Fallarino Anna

Anna Fallarino 2 bio

(Amorosi, 19 marzo 1929 – Roma, 30 agosto 1970) è stata un'attrice italiana.

Si trasferì a Roma alla fine degli anni quaranta inseguendo il successo. Nel 1950 fu scritturata per una piccola parte nella pellicola di Mario Mattoli Tototarzan, che è stata la sua unica apparizione cinematografica. La Fallarino si sposò due volte: prima col facoltoso ingegnere Giuseppe Drommi, e poi, nel 1959 (previo annullamento del primo matrimonio), col ricco marchese Camillo II Casati Stampa di Soncino. Proprio quest'ultimo, la sera del 30 agosto del 1970, di ritorno a casa trovò la Fallarino con il suo giovane amante, tale Massimo Minorenti, ed uccise entrambi a colpi di fucile per poi rivolgere l'arma contro sé stesso e suicidarsi, evento noto come Delitto Casati Stampa o Delitto di Via Puccini.

Anna Fallarino, nel febbraio 1970, per volere del marito, fu una delle prime donne in Italia a sottoporsi in una clinica romana a una mastoplastica additiva con protesi al silicone, insieme a una addominoplastica riduttiva.


Anna Fallarino fa la comparsa nel film "Totò Tarzan", la particina gliela procura un amico fonico di Cinecittà. Indossa una ghirlanda di fiori tra i capelli e un reggiseno troppo largo con un grappoletto di quattro banane attaccato alla sommità della coppa sinistra. Totò: «Come ti chiami?». Lei: «Ranocchia». E lui: «Allora senti Ranocchia, andiamo a fare un girino». La carriera cinematografica di Anna Fallarino finisce qui.


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

CASATI: Illustre e antica famiglia di origine Longobarda il cui primo documento risale al 20 giugno 869 e la provata genealogia dal 1040.

Compresa tra le duecento della matricola di Ottone Visconti.

Diede alla Chiesa due Santi, Alsazio e Prudenza.

Vestì l’abito Gerosolimitano dal 1457 dando all’ordine quattordici Cavalieri e tra questi un gran Priore di Lombardia (1626).

Casati: Patrizi milanesi (1277); Nobili con predicato di detto titolo (f); Conti (mpr) ; Patrizi di S. Marino (m) ; don e donna.

Casati Stampa di Soncino: Conti (mpr); Marchesi di Casate (mpr); Patrizi milanesi; don e donna.

Il Conte Massimiliano Casati erede universale della estinta famiglia patrizia milanese Stampa, Marchese di Soncino, Conte di Montecastello e Rivolta venne autorizzato con R.D. 15 dicembre 1898 ad aggiungere al proprio il cognome Stampa di Soncino.

(Scheda e stemma tratti dall’Albo nazionale delle famiglie nobili, edizione Historiae Fides 1965).


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Roma, settembre

Non è stato un dramma della gelosia. Ma un dclittaccio per un gioco perduto, e per cancellare una storia equivoca diventata pubblica e inadatta al rango. Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, 45 anni, un patrimonio di 200 miliardi, ha ucciso con un fucile calibro 12 la moglie Anna Fallarino, 41 anni e il suo giovane amante. Massimo Minorenti, 25 anni. Ha preso una penna, un biglietto, e ha scritto: «Muoio perchè non sopporto il tuo amore per un altro. Quello che faccio lo devo fare». Ha ricaricato l'arma, il suo ”12” contiene soltanto cinque cartucce, e si è sparato in faccia. La tragedia è avvenuta domenica 30 agosto, alle 19 e 30, nell'abita-zione del marchese: un attico e superattico al quartiere Pinciano, in via Puccini 9. mobili Luigi XV, tendaggi di broccato, quattro persone di servizio. Non ha avuto testimoni. E’ maturata in un'atmosfera pesantemente sfarzosa: fra un ricevimento, un gran premio, e molti giochi erotici particolari.

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Camillo Casati e Anna Fallarino si erano sposati 11 anni fa. Tutt’e due, alla seconda esperienza matrimoniale. I precedenti legami erano stati annullati dalla Sacra Rota. Il marchese ha avuto, dal primo letto, una figlia: Anna Maria. 18 anni, appassionata sportiva e campionessa di sci. Lidia Holt, la prima moglie, una soubrette, è morta di cancro. Camillo Casati l’aveva "liquidata", all atto della separazione. con 500 milioni, forse 1000.

Anna Fallarino aveva conosciuto lo studente nel mese di aprile. Una vicenda complessa, di strani intrecci: forse per curiosità, forse per noia, forse per suggestione. I funzionari della squadra mobile hanno trovato in un album di famiglia, in bella mostra, una sconcertante e insinuante visione di Anna. Sul letto matrimoniale nuda, in atteggiamento compiaciuto. Ma ce ne sono diverse altre di queste foto, più pruriginose ancora. Viene da pensare a "Metti, una sera a cena" di Patroni Griffi. Il sesso e le sue molteplici variazioni come ultima alternativa per evadere da un’esistenza vuota. Ma il gioco aveva alcune regole. I sentimenti dovevano restare fuori dalla porta. Anna Fallarino lo aveva dimenticato e s’era innamorata del giovane studente, che doveva essere una licenza, un pretesto fotografico e niente di più.

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Il 5 agosto tra Camillo Casati e la moglie c'è stata la rottura definitiva. Le porte dell’attico e del superattico di via Puccini 9 si erano aperte, quella sera, per un party, il marchese e Anna Fallarino dovevano salutare gli amici, prima di partire in crociera con i Lancillotti Odescalchi. A mezzanotte, improvvisamente, rabbuiato, Camillo Casati ha abbandonato la comitiva. Il comportamento della moglie e dell'amante lo avevano offeso: erano stati plateali, nei loro slanci. La crociera saltava. Nei giorni seguenti è stato raggiunto un accordo di massima per la separazione consensuale. Sembra che il marchese avesse anche fissato gli alimenti: purché Anna Fallarino avesse avuto il buon gusto, fino a che la divisione non fosse stata sancita legalmente, di non farsi più vedere in casa con ir giovane studente. E' un fatto che i due amanti abbiano cominciato a vivere insieme, andando ad alloggiare in un albergo di Viale Liegi, in attesa di trovare un appartamento.

