Bolchi Sandro
(Voghera, 18 gennaio 1924 – Roma, 2 agosto 2005) è stato un regista italiano.
Biografia
Nato da una famiglia originaria di Novi Ligure (AL), si laureò in lettere ed esordì come attore al teatro "Guf" di Trieste. Proseguì questa esperienza anche dopo essersi trasferito a Bologna, dove iniziò l'attività di giornalista e approfondì quella di regista, fondando nel 1948 il Teatro La Soffitta. Fra i primissimi successi teatrali L'imperatore Jones di O'Neil e l'Avaro di Molière.
La televisione
Dal 1956 si dedicò soprattutto alla televisione, esordendo con Frana allo scalo Nord di Ugo Betti, realizzando con tecnica robusta e senso dello spettacolo numerose commedie e romanzi sceneggiati, produzioni di grande impegno e successo (I miserabili, I promessi sposi, Anna Karenina, I fratelli Karamazov e I demoni di Fedor Dostoevskij con la sceneggiatura dello scrittore Diego Fabbri; Il crogiuolo, Il mulino del Po, prima e seconda parte, per cui lavorò anche alla riduzione con l'autore del romanzo Riccardo Bacchelli. La coscienza di Zeno, dal romanzo omonimo di Italo Svevo, Le mie prigioni, di Silvio Pellico, e Assunta Spina): per questo il grande pubblico lo ricorderà, assieme con Anton Giulio Majano, come il "regista degli sceneggiati televisivi" per antonomasia; ebbe il merito di rendere popolari molti grandi classici della letteratura italiana e internazionale, anche grazie alla partecipazione di grandi attori, quasi tutti di provenienza teatrale, del calibro di Luigi Vannucchi, Tino Carraro, Glauco Mauri, Lilla Brignone, Giancarlo Sbragia, Gianni Santuccio, per citarne alcuni. Si occupò anche di critica televisiva.
È morto il 2 agosto 2005 in una clinica romana per disturbi cardiovascolari. Ha destato un certo scalpore sui giornali l'assenza di rappresentanti ufficiali dei vertici della RAI alle sue esequie, nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo.
È sepolto a Novi Ligure, nella tomba di famiglia.
In occasione del lancio della serie televisiva "Tutto Totò", il 4 maggio 1967, Sandro Bolchi presenta il primo episodio rievocando la figura del grande attore (scomparso da meno di un mese) insieme agli scrittori Cesare Zavattini e Achille Campanile, nonché con il regista Daniele D'Anza, autore delle nove puntate.
Mio padre è sempre stato un uomo intraprendente, direi inarrestabile. Ha fondato a ventiquattro anni un teatro stabile La Soffitta e non si è vergognato di contattare Memo Benassi che era un divo e lo convinse a recitare per lui.
Poi è cominciata l’avventura televisiva. Il primo contratto lo ha ottenuto con l’inganno. Dopo aver passato mesi nei corridoi della Rai per domandare se ci fosse qualcosa, trova un tabellone con le produzioni in programma e una priva del nome del regista. Scrive il suo.
Quando si parla di Sandro Bolchi si parla di un’epoca pionieristica della televisione ed in parte è vero. Negli anni ’60 i rapporti umani erano più semplici, immediati. Mio padre era vulcanico. Una scrivania piena di libri e cioccolatini, un lettore goloso e vorace che sfornava proposte come un flipper palline.
Quando pensò di fare i Promessi Sposi andò dall'allora Direttore Generale e disse ”Vorrei fare i Promessi sposi”. E l’altro rispose: "e tu falli". Oggi non sarebbe pensabile un approccio di questo tipo.
Quindi mio padre era viziato dalla possibilità di bussare alle porte (spesso entrava direttamente) ed essere ascoltato, godere di stima illimitata ed avere un’autonomia decisionale totale. Il suo essere il cavallo di razza della tv lo rendeva libero ma ligio. Mai un giorno di ritardo sui piani di produzione previsti. Il suo motto: genio e regolatezza.
Sono cresciuta con le dirette del Riccardo terzo con i musical di Garinei e Giovannini, con la Messa da requiem di Verdi. Il giorno dopo la scuola saltava ma la tesi era “recupererà, vuoi mettere quello che ha imparato ieri o quanto si è divertita”. Era vero.
