Collaboratori e autori: Daniele Palmesi, Federico Clemente

Giusti Elena

Elena giusti

(La Valletta, 7 febbraio 1917 – Milano, 21 gennaio 2009) è stata un'attrice, cantante e soubrette italiana.

Biografia

Nasce nell'isola di Malta alla Valletta, per puro caso (i genitori si trovavano in tournée nell'isola); a Roma frequenta il Conservatorio di Santa Cecilia, dove si diploma nel 1938 in pianoforte, studiando contemporaneamente anche canto lirico.
Scritturata per cantare accanto ad Alberto Rabagliati, debutta nel teatro di rivista insieme a Odoardo Spadaro, nella Compagnia di riviste di Totò nel 1943, in "Aria nuova" , ricoprendo il ruolo di soubrette anche per gli anni successivi.
Nei primi anni 50 è con Ugo Tognazzi, in una serie di spettacoli di varietà, nel 1959, si trasferisce per una lunga tournée, negli USA, per poi tornare in Italia e dopo aver abbandonato qualsiasi forma di spettacolo si occupa di commercio a Milano.

Il teatro di rivista

Fantasia musicale, con Natalino Otto, il Trio Lescano, Elena Giusti, (1941)
Aria nuova, con Totò, Elena Giusti, Lucia Mannucci, Eduardo Passarelli, Quartetto Cetra, Mario Riva, Fausto Tommei, musica di Armando Fragna, prima al Teatro Galleria di Roma 9 ottobre 1943.
Che ti sei messo in testa?, Testo e regia di Michele Galdieri, con Totò, Anna Magnani, Mario Castellani, Elena Giusti, Gianni Agus, Olga Gentili, Adriana Serra, Mario Riva, Diana Dei, Nico Pepe, prima al Teatro Valle di Roma il 5 febbraio 1944.
Ridiamoci sopra, con Tino Scotti, Elena Giusti (1944)
Ma dov'è questo amore?, con Vittorio De Sica, Elsa Merlini, Elena Giusti, (1944)
Con un palmo di naso, Testo e regia di Michele Galdieri , con Totò, Anna Magnani, Oreste Bilancia, Elena Giusti, Marisa Merlini, prima la Teatro Valle di Roma, il 26 giugno 1944.
Hello... signorina!, di Rizzo, Visco, D'Orsara, con Fanfulla ed Elena Giusti, prima al Teatro Manzoni di Roma, il 4 agosto 1944.
Cappello sulle 23, di Riccardo Morbelli, con Odoardo Spadaro, Elena Giusti, Enrico Viarisio, regia di Camillo Mastrocinque (1945)
Polvere di Broadway, testi e regia di Rossaldo , con Ugo Tognazzi, Elena Giusti, Lotte Menas, (1946).
Ma se ci toccano nel nostro debole... , di Garinei e Giovannini, Nelli e Mangini, con Totò, Elena Giusti, Mario Castellani, Roberto Villa, regia di Mario Mangini, prima al Teatro Valle il 15 aprile 1947.
C'era una volta il mondo, Testo e regia di Michele Galdieri, con Totò, Elena Giusti, Isa Barzizza, Giacomo Rondinella, Mario Castellani, spettacoli Remigio Paone, prima al Teatro Valle il 21 dicembre 1947.
Bada che ti mangio!, di Michele Galdieri e Totò, regia di Galdieri, con Totò, Elena Giusti, Isa Barzizza, Diana Dei, Mario Riva, Peppino De Martino, prima al Teatro Nuovo di Milano il 3 marzo 1949.
Dove vai se il cavallo non c'è l'hai? , di Giulio Scarnicci e Renzo Tarabusi, con Ugo Tognazzi, Elena Giusti, Anna Campori, Raimondo Vianello, Salvo Libassi, regia di Scarnicci e Tarabusi, prima al Teatro Nuovo di Milani il 5 dicembre 1951.
Ciao fantasma!, testi e regia di Scarnicci e Tarabusi, con Ugo Tognazzi, Elena Giusti, Raimondo Vianello, Leo Gavero, prima al Teatro Lirico di Milano il 2 ottobre 1952.
Barbanera bel tempo si spera, testi e regia Scarnicci e Tarabusi, con Ugo Tognazzi, Elena Giusti, Raimondo Vianello, Antonio La Raina, Paolo Gozlino, musiche di Lelio Luttazzi, prima al Teatro Sistina di Roma il 11 ottobre 1953.


Soubrette e dive

Sono figlia d’arte, mio padre era cantante lirico. Io mi sono diplomata in pianoforte, ma per me il palcoscenico è stato sempre un fatto naturale, anche perché ho fatto una lunga gavetta in compagnie diverse, dove non c’era un grande insegnamento: queste compagnie il più delle volte cercavano delle soubrettine che dovevano essere soprattutto belle, delle bambole di pezza. Sono stata con la Totò-Magnani che metteva in scena lavori di Galdieri, con Garinei e Giovannini in Che ti sei messo in testa e nel dopoguerra con Remigio Paone in Bada che ti mangio. Le compagnie di rivista avevano una gerarchia molto delineata: avevi un ruolo preciso che dovevi rispettare in tutto, dall’assegnazione del camerino al posto da occupare in scena. Gli attori man mano che crescevano andavano avanti a tappe. Le compagnie erano numerosissime e poi la rivista usava molto la scenografia che con il passare degli anni si arricchiva sempre di più; era una impresa costosissima, se non erro Bada che ti mangio è costata duecento milioni.

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Le paghe naturalmente dipendevano dal ruolo e dall’importanza dell’attore, nel Quaranta Totò prendeva cinquemila lire al giorno, la Magnani duemila, io che allora ero prima soubrette cinquecento lire. Le riviste degli anni Quaranta erano molto a contenuto polemico, Galdieri era tra i più grandi autori e anche il più aggressivo. La trasformazione con gli anni Cinquanta si è avuta specialmente nella messa in scena, negli effetti scenici: sono arrivati perfino a fare in teatro il cielo con le nuvole.

Negli anni Cinquanta c’era quasi una gara tra le compagnie e le dive, sono stata sempre amica della Wanda Osiris, ma la stampa e i fans hanno messo su questa storia della competitività dicendo che cercavamo sempre di superarci vicendevolmente nella cura dei costumi e nei gioielli che mettevamo in scena.

