Arrangiatevi!
Nonno Illuminato
Scheda del film
Titolo originale Arrangiatevi!
Paese Italia - Anno 1959 - Durata 105’ - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Mauro Bolognini - Soggetto Matteo De Majo, Vinicio Gioli dalla commedia "CASA NOVA... VITA NOVA" - Sceneggiatura Leo Benvenuti, Piero De Bernardi - Produttore Cineriz - Fotografia Carlo Carlini - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Carlo Rustichelli - Scenografia Mario Garbuglia - Costumi Orietta Nasalli Rocca
Peppino De Filippo: Peppino Armentano - Laura Adani: Maria Armentano - Cristina Gajoni: Maria Berta Armentano - Cathia Caro: Bianca Armentano - Marcello Paolini: Nicola Armentano - Totò: nonno Illuminato - Mario Valdemarin: Luciano - Achille Majeroni: nonno istriano - Giorgio Ardisson: Romano - Luigi De Filippo: Neri - Franco Balducci: scommettitore - Antoine Nicos: padre rettore - Lola Braccini: sora Gina - Enrico Olivieri: Salvatore Armentano - Federico Collino: monsignore - Arrigo Peri: Santini - Giusi Raspani Dandolo: madre istriana - Leopoldo Valentini: Bossi - Angelo Zanolli: Felice - Franca Valeri: Marisa - Vittorio Caprioli: Pino Calamai - Vera Drudi : abitante ex casa chiusa
Soggetto, Critica & Curiosità
Soggetto
Roma, secondo dopoguerra. Dopo l'omicidio di una giovane pittrice si libera un appartamento che sarà dato, in coabitazione, a due famiglie.
La prima è la famiglia di Peppino Armentano, di professione callista, composta da lui, la moglie, due figlie, due figli e il nonno. La seconda è una famiglia di due esuli istriani composta anche da nonno e un solo figlio.
Passano gli anni, siamo ormai nel 1958, e la convivenza nello stesso alloggio ha i suoi piccoli problemi quotidiani che esplodono il giorno della notizia della nascita del nono figlio degli istriani. Peppino viene messo dalla moglie di fronte alla propria incapacità di dare una dimora dove poter vivere in santa pace.
Un giorno Peppino conosce il trafficone Pino Calamai, che gli offre per diecimila lire al mese l'affitto di un alloggio di due piani, dieci camere, tre bagni, telefono, posto nel cuore della vecchia Roma. Prende così appuntamento per vederlo, ma quando viene a sapere che si tratta dell'ex casa di tolleranza della sora Gina in via della Fontanella, rimane scandalizzato e lascia cadere l'offerta.
Passano i giorni e ci pensa la moglie a trovare un piccolo appartamento in costruzione, mentre per i soldi della caparra si procura l'aiuto del futuro genero, pugile fidanzato di Maria Berta. L'incarico di versare i soldi della caparra viene dato al marito. Peppino ha la cattiva idea di “affidare” al truffatore Calamai la somma per raddoppiarla scommettendo sull'esito della fumata bianca nel conclave per l'elezione del nuovo pontefice.
Perde la scommessa e, non avendo il coraggio di riferire l'accaduto alla moglie, decide di affittare l'ex casa chiusa. Comincia così il trasloco della famiglia che nulla sa del passato della casa.
Il segreto comincia a vacillare nonostante gli sforzi di Peppino. Prima uno dei figli e poi il nonno intuiscono la verità; infine anche la moglie scopre tutto, e la sua reazione è furiosa: chiude le finestre dalla vergogna e impone alle figlie di non uscire. Intima quindi al marito di trovare entro due giorni una casa rispettabile, minacciando altrimenti di lasciarlo.
Peppino va in totale crisi, sentendosi un buono a nulla, fino a pronunciare tra le lacrime la frase: "Mi dimetto dal ruolo di padre e di marito".
