Ninchi Ave Maria (Ave)
(Ancona, 14 dicembre 1915 – Trieste, 10 novembre 1997) è stata un'attrice italiana di teatro e cinema e conduttrice televisiva.
Ave respirò l'arte drammatica fin da piccolina: la sua famiglia, anconetana, diede al teatro non solo i cugini Annibale e Carlo, ma anche impresari teatrali e drammaturghi, tutti ruotanti intorno al Teatro delle Muse[1]. Ave seguì ben presto le orme di famiglia lavorando già da piccola nel teatro. L'attività lavorativa del padre fu causa di vari trasferimenti: prima a Trieste e poi a quindici anni di nuovo nelle Marche[2]. Nel 1935 fu ammessa con pieni voti all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma, godendo di una borsa di studio.
L'esordio nel cinema avvenne nel 1944 accanto ad Aldo Fabrizi nel film Circo equestre Za-bum e fu seguito da una crescente popolarità, grazie a una lunga serie di pellicole a cui prese parte, soprattutto di genere brillante, al fianco di grandi nomi come Totò, Aldo Fabrizi, Paolo Stoppa, Nino Taranto, Peppino De Filippo, Carlo Dapporto e Alberto Sordi. Era spesso impegnata in ruoli da caratterista, che ella calzava in modo da rubare spesso la scena ai protagonisti, grazie alla sua figura corpulenta e aggraziata, alla sua spumeggiante vis comica e alla sua accattivante bonomia. Ave Ninchi diede prova delle sue ottime capacità recitative anche in film drammatici: per la sua interpretazione di Vivere in pace (1946) di Luigi Zampa, si aggiudicò il Nastro d'Argento.
Dagli anni cinquanta agli anni settanta lavorò spesso in teatro: fu vivace interprete di diverse commedie musicali, come Un trapezio per Lisistrata e Un mandarino per Teo di Garinei e Giovannini, ma fu altrettanto abile attrice di prosa, in lavori come Questa sera si recita a soggetto di Pirandello, La contessina Giulia di Strindberg, Il campiello di Goldoni e I dialoghi delle Carmelitane di Bernanos. Nel 1965 fu accanto ad Anna Magnani nella rappresentazione de La lupa di Verga, per la regia di Franco Zeffirelli.
In televisione partecipò nel 1963 alle riprese dello sceneggiato televisivo Il mulino del Po, e nel 1964 al varietà Za-bum. Nel 1971 ha lavorato nel popolare varietà Speciale per noi, al fianco di Aldo Fabrizi, Paolo Panelli e Bice Valori, per la regia di Antonello Falqui. Inoltre ha sostituito, con successo, Delia Scala, nella conduzione della fortunata trasmissione A tavola alle 7, a fianco di Luigi Veronelli, dove parlava con grazia e competenza di temi culinari.
Nel 1973, Federico Fellini, per il doppiaggio di Amarcord, la chiamò per dare la voce "romagnola", alla napoletana Pupella Maggio, per il personaggio di Miranda. In precedenza, aveva svolto il lavoro di doppiatrice all'interno della società O.D.I. (sua la voce di Alma Kruger in Sabotatori di Alfred Hitchcock). Nel 1974 recitò in francese nel ruolo di Madame Georges, la proprietaria dell'albergo occupato dai nazisti, in Cognome e nome: Lacombe Lucien, per la regia di Louis Malle che fu il suo ultimo film cinematografico.
Nel 1979 fu protagonista del telefilm giallo La vedova e il piedipiatti (in onda per sei puntate, dal 3 luglio al 7 agosto) per la regia di Mario Landi, accanto a Veronica Lario. Nell'occasione l'attrice indossò i panni di una massaia-investigatrice.
Nel 1981 fu di nuovo in televisione con lo special Buonasera con... Ave Ninchi, in cui oltre a ripercorrere la propria carriera, non si esimeva dal proporre ricette e consigli culinari. Sempre in TV, nei suoi ultimi anni di vita, comparve come presenza fissa nel cast del programma Il sabato dello Zecchino con i bambini del Piccolo Coro "Mariele Ventre" dell'Antoniano di Bologna. Nel 1989 la Rai le dedicò il programma biografico in quattro puntate Confidenzialmente Ave.