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Ho terminato con Tognazzi nel '54 e ho fatto della televisione. Inizialmente mi divertiva. In televisione ho fatto delle operette. Poi nel '57 sono andata in America: giravo con uno show di un’ora dove si cantava, si dialogava con il pubblico, non si cambiava né vestito né testo, che era unico sia per i teatri sia per i night. L’arte del palcoscenico è una cosa che si acquisisce poco alla volta, vedendo gli altri lavorare e lavorando, facendo di tutto. Nella prepazione di un testo non c’era improvvisazione, per nessuno, mentre poi in scena ognuno difendeva il proprio ruolo e il proprio spazio. Ma allora c’era il tempo per provare e per costruire lo spettacolo, oggi invece i tempi di lavorazione sono molto stretti.

Negli anni Cinquanta la rivista ha raggiunto il suo maggiore splendore: le riviste erano molto ricche e affascinavano il pubblico. Ogni compagnia aveva i suoi sarti e le sue costumiste: c’era la Boetti e c’era anche una lotta tra loro per fare i costumi alle dive e alle soubrette. Ricordo che in Votate per Venere avevo un mantello di visone bianco, l’idea l’avevo presa da Marlene Dietrich, che mi era costato cinque milioni.

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Elena Giusti, la soubrette assoluta

L'«elegantissima» Elena, è nata, si può dire, in teatro: suo padre e sua madre recitavano con Petrolini. Giovanetta, conquistava il diploma di pianoforte all’Accademia di Santa Cecilia, e ben presto esordiva come cantante al microfono insieme ad un «asso» quale Alberto Rabagliati. Era nel 1944 che tentava i suoi primi approcci con la Rivista, apparendo per la prima volta sul palcoscenico, a Roma, a fianco — nientemeno — di Totò e di Anna Magnani in Che ti sei messo in testa, di Galdieri. La giovanissima attrice sapeva tagliarsi una confortevole fetta nella grossa torta del successo della rivista; altri battimani, e altre lodi dalla critica, le venivano poi in occasione di un secondo spettacolo, che vedeva accoppiati sul manifesto i nomi di Spadaro e di Dina Galli.

La bionda maliziosa Elena, che guardava lontano, sognava ormai un’affermazione in qualità di «soubrette» assoluta : e otteneva anche questa, nel Cappello sulle ventitré, di Morbelli. A guerra finita, ella passa da Roma a Milano: eccola al «Lirico» ne Il cielo si coprì di stelle, di Rubens, una rivista la cui splendente messinscena le fa da preziosa cornice (in quella rivista, figura anche Antonio Gandusio: il grande attore, costretto persino ad accennare un passo di danza che non ha nulla in comune con quello dei suoi compagni, vi appare spaesato come un esquimese che si trovi d’improvviso al Congo, e la sua accigliata maschera corsaresca si complica di preoccupatissime rughe. Poi, il gran salto: per tre stagioni consecutive, il nome di Elena Giusti è il più vistoso sui cartelloni, dopo quello di Totò; un anno con Dapporto, un anno con Macario, e infine due anni, gli ultimi, con se stessa e con Ugo Tognazzi. I manifesti recano infatti: «Compagnia di Elena Giusti ed Ugo Tognazzi» : vale a dire, siamo al capo-comicato. Un bel cammino, in soli otto anni, indubbiamente.

Elena Giusti ha saputo mettere dalla sua parte un elemento di successo straordinariamente importante: il Bel Sesso. Le sue simili la ammirano per molte ragioni: e non soltanto per la squisita, aristocraticissima eleganza, ma per la finezza che ella sa portare nel canto, nella recitazione, nella danza. Elena può cantare un couplet spericolato, ballare una «rumba» vorticosa, buttarsi a capofitto nella buffoneria di uno sketch, e restare la perfetta signora di ogni momento: la signora che ad ogni sua comparsa in scena sembra aver abbandonato per pochi momenti un salotto «intellettuale» dove si parlava di Kierkegaard o di Dufy, dopo essersi scusati: «Qualche minuto appena: torno subito». La sua figura ricorda quelle disegnate da maestri del croquis, come Erte o Martin, e le copertine di Harper’s Bazar. Indossa costumi «di sogno», — come dicono appunto le sue ammiratrici — veri capolavori che recano le firme più celebrate, e porta gioielli che non sono «da teatro», ma assolutamente veri. Tanto splendidi, è vero anche questo, che si dura fatica a credere che si possano portare a passeggio sul palcoscenico con la sua suprema indifferenza.

A proposito: un giorno Elena, che spesso e volentieri pecca di distrazione (forse soltanto Amilcare Ponchielli, il più leggendario distratto d’Europa, riusciva a superarla) dimenticava in una portineria, dove aveva sostato brevissimamente, una borsetta contenente trenta milioni di diamanti, e se ne accorgeva soltanto due giorni dopo. Calmissima, faceva ritorno sul posto e subito vedeva muoverle incontro il portiere: «Signora, l’altro ieri ha dimenticato qui questa borsetta: io non sapevo proprio dove recapitargliela, e...

— Ma le pare? Mille grazie.
— Prego.

Il portiere non l’aveva aperta neppure per cercarvi un biglietto da visita. E si domanda ancora oggi perchè mai la bionda signora sconosciuta, quel giorno, andandosene in fretta, gli abbia messo fra le mani parecchi biglietti da diecimila lire. Dopo tutto, quella borsetta, sebbene bellissima, non doveva valere tanto.

Dino Falconi e Angelo Frattini


Elena Giusti Ugo Tognazzi j78Foto d’apertura della recensione apparsa su ‘Festival’, settimanale di spettacolo, della rivista “Barbanera, bel tempo si spera”. Il titolo della recensione fa riferimento al lancio pubblicitario della maionese avvenuto in occasione della prima. Il difficile “contatto” palcoscenico-platea era ormai stabilito a dovere, e tutto filò liscio, come si conviene alle serate più liete, alla prima di Barbanera, bel tempo si spera di Scarnicci e Tarabusi, con Tognazzi.

L’ingresso di Elena Giusti avvenne in una cornice che meritò nutriti applausi a scena aperta. Si ebbe anzitutto il perfetto decollo di un grosso velivolo (con tante congratulazioni ai macchinisti), dopo di che furono accese tutte le luci su uno scenario vagamente interplanetario (o cosmico, che fosse), in cui soubrettine e boys facevano da costellazioni.

