Agus Gianni

Gianni_Agus

(Cagliari, 17 agosto 1917 – Roma, 4 marzo 1994), è stato un attore italiano.

Biografia

Dopo avere conseguito il diploma di ragioniere, si dedica a un'intensa attività filodrammatica prima di trasferirsi a Roma, dove nel 1938 si diploma al Centro sperimentale di cinematografia. Esordisce sul grande schermo con una piccola parte in Giuseppe Verdi di Carmine Gallone.

Nome storico del teatro di rivista italiano, ha preso parte a commedie di grandi autori come Garinei e Giovannini (Domani è sempre domenica, 1947-48; Sogno di una notte di questa estate con Rascel, 1949-50; Caccia al tesoro, 1953, tratta dall'omonimo programma radiofonico; Giove in doppiopetto, 1954-55) e ha lavorato a lungo accanto a Wanda Osiris (Si stava meglio domani, 1946-47; Il diavolo custode, 1950-51).
Conosciuto dal grande pubblico come "spalla eccellente" di comici, fra i quali Totò, Peppino De Filippo e più tardi Paolo Villaggio, e particolarmente stimato per la stentorea, chiarissima, voce, e per diversi ruoli da "capo" fintamente prepotente o da antipatico preso in giro, ha saputo affermarsi anche come protagonista versatile e fantasioso, non solo sul palcoscenico.

Lunga è stata la sua collaborazione negli anni quaranta con la presenza in pièce come La diva di Raffaele Calzini.
Si dedicò poi soprattutto al cabaret ed al varietà, periodo che celebrò anni dopo con la conduzione di una puntata del programma televisivo Giochiamo al varieté, partecipando a spettacoli radiofonici di successo, tra cui si ricordano Il gonfalone (1959), nella cui ultima puntata era il sostenitore d'eccellenza del costume sardo di Tempio Pausania, Caccia grossa (1966), Il cattivone (1970) con Paolo Villaggio, Gran varietà (1975), Bambole, non c'è una lira (1978) Stasera niente di nuovo (1981) e Domenica delle meraviglie di Diego Cugia (1992).

Le motorizzate 00029

Agus ha sperimentato negli anni anche il ruolo di conduttore, presentando in radio lo spettacolo musicale Bis (1955), l'ottavo Festival di Sanremo e Buona domenica a tutti, show che riproponeva i pezzi migliori dello storico Gran Varietà. Dedicatosi per molti anni alla TV (popolarissimo il ruolo del capoufficio di Fracchia nell'omonimo varietà televisivo del 1975), ha lavorato anche per il cinema prendendo parte a numerose commedie all'italiana. È stato anche fra gli interpreti della miniserie televisiva del 1965 La donna di fiori.
Tra le sue più convincenti interpretazioni: il conte di Almaviva in Figaro qua, Figaro là di Carlo Ludovico Bragaglia (1950), un gerarca fascista in Il federale di Luciano Salce (1961), l'enfatico podestà Pennica di I due marescialli di Sergio Corbucci (1961) ed il personaggio di Ottaviano Augusto in Totò e Cleopatra di Fernando Cerchio (1963).
Noto al grande pubblico come attore brillante, Gianni Agus aveva in realtà interpretato anche diverse pièce di teatro classico, inclusi diversi Pirandello (tra cui, poco prima della sua scomparsa, Così è (se vi pare), dove era tra i protagonisti).
Nel 1985 partecipa alla parodia de I promessi sposi realizzata dal Quartetto Cetra, interpretando Don Rodrigo.
Gianni Agus si è sposato una sola volta nella sua vita, con Lilo (Liselotte) Weibel, una ballerina austriaca conosciuta nella compagnia di Wanda Osiris, anche lei attrice pur se di minor fortuna ma di tutto rispetto (partecipò ad alcuni film con Totò, tra quali Totò cerca casa in cui faceva la parte della odalisca). Da lei ebbe un solo figlio che chiamarono David, che non ha mai intrapreso alcuna carriera artistica.

