronin e Kormendi, spasimavamo per i film di Duvivier, capivamo il disertore Gabin che impazziva per gli occhi chiari di una ragazza: Michèle Morgan. Il « gabardine » e il basco di Michèle diventarono per noi una bandiera, come le storiche calze nere di Marlene che richiamavano sempre i cultori del « cinema classico » nella saletta del Cine-guf. (I reggipetti della Lollo e della Mansfield appartengono appena alla cronaca.)

Altezza, Lei non deve più deludere questi signori dai capelli grigi che, per volerle bene, non hanno aspettato le pellicole di Mattoli o di Simo-nelli. Lei non deve lanciare, davanti alle telecamere, grida di « Viva Lauro » e nemmeno di « Viva Fanfani » o di « Viva Nenni », grida che possono anche esprimere i sentimenti del Principe De Curtis, ma che non si addicono, almeno in quella sede, al comico Totò.

Lei è un invitato: che ne direbbe, Altezza, se, ospite nei suoi saloni, approfittando di una favorevole occasione, allungassi i baffi all’immagine di qualche suo antenato guerriero, mettendogli al posto della spada la mazza del « Pazzariello », un personaggio da Lei cosi finemente interpretato? Che scherzo. Del genere di quello che Lei ha fatto agli autori del Musichiere, inneggiando, con estemporanea e non prevista battuta, al « Comandante ».

Faccia, se lo crede, dei comizi in piazza : tanto noi Totò lo andiamo a cercare a teatro. Siamo - come le ho detto -suoi antichi ammiratori e, per ridere, vogliamo fare come sempre. Noi pagheremo il biglietto.

Enzo Biagi, «Epoca», anno IX, n.385, 16 febbraio 1958


1958 05 11 Domenica Del Corriere a60 n20 Musichiere intro

Perchè questa rubrica ha avuto molta più fortuna del previsto? E’, dopo "Lascia o raddoppia?”, un nuovo “casinò dei poveri”, meno impegnativo, dove alla peggio si guadagna un briciolo di popolarità.

E' sorta, nel firmamento della Televisione, una nuova stella, è nata un’altra moda, è stata lanciata una nuova «suspense». Si chiama «Il Musichiere». La rubrica, inventata da Piero Garinei e Sandro Giovannini, condotta da Mario Riva e musicata da Gorni Kramer, ha — all’anagrafe di via del Babuino, nella sede centrale della Rai-TV — cinque mesi di vita, ma il completo successo popolare, quello che viene inequivocabilmente segnato dal tifo, dalle «follie» e dalle polemiche, è assai più recente. Fa data dalla sfortunata eliminazione della maestrina dà Sangemini, Laura Lardori. E’ stato in realtà soltanto allora che il pubblico, creando la prima «grana» clamorosa e minacciando di schiodare per protesta le poltrone dell’auditorio, ha dimostrato che «Il Musichiere» è diventato adulto, e può competere alla pari con il più celebrato «quiz» della televisione «Lascia o raddoppia?».

Il giochetto allegro, divertente, senza pensieri, che gli autori ed il comico romano avevano pensato di offrire ai telespettatori, come un appuntamento sereno, distensivo di fine settimana, gli è scoppiato tra le mani. La platea ha acceso la miccia e scardinato l’equilibrio delle parti: è venuto decisa mente in primo piano l’azzardo, è retrocesso il «fair play», è svanito lo spettacolo come puro divertimento. E’ stato confermato, in fondo, che la maggiore aspirazione del pubblico è di accedere, a modico prezzo e con il minor rischio, ai tavoli verdi della televisione, al «casinò dei poveri», dove, alla peggio, si guadagna un briciolo di popolarità. E «Il Musichiere» è un tavolo verde, se non più generoso del multimilionario «Lascia o raddoppia?», certo, adesso, meno sfruttato e per di più agghindato di festosi richiami.

Primo. C’è il nuovo personaggio della televisione, il Mike-Bongiorno-due-anni-dopo, cioè Mario Riva: il presentatore che ha minor compitezza, meno «aplomb» e anche minor fascino, ma più «verve»; che aa il sale della battuta e il pepe della canzonatura. Mario Riva, da quando venne «scacciato» dagli «studi» di Roma per lo scandalo della «Piazzetta», a causa del costume «libertino» della ballerina Alba Arnova, ha cambiato lingua, ha fatto un poco la cura del miele. Della «cattiveria» che gli rimproveravano, ha conservato il mordente, eliminando le asprezze. Non per nulla Garinei e Giovannini gli hanno scherzosamente dedicato ora la canzonetta: «Tutti lo chiamano papà».

1958 05 11 Domenica Del Corriere a60 n20 Musichiere f1 LNella tavola a colori del pittore Walter Molino si possono distinguere, da sinistra a destra: i cantanti Paolo Bacilieri e Nuccia Bongiovanni, i concorrenti Antonio Salvatore e Laura Lardori, Gorni Kramer, Mario Riva e le «vallette» del gioco.