Sabato 29, alle 19, Camillo Casati partiva, in aereo, per Venezia. Lo aspettavano a Valdagno i Marzotto, per l'apertura della stagione venatoria. Alle 21, il marchese ha composto il numero telefonico della sua abitazione. Ha risposto uno dei domestici: «La signora è a pranzo con tre amici». I tre amici erano Massimo Minorenti, Cesare Marangoni, 35 anni, biologo, chimico, e Franco Facchini, 23 anni, impiegato di banca. E' andata al telefono anche Anna Fallarino. Camillo Casati ha chiesto spiegazioni, poi ha ordinato: «Manda via i ragazzi». Il marchese ha chiamato ancora alle 23. I ragazzi erano sempre là. Anna Fallarino non lo ha nascosto. Una serie di domande pressanti. una lunga pausa, una minaccia: «Domani tomo e faccio una strage».

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I quattro hanno abbandonato la casa e hanno passato la notte nel pied-à-terre di Cesare Marangoni, in via Ripense 4. Anna Fallarino era terrorizzata, conosceva il marito: «Quando dice una cosa. la mantiene sempre». Il giovane studente era impaurito, sgomento: la faccenda diventava più grande della sua età. La notte era passata fra caffè e sigarette. La mattina Anna Fallarino riusciva a rintracciare, telefonicamente. Camillo Casati. Quando è tornata da Massimo Minorenti ha detto: «Si è calmato. Stasera devi venire a casa. Ti vuole parlare».

Il marchese è arrivato alle 18 e 30. Ha ordinato al maggiordomo Adriano Boni, 21 anni, un succo di pompelmo con ghiaccio. Alle 18 e 50 sono arrivati anche Anna Fallarino e il giovane studente. Il maggiordomo li ha fatti accomodare. Ha chiuso la porta del salone ed è salito in cucina. Quaranta minuti più tardi ha sentito un rumore di vetri rotti. Ma non si è mosso perchè Camillo Casati gli aveva detto che non voleva essere disturbato. Il rumore di vetri rotti era la zattera che si capovolgeva e affondava con il carico...

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Gli avi traditi

A risalire nel suo albero genealogico sembrava di sfogliare un volume di storia patria: Federico e Teresa Confalonieri, i cospiratori ottocenteschi immortalati nelle pagine di Silvio Pellico; Gabrio Casati, presidente del governo provvisorio delle "Cinque giornate" di Milano e ministro dell'Istruzione del governo di Camillo Benso di Cavour; gli Stampa di Soncino, nel Cremonese, di nobiltà medioevale. e Alessandro Casati, amico di Benedetto Croce (che regolarmente arrivava ogni settembre in visita nella villa di Arcore) e ministro fino al 1925 e nei primi governi dopo la Liberazione. Un libro di storia che si è concluso definitivamente domenica 30 agosto 1970 con una pagina che sembra strappata da un romanzacelo di sangue e sesso e che fa la figura di un sgorbio su una pergamena miniata. Camillo Casati Stampa di Soncino, 45 anni. "Camillino" per gli amici titolati (e anche, si è scoperto, per altri, quelli più giovani e di sangue robustamente plebeo) aveva ereditato ricchezze incalcolabili. Beni che gli avevano permesso di offrire un miliardo di buonuscita alla prima moglie, la ballerina Letizia Izzo, in arte Lidia Holt, dalla quale aveva avuto, diciannove anni fa. una figlia, Anna Maria, e di aggiungere al palazzo di Milano, a quello di Roma, alle ville di Arco-re (30 stanze), di Velate e di Cusago, anche un'intera isola, quella di Zannone, nei pressi di Ponza dove trascorrere con la nuova moglie lunghe e intime giornate di distensione in piacevole compagnia. Che giornate fossero, quali compagnie e quale intimità, lo hanno rivelato il diario e le fotografie che sette colpi di carabina hanno sbattuto in faccia al pubblico.

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Un solo errore

Per un momento, un solo momento in cui non l'ha sorretta l'ambizione, Anna Fallarino è morta. Colpa dei 41 anni. Ha ormai tutto, ha vissuto tutto, ha provato tutto. Guidata da una volontà che non ha remore. E' bella e tale riesce a mantenersi ma avverte il sospetto di un lieve sfiorimento. Muore nel momento in cui ha creduto di poter respingere quell'insicurezza proprio quando ha scoperto che può piacere ancora. Arrivata dalla provincia (Benevento) a Roma come tante altre -giovani anonime in cerca di sistemazione, aveva imparato presto a guidare il gioco. Con una sete di esperienze e di licenze che la rendono subito protagonista, più che comparsa. Il primo matrimonio, con Peppino Drommi, ricco industriale, la mette di colpo in una posizione di estrema sicurezza. Unione tutt'altro che tranquilla, però. Poi incontra il marchese Casati. E' l'uomo che fa per lei perchè oltretutto è anche estremamente spregiudicato. La Sacra Rota annulla contemporaneamente i loro precedenti legami, i due si sposano. Una coppia "perfetta". Nessuno screzio. Vita mondana e poi, il loro gioco preferito, che è a tre. Lo guidano assieme. I terzi sono strumenti che lui paga. E profumatamente. Ogni voglia di Anna trova lui solidale. Amano insieme capelloni, beat di piazza di Spagna e signorini della dolce vita. L'ultimo. Massimo Minorenti. dura di più. E Anna, che trascorre le mattinate all'istituto di bellezza, vuole provare se stessa. Per la prima volta paga lei. Non molto: 100mila lire. Massimo intasca ma le si rivela più sentimentale di quanto lei non credesse. La prova è riuscita. E il sentimentalismo la uccide.

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La vera vittima?