00 Toto e Cleopatra 00010


Era uno spasso continuo. Era una gara fra leoni, molto rispettosa come gara, ma era un'emulazione costante. Be’, c'è stato un periodo che Totò faceva dieci film all’anno. Ogni film di Totò durava tre o quattro settimane, perché, voglio dire, tutta questa pletora di produttori si avventarono su Totò; infatti con il minimo di rischio acquistavano il massimo del guadagno, perché era chiaro che un film di Totò veniva acquistato a scatola chiusa. Pur dove ci sono delle banalità paurose, sia nella trama che nel testo o nella sceneggiatura, però Totò è come un raggio di sole e in un film tre o quattro momenti meravigliosi ce li ha sempre e questo finisce per far dimenticare tutta la bruttura di un film, di un cast non adeguato. Totò nella vita rideva raramente e non faceva nulla per far ridere. Erano quasi due personalità diverse. Mai raccontata una barzelletta, mai. Mentre si aspettava di girare si parlava di tutto, era un uomo che pur non avendo una salda estrazione culturale, si era formato una sua cultura, leggeva, ascoltava, si interessava di tutto, ma ripeto, nella vita non era divertente. Era un uomo triste, come del resto lo è Eduardo o lo era Peppino. In realtà poi, far ridere è molto più difficile che far piangere. Far ridere è veramente una fatica; con un bel drammone chiunque può raggiungere lo scopo, mentre strappare una risata clamorosa... perché con Totò si trattava non di sorrisi, ma di trascinare il pubblico in boati di risate.



La stampa dell'epoca


Sono stato uno dei primi attori di prosa a tentare la rivista, complice la guerra e il coprifuoco che rendevano praticamente impossibile fare teatro. Michele Galdieri mi chiamò per recitare accanto a Totò e Anna Magnani, due grandi stelle. Eppure mi rimproverarono in molti: non si capiva come un giovane promettente — che stava in compagnia con il grande Ruggeri — potesse passare alla rivista. Ma oggi posso dire che quell'esperienza è stata per me una palestra meravigliosa, che consiglierei a qualsiasi giovane attore. Lì ho potuto imparare cose difficilissime: la meccanica dei tempi comici; la disponibilità a fare di tutto in sketch brevissimi, di cinque sei minuti; il farsi accettare dal pubblico, divertendolo, superando la quarta parete che in prosa è determinante e che nel varietà, al contrario, va abbattuta guardando Io spettatore bene in faccia, offrendosi, pur mantenendo una linea di pulizia e di rigore. Perché per divertire il pubblico io non ho mai detto battute volgari, non sono mal apparso in mulande. Ma la tecnica più difficile in assoluto che ho imparato sul palcoscenico della rivista è quella del riso. Tutti sanno che è più difficile far divertire che far piangere, come è più difficile dare un senso a un silenzio che a una frase: le pause di Macario, per esempio, erano più importanti delle sue battute.