La moglie è irremovibile, mentre le figlie passano dalla parte del padre. Scaduto l'ultimatum la moglie sta per andarsene a lavorare come serva in una "casa perbene". Sull'uscio di casa gli eventi si ribaltano. Il suo istinto materno esplode dinanzi a un gruppo di militari che hanno scambiato le sue figlie per lavoratrici della casa chiusa.
Critica e curiosità
Il film è ispirato alla commedia Casa nova... vita nova di Mario De Majo e Vinicio Gioii, riscritta da Benvenuti e De Bernardi e ispirata dall’abolizione delle case chiuse decretata dalla senatrice Angelina Merlin.
La lavorazione inizia nella primavera del ’59, anno successivo alla chiusura delle case di tolleranza, assume toni grotteschi in linea col soggetto del film. Bolognini ha deciso di girare in una vera ex casa chiusa, in via della Fontanella Borghese 15, e sul set accade esattamente ciò che avviene in finzione: la riapertura scatena la curiosità di amici e di passanti, e qualche ex cliente s’infila sperando in un ripensamento della Merlin. Il ruolo di Totò è secondario ma formidabili sono i duetti con Peppino, l'amico e collega ritrovato. Al film partecipa anche Luigi De Filippo nel ruolo di un soldato doppiato con accento ligure.
Fanno da sfondo l'Italia post bellica, ancora piena di macerie, sinistrati e sfollati, l'eterno problema della casa, l'esodo istriano e la Legge Merlin.
Tutti i temi vengono affrontati con magistrale ironia e sorriso. Spicca la bravura di Peppino e di Totò, che qui impersona la figura di un anziano nonno.
Memorabile, proprio per l'ironia delle parole, è la scena finale del film con il discorso dal balcone del nonno: “E lo volete un consiglio, militari e civili, piantiamola con queste nostalgie! Oltre che incivile, è inutile! Oramai li hanno chiusi! A voi italiani è rimasto questo chiodo fisso, qui. Toglietevelo! Oramai li hanno chiusi! Arrangiatevi!”
Antonio de Curtis porta in dote la solita mole di suggerimenti; il giovane Bolognini, disorientato di fronte a tanta vitalità, lo prega di limitarsi e gli sfuma parecchie gag. Per quanto addomesticate, sono ancora una volta le sue apparizioni sapide e un po’ maligne ad accendere di brio il film, riconciliandolo con il buon cinema e facendogli ritrovare in alcune scene l’amico Peppino, il suo miglior compagno di lavoro.
Nel cast anche Giuliano Gemma (non accreditato), come frequentatore della palestra di pugilato.
Così la stampa dell'epoca
La conclusione potrebbe essere questa: "Arrangiatevi!’’ è un mediocre film che tuttavia valeva la pena di essere fatto per i suoi cinque minuti finali. L’orazione di Totò, il quale dalla finestra dell’ex-casa chiusa invita gli italiani a liberarsi dal "complesso del bordello”, è la prima parola esplicita e popolarescamente comprensibile sull’argomento. Dicendo infatti "arrangiatevi”, egli tocca il fondo del problema: là dove esistono, certo, verminosi interessi collettivi (come dolorosamente scoprì persino un grande Santo, Luigi IX di Francia, il quale soppresse i bordelli di Parigi e poi, bollato di sia pur angelica ingenuità dai suoi consiglieri, dovette consentirli di nuovo); ma dove esiste soprattutto la pigrizia morale e sentimentale di un popolo che si proclama sempre straordinario seduttore e adesso muore di nostalgia di quelli che erano i luoghi di decenza dell’arte amatoria. Quei cinque minuti finali dunque sono apprezzabili, se non altro dal punto di vista tecnico, dal momento che una tale chiarezza, una tale facoltà di sintesi richiedono una certa dose di genialità. Disgraziatamente non possiamo farci alcuna illusione sul loro valore, diciamo, di igiene sociale. Prima di tutto perchè la faccenda è buttata in scherzo; secondo perchè le altre due ore di proiezione dicono il contrario, essendo evidente che la fortuna del film è interamente affidata proprio alla nostalgia che dicevamo, al mito delle ”sòre Gine”, alle lubriche memorie suscitate.