Il padre, ora in pensione (e attualmente in vacanza all'estero), era stato funzionario della Gescal: l'istituto per le case dei lavoratori. Lui. Massimo Minorenti, 25 anni, aveva studiato al liceo classico San Gabriele e aveva avuto un'educazione borghese. Era cambiato una volta messo piede all'università: iscritto a scienze politiche, ma non aveva sostenuto alcun esame. Si era improvvisamente innamorato della vita. «Si vive una volta, e mi piace goderla, diceva. I sacrifici non gli piacevano. Era entrato nel grande giro, locali alla moda, night-clubs, e aveva successo con le donne: di questa sua fortuna non faceva misteri. La proclamava, anzi, a mo' di propaganda: l'anima del commercio. Frequentava Porto Santostefano ed era un appassionato del poker. Vinceva spesso. Diceva: «Sono nato vincente». Quando allacciava un flirt con una ragazza attraente ma sconosciuta l'abbandonava dopo qualche giorno. «Non ho tempo da perdere. Mi aspetta altro», diceva. L'"altro" era stata una volta Lola Falana, la ballerina nera della TV. E un giorno è comparsa Anna Fallarino. Era impreparato alla parte, dovette apparirgli irraggiungibile. Con lei si comportò infantilmente dapprima: quando l'accompagnava nei ritrovi notturni si accordava con il direttore di sala e si faceva chiamare al telefono, senza che nessuno lo cercasse. Poi capì che poteva lasciar perdere queste bambinate, il mezzo per tenere in pugno la marchesa e suo marito era negl'incontri "a trois" Poi Anna Fallarino non volle più dividerlo con nessuno, gli offrì in dono un autosalone, cercò casa. Inutilmente il ragazzo badava a ripeterle che aveva troppa paura...

Luigi Vaccari, «Tempo», 12 settembre 1970


Amore, follia, miliardi, corruzione, morte: gli ingredienti del grande dramma ci sono tutti nella vicenda del marchese Casati, di sua moglie e dell’amante di lei. Un noto psicologo, il professor Fausto Antonini; un giornalista che ha seguito gli sviluppi della fosca vicenda; un amico del ragazzo ucciso, parlano dei personaggi di questo fatto scabroso. Scabroso soprattutto per la figlia del marchese, una ragazza di 18 anni che improvvisamente si trova proprietaria di una fortuna enorme e di un nome difficile da portare

Roma, settembre

I lettori dovranno perdonare i cronisti: scrivono la metà, forse meno, di ciò che essi sanno sulla vicenda del marchese Casati. I lettori dovranno perdonare i giornali: pubblicano le fotografie meno sconce, sui tavoli delle redazioni ce ne sono, purtroppo, di inguardabili. E’ che, in questa storia del marchese Casati (detto Camillino sebbene un nomignolo del genere gli sia davvero poco adatto) c’è un po’ troppo di tutto. Troppo sesso: neppure nella mente degli sceneggiatori più spudorati verrebbe fuori un copione così. Un marchese maniaco che si divertiva a mandare la moglie con gli altri, e li fotografava con la Polaroid. Troppi soldi: il marchese aveva beni per 400 miliardi; si fa presto a dire 400 miliardi ma per avere una piccola idea di quanto sono, basta pensare che l’erario italiano ci ha tassato come ci ha tassato perchè per quadrare i bilanci ha bisogno di 720 miliardi.

Con la fidanzata

Troppe foto: Anna Fallarino sola, Anna Fallarino in compagnia, Anna Fallarino messa così e messa colà, comunque messa in modo che perfino il settimanale ”Men” ha dovuto costellare le immagini di quadratini neri. Troppi personaggi: addirittura tre i morti, poi un’orfana in gamba, un amministratore dei beni di 86 anni (troppi anche di quelli), il ragionier Saracchi; una nonna che si fa pettinare dal parrucchiere Filippo come le attrici e trascorre le giornate a giocare a canasta, segno che è più lucida di quanto lascino sospettare i suoi 90 anni; troppi domestici, tutti giovani (il più vecchio 29 anni), e svegli; pare, infatti, abbiano sentito benissimo i famosi colpi di Browing calibro 12 sparati da Camillino contro la moglie, contro l’amante di lei, contro se stesso. Troppi amici: l’orfana in gamba vuole un amico fidato come tutore e non vuole assolutamente la zia, sorella della madre morta di cancro della quale si sa soprattutto che ebbe un miliardo come liquidazione.

L’amante morto, Massimo Minorenti, di amici fidati ne aveva addirittura due: Cesare Marangoni (che importa che si conoscessero da 15 giorni soltanto?), comproprietario del locale notturno Fauve, ma laureato in chimica; fu in casa sua, a via Ripense, che Anna Fallarino e Massimo Minorenti trascorsero la notte che precedette la strage. Poi c’è Aurelio Facchini: impiegato di banca, era a cena con Anna Fallarino e il Minorenti quando il marchese fece la minacciosa telefonata che annunciava la strage. Ora tra il Facchini e il Marangoni ci sono scambi di querele: il Marangoni, infatti, sostiene che Anna e Massimo volevano ricattare il marchese, che chiedevano anche loro un miliardo per liquidazione e che il Facchini li istigava. «Semplicissimo ricattare il marchese: lo minacciate di fare conoscere a tutti i suoi vizietti». Il Facchini ovviamente "nega ogni addebito”, come si dice in gergo poliziesco.

L’elenco degli amici non è finito qui: ci sono, ad esempio, gli amici che erano amici ma non c’entrano niente nella sparatoria finale. C’è Zorika Milosevic: è lei la misteriosa ex che si era indebitata per comprare la moto a Massimo, ma appena ha saputo che è morto ha spedito le cambiali alla famiglia Minorenti. Il giovanotto l’ha frequentata fino alla fine, ha trascorso con lei una notte anche due giorni prima della strage; l’ha trascinata nei circoli neofascisti che frequentava all’università (strano modo di studiare il suo: mai dato un esame) presentandola come fidanzata. Zorika meriterebbe un capitolo a parte: è sorella di quel Milos trovato morto accanto alla moglie di Mickey Rooney (ancora sconosciuto il colpevole); era amica di quello Stephan Marcovic, segretario di Delon, assassinato in Francia.

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino f1RICCHISSIMA. Anna Maria Casati, 18 anni e un patrimonio che resterà enorme malgrado le tasse di successione e gli arretrati degli accertamenti fiscali che adesso verranno sicuramente fatti.

Adorava sparare

Poi ci sono le amiche di Anna: «Ha chiesto consiglio alle amiche.della più esclusiva cerchia nobiliare prima di andare all’appuntamento col marito», fu detto nei primi giorni. Chi sono queste amiche che evidentemente conoscevano la sua relazione con il bel Massimo? Non è stato spiegato. Quando i cronisti hanno telefonato per esempio a casa Torlonia, si sono sentiti rispondere: «Era deliziosa, eravamo molto amiche. Una sola cosa ci divideva: a noi piace il trotto e lei preferisce il galoppo».

