Buffardi Gianni

Gianni Buffardi CC bio

(Roma, 1930 – Roma, 22 agosto 1979) è stato un produttore cinematografico, regista e sceneggiatore italiano.

Biografia

Figliastro del regista Carlo Ludovico Bragaglia, produsse una serie di film di successo con Totò ma anche per altri artisti, diretti da Sergio Corbucci e da Steno. Nel 1951 sposò la figlia di Totò, Liliana De Curtis, e da lei ebbe due figli, ma l'unione terminò qualche tempo più tardi. Nel 1968, dopo cinque anni di pausa, rientrò nella produzione finanziando almeno un film all'anno. Nel 1973 diresse il suo unico film, Number One, un dramma sulla criminalità nelle discoteche notturne, del quale scrisse anche la sceneggiatura. Morì a soli 49 anni, a causa di una leptospirosi contratta dopo aver fatto un bagno nelle acque del Tevere.


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

Arrestato per furto l'ex genero di Totò

Roma, 2. — Il produttore cinematografico Gianni Buffardi è stato arrestato questa mattina e rinchiuso nel carcere di Rebibbia con l’accusa di ricettazione e furto aggravato. Di Buffardi, che aveva sposato la figlia di Totò, ma il matrimonio è stato sciolto, si era parlato un paio d'anni fa, al tempo dello scandalo del « Number One» (dal quale, poi, ha tratto un film. Il suo nome, poi, era apparso anche sul giornale francese «L’express» a proposito di una questione di quadri trafugati nella villa di Campigli a S. Tropez. Buffardi attualmente è legato sentimentalmente a Igli Villani (nella foto), giovane attrice parente di Sofia Loren.

«Corriere d'Informazione», 2 marzo 1974


Il cineasta Gianni Buffardi arrestato mentre fugge sui tetti

Igli Villani, cugina di Sophia Loren, dovrà rispondere di favoreggiamento

Roma, 2 marzo.

Gianni Buffardi, noto più por le sue vicende sentimentali (ex marito della figlia di Totò ed ora amico della cugina di Sophia Loren, Igli Villani) che per la sua attività di produttore cinematografico è stato arrestato questa mattina dai carabinieri nell’appartamento di via Paisiello. dove si era trasferito di recente, sotto l’accusa di estorsione aggravata e furto. E’ stato bloccato mentre, per sfuggire alla cattura, scappava sui tetti della casa in cui abita. Si sarebbe appropriato di un « trumeau R Luigi XV, di proprietà del principe Federico Pignatelli e poi avrebbe ricattato il nobiluomo pretendendo da lui otto milioni di lire per la restituzione del prezioso mobile. Nella vicenda sono rimasti coinvolti anche il segretario di una casa cinematografica. Silvio Silvi (arrestato anch’egli per furto), tre persone ancora sconosciute e denunciate a piede libero, e la stessa Igli Villani che stamattina avrebbe mentito ai carabinieri dicendo che il Buffardi non era in casa. La cugina di Sophia Loren dovrà rispondere di favoreggiamento.

I fatti che hanno portato all’arresto del produttore e di Silvi sono piuttosto confusi. Ci sono due versioni: quella di Buffardi e quella del principe Pignatelli (quest'ultima « accolta » dal giudice istruttore che ha firmato i mandati di cattura). Pare che Gianni Buffardi — è la sua versione — vantasse un credito nei confronti del principe Pignatelli e che questi gli avesse offerto in pagamento per l’appunto il « trumeau ». Ma il produttore non era d'accordo sulla valutazione del mobile ed allora affidò a Silvio Silvi il mobile con l’incarico di farlo valutare a Firenze da un noto esperto. Silvi esegui il compito. Caricò il « trumeau » sul portabagagli applicato al , tetto della sua macchina, ma una volta a Firenze la vettura gli venne rubata: « trumeau » compreso. Il principe Pignatelli, invece, afferma che Buffardi si mise in contatto con lui per avvertirlo che « alcuni amici » erano disposti a far saltare fuori il mobile scomparso in cambio di una tangente di otto milioni. A questo punto Pignatelli informò l'autorità giudiziaria. Ora la matassa verrà sbrogliata in tribunale dove Buffardi si presenterà come imputato di furto e di estorsione e dove il principe Pignatelli dovrà difendersi dall'accusa di calunnia mossagli dallo stesso Buffardi.