Ave Ninchi era stata per diversi anni protagonista degli spot di una celebre azienda avicola, nei panni della tipica casalinga italiana. Tifosa della Juventus, fu sovente ospite anche di trasmissioni televisive di carattere sportivo.
Abbandonò definitivamente la TV culinaria per un ritorno al teatro, recitando nella Clizia di Machiavelli.
Passava svariati periodi, nella sua casa di campagna a Pomino (FI), a contatto con la natura ed i suoi prodotti che seguiva abitualmente.
Dopo la morte del marito, decise di trascorrere la sua vita a Trieste, in un appartamento all'ultimo piano, dove morì all'età di ottantuno anni, assistita dalla figlia Marina (attrice anch'essa), dopo una lunga malattia, causata da una grave forma di diabete che l'aveva costretta a lunghi periodi di ricovero in ospedale. Riposa nel cimitero di Pomino-Rufina (Firenze).
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Avevo un bel ripetermi che anche gli attori sono delle persone come le altre. Non c’era verso di calmarmi e l'idea che avrei dovuto presentarmi a persone sconosciute per chiedere fatti che, in ultima analisi, non mi riguardavano, mi sconvolgeva. Quale risposta dareste voi ad un tizio qualsiasi che, senza tanti complimenti, vi ferma per strada, e vi chiede quanti anni avete? Qual’è il cibo che preferite? Se soffrite il mal di calli? La risposta più logica e più naturale potrebbe essere: «Buon’uomo, perchè non ti fai i fatti tuoi?» Senza contare poi qualche accidente indirizzato all'importuno che, per sane virtù civiche, vi lincerete a formulare mentalmente. «Come? Dite che non è vero? Eh si. E’ proprio cosi.»
Come potevo dunque trovare il coraggio di intervistare la nostra Ave Ninchi quando se si chiede ad un amico come sta sua moglie questi seccamente ti risponde « bene grazie», pur sapendo di a-verla lasciata in casa col mal di denti!
Niente! Qualunque cosa io pensassi, anziché farmi coraggio, accresceva il mio timor panico, pioveva. Era un’acquerugiola uggiosa, fitta ed invisibile. Nascosta nel buio, ti piombava sulla testa, sul viso, sulle mani come una pioggia di spillini.
Una macchina passò veloce specchiandosi sulla strada rilucente, altre si fermarono davanti al teatro. L’atrio era già affollato di gente. Mi sarei volentieri mescolato a quelle persone, in attesa di assistere in santa pace alla rappresentazione, ma ormai avevo deciso di parlare con Ave Ninchi.
Imboccai la porta d’ingresso degli attori. L’odore di scenari, di poltrone e di cerone mi avverti che mi trovavo sul palcoscenico. Salii una scaletta, bussai ad ima porta ed una voce cordiale mi invitò ad entrare.
La signora Ninchi, seduta davanti allo specchio, stava truccandosi. Io le dissi che volevo intervistarla.
— Si sieda, si sieda. Ecco, si metta seduto avanti a me, perchè possa vedere il mio giovane interlocutore. Mi schiarii la voce ed incomincia subito.
— Oltre alla « Contessine Giulia » che altro avete in repertorio?
— Solo la « Giulia ». E' un bel lavoro anche dal punto di vista letterario. E’ bene poi che città minori come Mantova, Reggio, Cremona, possano avere spettacoli come nelle grandi città. La «Contessina Giulia» va maggiormente apprezzata se si considera in quale epoca è stata scritta. Ha dato l’avvio a quel genere di commedie che trattano del problema sessuale, così come, tanto per fare un esempio « Un tram che si chiama desiderio ».
L’attrice smise per un istante di truccarsi.
— Gradisce un caffè? Sì sì, un caffè è quello che ci vuole.
Per farle piacere avrei bevuto un bicchiere d’olio di ricino.
— E’ vero che i buongustai bevono il caffè con poco zucchero'5 Domandai poco dopo.
— Anzi, addirittura senza.
— Ed io che l'ho bevuto con due bustine di zucchero che figura ci ho fatto?
— Quella di un bambino al quale piace la roba dolce.
Assentii. Poi ripresi.
— Ha degli impegni cinematografici in vista?