Sullo sfondo nuvole in movimento in un “cielo” splendidamente azzurro. Al centro, la via lattea, ossia una larga scala, lungo la quale scendeva una pigra cascata di schiuma. Infine, lungo la stessa scala (ma, naturalmente, ben lontano dalla schiuma, ossia dalla saponata) scese Elena Giusti. Cantò Desiderio d’amore e fu ammiratissima in un lucido abito argentato che aveva tutte le carte in regola per essere considerato un gioiello. Apparve ulteriormente, Elena Giusti, a cantare, e ballare, e recitare; si presentò anche in bikini giamaicano; e creò la stessa atmosfera di suggestione del quadri del suo ingresso, in sede di finale del primo tempo, con un — come si dice? — vaporosissimo abito bianco.

S. G. Biamonte


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

1949 05 13 Gazzetta del Popolo Toto Truffa compagnia intro

Elena Giusti, la bellissima «soubrette» della compagnia di Totò, il noto comico, e le altre attrici della compagnia, sono state prese di mira da una banda di abili truffatori. Anzi, si può dire che tutta la compagnia che recita all’«Adriano» ne è stata vittima. La banda era capeggiata da un tipo dall’aspetto molto signorile, il quale ha iniziato la propria attività contemporaneamente alle recita della compagnia di Totò. La sua prima vittima è stata una coreografa, Gisa Geert, alla quale aveva proposto addirittura di sposarla, facendole balenare la possibilità di trasferirsi con lui in Spagna.

Una sera però la Geert si accorse che le era scomparso un bracciale d’oro di valore rilevante e il tizio, di cui si ignora ancora il nome, il giorno seguente le promise di donarle un altro bracciale. Naturalmente tutto questo rimase allo stato di promessa. Contemporaneamente, per non perdere tempo, il truffatore, facendosi passare per un ricco ar gentino corteggiava le altre ballerine della compagnia, promettendo ad ognuna di esse scritture
ad Hollywood. Invitandole a cena, le derubava del poco che possedevano.

Quasi contemporaneamente perveniva alla «soubrette» della compagnia, la signorina Elena Giusti, una telefonata da parte della casa di mode Antonelli, che sollecitava la signorina a ritirare il ricco corredo che era stato per lei ordinato da un suo incaricato e che ammontava al valore di circa un milione. La signorina Giusti, naturalmente cadeva dalle nuvole, poiché non aveva ordinato nulla.

Apprendeva cosi che un signore elegante sempre lo stesso truffatore, aveva ordinato alla casa di mode gli abiti per la Giusti, esibendo un assegno di un milione di lire per il pagamento, guardandosi bene dal consegnarlo, ma cogliendo anzi l’occasione per chiedere, con la scusa di non avere altro denaro spicciolo, un prestito di ventimila lire, da conteggiarsi nel conto complessivo dell’ordinazione.

«Gazzetta del Popolo», 13 maggio 1949


1949 05 13 La Stampa Toto Ballerine Articolo intro

Roma, venerdì sera.

La Compagnia di riviste di Totò è stata presa di mira da una banda di abili truffatori. Il capobanda, un individuo dall'aspetto signorile, aveva cominciato la sua attività, contemporaneamente alle recite della compagnia di Totò. Aveva cominciato cioè avvicinando la coreografi Glsa Geert, alla quale aveva proposto nientemeno che le nozze. L'abile lestofante aveva fatto balenare alla signorina la possibilità di trasferirsi con lui in Spagna, polche il tipo si faceva passare per gentiluomo spagnolo.

Una sera però la Geert si accorse che le era scomparso un bracciale d'oro di valore rilevante. Il tizio, di cui si ignora il nome, il giorno seguente le promise di donarle un bracciale di gran lunga superiore come bellezza e come valore. Naturalmente, tutto questo rimase allo stato di promessa.

Contemporaneamente, per non perdere tempo, il falso nobile spagnolo, facendosi questa volta passare per un ricco argentino, corteggiava altre ballerine della compagnia promettendo ad ogauna di esse scritture a Hollywood. Regolarmente le invitava a cena e le derubava del poco che possedevano.

Allarmata per la ripetizione dei furti, una delle giovani finiva per telefonare all'Hotel Flora dove il tipo asseriva di abitare Ma all'Hotel Flora nessuno lo aveva mai visto nè conosciuto. Quasi contemporaneamente perveniva alla «soubrette della Compagnia, Elena Giusti, una telefonata da parte della casa di mode Antonella La casa sollecitava la signorina a ritirare il ricco corredo che era stato per lei ordinato da un suo inviato e che ammontava al valore di oltre un milione.

La signorina Giusti, naturalmente, cadeva dalle nuvole: lei non aveva mai ordinato niente a nessuno e non capiva cosa mal volesse la casa di mode. Si apprendeva allora che lo stesso tizio o qualcuno da lui Inviato si era recato alla casa Antonelli e aveva ordinato vestiti per la signorina esibendo un assegno di un milione di lire per il pagamento. Naturalmente l'individuo ai guardava bene dal consegnare l'assegno, anzi, colta l'occasione, chiedeva, con la scusa di non avere denaro spicciolo, un prestito di 20 mila lire, da conteggiarsi nel conto complessivo dell'ordinazione. Dopo di che si eclissava. Da quel giorno l'argentino-spagnolo è latitante e la polizia lo ricerca.

«Stampa Sera», 13 maggio 1949


1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti intro

«Chi volete mai che mi sposi?», dice Elena Giusti, mentre in camerino si circonda gli occhi con l'ombretta grassa oltremare. «Faccio paura agli uomini perchè sarei una moglie troppo costosa. Pensate che ho dieci bauli-armadio pieni dei vestiti di scena ai quali mi affeziono in modo esagerato; a ogni fine di stagione spendo un patrimonio in tintoria per farli rinfrescare, e poi compero altri bauli, e poi ordino altri vestiti»... e qui Elena Giusti ride divertita, scuotendo i capelli biondi, che ora sono così corti, da farla somigliare a un bel pulcino appena uscito dall’uovo.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f1Elena Giusti col costume che indossa nel quadro della polka, nella rivista «Votate per Venere». E’ un costume del primo 900, di raso cèrise bordato di velluto nero. La sottana finisce in volanti di pizzo e tulle nero. Sul cappellino uccelli rossi; sull’ombrellino un fiocco di tulle rosso e nero.