Soltanto lui, Camillino, aveva troppo pochi amici: al circolo della caccia non gli hanno risparmiato le battute cattive: «Adorava sparare, sparava sempre. Guai ad andare a caccia con lui: sparava alle starne che i cani degli altri avevano puntato». Si sa anche che fin da piccino amava fare i dispetti: andava sotto i tavoli dove sua madre e le amiche giocavano a canasta e tirava gran pizzicotti. Nessuno che abbia detto: «...era un buon uomo» oppure — che so — «una volta regalò 1000 lire a un povero». Ma d’altra parte chi avrebbe potuto dirlo? I soldi li dava soltanto agli amici occasionali della moglie. Ma, per esempio, pagava le tasse di un impiegato, anzi minacciò di andarsene da Roma se gli avessero aumentato l’imposta di famiglia, che era di centomila lire. Soltanto. Lo onorevole Stefano Servadei ha presentato un’interrogazione al ministro delle Finanze per sapere chi siano stati i funzionari che si erano occupati del contribuente Casati. Stefano Servadei è diventato popolarissimo.

In questa storia dove c’è troppo di tutto, manca completamente una cosa: la pietà. In fondo ci sono tre morti, in fondo (molto in fondo, per la verità) è una storia d'amore; in fondo c’è un’orfana rimasta al mondo con una zia che s’è affrettata a chiedere la tutela e una nonna che gioca a canasta. Per il marchese nessuno prova pietà perchè pare che in vita abbia insistentemente cercato di rendersi odioso: riuscendoci in pieno. Per la marchesa nessuno prova pietà soprattutto dopo aver dato una sbirciatina alle sue foto. Per il Minorenti nessuno prova pietà perchè aveva 25 anni ma perbacco il sistema scelto per farsi strada nella vita e guadagnare il pane quotidiano era ignobile.

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino f2EX-COMPARSA. Piccola, bruna, rotondetta, 41 anni, Anna Fallarino era un’ex-comparsa: aveva tentato il cinema con Totò, ma con scarsa fortuna. Ne ebbe invece moltissima con i mariti: sposò l’industriale Peppino Drommi nel 1957, e il marchese Casati nel 1959.

Pietà almeno per questa orfana, per Anna Maria, che è costretta a seppellire il padre mentre i giornali raccontano vicende imperniate su un diario di seta verde. E lei i giornali li sa leggere benissimo. Si sa anche comportare con stile: affronta i fotografi come se fosse la nuova pretendente alla mano del futuro re d'Inghilterra, cioè con signorile distacco, con un sorriso leggero. Una ragazza in gamba, ha diciotto anni soltanto: per prima cosa s’è affrettata a fare i conti per scoprire quanto le ruzzolerà nella borsetta.

Luigi Vaccari


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Il professor Fausto Antonini è nato a Roma il 23 gennaio 1932. E’ sposato e ha cinque figli (il più piccolo di 4 anni, il più grande di 12). Si laureò in filosofia a 28 anni con il professor Ugo Spirito. Scelse una tesi sulla psicologia e qualche anno dopo questa tesi, rimodernata e ritoccata, apparve nelle librerie col titolo "Psicanalisi e filosofia”. La psicanalisi è sempre stato il suo grande amore. Ha uno studio a Roma, ma si dedica brillantemente anche al giornalismo (scrive spesso sul "Messaggero”). E' consulente della popolare trasmissione radiofonica "Chiamate Roma 3131". E’ lui che ha convinto la Casa editrice Sansoni di Firenze a pubblicare quel best-seller sul sesso dei dottor David Reuben di cui abbiamo presentato ampi estratti nel numero 37 di "Tempo" e che si intitola «Tutto ciò che avreste voluto sapere sul sesso... ma non avevate osato chiedere».

Ora che si sa più o meno quasi tutto quello che si poteva sapere, possiamo tirare le somme. Il caso del marchese Casati, da un punto di vista psicologico, considerato nelle sue premesse, non presenta grandi problemi. Del resto chi ha un po’ d’intuito psicologico lo aveva capito subito: dietro deve esserci qualche questione sessuale complicata. Dicevo che questa storia non presenta problemi perchè i ”giochi proibiti” del marchese e della moglie Anna Fallarino (e dei vari partner più o meno occasionali) rientrano in un meccanismo psicologico ben noto.

Un bel giorno (o un brutto giorno) un marito o fidanzato qualsiasi si accorge, in modo determinato e specifico, dell’interesse sessuale che la propria moglie o fidanzata suscita in un altro o in altri uomini. Potrà essere un complimento, o un corteggiamento più o meno discreto oppure, più precisamente e drammaticamente, la scoperta d’una relazione, anche avvenuta nel passato e ormai del tutto chiusa e finita. Tutte queste ”scoperte” determinano nel nostro uomo un turbinio di reazioni: angoscia, mortificazione (si sente quasi schiacciato e sopraffatto dal rivale), rabbia ( vorrebbe aggredire la donna — e talvolta lo fa magari indirettamente e successivamente — e il rivale), ma anche, con sua stessa sorpresa, eccitazione sessuale. Quella sera, dopo la sfuriata e il "muso” tenuto per un po’, ha con la sua donna un rapporto sessuale così pieno, potente, soddisfacente come mai prima.

Che succede?, si chiederà stupito il nostro uomo. Ma qualunque risposta egli dia a questa domanda che si è posto, la via è imboccata, ormai. Come la farfalla cerca la luce, va verso il fuoco anche se quello le bru-cerà le ali, così l’istinto, e specialmente l’istinto sessuale corre verso ciò che lo appaga, lo eccita, lo stimola, lo soddisfa.

A poco a poco la ”scoperta” si fa del tutto chiara: i rapporti sessuali, per lui, quei rapporti che forse andavano sbiadendo e appassendosi nella monotonia della routine quotidiana, improvvisamente riprendono vita e vigore. E si sa bene che un uomo sessualmente eccitato e poi soddisfatto vede il mondo con altri occhi: da pessimista diviene ottimista, da triste allegro, da preoccupato speranzoso; vede il mondo limpido e luminoso, nasce e rinasce in lui una turgida fiducia in se stesso, negli altri, nel mondo, nell’avvenire. Quella pienezza, quella felicità è difficile lasciarla, una volta trovata, o solo intravista. Anche se la cosa che gli sta succedendo gli sembra assurda, quell’assurdo gli sembra pieno di vita e tutte le altre logiche gli appaiono stracche e stantie.