— No, per il momento sono presa tutta dal teatro. Non posso avere distrazioni, tanto più che sto preparandomi per « Il Campiello » che andrà in scena il 13 giugno a Venezia, in occasione del Festival della Prosa.
— Naturalmente signora, lei preferisce recitare sul palcoscenico anziché davanti alla macchina da presa. Perchè dunque dedica la sua attività anche al cinema?
— Per questa unica ragione — e soffregò l'indice con il .pollice, intendeva alludere al denaro.
— Il denaro del cinema mi permette di dedicarmi alla prosa mia unica c grande a splrazlone.
Povero cinema, pensai fra me, che brutta figura ci fa!
— Ha dei figli signora Nin-chi?
— Sì, venticinquemila. Nel cinema ho assolto quasi sempre il ruolo di mamma carica di figli. Nella realtà ho lina bambina. Si chiama Marina, ha 17 anni ed è alta come un granatiere.
— E', la prima volta che ha come regista Luchino Visconti?
— Questa è la mia prima esperienza a luchiniana ». Attualmente Visconti è a Roma e sta curando la regìa della «Efigenia» che verrà presentata fra breve a Milano.
— E' stata altre volte a Mantova?
— Si ed è Una bellissima città. L’estate scorsa mi trovavo a Verona con mia figlia. Non abbiamo voluto perdere l’occasione di visitare il Palazzo Ducale. E’ magnifico, superiore ad ogni descrizione.
— In qualità di cuoca qua-l’è il suo piatto migliore?
— I ravioli con la ricotta.
— E che ne pensa dell'Eai-ratom?
— Francamente, sorrise, non sono addentro a queste cose. Penso tuttavia che sia giusto che le Nazioni d'Europa si uniscano. I Paesi d'Europa che formeranno una sola comunità eviteranno di litigare; ed ottenere la pace almeno in un settore del nostro Continente è già un bel passo avanti. Non trova?
Annuii.
— C'è chi la pensa diversamente — soggiunsi —. Qua-l’èil suo giudizio nei loro riguardi?
— Ognuno è libero di pensare e di agire come meglio gli aggrada. Non so se in altre nazioni cb avvenga. In Italia sì.
— n pubblico della prosa può essere considerato uguale in ogni regione, data la comune passione per il teatro; ha notato tuttavia delle differenze di entusiasmo fra il il pubblico del Nord e quel-
lo del Sud?
— Differenza di entusiasmo nella quantità, non nella qualità. Nel Sud sono più entusiasti per la prosa. Forse perchè voi del Nord avete assistito ad un maggior numero di spettacoli teatrali e ne avese acquistato una maggiore esigenza. Comun-
que gran parte di tale privilegio è dovuto a condizioni storico-sociali molto note.
Io sono del Sud, avrei voluto dirle, ma perchè fare una differenza di polo? Gli stranieri sono più sbrigativi. Immaginano l’italiano come uscito da un unico stampo: bruno, non troppo alto, abile suonatore di mandolino. Restano poi delusi nel constatare che anche in Italia ci sono uomini alti e biondi.
— Se c’è qualche ricordo spiacevole nella mia vita? Francamente no. Il passato è sempre bello. C’è stato un periodo dì tempo che mi sono nutrita di soli supli, ma questo pensiero non mi rattrista. La saggezza della vita consiste appunto nel non dimenticare i periodi duri per far sì che non abbiano a ripetersi.
Che la signora Ninchi sia, ne! suo genere, una delle nostre migliori attrici è cosa che già da tempo sapevo. Ora so che alla intelligente semplicità del suo recitare corrisponde un interiore ed equilibrato senso della vita. Vi pare poco? E’ tanto, credetemi.
Il «buttafuori» annunciò il quarto d’ora. Fra pochi minuti il sipario avrebbe fatto affacciare il pubblico nell’animo irrequieto dello scrittore Strindberg.