Un'altra cosa fondamentale che ho imparalo in rivista — che chissà perché ci si è ostinati a chiamare teatro leggero, mentre e pesantissima da fare — è la disponibilità; e con la disponibilità il gusto di una recitazione direi quasi epica. I primi a fare teatro epico in Italia — ne sono convinto — sono stati gli attori di rivista. Forse è proprio in relazione a questa mia esperienza che Strehler - il magnifico - mi ha chiamato per interpretare Tiger Brown nell'ultima edizione dell'Opera da tre soldi di Brecht. E forse è anche in relazione a quella epicita che oggi come oggi tornerei a fare teatro di rivisla, se fosse possibile. E del resto con Giancarlo Sepe, il regista del Così è se vi pare di Pirandello che attualmente sto recitando, ho dei progetti in questa direzione. Ai tempi in cui facevo rivista, la cosa che mi colpiva di più era il clima di solidarietà, di profondo rispetto che legava tutta la compagnia e che permetteva a moltissime persone di lavorare insieme. E poi era entusiasmante il rapporto con il pubblico che li, in quel teatro, veniva per sognare. Mi ricordo le «prime» di Wanda Osiris, con la quale ho fatto compagnia. A Milano la Wanda era più importante della Scala: le «damazze» milanesi si facevano delle toilettes strepitose per i suoi debutti. C'era anche un detto: Milano, la Madonnina, il panettone e la Wanda. Un giorno la rivista è morta. Aveva incominciato a morire un poco con l'avvento della commedia musicale di imitazione americana. Finchè è stato impossibile fare teatro di rivista: i costi erano proibitivi (oggi addirittura è difficile mettere insieme soltanto quattro attori); le grandi soubrettes come la Wanda, la Giusti, la Maresca si sono ritirate; la televisione produceva con minori costi. Sono mancati anche gli autori, ma soprattutto e venuta meno la caratteristica fondamentale delta rivista: la satira politica. Oggi su chi possiamo costruire la satira: su Fanfani? Ma sono trent'anni che la facciamo, non fa piu ridere nessuno, fa solo piangere.

Gianni Agus, «L'Unità», 29 gennaio 1983


1984 11 04 La Stampa Gianni Agus intro

«La Stampa», 4 novembre 1984 - Gianni Agus


1994 03 06 La Stampa Gianni Agus morte intro

ROMA. Gianni Agus, la «spalla» più famosa del varietà televisivo italiano, e morto ieri a Roma per un infarto. L'attore era nato a Cagliari il 17 agosto 1917, aveva esordito in prosa; poi si era dedicato alla rivista come partner di Wanda Osiris, con cui aveva lavorato per tre stagioni. Gianni Agus maturò anche numerose esperienze cinematografiche, recitò accanto alla grande Anna Magnani, al «maestro» Vittorio De Sica, a Totò nel film «I due marescialli» ed a Ugo Tognazzi nel «Federale» (1961). In teatro fu diretto anche da Giorgio Strehler, e così i) regista lo ricorda: «Con Gianni Agus esce di scena un attore che ha onorato la sua professione per quarant'anni con una versatilità ed un entusiasmo sempre vivi. Agus è sempre stato presente in infiniti avvenimenti, assai diversi l'uno dall'altro, dalla rivista al teatro drammatico. Io ho avuto modo di averlo come interprete nell'"Opera da tre soldi" di Bertolt Brecht. Il suo "capo della polizia" è stato per me un esempio bellissimo. Addio Gianni, compagno della mia giovinezza».

Masolino d'Amico, «La Stampa», 5 marzo 1994


1994 03 06 L Unita Gianni Agus morte intro

«L'Unità», 6 marzo 1994


ROMA — L’attore Gianni Agus è morto venerdì nella sua casa a Roma a 77 anni. Era nato a Cagliari. I funerali domani a Roma nella chiesa di Sant’Agnese, alle 10,30.

«Corriere della Sera», 5 marzo 1993


Prosa radiofonica

EIAR

Oh, Heidelberga mia!, tre atti di Wilhelm Meyer Foerster, con Fernando Farese, Silvio Rizzi, Carlo D'Angelo, Gianni Agus, Nerina Bianchi, regia di Enzo Ferrieri, trasmessa il 7 gennaio 1943, nel programma "B".