Il rischio del manicomio. A questo punto però ci sono molte inibizioni, molti divieti da superare. Anche perchè, di passo in passo, te cose si complicano, si approfondiscono pericolosamente. Prima egli, per eccitarsi, si accontenta di qualche ricordo (un uomo che corteggiò la moglie, un complimento ”stradale” e così via). Poi pregherà la moglie di raccontargli tutte le esperienze avute con altri uomini (se essa non ne ha o dice di non averne, la pregherà d’inventarle). Poi, cautamente, timidamente dapprima, più speditamente in seguito, se non son successi guai, comincerà a spingere la moglie a farsi guardare, a farsi corteggiare, infine a farsi amare da altri uomini.

A questo punto l’uomo per lo più resta o cerca di restare nell’ombra: delle avventure della moglie — da lui volute — è spettatore indiretto e comunque nascosto. Ma in altri casi, in determinati ambienti sociali più spregiudicati, la cosa avverrà alla luce del sole e si avrà così il rapporto multiplo o meglio una serie di rapporti multipli con tutte le variazioni possibili sul tema fondamentale.

Ma la donna, in tutte queste situazioni, come reagisce? A questo punto due sono le strade principali (naturalmente schematizzando) : o la donna rifiuta totalmente il nuovo ménage; o lo accetta del tutto controvoglia; o vi partecipa con piacere. Nel primo caso l’uomo in genere fa marcia indietro, ma cova, consciamente o inconsciamente, un sordo rancore contro la moglie che avvertirà come una madre castrativa, come una voce della coscienza punitiva; un sordo rancore che esploderà in litigi continui, in accuse e autoaccuse talvolta fino alla rottura finale.

Nel secondo caso la donna, prima o poi, finirà in casa di cura o comunque si troverà in stato di tensione esplosiva; e il marito sarà comunque insoddisfatto e in permanente stato di colpa. Nel terzo caso avviene come è avvenuto nella coppia Casati; ai desideri dell’uomo corrispondono quelli della donna e al bisogno di lui di eccitarsi esibendo e facendo amare da altri la propria donna corrisponde puntualmente il desiderio, il piacere di lei di esibirsi e di farsi amare da altri.

Tendenza omosessuale. L’uomo che si trova con una moglie simile finisce per amarla d’un amore tutto speciale, tutto sensi e sessualità, ma non perciò meno intenso, anzi violentissimo. Nascotio sentimenti contraddittori: una infinita gratitudine verso di lei, come verso di chi l’ha liberato da antichi timori, tabù, inibizioni e gli ha scoperto orizzonti nuovi; una tremenda paura d’essere abbandonato e di non poter più trovare quella felicità sessuale (peraltro oggettivamente rara e difficile nella nostra società); una continua duplice tensione: di gelosia da un lato e di ricerca di nuove eccitazioni dall’altro. Ma la legge ferrea di tutto il gioco è una sola: l’uomo deve essere al centro, deve stabilire, programmare ogni cosa, fino alle più infime minuzie, pena lo scatenarsi della paura della passività. Perchè, infatti, si eccita l’uomo alla vista di altri, che si uniscono alla sua donna? Vi sono varie ragioni generiche, ma il motivo più importante e specifico è questo: la donna che si esibisce rappresenta la sua (dell’uomo) parte femminile, che si appaga così vicaria-mente. Si tratta, insomma, di una tendenza omosessuale passiva (da non confondere con quella attiva, che può essere più esplicita in tali casi) che si soddisfa in modo indiretto attraverso la donna. Ma se l’uomo desidera essere passivo, lo teme anche (e perciò usa la donna quale tramite per soddisfare il suo desiderio). E da questo timore si difende dominando tutta la situazione, essendo sempre al centro di tutto.

Se questo dominio gli sfugge, se la sua donna si interessa di più a qualche altro, se la sua posizione si capovolge, egli entra in uno stato di angoscia irrefrenabile: si sente passivo, strumentalizzato, messo da parte. La sua gratitudine verso la donna si tramuta in furore: egli viene preso da sospetti atroci (come per esempio che la sua donna non si è mai eccitata con lui e per lui, ma con altri e per altri) e il bisogno di rimontare la situazione diviene imperioso. Allora può anche uccidere, per tornare al centro, per essere ancora il deus ex machina, per dominare, rendere passivi gli altri, di nuovo immobili, perchè sopraffatti dalla violenza della sua aggressività.

Prof. Fausto Antonini

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino intro2

Roma, settembre

Per un paio d’anni frequentammo lo stesso liceo. Il liceo si chiamava San Gabriele ed era un liceo classico. Lui si chiamava Massimo Minorenti ed era un ragazzo-bene. O, almeno, aveva una gran voglia di esserlo. Ho sempre pensato infatti che la sua famiglia fosse meno agiata di quanto lui facesse credere. Non so a cosa dovessi questa impressione, forse al fatto che una volta, all’inizio di un anno scolastico, gli vendetti i miei libri (ero di un paio d’anni avanti a lui), forse al fatto che non mi era eccessivamente simpatico. Era un po’ troppo bello, un po’ troppo fortunato con le ragazze e sapeva portare vecchi maglioni di shetland lisi ai gomiti con
un po’ troppa disinvoltura.

Neanch’io ero molto simpatico a lui. La volta che gli vendetti i libri stette una mezz’ora in camera mia a mettere il naso nella mia biblioteca con l’aria di non capire come potessi perdere del tempo a leggere libri che nessuno mi imponeva di leggere. Alla fine mi chiese un whisky. Non ne avevo. Allora lui si fece uno sconto sui soldi che doveva darmi e mi invitò a berne uno nel bar sotto casa. Lo rividi all'università. Si era iscritto a Scienze politiche ma si faceva vivo solo quando c’era da menare le mani contro i comunisti.

Una volta i comunisti menarono le mani contro di lui. Fu al tempo della morte di Paolo Rossi. All’università c’era una gran confusione. Massimo girava tra i suoi come una staffetta, portando notizie, chiamando aiuto da una facoltà all’altra. Così venne notato e quando verso sera stava andandosene uno, da un’automobile, gli chiese un fiammifero. Quando Massimo si chinò attraverso il finestrino, dall’altra parte gli fecero qualcosa perchè quando egli tirò fuori di nuovo la faccia era coperta di sangue.