Poi ho cominciato a lavorare con lui: segretaria di edizione, aiuto regista etc. Quasi tutto quello che so l’ho imparato stando attenta. Lo studio maniacale del testo, l’amore per gli attori che vanno guidati (oggi sembra quasi una bestemmia), l’abilità nel risolvere la povertà di budget con soluzioni che si rivelavano più valide e moderne. Quello che mi ha sempre colpito di mio padre era la capacità di rialzare la testa in ogni occasione (come tutti ha avuto i suoi momenti no) e ricominciare senza piagnistei o recriminazioni.
Susanna Bolchi
Galleria fotografica e stampa dell'epoca
Bolchi prepara "I promessi sposi"
Il fortunato regista del teleromanzo "I miserabili" affronta adesso la prova più impegnativa della sua carriera
In questo periodo di austerità televisiva, l’unico a non risentirne sembra essere Sandro Bolchi, il regista dei «Miserabili» e del «Il mulino del Po» che ha davanti a sè tanto di quel lavoro da svolgere, da non avere un giorno libero fino all’ottobre del '65.
Innanzi tutto dirigerà dal primo al quindici agosto negli studi di Napoli un’opera lirica originale, che verrà presentata al Premio Italia di questo anno. Si tratta di «Faust a Manhattan», composta da Mario Nascimbene su libretto di Luigi Candoni. E’ una sorta di Faust al contrario, anziché vendere l’anima per la giovinezza, il giovane protagonista vende la giovinezza pur di conquistare un’anima.
«Curioso l’impiego del materiale sonoro — mi dice Bolchi. — Infatti al Modem Jazz Quartett si accosterà una colonna preincisa con suoni di sirene di porto, di campanelle di stazione, di raffiche di mitra, e naturalmente la colonna musicale vera e propria. Vi saranno parti cantate affidate a giovani voci di Spoleto, e una parte recitata, quella di Faust, interpretata da Giancarlo Sbragia.
A proposito di scene, Boi-chi ha avuto un’idea piuttosto audace che è stata accettata con entusiasmo e sviluppata da Maurizio Mammì, il suo scenografo. Tutte le riprese avverranno attraverso un enorme fondale dì plastica, dietro al quale vedremo grattacieli appena accennati, interni, pozzi di petrolio. A un certo punto con la fiamma ossidrica si devasterà questo fondale con effetti veramente suggestivi.
Dopo «Faust », Bolchi si dedicherà al «Giulio Cesare» di Shakespeare e al completamento della sceneggiatura della seconda parte del «Mulino del Po». Infine dovrà affrontare «I promessi sposi».
Era da molto che la televisione desiderava portare sul piccolo schermo il romanzo di Alessandro Manzoni, ma il progetto sembrava sempre di eccessivo impegno, e veniva rimandato di anno in anno. Adesso la decisione è stata finalmente presa, e la realizzazione affidata a Bolchi. «Prima di accettare — ha detto — ho riletto attentamente il libro, e mi sono convinto che una riduzione televisiva è possibile. Naturalmente occorreranno molta cautela, molto impegno, e moltissimi mezzi se si vorrà raggiungere un risultato positivo».
«Il romanzo si snoderà in sei puntate, non ciclopiche, ma di un’ora e un quarto l’una. Mi auguro di avere per la sceneggiatura una équipe con almeno due grandi scrittori di marca manzoniana che mi diano la certezza di una versione fedele, e filologicamente esatta. Parlare di interpreti, di soluzioni sceniche per ora è troppo presto. Una cosa è certa: che per le riprese userò, come d’altronde per ” Il mulino del Po”, le ”electronic cam ”, che permetteranno di girare in esterno, e, con la possibilità del doppiaggio, la vendita all’estero di questo italianissimo romanzo sceneggiato».
Mimmina Quirico, «La Domenica del Corriere», 31 maggio 1964
Ci siamo lasciati aggredire
Roma, febbraio
Le nuvole sono dentro di loro, anneriscono gli spiriti, lacerano le coscienze. Il cuore è buio, la nebbia l’opprime e ne incupisce i battiti. Negli occhi si leggono i riflessi di un autunno che sta morendo nella caligine rotta solo a tratti da qualche ramo ispido. I demoni escono, in attesa di volare basso sulle carogne di chi aveva avuto la sventura di ospitarli.
Non v'è cielo in questo libro, tutti sembrano temerlo e si nascondono dietro i velluti stinti di un tetro governatorato, dove teli grigi umiliano poltrone che furono nobili, o sotto le povere volte di baracche putride. Un vento gelido riesce a spaccare i muri e ad annidarsi in grembo a qualcuno: le ombre si rincorrono in queste stanze, si alitano la loro rabbia di esistere.