So benissimo che gli autori del film hanno buoni argomenti per sostenere il contrario. Non so però se accetterei quello dell’anticonformismo. appoggiato sulla vena satirica che serpeggia nel sottosuolo del film, sui personaggi e le situazioni che alludono a complicità segrete (i preti), a vizi manifesti (Vittorio Caprioli e Franca Valeri), a infantilismi tradizionali (i soldati). La realtà del film è un’altra: è per esempio nelle voluttuose reminiscenze di Totò, molto più persuasivo quando scopre le pitture oscene della sua stanza che quando, ammiccando, pronuncia la sua finale apostrofe. In queste circostanze mi viene spesso a mente quel che ha scritto, su diversa materia, Enzo Forcella: «C’è quasi sempre un angolo dal quale si può fare un po’ di anticonformismo riscuotendo l’approvazione degli altri conformisti ». Comunque è difficile nascondersi che non è precisamente anticonformistico affidare la difesa della liberalità, della ragionevolezza e della virtù a un personaggio (Peppino De Filippo) tanto povero di spirito da riuscire del tutto inverosimile, perciò disarmato.
L’argomento fondamentale è un altro: è che in Italia, nel momento presente, è molto difficile fare di più. A questa obiezione non ho risposta. L’unico film europeo dei nostri anni che si sia avvicinato alla sgradevole verità della prostituzione è "Rosemarie". Suppongo che sia nato per distrazione e che non sia ripetibile. Non lo è certamente in Italia, dove si possono leggere amenità come quelle che ha stampato un periodico politico, "Solidarismo”, che suppongo vicino a un certo pensiero ufficiale. Sotto il titolo "Proposte per il cinema - Verità ignorate nella lettera di Rossellini” si legge: « ...In particolar modo mi sembra che la lettera, dopo aver trattato delle colpe vere o presunte dei burocrati, degli industriali e dei politici, non tratti delle colpe degli uomini del cinema i quali in questi ultimi tempi hanno dimostrato di ritenere che per soddisfare la loro vocazione artistica e per interpretare le esigenze più vive del nostro pubblico debbano per forza realizzare soggetti che riguardino le case chiuse, le ragazze squillo e la gioventù bruciata... ». Credo che l'autore dell’articolo non si sia nemmeno accorto di aver fornito a Rossellini la prova determinante della fondatezza delle sue accuse: proprio l’abbondanza di film sulle case chiuse dimostra il malgoverno cinematografico, o politico o commerciale, essendo risaputo che i cattivi censori hanno sempre giudicato il libertinaggio il minore dei mali. E difatti, nei momenti di crisi, è dentro le pieghe del libertinaggio che va a rifugiarsi la satira sociale. Come dimostra appunto "Arrangiatevi!”.