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino f3LE IMMAGINI PROIBITE. Ecco alcune foto pubblicabili o censurate della marchesa Casati: gliele aveva fatte il marito con la Polaroid. Nata ad Amorosi (Benevento), era approdata a Roma dopo un’infanzia infelice: la madre l’aveva abbandonata a 3 anni per scappare con l'amante. Con il marchese Casati ebbe quella vita di lusso e di corruzione che doveva condurla alla morte.

Niente di grave ma aveva una gran paura che gli avessero rotto il naso. Almeno questo diceva mentre lo riaccompagnavo a casa. Non faceva che chiedere: «Cosa dici, è rotto? Secondo te è rotto?». Ma io, che facevo lettere e non medicina, non sapevo cosa rispondergli. Disse anche che avrebbe preso lezioni di judo. Tutti i suoi compagni di destra, disse, frequentavano le palestre di judo. Qualche giorno dopo lo vidi uscire da una palestra dei Parioli. Aveva una borsa di tela. Disse che era andato a fare una sauna. Era molto contento perchè il suo naso stava benissimo.

Era abbastanza facile incontrarlo in un bar dei Parioli con altri ragazzi della sua età, ma non era altrettanto facile riconoscerlo perchè vestivano tutti nello stesso modo, con le giacche attillate di testa e pantaloni di velluto: a coste strette, se portati con la giacca, a coste larghe se portati con i maglioni. E’ una regola che mi regalò lui stesso.

Gli piaceva molto vestirsi bene. Gli piacevano molto anche altre cose: le automobili (ma ultimamente aveva abbandonato la Mini per una grossa moto), le donne (che preferiva alle ragazze), bere nei night e giocare a carte. Ogni volta che se ne presentava l’occasione parlava delle sue avventure amorose. So adesso che gli servivano per sentirsi un vincitore. Faceva infatti la vita degli adulti fortunati con una fortuna in più di loro: la sua età.

L'ultima volta che lo vidi fu questa estate. Una sera a via Veneto. Sapete com’è via Veneto nelle sere d’estate, con la gente seduta ai tavolini e quella che invece passeggia guardando la gente che sta seduta. Lui stava seduto. E non era solo. Adesso so chi era la gente che conobbi quella sera, chi era in realtà, intendo dire, e cosa gli è costata.

Mi chiamò da uno dei tavolini di Doney. Per un attimo pensai di fare finta di non averlo visto, uscivo dall’ufficio ed ero stanco.

Lei era Anna Fallarino, ma mi fu presentata soltanto come Anna. Se avessi saputo dare a Massimo l’impressione di credere ciò che mi raccontava in fatto di donne probabilmente quella sera non sarebbe stato punto dall’impulso di chiamarmi e di presentarmi la donna con cui stava ed ora non sarei qui a testimoniare di una storia così tragica e, tutto sommato, sgradevole anche per me. Infatti questa storia, così com’è venuta fuori dai giornali (e non ho nessun motivo di credere che le cose siano state e siano andate in un altro modo), non ha niente che non sia sgradevole. Forse l’amore tra Massimo e la marchesa Casati, se amore c’è stato, non è soltanto una sporca storia di soldi. Lei, comunque, era bellissima. Indossava un vestito bianco, soltanto. Era facile intuire che non avesse nulla sotto, o molto poco. Il suo abito aveva una lunga, hongkonghia-na spaccatura ai lati. Se ho mai visto una donna splendere questa era lei. Era come una lampada tra le candele. Le candele erano le altre, sia pure bellissime. Che di solito, e anche quella sera, siedono da Doney. Aveva un sorriso ironico e interessato, uno di quei sorrisi che prendono in giro la gente ma con complicità. Un sorriso indulgente.

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino f4LA TESTIMONE. Zorika Milosevic, ballerina Jugoslava di 29 anni, amica di Massimo Minorenti. Il giovanotto l'aveva invitata più volte a partecipare ai "giochi proibiti" in casa Casati, ma Zorika pare abbia sempre rifiutato. In compenso ha pagato lei i mazzi di gladioli che lui mandava alla marchesa.

Massimo era invece quasi febbrile nel chiedere notizie di me, del mio lavoro in casa editrice, della ragazza con cui sto per sposarmi e che aveva conosciuto al bar Euclide l’anno prima. Mi poneva le domande con grande interesse. Tanto grande quanto il disinteresse con cui ascoltava le risposte. Era evidentemente interessato solo a farmi vedere il grado di familiarità che aveva con la sua amica. La quale ascoltava in silenzio.

Così cominciò quella serata che fino a dieci giorni fa è stata per me una serata neanche strana, da legare a un certo tipo di personaggio ben preciso che conoscevo poco più che di vista e basta.

Fino a dieci giorni fa per me la marchesa Casati era la stupenda donna vestita di bianco che da Luao, dove si bevono due forti miscugli di rum e di succhi di frutta che si chiamano Vergine perversa o Bamboo e dove ci recammo prima di salire a casa sua, seppe pronunciare una battuta spinta con estrema eleganza.

Accadde che io chiedessi al barman, abbreviando: «Una Vergine e un Bambù» e lei ebbe un risolino dicendo: «Be’, la trovo una richiesta suggestiva». Massimo, sul suo whisky, non la udì nemmeno.

La marchesa abitava abbastanza vicino, in un attico divenuto famoso ma che era già famoso, anche se in una cerchia più ristretta di amici, in via Puccini.

C’era gente. Cinque o sei persone accampate in un salotto non grande costellato di poltrone. Non conoscevo nessuno, anche se una mi pareva un’attrice cinematografica. Un signore, che mi venne presentato da Massimo come il marchese Casati, disse qualcosa a proposito del drink che Massimo e Anna avevano bevuto, qualcosa relativo al tempo che avevano impiegato per berlo.

Il marchese Casati mi parve una persona sbrigativa, un po’ sostenuta, ma forse era sbrigativo e sostenuto solo quella sera, forse era sbrigativo e sostenuto perchè gli seccava che sua moglie si fosse trattenuta troppo al bar con Massimo. Così, almeno, pensai. Quando chiesi a Massimo cosa stesse facendo in mezzo a loro, mi rispose che era una questione di affari ma non mi parlò nè di night-club nè di saloni d’automobili. Tutte cose che ho letto dopo, sui giornali, insieme al resto.