Secondo. Ci sono al «Musichiere» gli ospiti d’onore. La trovata, se non andiamo errati, fu lanciata proprio da «Lascia o raddoppia?». Garinei e Giovannini sono stati però i primi a sfruttarla sino in fondo. La sfilata pura e semplice dei volti celebri ha l’interesse, più o meno, di una serie di buone fotografie. Il trucco — semplicissimo — è stato, invece, di sciogliere i personaggi dalla loro immobilità e di portarli davanti ai teleschermi o nella loro realtà schietta e viva o in una amabile caricatura. Sono nati, cosi l'«ospite per beneficenza», che si esibisce in una selezione del suo repertorio, e l’«ospite per cantare», che accondiscende a subire, con il sorriso sulle labbra, la scherzosa presa in giro.

«Il Musichiere», come spettacolo, è qui. L’arte di alimentarlo è ovviamente difficile: con il tempo il campo di scelta dei personaggi inesorabilmente si restringe. E poi incidenti come quello sollevato da Totò, che sul più bello si lancia a gridare «Viva Lauro!», mettono gli organizzatori, prima ancora che i candidati, sul letto di Procuste.

Terzo. Finalmente, al «Musichiere» c’è la musica. Quale importanza, che incidenza hanno i motivi musicali nel successo della rubrica? Parlando della maestrina dalla bruna zazzeretta, che per oltre un mese ha legato il suo nome alle fortune del «quiz», è stato scritto che essa richiamava e un poco impersonava il costume, il modo di vivere di milioni di massaie, di maestrine, di ragazze che si nutrono di queste canzoni dalla mattina alla sera, sfaccendando in casa, studiando, aspettando un marito o un fidanzato, e navigando tra sogni tinti di rosa e piccoli problemi di bilancio.

E’ verissimo; ma per rendere, con un altro paragone, l’idea della fecondità del terreno in cui prospera tuttora in Italia la canzone, vorremmo ricordare le «follie» del Festival di Sanremo. La radio e la televisione hanno portato a gara, per tre intere serate, le voci e le immagini dei cantanti in ogni casa, dalle Alpi alla Sicilia. La risposta del pubblico è stata, nella massa, nettamente favorevole: un’inchiesta ha calcolato che nella sola città di Napoli oltre seicentomila persone hanno seguito, sera per sera, il Festival, come un’appassio-nante vicenda.

Il comico, il varietà, la musica: ecco dunque, i festosi richiami che fanno cornice al quadro del «Musichiere», ma il caso della milionaria Laura Lardori, segnando l’uscita del gioco dalla minorità, ne ha anche fissato l’essenza e la strada. Che è, di nuovo, la strada dei gettoni d’oro.

Gino Fantin, «Domenica del Corriere», anno LX, n.20, 11 maggio 1958


1963 01 25 Corriere della Sera Censura TV

«Radiocorriere TV», 25 gennaio 1963


1997 12 04 Il Messaggero Il musichiere intro

Nasceva quarant'anni fa lo show più amato dagli italiani Cento puntate in tre anni, tutte in diretta. Canzoni e milioni, Mario Riva conduttore, ospiti che facevano sognare le famiglie

Sette dicembre millenovecentocinquantasei, quarant'anni fa. Nasce il Musichiere, il sabato italiano. Televisione in bianco e nero, canale unico, direttore generale Sergio Pugliese. L’Italia vive di robusta De, di ottimismi ancora stellari, di poveri ma belli per i quali l’apparecchio infernale che porta il cinema in casa è occasione di riunioni familiari allargate agli amici c ai vicini di casa. Le serate di gozzoviglia sono due, il giovedì con Lascia o raddoppia?. il telequiz di Mike Bon-giorno che scrive un pezzo di storia del Paese, e il sabato, con il cocktail canzonette-ospiti-milioni scritto da Garìnei & Giovannini e presentato da Mario Riva.

Sette dicembre millenovecentonovantasette. Il sabato italiano non ha uno show che accomuni gusti ed entusiasmi. Le tv sono tante, tanti i canali, le proposte, i conduttori. La legge degli indici d’ascolto falcia nomi c idee, agita il parco artisti, obbliga a una frenetica ronde i divi del primo piano. Nemmeno i miliardi della lotteria di Capodanno garantiscono il successo. E il clima surriscaldato non genera mostri, ma solo topolini: fantatelevisione, forse persino un po’ frustrata, che guarda con il fiato corto la ripresa di altri generi, per troppo tempo relegati al declino.