Elena Giusti è l'attrice di varietà più elegante d’Italia: i suoi costumi da palcoscenico sono tutti modelli che inventa per lei il sarto romano Schubert in collaborazione con Costanzi, il suo figurinista privato. Lei stessa gira i negozi in cerca di stoffe rare, di colori raffinati, per combinare uno speciale trasparente o una serie di delicate sfumature. E' per questo che quando appare in scena, la Giusti «fa sempre quadro», e spesso le signore più eleganti guardano col cannocchiale la forma d’una sua scollatura o la linea d’un suo drappeggio. I vestiti se li paga tutti lei, come fanno le soubrettes di grido; come la Bella Otero, la Lidelba, la Fougez e Joséphine Baker, anche Elena Giusti in scena porta soltanto gioielli veri di sua proprietà. (Non si è mai messa addosso un gioiello falso : quando non ne aveva di veri, usciva in scena col collo e le braccia nude; tutt'al più con la catenina d'oro che la sua madrina le regalò il giorno del battesimo).

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f2Elena Giusti nel finale del secondo atto della rivista «Votate per Venere» indossa una cappa di visone bianco. Sotto ha un abito di lamé d’oro ricamato a orchidee di strass.

Dieci sono i vestiti che la Giusti sfoggia nella rivista «Votate per Venere». Costo complessivo: cinque milioni. Soltanto l'abito che indossa nel primo quadro (è Venere che esce dalla spuma del mare, adagiata in una grande conchiglia di raso capitonné) è stato pagato un milione, tante sono le piume di struzzo bianche e celesti che l’avvolgono tutta, formando morbidissime volute e lattei strascichi. Dai gran costume spettacolare la Giusti passa all’abito elegante da cocktail o da mezza sera : eccola, nel quadro successivo, in crespo nero dalla gonna pieghettata, un gran bordo di volpe nera e una spalla civettuolmente scoperta. In mano un enorme manicotto di volpe nera, su un braccio un lungo guanto color tortora, al collo una spettacolosa collana di brillanti, all’orecchio sinistro un orecchino che sprigiona scintille turchine.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f3Ecco un mantello di visone rosa a maniche lunghe e arricciate. Tra i capi preziosi di Elena Giusti si contano otto pellicce. «Più morbide sono e più mi piacciono», dichiara.

Se il primo abito turbava gli uomini, questo lo vorrebbero tutte le spettatrici. Ma basta che passi un quarto d’ora, e la Giusti esce vestita da «Bimba atomica», questa volta il suo costume conquista tanto gli uomini che le donne. Il corpetto aderente con le maniche lunghe è fatto interamente di pagliette nere, mentre l’allegra sottana che non arriva alla caviglia è a vari volanti di tulle, blu, arancio, viola, limone, turchese, fragola. La parrucca è viola pallido, a gran coda di cavallo rialzata. L’effetto è spiritoso e gradevolissimo per i molti colori sapiente-mente accostati : il pubblico applaude.

Giù dalla scena Elena Giusti è una donna chic, che si nota immediatamente per la strada o in un locale affollato, non perchè sia vistosa, ma perchè, ogni particolare è perfettamente intonato e perchè ogni suo cappotto, abito o tailleur è tagliato in modo impeccabile. Si veste per lo più di nero, ma anche di grigio e di viola pallido, colori che s’accordano bene con la sua carnagione. Le piacciono le scollature capricciose ed audaci, le piacciono i guanti morbidi, le sciarpe, gli abiti da sera di linea «sirena». Tra i suoi capi preziosi si contano otto pellicce : di queste una è di visone bianco e un'altra di visone rosa. Fino a poco tempo fa i suoi capelli erano molto lunghi. Guardandosi allo specchio un giorno, non fu però contenta del suo aspetto. Tante altre donne, così le sembrava, somigliavano a lei, veramente troppe.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f4Elena Giusti in abito di crespo nero dalla sottana pieghettata, bordato di volpe nera. Una spalla è scoperta.

Allora prese le forbici e se ne tagliò cinque centimetri. Effetto, sempre secondo lei, ancor più disastroso. Sembrava una che avesse fatto il tifo e a cui i capelli non volessero più ricrescere. Di nuovo le forbici, e altri cinque centimetri di meno. Di male in peggio. Così arrivò alla pettinatura attuale che le sta benissimo e la cataloga, se non altro, tra le donne dotate di molto coraggio. «Si può dire pettinatura all'americana», spiega, «o alla Napoleone giovinetto, ma è meglio definirla pettinatura alla coscritto. Se le donne sapessero come è bello non sentirsi i capelli sul collo!», aggiunge.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f5L’abito del finale del secondo atto, di lamé d’oro, ricamato a orchidee di strass. Al collo un collier di brillanti, con orecchini assortiti. L’abito è attillato; per fare la passerella Elena Giusti tiene su un braccio la cappa di visone bianco.

Sono trascorsi nove anni da quando la Giusti cantava e ballava negli avanspettacoli; nove anni da quando sulla sua scollatura risaltava a stento la medaglietta del battesimo. Ed ora, che è giunta al successo ed ha conosciuto le più fortunate tournées, Elena Giusti tiene sulla toilette in camerino, sotto ai portafortuna di stoffa (lo scimmiotto vestito di verde, il lupo di mare con la barba bionda, il cammello color tabacco e infiniti altri pupazzi appesi intorno allo specchio), accanto al Bambi di porcellana che le ha regalato un gruppo di marinai americani, una valigetta di marocchino a vari cassetti che contiene, adagiati su velluto amaranto, gioielli da Mille e una notte, a cui fa da guardia la fedele cameriera Maria. Ecco la collana di brillanti che finisce in un solitario fuori serie, e gli orecchini assortiti a grappolo; la "parure” di brillanti e rubini per il quadro della «Bimba atomica», l'anello di brillanti tagliati a rettangoli, che ha comperato al Messico, un altro collier di brillanti, otto clips e altri anelli lucenti, braccialetti di brillanti e rubini, il braccialetto alto venti centimetri e fatto di maglie d’oro a cestino, che ha comperato a Capri da Chanteclair e pare che molti anni fa appartenesse a Edda Ciano.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f6Il costume della «Bimba atomica». Corpetto di lustrini neri, gran sottana a più volanti. Pettinatura a coda di cavallo.

Poi le collane di corallo sanguigno, gli anelli di turchesi e di quarzo rosa, tutti gioielli meno spettacolari, ma tutti di gusto, nessuno che possa " essere scambiato con un ornamento di fantasia. E mentre li mostra e li maneggia con un sorriso di conoscitrice, la Giusti non è più il pulcino di prima: sembra invece una bella gazza dalle penne lisciate e dagli occhi lucenti. Una gazza che ogni tanto, per darsi una lisciatina supplementare alle penne, si guarda di sfuggita nello specchio e si sorride, e pare si dia un gentile colpo di becco, scoprendo i denti bianchissimi. Elena Giusti è nell’età in cui ha per buon amico lo specchio, ma lo teme anche molto, perchè guai se ne rompe uno! Questa è l’unica sua fortissima superstizione. Tutte le volte che le si è rotto uno specchio, le è capitato un grosso guaio: l'ultima volta, un mese fa, la stessa mattina dell'incidente, ha investito un uomo con l’automobile, e il ricordo la emoziona ancora. Così si fa attaccare solidamente le specchiere in camerino, mette intorno al portacipria fazzoletti protettivi, sta sempre attenta ad aprire la borsetta perchè non gliene sfugga uno, rompendosi a terra.