Mario Papaleo, «La Gazzetta di Mantova», 23 maggio 1957
La Ninchi è morta ieri a Trieste. Da tempo malata di diabete avrebbe compiuto 83 anni in dicembre - Attrice simpatica ed esuberante, veniva da una dinastia d'arte - La sua fu una storia di grandezza e tenacia Cominciò con Fabrizi
TRIESTE. Ave Ninchi, attrice di prosa, protagonista di numerosi film e di sceneggiati televisivi, è morta ieri sera nella sua casa di Trieste. Era ammalata da tempo, soffriva di una grave forma di diabete che la costringeva a lunghe degenze in ospedale. Avrebbe compiuto 83 anni il 14 dicembre. I funerali si terranno a Trieste domani, poi l'attrice sarà sepolta nella tomba di famiglia a Pomino, vicino a Firenze. L'annuncio è stato dato dalla figlia Marina, anch'essa attrice di prosa. Ave Ninchi era nata ad Ancona, ma era triestina d'adozione, perché a Trieste aveva vissuto gran parte della sua infanzia e dell'adolescenza. Vi aveva frequentato la scuola elementare di lingua tedesca e il liceo classico «Dante Alighieri». Ora Ave Ninchi è vegliata dalla figlia Marina e da parenti intimi nella sua abitazione, all'ultimo piano di un ottocentesco palazzo della centrale in via Battisti, lo stesso nel quale si trova lo storico «Caffè San Marco». La salma sarà composta oggi per ricevere l'omaggio di amici e ammiratori «in una città - ha detto la figlia Marina - che lei ha amato profondamente e che l'ha ricambiata con stima e affetto».
Non la vedevamo più da qualche anno, Ave Ninchi. Ormai si era ritirata a Trieste, dove era vissuta da bambina e da ragazza, lei che era nata ad Ancona il 14 dicembre del 1915 e apparteneva a quella gloriosa dinastia d'arte che ebbe la radice in Annibale Ninchi. Trieste è stata uno dei tanti luoghi che hanno disegnato la geografia esistenziale di questa attrice molto amata dal pubblico, esuberante, simpatica e dotata di un mestiere appreso all'Accademia d'Arte drammatica che le faceva affrontare con autorevolezza ogni avventura artistica: il teatro di prosa, la rivista, il musical, il cinema, la televisione.
Lei stessa, in un certo momento della sua vita che doveva essere stato particolarmente trafficato, dichiarò di non sapere più dove abitava: forse a Roma, ma anche a Pomino, cioè in quella zona appartata del Mugello dove allevava polli e tacchini, a Verona, perché lì aveva un altro allevamento di polli, a Trieste perché ci era cresciuta, e anche a Bologna, quando fu cooptata dall'Antoniano per animare la trasmissione televisiva «Il sabato dello Zecchino». Diceva di avere tre amori: suo marito (l'organizzatore teatrale Nino Gianello), i polli e il calcio. Per i polli abbandonò senza esitare Roma. Arrivò a possedere undicimila tacchini e ventisettemila galline. Confessava che i polli erano la sua libertà: le permettevano di rifiutare offerte di lavoro poco onorevoli e, facendone la pubblicità in televisione, le procuravano un sacco di quattrini. Altro discorso per il calcio. Fin da bambina era tifosa della Juventus, fin da bambina andava allo stadio con uno zio che aveva un debole per la Triestina. Poi, crescendo, praticò lei stessa quello sport in una squadra femminile. Si vantava, come tutti gli italiani ma con più competenza di tanti, di poter guidare la Nazionale. Ma la storia di Ave Ninchi è una storia di grandezza e di tenacia. Cominciò a lavorare in teatro nel '34, con Aldo Fabrizi: spettacoli di rivista portati dove capitava, e sempre col problema dell'appetito. Una volta, a Bari, avevano recitato in piazza, ma non avevano un soldo. Fabrizi le disse: «Restiamo in abito di scena». Lui in smoking e lei in lungo si fermarono davanti a un venditore ambulante.