«Corriere della Sera», 3 marzo 1974


Muore il produttore Buffardi per un bagno nel Tevere. Aveva bevuto acqua inquinata contenente batteri

Per salvare la vita al paziente i medici si sono prodigati al massimo sottoponendolo anche al rene artificiale - I bagni sono da tempo proibiti da un'ordinanza del Comune ma mancano i cartelli con il divieto

Per una involontaria bevuta d’acqua del Tevere è morto, a 49 anni d’età, nella clinica per le malattie infettive del Policlinico, il produttore cinematografico Gianni Buffardi, ex genero di Totò. E’ stato stroncato in poco più d’un mese da una micidiale forma di leptospirosi ittero-emorragica, un morbo poco frequente ma abbastanza conosciuto anche in tempi remoti.

Sdraiato a prendere il sole su un galleggiante del fiume il 15 luglio scorso, non resistendo più al caldo, Buffardi decise di fare un tuffo che doveva essergli fatale. Fu colto da malore, annaspò, fu soccorso e portato a riva, ma non per questo un’intera équipe dell’ospedale ha lottato, vanamente, contro la sua morte: il produttore, noto negli ambienti mondani oltreché cinematografici, è stato ucciso dal topi.

Nell'acqua ingurgitata era presente evidentemente un’alta concentrazione di batteri della famiglia delle spirochete, apportatrici anche della sifilide. Proliferando nell’organismo del topi che infestano ormai irrimediabilmente il fiume del romani, questi batteri vengono da essi eliminati attraverso le urine. Diluendosi in una grande massa d’acqua come quella portata dal Tevere, non dovrebbero solitamente essere cosi pericolosi: ma il tasso di inquinamento é giunto ad un punto tale che qualche sorsata di acqua ne contiene tanti da uccidere l’uomo più forte.

Scambiata inizialmente per epatite virale, la malattia che ha colpito Buffardi, determinando il progressivo peggioramento delle condizioni fisiche tra cui anche una semiparesi facciale, è stata successivamente classificata come la terribile leptospirosi in base alle analisi effettuate nella clinica specializzata diretta dal professore Germano Ricci. Per salvare la vita al paziente il reparto s’è prodigato allo stremo: Buffardi è stato sottoposto anche al rene artificiale dato che il morbo, devastando non solo fegato e milza ma anche i reni, ha determinato un crescente intossicamento del sangue fino al punto di provocare il coma cerebrale.

Non possedendo cani, che pure possono trasmettere la terribile malattia, non c’é dubbio che il produttore l’abbia contralta dalle acque del fiume. Nel pressi del galleggiante che era solito frequentare secondo i medici dell’ufficio d’igiene di Roma esiste evidentemente alta concentrazione di leptospire, come si chiamano i batteri incriminati. Ma la realtà é che i topi di fogna ormai spadroneggiano non solo nel fiume: una terrificante immagine apparve agli occhi del romani lo scorso inverno, quando per le piogge il livello salì e migliala di ratti cercarono scampo arrampicandosi rabbiosi lungo gli argini.

Data la situazione i bagni sono proibiti da tempo: ogni anno l’ordinanza viene rinnovata e talvolta i vigili multano i contravventori; mancano però i cartelli col divieto. Gli esperti del fiume, i flumaroli romani, sogliono nuotare stringendo in bocca una fetta di limone a titolo precauzionale. Casi di leptosplrosi sono rari, a Roma se ne registrano due o tre l’anno, per lo più dovuti al cani. Quest’anno ve ne sono stati due. Venticinque anni fa il morbo stroncò un automobilista che a causa di un incidente stradale era finito nel canale di bonifica di Terracina, lungo la via Appia.

Recentemente il fiume è staio riscoperto anche da attori, attrici, personaggi della Roma mondana, ma i proprietari del galleggianti, offrendo lusinghieri comforts fra cui massaggi orientali praticati da esperte mani filippine, sconsigliano il bagno. Sposatosi nel 1951 con Liliana De Curtis, figlia di Totò, Buffardi ebbe da lei due figli. Antonello, di 29 e Diana di 25 anni. Separatisi nel 1963, la moglie andò a vivere a Johannesburg, in Sud-Africa, dove, divorziata, ha risposato un Italiano, Sergio Anticoli e ha impiantato una boutique e un ristorante battezzato «Rugantino». Successivamente ne ha aperto un altro a Montecarlo. Il produttore, che nel cinema aveva fatto la gavetta avendo cominciato come segretario di edizione per diventare aiuto-regista, segretario di produzione, ispettore e direttore di produzione e perfino regista, per la sua esuberante personalità è stato coinvolto sia pure marginalmente in storie scabrose come lo scandalo del night romano Number One chiuso per droga e un omicidio commesso due anni fa a Tor di Valle nell’ambiente degli scommettitori clandestini.