Ma ora siamo andati molto oltre gli angusti limiti del film "Arrangiatevi!”. Tutto il meglio del film è nella sua superficiale lepidezza. Anzi, per stringere ancora di più, il meglio del film è Totò. Che fa ridere, ridere davvero, e non si sa esattamente come, essendo la sua vis comica, via via che invecchia, sempre più misteriosa, sempre più rarefatta. Ma gli è toccato anche l’unico personaggio plausibile, e perciò umano. Quello di Peppino De Filippo, s’è già detto, è una semplice convenzione (la bontà disarmata, motrice di un intreccio artificioso e farsesco); quello di Laura Adani, la moglie, si disperde in una concitazione verbosa e in una meccanicità di reazioni che ci privano di qualsiasi sorpresa. I ragazzi son bravi, ma sfocati dentro personaggi di desolante banalità. Ha diretto il film Mauro Bolognini, che ci aveva piacevolmente sorpresi con "Gli innamorati”, quando per primo esplorò con tenerezza e ironia l’anima giovanile popolare: e che diede poi un'alta prova di sensibilità e di perspicacia in quel paesaggio di provincia che fu "Giovani mariti”. Stavolta si è limitato a manipolare con abilità, sovente con intelligenza, le facezie di un copione di origine teatrale e tutto costruito su un succedersi di artifici (s’è dovuto, per esempio, inventare un antefatto per giustificare l’incredibile coabitazione, la quale a sua volta deve giustificare l’entrata in scena dell’ex-casa chiusa). Bolognini ha perciò dovuto fidarsi delle facoltà personali degli attori: di Totò si è detto, vanno aggiunti Caprioli e la Valeri, il cui gioco teatrale è così scoperto che la scena iniziale col monsignore è tanto più bella quanto più palesemente falsa.
Vittorio Bonicelli, Tempo, 20 ottobre 1959
«Il problema dell'alloggio rappresenta per molti una questione spesso insuperabile a causa della impossibilità di appagare l'esigenza di un appartamento decoroso ed accogliente con il modesto introito mensile. E' di fronte a tale problema che si trova il protagonista di questo film di Mauro Bolognini tratto dalla commedia di De Majo e Cioli «Casa nuova, vita nuova»; [...] Mauro Bolognini ha diretto con brio la scabrosa vicenda, anche se non sempre è riuscito a mitigare gli squilibri della sceneggiatura oscillante tra il comico e il patetico. Bravi tutti gli interpreti del lungo cast; da Peppino De Filippo a Laura Adani, da Totò ad Achille Maieroni, da Giusi Dandolo a Lola Braccini, da Cristina Gajoni a Catia Caro, a Marcello Paolini, a Mario Valdemarin, a Franca Valeri a Vittorio Caprioli.»
«Il Messaggero», 19 settembre 1959
«E' un film d'argomento grasso che soltanto l'abile regia dell'intelligente Bolognini riesce a non far scivolare quasi mai nel cattivo gusto.[..] Gli attori sono bravissimi. [..] Totò un nonno da Oscar [...]».
Pietro Bianchi
«Amici che ancora sperate di cancellare la perniciosa legge Merlin, questo divertente e sapido film non mancherà di esercitare su di voi l'effetto opposto e di rattristarvi profondamchte! Infatti, nulla di peggio per una « causa » che quando al comincia a ridere au di essa! Pensate che Totò, sul finale, dalla finestra di una ex casa « chiusa » nella quale si e installata un'onesta famiglia, esclama. «Ve lo volete mettere in testa, ormai, che li hanno chiusi e che non li riapriranno più? Arrangiatevi!».
Ecco la ragione del titolo del film ed ecco, tra parentesi, il grido che popola le nostre strade di peripatetiche, di protettori e di aggressori giovani e vecchi: ma questo rischia di diventare un discorso serio, e la sede non è quella adatta. Mauro Bolognini, sul tema che si è detto, ha composto un film vivace, piacevole e gustoso, anche se il gusto non è sempre leggero: ma l'argomento giustifica (direi che richiede) certe sottolineature. [...]
Di Totò e di Peppino non v'é da fare gli elogi, troppe volte li abbiamo già fatti. Vi è da farli, invece, per Laura Adani, che si cimenta in una impegnativa parte cinematografica con tutta la sua valentia di attrice di prosa. [...]»
Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 20 settembre 1959
«[...] Arrangiatevi! rischia di diventare la più divertente e importante commedia che il cinema italiano ci abbia dato negli ultimi anni. [...] C'è un Totò in gran forma, all'altezza dei suoi giorni migliori [...]».