Filmografia

Inventiamo l'amore, regia di Camillo Mastrocinque (1938)
I figli del marchese Lucera, regia di Amleto Palermi (1938)
Napoli che non muore, regia di Amleto Palermi (1939)
Io, suo padre, regia di Mario Bonnard (1939)
Le miserie del signor Travet, regia di Mario Soldati (1945)
Femmina incatenata, regia di Giuseppe De Martino (1949)
Adamo ed Eva, regia di Mario Mattoli (1949)
Figaro qua, Figaro là, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953)
Ci troviamo in galleria, regia di Mauro Bolognini (1953)
L'incantevole nemica, regia di Claudio Gora (1953)
Giuseppe Verdi, regia di Raffaello Matarazzo (1953)
Il cardinale Lambertini, regia di Giorgio Pastina (1954)
In amore si pecca in due, regia di Vittorio Cottafavi (1954)
Susanna tutta panna, regia di Steno (1957)
Femmine tre volte, regia di Steno (1957)
La cento chilometri, regia di Giulio Petroni (1959)
Il federale, regia di Luciano Salce (1961)
Pesci d'oro e bikini d'argento, regia di Carlo Veo (1961)
I due marescialli, regia di Sergio Corbucci (1962)
Due samurai per cento geishe, regia di Giorgio Simonelli (1962)
I motorizzati, regia di Camillo Mastrocinque (1962)
Divorzio alla siciliana, regia di Enzo Di Gianni (1963)
Totò contro i 4, regia di Steno (1963)
Uno strano tipo, regia di Lucio Fulci (1963)
Totò sexy, regia di Mario Amendola (1963)
Totò e Cleopatra, regia di Fernando Cerchio (1963)
Le motorizzate, regia di Marino Girolami (1963)
Europa: operazione streep-tease, regia di Renzo Russo (1964)
L'immorale, regia di Pietro Germi (1966)
Il conte di Montecristo (1966, sceneggiato televisivo)
Il lungo il corto il gatto, regia di Lucio Fulci (1967)
La più bella coppia del mondo, regia di Camillo Mastrocinque (1967)
La vuole lui... lo vuole lei, regia di Mario Amendola (1967)
Soldati e capelloni, regia di Ettore Maria Fizzarotti (1967)
Peggio per me... meglio per te, regia di Bruno Corbucci (1967)
Franco e Ciccio... ladro e guardia, regia di Marcello Ciorciolini (1969)
I fratelli Karamàzov, regia di Sandro Bolchi (1969, sceneggiato televisivo)
Mordi e fuggi, regia di Dino Risi (1972)
Il gatto di Brooklin aspirante detective, regia di Oscar Brazzi (1973)
Ku-Fu? Dalla Sicilia con furore, regia di Nando Cicero (1973)
Il Colonnello Buttiglione diventa generale, regia di Mino Guerrini (1974)
4 marmittoni alle grandi manovre, regia di Franco Martinelli (1974)
Buttiglione diventa capo del servizio segreto, regia di Mino Guerrini (1975)
Il venditore di palloncini, regia di Mario Gariazzo (1975)
La pretora, regia di Lucio Fulci (1976)
Orazi e Curiazi 3 - 2, regia di Giorgio Mariuzzo (1977)
I carabbimatti, regia di Giuliano Carnimeo (1981)
Camera d'albergo, regia di Mario Monicelli (1981)
Culo e camicia, regia di Pasquale Festa Campanile (1981)
Fracchia la belva umana, regia di Neri Parenti (1981)
Sbirulino, regia di Flavio Mogherini (1982)
Questo e quello, regia di Sergio Corbucci (1983)
Quando calienta el sol... vamos alla playa, regia di Mino Guerrini (1983)
Matilda, regia di Antonietta De Lillo, Giorgio Magliulo (1990)


Riferimenti e bibliografie:

  • "L'avventurosa storia del cinema italiano", Franca Faldini e Goffredo Fofi, Cineteca di Bologna, 2011
  • Addio, Agus
  • Il Radiocorriere, annate varie.
  • Gli attori, Gremese editore Roma 2002
  • Gianni Agus, «L'Unità», 29 gennaio 1983
  • «La Stampa», 4 novembre 1984
  • Masolino d'Amico, «La Stampa», 5 marzo 1994
  • «L'Unità», 6 marzo 1994
  • «Corriere della Sera», 5 marzo 1993