Victor Ciuffa


Il regista del «Number One»

Laureato in filosofia Gianni Buffardi si dedicò subito al cinema, ma solo nel 1969 riuscì ad esordire come produttore: una pellicola comico-erotica, «Il monaco di Monza», interpretata da Lando Buzzanca. Dopo tre anni lo scandalo dalla droga, che segnò la fine del night Number One, fornì a Buffardi lo spunto per il film di cui fu anche regista.


La chiamano la malattia dei fiumi, un tipo di infezione che si localizza nella milza, nel fegato e nei reni provocando danni gravissimi. Il suo nomo scientifico e leptospirosi-ittero emorragica, un malanno che oltre che noi fiumi, può essere trasmosso da cani o da altri animali.

L’Infezione è causata da un microbo della stesso famiglia dello spirochele (apportatrici della sifilide) od è eliminato dai ratti attraverso le urine. I suol effetti nell'organismo umano sono quanto mai gravi. Nel caso del produttore Buffardi, a quanto pare, il microbo ha raggiunto tutti gli organi nel quali è solito annidarsi e questo ha reso le condizioni del paziente particolarmente delicate.

In un primo momento, subito dopo l'incidente, i forti disturbi avvertiti erano stati attribuiti a una grave forma di epatite virate ma ben presto i medici hanno dovuto modificare la loro diagnosi. Le condizioni del paziente si sono aggravate quasi subito al punto da costringere i sanitari e far ricorso all'applicazione del rene artificiale. Il fatto che Buffardi abbia contratto l'infezione dopo il bagno nelle acque del Tevere è ormai fuori discussione. Le autorità sanitarie che hanno seguito per dovero d'ufficio il decorso della malattia - è infatti obbligatorio per legge denunciare i casi di epatite virale e quelli di leptospirosi - hanno anche voluto stabilire se il contagio fosse stato causato da un cane o da un altro animale ma i familiari del produttore hanno escluso questa eventualità, dichiarando che il loro congiunto non ha mal posseduto cani. Il particolare è stato reso noto dall'assessore comunale alla sanità Argiuna Mazzotti, che si è appunto interessata del caso.

In merito alla vicenda, il dottor Vecchioni dell’ufficio d'igiene ha ricordato che i bagni nel Tevere sono stati da tempo proibiti proprio perché i risultati delle analisi hanno confermato costantemente un alto tasso d’inquinamento. L’ordinanza del sindaco risale infatti al 25 luglio del 1970.

Il produttore Buffardi pare comunque sia stato particolarmente sfortunato. Secondo i dati forniti dall’assessore alla Sanità, i casi di leptospirosi sono tre o quattro all’anno. Nel 1978 sono stati 3, ma non riguardavano cittadini romani ed il contagio era stato causato da cani. Quest'anno ce ne sono stati soltanto due provocati sempre da cani. Quello di Buffardi è dunque la prima drammatica dimostrazione del gravissimi effetti che l’inquinamento delle acque può provocare.

«Corriere della Sera», 23 agosto 1979


Abituato a bere, e ad offrire agli amici grandi coppe di champagne, li produttore cinematografico Gianni Buffardi è stato ucciso da qualche sorsata di lurida acqua del Tevere per aver seguito il proprio temperamento esuberante, il tenore di vita cinematografico: questo ritengono quanti lo conoscevano. Affacciandosi sulla corrente dagli argini o da un galleggiante, a nessuno vorrebbe in mente di tuffarsi nel fiume; il colore e ancor più la densità delle massa liquida sconsigliano dall'immergervi la sola punta d'un piede.