Morando Morandini
«Le risorse degli italiani sono infinite, si sa. A questo carattere nazionale si adegua il film in modo specifico con l'imperativo del titolo e per l'argomento trattato, ma c'è dell'altro. Ogni popolo ha il suo genere d'umorismo ben distinto dagli altri, e l'umorismo del cinema italiano punta unicamente sulle figure e le situazioni della miseria. Si direbbe che da noi la miseria è una condizione che solletica le trovate allegre e fantasiose, quelle che si prestano, appunto, all'interpretazione comica fatta dal cinema. In realtà alla pittoresca rappresentazione si presta solo qualche zona tipica d'Italia dove tutto fa folklore. Nel film d'oggi ritroviamo le solite tribolazioni di un pover'uomo [...] Di dubbio gusto l'argomento sfruttato con una certa lepidezza non solo di linguaggio. Tenuta sul filo ambiguo dell'equivoco la recitazione di Peppino De Filippo e Totò [...] Ha diretto Mauro Bolognini.»
«Il Tempo», 19 settembre 1959
«Il regista Bolognini, sulle cui possibilità si è esagerato molto, parve dotato di certo garbo e di certa finezza, sempre nei limiti del film dialettale, quando si presentò con «Gli innamorati» e «Giovani mariti». Ma avendo già tutto speso quel poco che aveva, eccolo, con «Arrangiatevi» al film per caserme. [...] Nel volgare e grossolano impegno Totò, Peppino De Filippo e anche Laura Adani si prodigano con entusiasmo degno di miglior causa»
Mosca, «Corriere dell'Informazione», 4 ottobre 1959
«[...] E' una pellicola a doppia faccia: ben recitata dagli attori menzionati, circondati da Cristina Gaioni, Catia Caro, Mario Valdemarln, Marcello Paollni e Achille Maleroni, si accontenta d'uno spirito che non è sempre di prima scelta e che denuncia talvolta la mano pesante (le scene, ad esemplo, in cui intervengono Franca Valeri e Vittorio Caprioli), mentre riesce più equilibrata e convincente nei brani che si riferiscono al lato penoso della scabrosa situazione.»
«Corriere della Sera», 3 ottobre 1959
«Si deve convenire che questo film di Bolognini, pur non discostandosi fondamentalmente dal filone della commedia cinematografica dialettale, compiacentemente illustrativa di un'Italia volgare e qualunquistica, oziosa e cinica, che trova la sua emblematica raffigurazione nell'attore-personaggio Alberto Sordi, si fa notare poi per una più decorosa e misurata esecuzione e per un cauto tentativo di sostituire alla consueta e compiaciuta indolenza morale un atteggiamento di distacco e di giudizio attraverso il ricorso alla notazione satirica e all'ironico contrappunto. [...]»
Adelio Ferrero
La censura
La costruzione di un orinatoio, antico segnale di un vicino postribolo, scatena le ire di un onorevole missino che abita nelle vicinanze e viene a litigare col regista e col cast. Di lì a poco due ex gerarchi denunciano la cosa alla questura di Roma che chiede a sua volta conto alla Cineriz. Il regista Bolognini, che fino a quel momento si era rifiutato di anticipare alla censura la sceneggiatura, consegna un ingombrante copione di 646 pagine. Filippo Anfuso, ex ambasciatore di Salò, cerca intanto di mettere i bastoni fra le ruote al film; è forse anche a causa sua che la commissione di censura, vista la pellicola finita, decreta un insindacabile “vietato ai minori di 16 anni”.
A film distribuito i guai continuano. Il figlio del martire giuliano Nazario Sauro, e con lui diecimila esuli dell’Istria e della Dalmazia, si dicono offesi e indignati perché nella prima parte del film c’è una famiglia giuliana che parla in croato, e per una battuta paradossale di Totò su Nazario Sauro nella scena in cui litiga con Achille Majeroni:
Totò: “Cosicché, secondo la sua mentalità tardiva e bacata, Nazario Sauro l’ho impiccato io”.