Il regista Sandro Bolchi ha diretto la riduzione TV de «I demoni». «In questo processo ad anime inquinate», dice, «il pubblico ritroverà un forte bisogno di Dio»
Che cosa accade in quel parco, vicino al fiume, accanto allo stagno? Vi abbiamo cercato solo qualche frammento di vita (o di morte?) con immagini magre, rapide, avare di luce, povere di seduzioni calli-grafiche, schegge incenerite che i personaggi tenteranno di recuperare per comporsi l'«identikit» finale. Oggi, a lavoro concluso, mi accorgo di aver giocato tutto su questo paesaggio desolato che stempera sulle pareti gli smorti colori dell’anima. Le parole si infittiscono in una trama che non lascia spazio ai languori, il dibattito s’inasprisce «à la recherche» di una verità difficile, gli uomini si spiano con la disperata curiosità di uccidere o di uccidersi.
Già, per questo tipo di paesaggio interno e scomodo, ho rinunciato a scaldare con un po’ di luce questa nera galleria di spettri che si divoreranno per sei lunghe ore. In Delitto e Castigo Raskolnikov delira in una Pietroburgo impolverata da un sole bianco, con l'afa che gli rompe la gola e gli accende la febbre (fa caldo, il cervello si corrompe, il sudore si mescola al sangue di una vittima, le notti sono roventi, si spalancano le vetrate su di una città che bolle, v'è odore di catrame, di pulviscolo acre).
Qui, a Tver', la cittadina de I demoni, si soffoca per l'umido che gronda, per i vapori che salgono dalla terra, per un cielo plumbeo dove non ci stupiremmo di veder volare qualche corvo. Tver' ha la febbre, le carni guaste e chi vi arriva dalla «Vasta Russia» sarà anch'egli malato e sognerà Pietroburgo, le strade larghe, un cielo arso e calmo, i grandi salotti: e d’inverno la neve che splende, non la pece che incrosta le scarpe e le anime. Ma Pietroburgo è lontana, come Mosca per le sorelle di Cecov; chi ha il coraggio di restarvi forse si salverà, chi parte per Tver' sospetta che un odore d'incenso lo accoglierà, alla stazione. Eppure molti vi arrivano, per espiare, per appestare, per lasciarsi morire. Il primo episodio vive su questa attesa: cosa cercano, chi cercano, quali peccati vogliono scontare, quali delitti compiere?
Gli usci fanno presto a rinchiudersi dietro chi è entrato, l’udienza si celebra a porte chiuse, con l’odore di muffa che inacidisce l'aria, le voci che indagano, le accuse che lievitano, le difese che si fanno sempre più esauste. E' una tortura morale, un cerchio che via via diventerà più atroce, sino a far schizzare dalle tempie la follia. Pjotr Stepanovic, l'uomo che ha manovrato l'orrida giostra, scappa lasciandosi dietro qualche cadavere e la certezza che gli altri complici perderanno la ragione per le mostruosità commesse. Nikolaj Staroghin s'impiccherà per non sopravvivere al suo delitto: «— i demoni entrarono nei porci, la mandria si avventò nel lago e affogò». Così il Vangelo secondo Luca.
Il romanzo è appunto il viaggio nella notte di questi assatanati, un viaggio ironico e disperato, che stenta ad uscire da un tunnel fumoso, per godersi una luce di speranza così lontana da sembrare un fuoco fatuo. Il viaggio è un dibattito, un conflitto, un saggio che elude il romanzesco per il gusto di esplorare un retroterra morale e politico che ci inquieterà tutti, sempre.
Come fare a chiarirlo, a soffrirlo se non «parlando» e mettendo a nudo vizi di cui altrove ci vergogneremmo? Parole, parole. Abbiamo disimparato, i miei attori ed io, ad averne paura, dopo I demoni. Anzi ci siamo lasciati aggredire dai dialoghi, dai pensieri di Dostojevskij con la disperazione di non essere forse capaci di trasmetterli, così, senza trucchi o mediazioni, al grande pubblico. Tutti d'accordo, abbiamo nascosto le immagini in soffitta, ce ne siamo serviti cautamente, con la gioia di aver ritrovato una consolante castità.