Non è solo questiono di colore, anche di odore, meglio di cattivo odore che sale dal pelo dell'acqua, dalla fanghiglia degli argini. I proprietari di galleggianti, i gestori del club sportivi dislocati sulle rive si sforzano per dare un dignitoso aspetto all'ambiente: da lontano il residuo verde delle scarpate assume aspetto e dimensioni maestose, riemergono scorci di antichi, incontaminati paesaggi, ma a distanza ravvicinata la visione è sconfortante, gli effetti stomachevoli. Gli arbusti appaiono infiorati degli schifosi residui plastici di frettolosi amori nottetempo erogati dalle passeggiatrici sul Lungotevere. D’inverno le piene li issano sul rami più alti dove restano a simboleggiare la massima degradazione ecologica e igienica della maxifogna romana.

Quello di Buffardi, raccontano i testimoni del suo tragico relax fiumarolo del 15 luglio scorso, fu più un gesto sconsiderato, che il bisogno effettivo di refrigerio. Non occorrono cartelli con divieti; non è minimamente concepibile bagnarsi nel Tevere; ci fu forse nel tuffo del produttore la componente vagamente esibizionistica propria del suo carattere. Recentemente Buffardi, oltre il galleggiante, frequentava la Casina Valadier al Pincio, ritrovo di un ambiente a cavallo fra cinema, letteratura, mondanità; anche lì lo ricordano sempre in compagnia di belle donne, ultimamente ne scortava addirittura due; ma appariva anche in mezzo a bambini, forse nipotini, verso i quali mostrava grande affetto paterno. Pure alla Casina Valadier, aperitivi, champagne, cinematografici atteggiamenti, fatua notorietà.

Il carattere e l'ambiente gli avevano procurato guai con la giustizia, sia pure facilmente conclusi. Volontariamente assurto a testimone di un costume e di un’epoca — la spensieratezza degenerata in tragedia del play boy epigoni della dolce vita proliferati nel Number One — ha avuto anche lui, come i maggiori protagonisti di quello scandalo, una fine triste, miserrima: assassinati Giuliano Carabel e la fotomodella negra Lorrayne Hoyewed; suicidi o ritenuti tali Talitha Pol e Bino Cicogna; travolto da un autobus a Londra Rodolfo Parisi; sfracellatosi in macchina contro un albero sul lungotevere Federico Martignonl; volato da un undicesimo piano a New York Franco Rapetti.

Ultimo della serie, vittima inconsapevole di una infezione trasmessa dall’inarrestabile orda di topi cittadini, il documentarista dell'allegra brigata. La vicenda ha impressionato la città proprio nel clou delle iniziative per la riscoperta, utilizzazione, valorizzazione del fiume. Non andrà sempre così, promettono gli amministratori; nel 1990, appena dieci anni, i romani potranno tornare a fare il bagno nel Tevere. «Abbiamo messo in cantiere opere fondamentali — ha assicurato l’assessore comunale all’Igiene Argiuna Mazzotti —; nei tre anni previsti saranno spesi tutti i 153 miliardi disponibili».

Gli impianti in funzione depurano già il 45 per cento dei liquami cittadini. Ciononostante il Tevere non solo riceve la cloaca massima degli antichi romani, è esso stesso una maxi-cloaca. L'imprudenza di Buffardi l'ha solo ricordato.

Victor Ciuffa, «Il Tempo», 24 agosto 1979


Filmografia

Regista

Number One (1973) anche soggetto e sceneggiatura

Produzione

Totò, Peppino e... la dolce vita di Sergio Corbucci (1961)
I due marescialli di Sergio Corbucci (1961) organizzatore generale
Pastasciutta nel deserto di Carlo Ludovico Bragaglia (1961)
Totò diabolicus di Steno (1962)
Il mare di Giuseppe Patroni Griffi (1962)
I 4 monaci di Carlo Ludovico Bragaglia (1962) anche sceneggiatura
Lo smemorato di Collegno di Sergio Corbucci (1962)
I due colonnelli di Steno (1962)
Totò contro i quattro di Steno (1963)
I quattro moschettieri di Carlo Ludovico Bragaglia (1963)
Gli onorevoli di Sergio Corbucci (1963)
Faustina di Luigi Magni (1968)
Puro siccome un Angelo papà mi fece monaco... di Monza di Giovanni Grimaldi (1969)


Riferimenti e bibliografie:

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • «Corriere d'Informazione», 2 marzo 1974
  • «Corriere della Sera», 3 marzo 1974
  • «Corriere della Sera», 23 agosto 1979
  • Victor Ciuffa, «Il Tempo», 24 agosto 1979