Majeroni: “Mica lo avemo impiccato noialtri, ciò. Xè stati gli austriaci ad impiccarlo, ignorante di un ignorante che non xè altro".
Totò: “Non offenda sa... Non offenda sa! Io so soltanto una cosa. Che Nazario Sauro quando stava qui da noi stava bene. Mangiava, beveva, si divertiva, andava al cinematografo, eccetera, eccetera. Appena ha messo il piede un momentino dalle parti vostre, gli avete fatto la festa”.
Al ministero fanno quel che possono: ridoppiare il croato non è più tecnicamente possibile, tagliare le tre battute sì. Ma il tempo, e la provvidenziale mancanza di solerzia di qualche funzionario, salveranno il dialoghetto che riapparirà integro nelle copie trasmesse in tv e commercializzate in homevideo.
Alberto Anile
Foto di scena, video e immagini dal set
I documenti
Arrangiatevi! fu girato in gran parte nella casa di tolleranza d'alto bordo di via Fontanella Borghese, a Roma. Dopo l’avvento della legge Merlin, le case erano state chiuse da una decina di giorni: quando vi entrammo per cominciare le riprese c’erano ancora le persiane fermate con il lucchetto, tutto l’arredamento intatto, e seduta in un angolo trovai la tenutaria, vestita di nero come se fosse a lutto. In piedi alle sue spalle, il genero le ripeteva in tono consolatorio: “Vedrete mammà che le riapriranno, si tratta di un periodo transitorio, forza, non prendetevela così!”. Quando, per girare, togliemmo i lucchetti alle persiane accadde il finimondo, perché i vicini non avevano ma visto quelle finestre spalancate. Ci fu persino un violento litigio tra Totò, Peppino De Filippo e l'onorevole Michelini del Msi che abitava nei pressi e sosteneva che era uno sconcio, un vero scandalo, che non si doveva mettere in mostra un ambientaccio simile, e di quel passo dove diamine sarebbe finita la moralità?
La gente, invece, e soprattutto quella bene, appariva intrigatissima dal casino. Difatti, siccome nel film c’era Laura Adani allora duchessa Visconti di Grazzano, avemmo svariate invasioni di blasonati che, con la scusa di farle un saluto, curiosavano in giro tra i lazzi di Peppino De Filippo che, dato il luogo, non aveva difficoltà a fare dell’umorismo un po’ pesante, pungolato dalle risate di Laura Adani. Fino al giorno in cui Totò, il quale nel privato viveva con dignità la sua discendenza principesca e non ammetteva di scherzarci sopra, la chiamò da parte per dirle che, quale appartenente a una grande famiglia, non doveva assolutamente stare a quegli scherzi, non era corretto che lo facesse.
Mauro Bolognini
La Legge Merlin, l'abolizione delle "case chiuse"
La legge 20 febbraio 1958, n. 75 è una legge della Repubblica Italiana, nota come legge Merlin, dal nome della promotrice nonché prima firmataria della norma, la senatrice Lina Merlin. Essa abolì la regolamentazione della prostituzione, chiudendo le case di tolleranza e introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. La prostituzione in sé, volontaria e compiuta da donne e uomini maggiorenni e non sfruttati, restò però legale, in quanto considerata parte delle scelte individuali garantite dalla Costituzione, come parte della libertà personale inviolabile (articolo 2 e articolo 13). La legge Merlin regola tuttora il fenomeno in Italia.
Il testo della legge "Merlin" del 20 febbraio 1958, n. 75
Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui.
Capo I - Chiusura delle case di prostituzione
Art.1
E' vietato l'esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all'amministrazione di autorità italiane.
Art.2
Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio ai sensi dell'art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Art.3
Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del Codice Penale sono sostituite dalle seguenti: "E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da Euro 260,00 a Euro 10.400,00, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art. 240 del Codice penale:
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque luogo diverso da quello della sua abituale residenza, la fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;
7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.
In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano.