Fabrizi gli chiese se il castagnaccio era buono, se ne fece incartare un chilo e disse che, dopo, avrebbe mandato il maggiordomo a pagare. Mangiarono il castagnaccio poche strade più in là, al buio. Anche con Totò le serate furono di fame. Andavano in una trattoria di Trastevere dove si mangiava «a mezzo»: mezza porzione di tutto. Totò ordinava mezzo uovo e lei mezzo carciofo. Il pane lo rubavano dal tavolo del vicino. Per fortuna le cose cambiarono. Negli Anni Cinquanta le paghe aumentarono, arrivò anche la tv, si fece vivo il cinema e per la Ninchi cominciò la vera carriera, nella quale mise a frutto il suo meraviglioso talento di attrice popolaresca, viscerale, estroversa, che tuttavia sapeva farsi ironica verso mode e manie dell'incipiente miracolo economico. I suoi successi cinematografici cominciarono con il Nastro d'argento procuratole da «Vivere in pace». Proseguirono con titoli memorabili: «L'onorevole Angelina», «Anni difficili», «Il delitto di Giovanni Episcopo», «Il diavolo in convento», «Le ragazze di Piazza di Spagna»... Contemporaneamente arrivavano i successi nel teatro leggero, spesso con quegli strepitosi titoli firmati da Garinei e Giovarinini: «Un trapezio per Lisistrata», «Un mandarino per Teo». A parte qualche eccezione, la Ninchi non era una protagonista. Il fisico massiccio le impediva di accedere ai grandi ruoli.
Costretta nella definizione di caratterista, infondeva nel personaggio una vitalità e una verità che facevano di lei una presenza insostituibile. Stesso discorso per la prosa, in cui la ruvidezza popolaresca la facevano grandeggiare in un «Campiello» che fu portato anche a New York e nelle «Baruffe chiozzotte». Ma la Ninchi seppe trovare grande interiorità nei «Dialoghi delle Carmelitane» di Bernanos e un'aggressività implacabile nella «Mandragola» e nella «Clizia» di Machiavelli, che sono da ascrivere fra i suoi capolavori.
Osvaldo Guerrieri, «La Stampa», 12 novembre 1977
Cinema, teatro serio, commedie musicali e tv hanno scandito la carriera di Ave Ninchi, figura familiare dello spettacolo italiano già dal secondo Dopoguerra. L'esordio sul grande schermo è del '44 in «Circo equestre Zabum», di Mario Mattoli, in cui recita per la prima volta accanto a Fabrizi. Le toccano parti nei film dei più popolari attori dell'epoca, da Anna Magnani («Un uomo ritorna», «L'onorevole Angelina»), ad Amedeo Nazzari («Un giorno nella vita») e Vittorio De Sica («Cuore», «Natale al campo 119»).
Attraversa in pratica tutta la stagione della commedia, accanto a Totò e Fabrizi (tra i titoli emblematici «Guardie e ladri», «Totò cerca moglie»), Paolo Stoppa, Nino Taranto, Peppino De Filippo, Carlo Dapporto, Alberto Sordi («E' arrivato l'accordatore») e a registi come Monicelli, Luciano Emmer («Le ragazze di piazza di Spagna»), Steno, Mastrocinque. E' accanto a tutte le stelle femminili, da Alida Valli a Maria Melato, Silvana Pampanini e Sofia Loren, in «La domenica della buona gente» di Anton Giulio Majano. Garinei e Giovannini la vogliono come presenza fissa al Sistina in «Un mandarino per Teo». Al teatro Ave Ninchi si dedicò anche in parti classiche, dal «Campiello» ai «Dialoghi delle carmelitane», alla «Mandragola».
Ma è stata la tv a portarla al successo, nella stagione dei grandi sceneggiati degli Anni '60, dal «Mulino del Po», alle «Anime morte». Nel 1972 fu una strepitosa Niobe nella riduzione tv de «Le sorelle Materassi» di Palazzeschi. Il sorriso bonario, l'aria rassicurante da massaia colma di saggezza e buon senso sono stati il «leit motiv» di uno spot televisivo che ha portato quotidianamente Ave Ninchi nelle case degli italiani per molti anni, così come la sua rubrica di ricette da cucina. Nell'88 conduce in Rai «Il sabato dello Zecchino»..L'anno successivo la tv le ha dedicato il biografico «Confidenzialmente Ave». Fu grande protagonista in «Speciale per noi», il celebre varietà di Antonello Falqui, accanto ad Aldo Fabrizi, Bice Valori e Paolo Panelli.