Il marchese stava giocando con i suoi ospiti. Ognuno aveva davanti a sè un foglio di carta e una matita. Il gioco consisteva nell’anagrammare delle parole. Lo prendevano tutti molto sul serio e più di tutti il marchese che era molto orgoglioso della sua abilità. Così, il ricordo che ho del marchese è quello di una persona sbrigativa e sostenuta molto abile negli anagrammi.

Non fu, infatti, una serata densa di motivi di interesse. A parte la vastità della casa, l’arredamento ricercato, la comodità delle poltrone e il whisky (Chivas nero) e la presenza di Massimo, il più giovane nella stanza, ma non a disagio, fu una sera come può capitare a chiunque di trascorrere a Roma dove la gente è abituata a combattere la solitudine conducendo una vita da colonia anche quando non compare nelle classifiche dei maggiori contribuenti. anche quando insomma non è ricca (chè i ricchi costituiscono una colonia ovunque si trovino). Come molte altre serate romane, mi parve una riunione di amici o di gente che si conosceva riunita soltanto per trascorrere qualche ora insieme tra un gioco di società e un pettegolezzo. Così me ne andai prima degli altri, perfino annoiato.

1970 09 19 Tempo Anna Fallarino f5SECONDE NOZZE. Un'altra fotografìa di Anna Fallarino scattata da suo marito. Camillino Casati Stampa era riuscito a ottenere un doppio annullamento dalla Sacra Rota.

Poi, la tragedia. Leggo sul diario privato (e l'aggettivo ha acquistato un sapore di funebre ironia che certo il suo estensore non pensava di dargli) del marchese frasi come: «E’ venuta Elena, ci siamo divertiti. Era lesbica», «Date trentamila lire ad un militare che ha posseduto Anna», «Anna alla finestra. Nuda, sono passati dei militari. Erano stravolti. Ho fotografato la scena». E ancora. «Stasera Anna ha fatto impazzire tutti». Poi leggo anche: «Anna nuda sulla spiaggia. Ho fatto avvicinare due avieri che stavano passando e l’ho fatta accarezzare. Le hanno tolto la sabbia dalla pelle. E’ stato molto eccitante^ Fiumicino».

E’ non so bene perchè, è questa frase che più mi fa pensare al mio ex-compagno di liceo. Questi due avieri che si avvicinano ad una donna la cui bellezza può folgorarli e, con cautela, le tolgono la sabbia di dosso. E’ un atto d’amore che il marchese non aveva previsto, con la sua mente anagrammatica. Così come non aveva previsto che il ragazzetto biondo e la sua stupenda moglie potessero trovare nei loro diversi corpi qualcosa di diverso dalla momentanea soddisfazione. Non so. Non so niente, non mi va di giudicare nessuno. Sento vagamente che la colpa della tragedia è attribuibile a qualcosa che va oltre le tre persone fìsiche dei suoi protagonisti. Forse ai soldi, forse all’amore, forse soltanto al fatto che tutti e tre erano già morti prima che il fucile sparasse inondando di sangue le pareti e i tappeti persiani del favoloso attico dell’ultima scena. Già morta Anna con le sue venerabili gambe (tanto morta da doversi fare fotografare per accertarsi di essere viva), già morto il marchese sulla sua montagna di soldi. E già morto Massimo nella sua corsa al niente.

testo raccolto da Sergio Battaglia

«Tempo», anno XXXII, n.38, 19 settembre 1970



Filmografia

Tototarzan, regia di Mario Mattoli, (1950)


La marchesa molestata dal parroco

Il retroscena del delitto Casati Stampa rivelato dalla nipote della vittima. La violenza sessuale probabilmente condizionò la vita di Anna Fallarino

Era nata in un paese del Beneventano che si chiama Amorosi e forse non avrebbe potuto venire alla luce in un posto che avesse nome diverso. L'amore fu al centro della vita di Anna, l'amore fu la causa della sua morte. Anna come ce ne sono poche: bizzarra, insaziabile di vita, dotata di una sensualità irresistibile, benedetta da una bellezza ruvida, danneggiata da un'infanzia infelice. Era nata nel 1929 e presto separata dalla sorella: lei viveva con una zia, la madre si era rifatta una vita dopo una prima relazione finita male. Anna Fallarino s'era trasferita a Roma giovanissima, accecata dalle luci di Cinecittà. Sognava la gloria. E nella sua breve vita (fu uccisa a 41 anni) ricordava a tutti di aver partecipato al film «Totò Tarzan», una delle tante comparse belline di quei tempi. Era cresciuta senza troppe regole e soprattutto senza una figura paterna accanto. Dunque a venti anni era una procace bellezza mediterranea con fianchi e spalle cesellati ed un viso furbetto che rifuggiva da qualsiasi imperfezione. Affamata d'amore. Affamata di vita. Non era, come venne descritta dalla stampa scandalistica, una ninfomane, affatto. Era una donna che voleva tutto quello che non aveva avuto e ciò significava adattarsi alle esigenze altrui, se fosse il caso di farlo. Ma, come ha rivelato la nipote Mariateresa Fiumanò, nel suo libro «La marchesa Casati», aveva anche una sorprendente dolcezza nei confronti dei bambini e sognava di averne, almeno un paio. Di lei si conoscono vita, morte e miracoli. Quello che non si conosceva (e che rivela proprio la nipote) è un segreto che Anna aveva tenuto per sé. A 12 anni, quando ancora il sesso era argomento di cui non conosceva le trame, fu molestata pesantemente dal suo anziano parroco, Don Luca. Prima nel confessionale, poi in canonica.Era nata in un paese del Beneventano che si chiama Amorosi e forse non avrebbe potuto venire alla luce in un posto che avesse nome diverso. L'amore fu al centro della vita di Anna, l'amore fu la causa della sua morte. Anna come ce ne sono poche: bizzarra, insaziabile di vita, dotata di una sensualità irresistibile, benedetta da una bellezza ruvida, danneggiata da un'infanzia infelice. Era nata nel 1929 e presto separata dalla sorella: lei viveva con una zia, la madre si era rifatta una vita dopo una prima relazione finita male. Anna Fallarino s'era trasferita a Roma giovanissima, accecata dalle luci di Cinecittà. Sognava la gloria. E nella sua breve vita (fu uccisa a 41 anni) ricordava a tutti di aver partecipato al film «Totò Tarzan», una delle tante comparse belline di quei tempi. Era cresciuta senza troppe regole e soprattutto senza una figura paterna accanto. Dunque a venti anni era una procace bellezza mediterranea con fianchi e spalle cesellati ed un viso furbetto che rifuggiva da qualsiasi imperfezione. Affamata d'amore. Affamata di vita. Non era, come venne descritta dalla stampa scandalistica, una ninfomane, affatto. Era una donna che voleva tutto quello che non aveva avuto e ciò significava adattarsi alle esigenze altrui, se fosse il caso di farlo. Ma, come ha rivelato la nipote Mariateresa Fiumanò, nel suo libro «La marchesa Casati», aveva anche una sorprendente dolcezza nei confronti dei bambini e sognava di averne, almeno un paio. Di lei si conoscono vita, morte e miracoli. Quello che non si conosceva (e che rivela proprio la nipote) è un segreto che Anna aveva tenuto per sé. A 12 anni, quando ancora il sesso era argomento di cui non conosceva le trame, fu molestata pesantemente dal suo anziano parroco, Don Luca. Prima nel confessionale, poi in canonica.