Elena Giusti, che è figlia di Blando Giusti, tenore lirico all’Opera di Roma, è diplomata in pianoforte, e nelle ore che le rimangono libere, suona ancora ogni tanto la Marcia turca di Mozart e la Fur Elise di Beethoven. Legge molto : le piacciono Steinbeck e Caldwell, ma anche i romanzi dell' ’800. L’ultimo libro che ha letto è stato La nave morta di Tra-ven. Tra i pittori predilige Gauguin e Picasso; degli italiani Soldini, Sironi e Leonor Fini. Al cinema vede sempre volentieri Clark Gable e Richard Greene, a teatro Benassi, Cimara e Cervi. Non ha amiche, ma un'enorme quantità di ammiratori per lo più sconosciuti, tra i quali gente impensata, come un gruppo di reclusi nelle carceri di Pizzighettone che un giorno, ancora liberi e felici, le batterono le mani in teatro.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f7Il vestito che Elena Giusti indossa per il quadro dei pompieri. E’ di raso rosso geranio, ricamato in oro e strass, a foggia di grande grembiule sovrapposto a una enorme sottana di tulle bianco pieghettato. Grandi tasche, grande nodo sul dietro, la schiena completamente nuda; in testa una cuffia bretone di tulle e pizzo bianco. Al collo quattro file di coralli sanguigni. Elena Giusti sceglie da sè i costumi che le confeziona il sarto Schubert, di Roma, in collaborazione col figurinista Costanzi.

1951 01 18 Settimo Giorno aIV n3 Elena Giusti f8L’abito creato per la scena del charleston, identico a uno che indossava Anna Fougez, alla moda del 1925. E’ di chiffon, con la sottana a lembi sovrapposti, la vita bassa sottolineata da una cintura di velluto, il corpo coperto di frange d’argento. In testa una cuffietta di raso trapunta di strass e guarnita di esprits. Anche le scarpe, di pelle d’argento, sono intonate all’epoca. «E’ un abito nel quale mi sento a mio agio», dichiara Elena Giusti.

Oggi le mandano nientedimeno che un acrostico, e il suo cognome è cantato in versi : «Genti povere, ricche allietate - In programmi di gran varietà -Una grazia chiediamo per noi - Siamo soli, siam tristi, sperduti! - Tra le sbarre nel duol detenuti - Il sorriso da Voi attendiam». E poi uno studente, che abita a Milano in corso Ticinese : «Dopo aver visto "Votate per Venere", sono rimasto contento oltre che per la buona riuscita dello spettacolo, per aver notato come Lei, in ogni nuova rivista, a cui prende parte, è sempre una rivelazione. Lei rimane sempre la più bella, la più avvenente e soprattutto la più giovane delle soubrettes italiane!».

«Finché dura» dice Elena Giusti sfilandosi il costume del quadro di Portorico (una nuvola di bianco, grigio e nero, che sembra fatta di fumo), per indossare la vestaglia a disegni cascemir. «Finché resto sul palcoscenico, non voglio sposarmi e quando smetterò, sarò così vecchia che mai sarà ancora più difficile trovare marito. (Anche se allora sarò diventata meno costosa)». E ride facendo tintinnare i suoi cinque braccia-letti d’oro gemelli : cinque serpenti d’oro con gli occhi di rubino che si mordono la coda appuntita.

Antonia Piva, «Settimo Giorno», anno IV, n.3, 18 gennaio 1951


1954 11 18 Corriere della Sera Rivista Dorian Gray Elena Giusti Wanda Osiris intro

«Corriere d'Informazione», 18 novembre 1954

1955 Tempo Elena Giusti f1

Elena Giusti ha firmalo il contratto per una esibizione straordinaria dinanzi alle telecamere: dopo varie incertezze, la nota “soubrette” ha accettalo di interpretare la parte principale della operetta di Kelman «La principessa della Czardas» che andrà in onda sabato sera. Questa operetta, che ha esattamente quarantanni. segnò la conferma della felice capacità inventiva del suo giovane autore, che, dopo essersi fatto conoscere con «Il piccolo re» e con «Il capo degli tzigani», ottenne un clamoroso successo con questa sua vivace composizione, che, benché nata durante la prima guerra mondiale, non incontrò ostacoli alla sua avanzata fortunata su tutti i palcoscenici del mondo.

Kelman, compositore musicale di talento, ma anche e soprattutto accorto uomo d’affari, seppe sfruttare il successo, e prosegui per questa strada per altri 15 anni, dopo di che si ritirò dall’arte e si diede al commercio, affermandosi come agente di borsa di chiare vedute. Elena Giusti quasi certamente interpreterà la figura della protagonista anche nella prossima operetta che verrà realizzata televisivamente «Scugnizza»: nella foto, mentre sta truccandosi per la prova generale dell’operetta che la vedrà in veste di principessa.

«Tempo», 1955


1958 11 11 Tempo Elena Giusti intro

Elena Giusti, il cui ritorno ai teatro di rivista italiano è positivamente avvenuto in questi giorni a Milano, racconta per i lettori di “Tempo” come l'esperienza americana le abbia giovato per il completamento delle sue qualità di “soubrette” e di attrice. E annuncia felice, per la prossima primavera, il suo matrimonio

Sorridevo, sorridevo instancabilmente al pubblico, ma dentro di me avevo molta paura. Ero assente da quattro anni dal teatro di rivista italiano, dal giorno di "Baratin” e l’assenza mi mozzava il respiro. Quattro anni non sono molti, ma non sono neppure pochi. Vero, d’altra parte, che in tutto questo periodo gli impegni di teatro — e di televisione in Italia — non mi erano mai mancati, ma il periodo di lontananza dal pubblico che dalla platea guarda, esamina e analizza non era stato brevissimo. Di una cosa ero certa: non mi aveva dimenticato.