s. n., «La Stampa», 12 novembre 1977
Giuliano Capecelatro, Nadia Tarantini, «L'Unità», 12 novembre 1977
Renzo Sanson, «Il Piccolo di Trieste», 12 novembre 1997
Filmografia
- Circo equestre Za-bum, regia di Mario Mattoli (1944)
- Canto, ma sottovoce..., regia di Guido Brignone (1945)
- Un uomo ritorna, regia di Max Neufeld (1946)
- Un giorno nella vita, regia di Alessandro Blasetti (1946)
- Avanti a lui tremava tutta Roma, regia di Carmine Gallone (1946)
- Roma città libera, regia di Marcello Pagliero (1946)
- L'onorevole Angelina, regia di Luigi Zampa (1947)
- Natale al campo 119, regia di Pietro Francisci (1947)
- La figlia del capitano, regia di Mario Camerini (1947)
- Il delitto di Giovanni Episcopo, regia di Alberto Lattuada (1947)
- Vivere in pace, regia di Luigi Zampa (1947)
- La sposa non può attendere, regia di Gianni Franciolini (1948)
- Anni difficili, regia di Luigi Zampa (1948)
- Cuore, regia di Duilio Coletti (1948)
- Yvonne la nuit, regia di Giuseppe Amato (1949)
- I pompieri di Viggiù, regia di Mario Mattoli (1949)
- Il vedovo allegro, regia di Mario Mattoli (1949)
- Le mura di Malapaga, regia di René Clément (1949)
- I peggiori anni della nostra vita, regia di Mario Amendola (1949)
- Signorinella, regia di Mario Mattoli (1949)
- Emigrantes, regia di Aldo Fabrizi (1949)
- Amori e veleni, regia di Giorgio Simonelli (1949)
- Domenica d'agosto, regia di Luciano Emmer (1949)
- Cavalcata d'eroi, regia di Mario Costa (1950)
- La figlia del mendicante, regia di Carlo Campogalliani (1950)
- Domani è troppo tardi, regia di Léonide Moguy (1950)
- Duello senza onore, regia di Camillo Mastrocinque (1950)
- Sambo di Paolo William Tamburella (1950)
- Amori e veleni, regia di Giorgio Simonelli (1950)
- Totò cerca moglie, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
- Patto col diavolo, regia di Luigi Chiarini (1950)
- I sette nani alla riscossa, regia di Paolo William Tamburella (1951)
- La famiglia Passaguai, regia di Aldo Fabrizi (1951)
- Parigi è sempre Parigi, regia di Luciano Emmer (1951)
- Il diavolo in convento, regia di Nunzio Malasomma (1951)
- Bellezze a Capri, regia di Luigi Capuano e Adelchi Bianchi (1951)
- Guardie e ladri, regia di Steno e Mario Monicelli (1951)
- Messalina, regia di Carmine Gallone (1951)
- La famiglia Passaguai fa fortuna, regia di Aldo Fabrizi (1952)
- Serenata amara, regia di Pino Mercanti (1952)
- Papà diventa mamma, regia di Aldo Fabrizi (1952)
- Le ragazze di Piazza di Spagna, regia di Luciano Emmer (1952)
- La presidentessa, regia di Pietro Germi (1952)
- È arrivato l'accordatore, regia di Duilio Coletti (1952)
- Totò e le donne, regia di Steno e Mario Monicelli (1952)
- La domenica della buona gente, regia di Anton Giulio Majano (1953)
- Condannatelo!, regia di Luigi Capuano (1953)
- Madonna delle rose, regia di Enzo Di Gianni (1953)
- Gioventù alla sbarra, regia di Ferruccio Cerio (1953)
- Martin Toccaferro, regia di Leonardo De Mitri (1953)
- Canto per te, regia di Marino Girolami (1953)
- Aria di Parigi, regia di Marcel Carné (1954)
- Delirio, regia di Giorgio Capitani (1954)
- La grande avventura, regia di Mario Pisu (1954)
- Totò cerca pace, regia di Mario Mattoli (1954)
- Il bigamo, regia di Luciano Emmer (1955)
- I pinguini ci guardano, regia di Guido Leoni (1955)
- Le diciottenni, regia di Mario Mattoli (1955)
- Uragano sul Po, regia di Horst Hachler (1956)
- Una pelliccia di visone, regia di Glauco Pellegrini (1956)