Una violenza sessuale che lei provò a raccontare alla zia, ricevendone solo un paio di schiaffi. Di sicuro stava mentendo, don Luca era un così brav'uomo, le fu risposto quando in lacrime rivelò quanto le era accaduto. «Da quel momento feci di tutto per cambiare chiesa e non doverlo rivedere più», disse Anna alla nipote molti anni dopo. Raccontò i dettagli di quel segreto che pesava sulla sua anima: «Lui era il mio confessore, io lo consideravo come un nonno buono e comprensivo e gli confidavo ogni cosa col cuore in mano. Non c'era niente di scandaloso, a quei tempi, da raccontare, tra l'altro. Ma un giorno lui cominciò a chiedermi dei ragazzi che frequentavo e delle azioni peccaminose che commettevo con loro o da sola. Chiedeva i dettagli, dentro il confessionale, era sempre più curioso. Io all'epoca non avevo niente da dire. Un giorno chiese con particolare curiosità anche dettagli relativi al mio fisico. Io istintivamente fuggii, ma lui m'inseguì e mi disse "dove vai stupida ragazzina". Mi costrinse a subire le sue attenzioni malate ed io muta, incapace di dire niente o fare niente, scioccata. Non servì a nulla raccontare tutto alla famiglia, nessuno mi credette, anzi mi sentii dire che volevo mandare in galera un innocente».

Quell'esperienza turbò profondamente Anna, che all'epoca dei fatti era ingenua e non conosceva ancora le pieghe malate della vita, e forse condizionò indelebilmente la sua esistenza. Rimosse, almeno apparentemente, quell'episodio che l'aveva segnata più di quanto non credesse e crebbe indurita dagli eventi. Quel tormento non l'aveva digerito, ma andò avanti e decise di fare un buon matrimonio per «sistemarsi». Sposò l'ingegnere Giuseppe Drommi e tuttavia durante il Festival di Cannes nel 1959 incontrò il facoltoso marchese Camillo Casati, di cui divenne amante. Lui perse la testa per lei fino a farle ottenere l'annullamento delle nozze (si dice che pagò un miliardo). Si sposarono lo stesso anno e andarono a vivere in via Puccini a Roma, in un appartamento a due piani. Al terzo abitavano loro, al quarto la servitù. L'aveva arredato proprio Anna, di colpo entrata nel gotha della nobiltà italiana dalla quale era guardata con disprezzo. «Quelle vecchie bagasce», commentava lei. Tuttavia, volessero o non volessero, tutti erano costretti ad ammirarne la bellezza. Quello tra il marchese Casati, padrone di immobili sfarzosi e finanziariamente più che abbiente, e Anna Fallarino, fu un matrimonio che fece scalpore. Lui era uomo che non si compiaceva del titolo nobiliare e la frequentazione con donne del popolo non l'aveva mai infastidito. Tuttavia rivelò, fin dai primi giorni di matrimonio, una curiosità insaziabile verso l'erotismo più smaliziato che prevedeva l'«utilizzo» di maschi prestanti che dovevano fare l'amore con la moglie. Lui fotografava e osservava, aveva praticato un foro nella parete della camera da letto della villa di Zannone, scriveva in un diaro tutto quello che succedeva nel letto della moglie o sugli scogli di Zannone, l'isola che i Casati avevano in affitto dal 1922 e dove si svolgevano festini a luci rosse. Anna s'adeguava, compiacente. Felice di piacere, con un gusto morboso verso quel legame torbido. Il marchese era la figura paterna che non aveva avuto e ne era soggiogata, ne esaudiva i desideri. In cambio lui le aveva dato un’identità. L'identità che le era mancata. Festini, incontri con militari, giovani palestrati, movimentarono la vita matrimoniale della marchesa, gestita dal marito. Fatale fu per Anna Fallarino l'incontro con Massimo Minorenti, uno studente che aveva la fama di «picchiatore», un ragazzo che era stato pagato da Casati per avere rapporti sessuali con sua moglie. Non aveva messo in conto, Casati, che Minorenti e Anna potessero innamorarsi. Circostanza che si avverò e che lo gettò nella disperazione. 

Il 30 agosto 1970, Camillo Casati tornò nell'abitazione di via Puccini di corsa, allontanandosi da una battuta di caccia, dopo aver saputo che Minorenti era proprio in quell'appartamento insieme alla moglie. Stravolto, chiese ai cinque domestici di non disturbarlo, quindi entrò nel salotto, dove lo aspettavano Anna e l'amante. Non ci fu discussione. Il marchese sparò tre colpi con il suo Browning calibro 12 alla moglie e poi due all'amante, che aveva afferrato un piccolo tavolo nella speranza di ripararsi. Lasciò l'ultimo colpo per sé. La servitù, nel frattempo, allarmata dagli spari, aveva chiamato la polizia, senza tuttavia entrare nella stanza. In un'intervista a L'Europeo, l'agente Domenico Scali ha ricordato: «Il primo corpo che vidi fu quello di Anna Fallarino. Mi sembrò ancora viva. Era seduta sul divano con le gambe incrociate sopra uno sgabello. Aveva le mani in grembo e il volto sereno. La nota stonata era una macchia scura di sangue sulla camicetta».


(Fonte: http://www.iltempo.it)