Ora che il debutto nella rivista "Il diplomatico" è avvenuto e che alle spalle ho già una quindicina di replice, posso finalmente dire una cosa: non ho più paura. Attendevo. con molta ansia, il momento del contatto con la platea dopo tanti mesi di assenza. Ma, alla resa dei conti, aspettavo anche me stessa. Mi sentivo matura per il delicato momento; sentivo dentro di me che in tutti questi quattro anni avevo imparato una lezione che prima non conoscevo profondamente, ed ero ansiosa di provarlo.

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PER LA SUA GRAZIA, bellezza e abilità di cantante, Elena Giusti può essere giustamente considerata la migliore soubrette italiana. L’esperienza di teatro da lei recentemente acquisita negli Stati Uniti ha completato e maturato la sua personalità. La Giusti, che contrariamente a quanto è stato scritto più volte non è nata a Trieste ma nell’isola di Malta, è impegnata in questi giorni in un teatro milanese nella rivista ”Il diplomatico”. In essa vi si racconta la storia di un diplomatico, Carlo Dapporto, accusato di spionaggio in base ad un semplice cifrato messaggio sentimentale. Qui la Giusti in due diversi momenti fotografici nella sua abitazione di Milano: a sinistra è ritratta davanti al piano sul quale prova le numerose canzoni che poi con tanto successo porta sulle scene.

Di tutto ciò devo dire grazie agli Stati Uniti. E’ là che ho completato me stessa. Il debutto nel teatro di rivista americano avvenne il 23 agosto dell'anno scorso. D mondo di Broadway. che tanto mi aveva sempre affascinato, quel giorno mi terrorizzava. Il teatro era il ”Roxy”, immenso con i suoi cinquemila posti. Sotto di me. lì a due metri di distanza, in una enorme buca a forma di fagiolo, erano cinquanta professori d’orchestra. Alle mie spalle trentasette tra ballerini e ballerine aspettavano soltanto che io cominciassi un passo di danza per venirmi intorno e assediarmi. E li, nel buio della sala, scorgevo diecimila occhi che mi guardavano, pronti a far muovere le mani per l'applauso o a fischiarmi.

Facevo quattro spettacoli al giorno: il primo a mezzogiorno, il secondo alle quindici, il terzo alle diciannove e l’ultimo alle ventuno. Cantavo otto canzoni per ogni spettacolo: trentadue canzoni al giorno. E per ogni spettacolo era un’ora di palcoscenico. Un lavoro continuo, senza respiro, pesante, sfibrante, tanto che per una forma di congiuntivite elettrica dovetti per otto giorni portare gli occhiali.

1958 11 11 Tempo Elena Giusti f3CON QUESTO COSTUME dorato Elena Giusti appare nel primo quadro della rivista "Il diplomatico”: indossa pantaloni ornati di numerose frange. Il suo rientro nel teatro della rivista non poteva ottenere un miglior successo.

A pensarci, mi sento venire la pelle d'oca mentre soltanto ora mi rendo conto di quanto coraggio ho avuto nell’affrontare quella che allora era soltanto "l’incognita americana”. Due mesi di "Roxy” a quel ritmo però finirono col darmi un altro volto mentre capivo che il restante della trasferta americana avrebbe completato l’opera.

Un’opera di rifinitura e di sfumature che mi ha portato a essere come io volevo. Nei "night-clubs” dell’Avana, di Washington, di Dallas e di Chicago ho visto, annotato, seguito. assimilato; e ora eccomi qua. come di me hanno scritto, più disinvolta, più attrice, più padrona di me: in una parola, eccomi qua come l’America mi ha fatto.

A Broadway e a tutte le altre città dove ho lavorato io devo dire grazie; e a coloro che sono venuti a applaudirmi. All’Avana, ad esempio, in una stessa sera mi trovai di fronte — io davanti al microfono, loro seduti comodamente in poltrona — Tony Martin, Vie Damone. George Raft, Arlene Dahl e Franco Lamas. Ebbene, quella che avrebbe anche potuto essere la mia fine, con quelle stelle dello spettacolo e del cinema a guardarmi, è stata invece la mia fortuna. Il cantante Tony Martin venne da me per complimentarsi anche a nome dei suoi compagni.

Da allora ho avuto la conferma di tante cose. Che per conquistare il pubblico occorrono numerosi piccoli segreti che messi assieme formano appunto il successo. Ma, soprattutto. una sera mi resi conto che alla base di ogni cosa deve esserci unicamente la bravura. Tutto il resto è solo fumo negli occhi. Ero a Nuova York e avendo una sera libera, andai a sentire Lena Home.

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NEL SUO CAMERINO di teatro, ecco la bionda soubrette con due vestiti di scena. La rivista nella quale è impegnata debutterà nelle prossime settimane a Genova e a Roma: con la Giusti, ballano e cantano le note ballerine inglesi "Bluebell”.

Nel mondo, ma specialmente negli Stati Uniti, Lena è considerata come una delle poche vere "signore” della musica moderna. Nei quarantanove Stati della Confederazione, anzi, v’è chi la vorrebbe antepor-
re addirittura ad Ella Fiztgerald. In ogni caso, è fuori di dubbio che Lena Home ha un pubblico di entusiasti. E dove lei va. una piccola corte di segretari e collaboratori la segue. I suoi spettacoli sono preannunciati con mesi di anticipo e in tutti i teatri e nei "night-clubs” sono numerose le corse ai botteghini per la prenotazione dei posti. Attualmente. è uno dei maggiori richiami. insomma, e con Perry Como. la Flztgerald e Pat Boone è fra le "stelle’’ che riscuotono consensi e calore, sinceri entrambi. Quella sera, la negra Lena Home si presentò davanti al microfono con un vestito che non era nè bello nè brutto. Ma, quando cominciò a cantare, nessuno più si ricordò dell’abito che aveva indosso: la sua voce soltanto contava, e basta. Tutto il resto era semplice contorno da dimenticare. Si fosse presentata anche con un sacco di juta, il risultato sarebbe stato sempre lo stesso: trionfale.

Lena Home era riuscita a incantare tutti soltanto con la sua eccezionale abilità e niente altro. Il resto, sembrava dire Lena mentre cantava "Love me or leave me", è tutta zavorra che deve essere scaricata appena la luce dei riflettori inquadra il volto e "illumina” la voce.

E su quell’esempio, in quei due mesi di permanenza a Broadway. e con gli applausi di Tony Martin, ho tentato di costruire una "nuova Giusti". Ecco perchè aspettavo con tanta trepidazione la prima de ”Il diplomatico”: per provare a me stessa che l’esperienza americana mi aveva giovato (nè va trascurato, come periodo utile al fine della mia definitiva formazione, quello inglese trascorso alla TV prima ancora della trasferta americana).