Niente musica. Qualche rumore, e basta: il latrare di un cane, i passi sulla ghiaia, il gracidare di un uccello acquatico, gli zoccoli dei cavalli sul selciato. Il processo a queste anime inquinate dallo zolfo inizia tra pochi giorni: sarà, come vi ho detto, una requisitoria lunga, complicata, sotterranea, ambigua, aspra, tesa a sconfiggere l’inutile violenza. Ma tutti, spero, vi ritroveranno un brandello di vita segreta e inconfessata, i cascami di un sogno, le frange di un delirio: e un forte bisogno di Dio.
Sandro Bolchi, «Radiocorriere TV», 20 febbraio 1972
Televisione
La casa del sonno (1958)
Frana allo scalo Nord (1959)
Ruy Blas (1959)
Il conte Aquila (1959)
La vedova scaltra (1959)
Un marito ideale (1959)
La pazza di Chaillot (1960)
Non si dorme a Kirkwall (1960)
Tristi amori (1960)
Re Lear (1960)
Anna Christie (1960)
Fine delle vecchie signore (1960)
Enrico IV (1961)
La brocca rotta (1961)
Spirito allegro (1961)
Il mulino del Po (1963)
Processo a Gesù (1963)
Il capanno degli attrezzi (1963)
Demetrio Pianelli (1963)
I miserabili (1964)
Serie "Tuttototò" (1966)
I promessi sposi (1967)
Del vento tra i rami del Sassofrasso (1967)
Morte di un commesso viaggiatore (1968)
Le mie prigioni (1968)
I fratelli Karamazov (1969)[1]
Il cappello del prete (1970)
I corvi (1970)
Tre quarti di luna (1971)
Il crogiuolo (1971)
I demoni (1972)
La giostra (1972)
Lulù (1972)
Puccini (1973)
Carlo Gozzi (1974)
Anna Karenina (1974)
Così è (se vi pare) (1974)
Il consigliere imperiale (1974)
Manon Lescaut - 3 puntate (1976)
Un certo Marconi (1976)
Camilla (1976)
La paga del sabato (1977)
Disonora il padre (1978)
Il '98 (1979)
Bel Ami - 4 puntate (1979)
Carmelo in musica (1981)
Dei miei bollenti spiriti - Film TV (1981)
Melodramma (1984)
Lulù (1986)
Una donna a Venezia - Film TV (1986)
La coscienza di Zeno (1988)
Solo (1989)
Assunta Spina (1992)
Servo d'amore (1995)
Prosa radiofonica Rai
Il re degli uomini di venerdì di Michael O'Molloy, regia di Sandro Bolchi, trasmessa il 16 agosto 1956.
Teatro
Davide e Golia, di Georg Kaiser, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1957-58
Assunta Spina, di Salvatore Di Giacomo, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1958-59
Gli asini magri, di Aldo Nicolaj, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1960-61
Un marito, di Italo Svevo, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1960-61
Così è (se vi pare), di Luigi Pirandello, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1961-62
Tristi amori, di Giuseppe Giacosa, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1961-62
Delitto e castigo, di Dante Guardamagna, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1972-73
Il capitano di Köpenik, di Carl Zuckmayer, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1973-74
Il crogiuolo, di Arthur Miller, regia di Sandro Bolchi, Teatro Stabile di Trieste, stagione 1974-75
Note
- ^ Fonte: Scheda Archiviato il 14 ottobre 2009 in Internet Archive.
Riferimenti e bibliografie
- (EN) Sandro Bolchi, su Internet Movie Database, IMDb.com
- Intervista a Sandro Bolchi su "La coscienza di Zeno", su raiscuola.rai.it
- La coscienza di Zeno, su youtube.com
- Sandro Bolchi, l'uomo che portò la letteratura in tv, su storiaradiotv.it
- Articolo su Italia Estera, su italiaestera.net
- L'ultimo saluto a Sandro Bolchi, vertici Rai assenti ai funerali, su repubblica.it
- Filmografia di Sandro Bolchi, su mymovies.it
- Bolchi: la mia Lucia bloccò i tg, La Stampa, 19 novembre 1989, su archiviolastampa.it
- Susanna Bolchi, Nuccio Lodato, Giuseppe Polimeni, Virginia Saba, Sandro Bolchi: un vogherese per caso da Sempione a Teulada (PDF), su Oltre, aprile 2018
- Susanna Bolchi, dal sito https://sandrobolchi.com/