1997 12 04 Il Messaggero Il musichiere f1

Se gli si chiede quale fosse, nel '56, la ricetta fortunata, Pietro Garinei sorride, come fa sposso, fra autoironia e sorniona consapevolezza. «Nessuna ricetta. Molto intuito, questo si, gente brava, un mazzetto di grandi professionisti riuniti attorno a Mario Riva e alla sua straordiparia capacità di destreggiarsi con i concorrenti, gli ospiti, gli imprevisti. Tutto cominciò quando Sandro Giovannini ed io, in America, vedemmo alla tv un programma in qualche modo somigliante al Musichiere, si chiamava Name that tune. I diritti per l’Europa li aveva il nostro amico Jean Paul Blondeau, trovammo Mario Riva libero e la versione italiana partì, scritta da noi. Arricchimmo con la presenza di molti ospiti il gioco della canzone da indovinare, aggiungemmo due rubriche fisse (Come potete parlare così potete cantare e Giocare per beneficenza) e ci sistemammo in posizione strategica in studio, per dare una mano a Riva durante la diretta: io in platea, armato di cartelli per segnalare eventuali lungaggini o cambiamenti di rotta, Sandro in cabina di regia, accanto ad Antonello Falqui. Un'ora, non di più. Due vallette, Alessandra Panaro e Lorella De Luca; due cantanti fissi, Nuccia Dongiovanni e Paolo Baccilieri, poi sostituto da Emilio Pericoli: coreografie di Gino Landi e un pupazzo di pezza che divenne un beniamino degli italiani, capoccctta rotonda, sorriso beato, capelli dritti. Il campione della serata, con addosso una fascia da miss, lo metteva in cassaforte a fine trasmissione. simbolo del bottino guadagnato, e giocava al raddoppio: se riusciva a indovinare quale fosse il motivo che accompagnava la chiusura del forziere, deformato ad arte dalla fisarmonica di Gorni Kramer, moltiplicava la vincita e tornava la settimana dopo». E via ricordando.

Il Musichiere era il trastullo dell’Italia intera, l’Italia lavoratrice e ancora povera cui si può ancora dedicare un po’ di retorica. Mario Riva troneggiava su un podio munito di pallottoliere e conteggiava, fra una battuta e l’altra, i punti dei signori in gara. E loro? uomini e donne selezionati da G & G la domenica mattina, nelle varie sedi Rai. indossavano scarpe da ginnastica e scattavano con tutta l’anima da una sedia a dondolo verso campanelle dal lungo batacchio. Due note di una canzone c via di corsa verso il dong della vittoria, sillabando il titolo. «Il Musichiere creò personaggi che sono rimasti vivi nel ricordo di tutti. Ci fu un romano, un cameriere di Ostia praticamente imbattibile, Spartaco Ditri, folte sopracciglione nere sotto capelli impomatati, che a un certo punto era diventato l’idolo nazionale».

Mike Bongiomo, re di Lascia o raddoppia? non fu mai geloso del Musichiere. Anzi. Guidava da professionista negli ippodromi di trotto il cavallo di proprietà del programma (ce lo avevano regalato) che si chiamava Musichiere. E tutti accettavano di venire da noi come ospiti. Jane Mansfield si presentò con una scollatura così generosa da provocare l’intervento censorio della direzione: la sartoria le recapitò una stola da appoggiare sulle spalle per nascondere il seno. Ma lei, in piena diretta, fece cadere a terra la pelliccetta con un abile colpo di spalla, e ce la godemmo senza veli fino alla fine. Di belle donne eravamo ieni, Jane Russell. Gina Lollobrigida, Anita Ekberg la "scandalosa” Abbe Lane... Maria Callas non venne perché Riva aveva ironizzato sulla famosa Norma dell’Opera di Roma, interrotta bruscamente dalla cantante. E poi Totò, che prima di uscire di scena disse Viva Lauro!, Alberto Sordi, Giulietta Masina, i campioni sportivi dell’epoca. dallo storico "doppio” del tennis Pietranceli-Sirola a Primo Camera, da Coppi e Bartali che cantarono Come pioveva a Manuel Fangio. Frank Sinatra no, non riuscimmo a catturarlo: quando il nostro procuraospiti, Romano Camilli, ci provò, intrufolandosi dietro il cameriere nella sua stanza all’Hotel de la Ville, lui gli tirò dietro il bricco del latte. L’apoteosi fu quando arrivò, quasi di sorpresa, Gary Cooper...».

Come eravamo? Gente di successo. Anche in televisione. Cantavamo Domenica è sempre domenica, ma il bello era sabato sera.

Rita Sala, «Il Messaggero», 4 dicembre 1997



Quel sabato 1 febbraio 1958, la Rai Tv era ancora monocanale, subito dopo la trasmissione (sembra con leggera differita) di quella puntata del Musichiere (con gli ospiti Gassman che cantò ed a seguire Totò e Nunzio Gallo), fu trasmessa la terza e finale serata dell'8° Festival della Canzone italiana, quello che, con Nel blu dipinto di blu, cambió le mode...

Simone Riberto


Riferimenti e bibliografie:

  • "Totò, l'uomo e la maschera" (Franca Faldini - Goffredo Fofi) - Feltrinelli, 1977
  • Enzo Biagi, «Epoca», anno IX, n.385, 16 febbraio 1958
  • www.quicampania.it
Visite: 5392