- I prepotenti, regia di Mario Amendola (1958)
- Serenatella sciuè sciuè, regia di Carlo Campogalliani (1958)
- Le notti dei teddy boys, regia di Leopoldo Savona (1959)
- Storia di una monaca, regia di Fred Zinnemann (1959)
- Prepotenti più di prima, regia di Mario Mattoli (1959)
- Madri pericolose, regia di Domenico Paolella (1960)
- Un mandarino per Teo, regia di Mario Mattoli (1960)
- Delitto in pieno sole, regia di René Clément (1960)
- I Teddy boys della canzone, regia di Domenico Paolella (1960)
- Donne facili, regia di Claude Chabrol (1960) (doppiata da Lydia Simoneschi)
- Walter e i suoi cugini, regia di Marino Girolami (1961)
- Le magnifiche 7, regia di Marino Girolami (1961)
- Parigi di notte, regia di Claude Chabrol (1961)
- Scandali al mare, regia di Marino Girolami (1961)
- Le ambiziose, regia di Antonio Amendola (1961)
- Gli italiani e le donne, regia di Marino Girolami (1962)
- L'assassino si chiama Pompeo, regia di Marino Girolami (1962)
- Le motorizzate, regia di Marino Girolami (1963)
- I ragazzi dell'Hully Gully, regia di Marcello Giannini e Carlo Infascelli (1964)
- Le tardone, regia di Marino Girolami (1964)
- Il sole è di tutti, regia di Domenico Paolella (1968)
- Il castello di carte, regia di John Guillermin (1968)
- I due magnifici fresconi, regia di Marino Girolami (1969)
- Saffo (Sapho ou La fureur d'aimer), regia di Georges Farrel (1971)
- Il soffio al cuore, regia di Louis Malle (1971)
- Il furto è l'anima del commercio!?..., regia di Bruno Corbucci (1971)
- I due assi del guantone, regia di Mariano Laurenti (1971)
- Colpiscono senza pietà, regia di Mike Hodges (1972)
- Nel mondo di Alice, regia di Guido Stagnaro (1974)
- Cognome e nome: Lacombe Lucien, regia di Louis Malle (1974)
Programmi televisivi
- Speciale per noi (1971)
- A tavola alle 7 (1974-1976)
- Buonasera con... (1981)
- Il sabato dello Zecchino (1988)
- Confidenzialmente Ave (1989)
Prosa radiofonica RAI
- Il cigno, commedia di Ferenc Molnar, con Ave Ninchi, Filippo Scelzo, Andreina Paul, Achille Millo, Annie Ninchi, Giuseppe Porelli, Ferruccio Stagni, trasmessa il 23 febbraio 1950.
Prosa televisiva RAI
- Le baruffe chiozzotte, di Carlo Goldoni, con Cesco Baseggio, Luisa Baseggio, Alberto Lionello, Ave Ninchi, Rina Franchetti, Elsa Vazzoler, regia di Carlo Lodovici, trasmessa il 26 luglio 1955.
- La scuola delle mogli, di Molière con Memo Benassi, Valeria Valeri, Giancarlo Sbragia, Ave Ninchi, Gianrico Tedeschi, Raoul Grassilli regia Corrado Pavolini, venerdì 7 ottobre 1955 ore 21.
- La coda della volpe, con Paola Quattrini, Ave Ninchi, Sandro Merli, Lando Buzzanca, Carlo Giuffré, regia di Enrico Colosimo, trasmessa il 19 agosto 1960.
- Il viaggio del signor Perrichon, di Eugène Labiche, con Massimo De Francovich, Franco Sportelli, Vittorio Congia, Laura Efrikian, Ave Ninchi, Giustino Durano, Gianrico Tedeschi, regia di Alessandro Brissoni, trasmessa il 21 gennaio 1963.
- Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi con Sarah Ferrati, Rina Morelli, Nora Ricci, Ave Ninchi, Giuseppe Pambieri, Roberto Benigni regia di Mario Ferrero 1972.
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Mario Papaleo, «La Gazzetta di Mantova», 23 maggio 1957
- Osvaldo Guerrieri, «La Stampa», 12 novembre 1977
- s. n., «La Stampa», 12 novembre 1977
- Giuliano Capecelatro, Nadia Tarantini, «L'Unità», 12 novembre 1977
- Renzo Sanson, «Il Piccolo di Trieste», 12 novembre 1997