I miei progetti, ora, sono tutti tesi al campo della rivista per il quale niente darei in cambio. Ho cominciato a quattro anni a sentire odor di quinte e di palcoscenico ed ora non posso più staccarmene. L’anno venturo, anzi, molto probabilmente riattraverserò l’Oceano per puntare sull’America del Nord, sul Venezuela e l'Argentina. Il contratto per una ventina di settimane è quasi pronto: dieci le trascorrerò nei teatri statunitensi e la rimanente metà alla televisione venezuelana e argentina.

1958 11 11 Tempo Elena Giusti f6UNO DEI SEGRETI della "soubrette” maltese è quello di presentarsi sulla scena con vestiti eleganti ma molto semplici. Tra i vari "hobbies” di Elena Giusti - nella cui casa questa foto è stata eseguita - vi è anche quello di raccogliere tutti i pupazzetti che simboleggiano i vari Paesi da lei visitati. Nella sua abitazione abbondano così ricordi che vanno dai pupazzetti indiani del West degli Stati Uniti - i famosi "totem” intagliati nel legno - a quelli cubani e altri.

Certo, il teatro di prosa mi tenta, ma per ora questo è soltanto un lontano progetto, cosi come mi piacerebbe scrivere un libro, non comunque sul teatro di rivista visto dalle quinte. Ma sono tutte idee poco vicine alla realizzazione. Ciò che invece sarà realtà è il mio prossimo matrimonio. Nella primavera dell’anno venturo. se il diavolo non ci metterà la coda, mi sposerò. Potrà forse stupirvi questa notizia perchè, se devo dire la verità, ha stupito anche me. Ma ora lo annuncio con enorme gioia. Cosi, penserò al futuro. Come attrice e come moglie. Perchè pensare al passato mi immalinconisce. Nella mia biblioteca sono collocati alcuni grossi album con le fotografie e i ritagli di giornali della mia carriera. Ma non li sfoglio mai. Li tengo lì, per quando, fra molti anni, vorrò rivivere con le immagini e le parole stampate la mia carriera di teatro.

Elena Giusti, «Tempo», anno XX, n.46, 11 novembre 1958 - Fotografie di Franco Piccinini


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«Non ero una rovinafamiglie, solo flirt disimpegnati come con Jack Lemmon e il nipote di Mussolini» - Nel suo curriculum il gotha del varietà da Totò a Dapporto da Macario a Tognazzi. «Scoprii io quel ragazzo di Cremona, che colpo quando mi lasciò per Dorian Gray» - «A volte il teatro era impegno stressante con l'optional di qualche coltellata alle spalle». «Decisi di ritirarmi quando rischiai di partorire sulla scena»

Elena Giusti rappresentava l'eleganza. I Lloyds l’avrcbbero assicurata per come portava i suoi sfarzosi vestiti. C'era la Wanda e poi c'era lei, bionda attrazione fatale. «C'è un segreto anche nell’indossare gli abiti di scena, specie se sono fantastici come quelli di Schubert. Costavano allora, a prezzo scontato, un milione l’uno ed eravamo noi soubrettes a doverli pagare: meno male che io avevo un fidanzato ricco...

«In "Votate per Venere" con Erminio Macario ne indossavo dieci, davvero uno più bello dell’altro: raramente mi sono permessa il lusso di apparire in "puntino”, anche se ogni tanto mi piaceva scandalizzare un po’.

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«Ma guardi qui che roba, anche se le fotografie non sempre rendono giustizia: sinfonie di rasi, perle, piume, tutto in sintonia anche con i gioielli. Questo si chiamava la Zarina ed era proprio la fine del mondo».

Il curriculum di questa bella donna che ha fatto la moglie per un solo anno in «ditta» con il marchese Gerini, poi ha allevato un figlio e una boutique e oggi vive serena in una bella casa nel centro di Milano, comprende il ”gotha” della rivista, da Totò a Carlo Dapporto, da Erminio Macario a Ugo Tognazzi.

E ricorda: «Lo scelsi io quel ragazzo di Cremona, visto al Teatro Smeraldo. Era bravo e moderno, aveva una faccia che mi faceva ridere e spesso in scena mi dovevo girare, perché non riuscivo ad andare avanti.

«Eravamo una bella coppia, ma dopo tre riviste di successo, "’Barbanera bel tempo si spera”, "Dove vai se il cavallo non ce l’hai?” e "Ciao fantasma”, mi diede il benservito, senza preavviso, per mettersi con Dorian Gray. Accusai il colpo, ci rimasi davvero malissimo».

E col principe de Curtis? «Un’altra cosa: era corretto, un po’ severo, non socializzava molto, aveva il temperamento triste tipico dei comici, ed era tutto concentrato su se stesso.

«Ci faceva fare la passerella alla bersagliera, correndo, per sei o sette volte a recita: erano gran sudate ogni sera.

«Il massimo fu la rivista ”Che ti sei messo in testa?” di Galdieri, durante la guerra. Anna Magnani, quando vedeva in sala soldati tedeschi, diceva a Totò: "Guarda, qualcosa galleggia sull’acqua, stasera”, iniziando cosi una gag irresistibile, e alla fine convenivano che erano stronzi. A questo punto i nazisti, che tuttavia qualcosa capivano, s’offendevano, arrivavano sul palco, interrompevano lo show. E si ripeteva lo stesso copione: correvano a calmarli il direttore e l’autore, cercando di mettere le cose a posto, io, defilata, ridevo come una matta».

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«Iniziai la carriera — prosegue Elena Giusti — a diciassette anni e quarantasei chili, nel 1938, quando decisi di scappare da casa mia, a Malta, per essere scritturata, alla cifra pazzesca di centotrenta lire al giorno, in uno show d’arte varia in tournée "coloniale” in Africa. Feci un’audizione a Roma, in pessimo inglese e in gonnellina hawaiana, fui scelta e presi anche mille lire di anticipo.

«Ma per poco non svenni quando arrivò in teatro, mentre provavo, mio padre, in ghette e cappello, chiedendomi spiegazioni. Perché lui, poverino, mi aveva fatto studiare sia il piano sia la stenodattilografia, per ogni evenienza: ma non poteva dir niente perché a sua volta era scappato a sedici anni per cantare l’opera. In Africa fu un debutto di successo, girai sette mesi, feci il canale di Suez in cammello, flirtai con Vito Mussolini, nipote del duce, che ebbe per questa ragione "grane” ufficiali e sentimentali».

Perché voi soubrettes allora eravate delle rovina-famiglie... «No, ascolti, eravamo considerale tali, così come la rivista sembrava un ambiente scandaloso, non parliamo dei night, ma allora perfino la pubblicità era sospetta: io rischiai la carriera per cinquecentomila lire con le calze Omsa.

«Le assicuro che mi sono molto divertita senza aver rovinato famiglie, frequentando sempre uomini liberi come l’aria. qualcuno ancora molto noto, non facciamo nomi per carità, perfino un flirt con Jack Lemmon, incontrato su una nave.

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«L'unica volta che scopersi di essere caduta in trappola, lasciai alla moglie rivale in arrivo un messaggio in bagno, scritto sul lavabo: "Welcome home, Elena Giusti”. Mi vendicavo bene, se era il caso».

Quella Elena Giusti che aveva cominciato come «voce di cristallo» all’Eiar (la prima Rai) aveva imparato le doti dallo chansonnier Odoardo Spadaro, si era svezzata in teatro con lo show «I divi del microfono», poi era passata con «quel gran compagnone di Dapporto ("Buondì zia Margherita”), con cui si tirava l’alba» e infine passò da Macario, «che era il massimo sogno, perché valorizzava molto la soubrette».

«Io non ero tagliata per la famiglia, mi piaceva la vita un po' raminga del teatro, nel 1957 accettai da vera incosciente una scrittura al Roxy di New York, una sala di cinquemila posti, dove cantavo, tra ottanta orchestrali e cinquanta ballerini, otto canzoni napoletane e internazionali per quattro spettacoli al giorno, catturando la platea.

«Incisi poi un disco e i giornali scrissero: ”Gina, Sofia, next Elena”: raddoppiai il compenso e le repliche. Eppure, quando mi ritirai dal teatro, ancora giovane, nel 1959, lo stesso anno in cui lasciò anche la Wanda, rischiando di partorire in scena con Dapporto nel "Diplomatico”, non provai rimpianti.

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«Forse avevo incominciato troppo presto e spesso il teatro mi era apparso come una grande illusione magari da sessanta o centomila lire al giorno, ma anche come un incubo, una scelta non facile, un impegno stressante con l’optional di qualche coltellata alle spalle.

«Ma con bellissimi ricordi, certo, che sono ancora al centro delle serate milanesi con gli amici. Quei vestiti? Non li ho più: sono distrutti, tarlali, consunti. Sono proprio scomparsi, si sono dissolti. Come le vecchie riviste».

Maurizio Porro, «Corriere della Sera», 4 agosto 1993


Elena Giusti o l'eleganza

Bella signora in bella veste, ha un bel portamento, occhi turchini, capelli cortissimi biondi “come la parrucca di Geppetto”, un sorriso sicuro e un po’ meccanico. Danza con gentilezza, concedendosi ogni tanto a qualche frenetico ballo di moda - qualche rumba - che esegue con distaccata abilità. Ha “un filo d’oro” di voce, un modo trasognato di cantare. Dice la sua parte con grazia salottiera. Non è la vamp, non è la donna fatale, non è la soubrette “da comprare”. Non è attrice. È la signora bene.

L’eleganza è il suo privilegio. Di famiglia benestante, ha abbandonato occasionalmente il salotto, per concedere se stessa come modello di classe, a colpi di toilettes di Schubert, linea H di Dior, volpi bianche, gioielli veri (assicurati, e magari dimenticati in qualche taxi, come "testimoniano” gli agiografi degli anni cinquanta).

L’imposizione della sua supereleganza è la ragione del suo successo e paradossalmente anche del suo fallimento: i grandi comici diventano popolari perché non esibiscono nessuna laurea. Elena Giusti ostenta la propria superiorità, senza farla diventare iperbolica, quindi mitica. Di qui la sua "antipatia”. È antipatica perché "non ha comunicativa", "fa la passerella con ostentata indifferenza”. È capitata lì, come "per caso”. Non è in vendita.


Filmografia

I pompieri di Viggiù , regia di Mario Mattoli (1949)
I due sergenti , regia di Carlo Alberto Chiesa (1951)
Io, Amleto , regia di Giorgio Simonelli (1952)
Café Chantant , regia di Camillo Mastrocinque (1953)
Sua Altezza ha detto: no! , regia di Maria Basaglia (1954)

Il varietà televisivo RAI

Album personale di Elena Giusti, di Vincenzo Rovi e Dino Falconi, orchestra di Giampiero Boneschi, regia di Vito Molinari, trasmesso l'8 febbraio 1954.
Canzoni da guardare, varietà musicale con Tina De Mola, Elena Giusti, Carlo Dapporto, Rino Salviati, Gianni Bonagura, Paolo Ferrari, Nino Manfredi, Raffaele Pisu, trasmesso in 2 puntate dall'8 marzo 1954 al 19 aprile 1954.
Scugnizza, operetta di Carlo Lombardo musica di Mario Costa, con Elena Giusti, Giacomo Rondinella, Franca Tamantini, Clely Fiamma, Franco Coop, Elvio Calderoni, Arturo Bragaglia, Vittorio Congia, orchestra di Cesare Gallino, regia di Silverio Blasi, 2 aprile 1955
La Belle Epoque, Testi di Angelo Frattini, Italo Terzoli e Orio Vergani, con Nino Besozzi, Elena Giusti, Carlo Campanini, orchestra di Mario Bertolazzi, regia di Eros Macchi, 6 puntate dal 23 marzo 1957 al 4 aprile 1957.

Discografia

33 giri

1957: Una voce nella sera (Pathé, QAT 6014)


Riferimenti e bibliografie:

  • (EN) Elena Giusti, su Internet Movie Database, IMDb.com
  • "Follie del Varietà" (Stefano De Matteis, Martina Lombardi, Marilea Somarè), Feltrinelli, Milano, 1980
  • Elena Giusti, su MYmovies.it, Mo-Net Srl
  • Enrico Lancia, Roberto Poppi, Dizionario del cinema italiano. Le attrici, Gremese, Roma, 2003, p. 166
  • Almanacco Bompiani 1975, il teatro di varietà italiano.
  • Il Radiocorriere, annate varie
  • "Guida alla rivista e all'operetta" (Dino Falconi - Angelo Frattini), Casa Editrice Accademia, 1953
  • Elena Giusti, «Tempo», anno XX, n.46, 11 novembre 1958 (Fotografie di Franco Piccinini)
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