Art.4
La pena è raddoppiata:
1) se il fatto è commesso con violenza minaccia, inganno;
2) se il fatto è commesso ai danni [di persona minore degli anni 21 o]* di persona in stato di infermità o minoranza psichica, naturale o provocata;
3) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello, o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore;
4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia;
5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego;
6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;
7) se il fatto è commesso ai danni di più persone;
7 bis) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente.
(* Parole soppresse dall’articolo 18 della legge 3 agosto 1998, n. 269).
Art.5
Sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 16,00 a 93,00 le persone dell'uno e dell'altro sesso:
1) che in luogo pubblico od aperto al pubblico, invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto;
2) che seguono per via le persone, invitandole con atti e parole al libertinaggio.
Le persone colte in contravvenzione alle disposizioni di cui ai nn. 1) e 2), qualora siano in possesso di regolari documenti di identificazione, non possono essere accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza.
Le persone accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza per infrazioni alle disposizioni della presente legge non possono essere sottoposte a visita sanitaria.
(Modificato dall’articolo 82 Decreto Legislativo 30 dicembre 1999, n. 205).
Art.6
I colpevoli di uno dei delitti previsti dagli articoli precedenti, siano essi consumati o soltanto tentati, per un periodo variante da un minimo di due anni ad un massimo di venti, a partire dal giorno in cui avranno espiato la pena, subiranno altresì l'interdizione dai pubblici uffici, prevista dall'art. 28 del Codice penale e dall'esercizio della tutela e della curatela.
Art.7
Le autorità di pubblica sicurezza, le autorità sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta od indiretta di registrazione, neanche mediante rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, né obbligarle a presentarsi periodicamente ai loro uffici.
E' del pari vietato di munire dette donne di documenti speciali.
Capo II - Dei patronati ed istituti di rieducazione
Art.8
Il Ministro per l'interno provvederà, promuovendo la fondazione di speciali istituti di patronato, nonché assistendo e sussidiando quelli esistenti, che efficacemente corrispondano ai fini della presente legge, alla tutela, all'assistenza ed alla rieducazione delle donne uscenti, per effetto della presente legge, dalle case di prostituzione.
Negli istituti di patronato, come sopra previsti, potranno trovare ricovero ed assistenza, oltre alle donne uscite dalle case di prostituzione abolite nella presente legge, anche quelle altre che, pure avviate già alla prostituzione, intendano di ritornare ad onestà di vita.
Art.9
Con determinazione del Ministro per l'interno sarà provveduto all'assegnazione dei mezzi necessari per l'esercizio dell'attività degli istituti di cui nell'articolo precedente, da prelevarsi dal fondo stanziato nel bilancio dello Stato a norma della presente legge.
Alla fine di ogni anno e non oltre il 15 gennaio successivo gli istituti di patronato fondati a norma della presente legge, come gli altri istituti previsti dal precedente articolo e che godano della sovvenzione dello Stato, dovranno trasmettere un rendiconto esatto della loro attività omettendo il nome delle persone da essi accolte.
Tali istituti sono sottoposti a vigilanza e a controllo dello Stato.
Art.10
Le persone minori di anni 18 che abitualmente o totalmente traggono i loro mezzi di sussistenza dalla prostituzione saranno rimpatriate e riconsegnate alle loro famiglie, previo accertamento che queste siano disposte ad accoglierle.
Se però esse non hanno congiunti disposti ad accoglierle e che offrano sicura garanzia di moralità saranno per ordine del presidente del tribunale affidate agli istituti di patronato di cui nel precedente articolo.
A questo potrà addivenirsi anche per loro libera elezione.
Art.11
All'onere derivante al bilancio dello Stato verrà fatto fronte, per un importo di 52.000,00 Euro, con le maggiori entrate previste dalla legge 9 aprile 1953, n. 248.
Capo III - Disposizioni finali e transitorie
Art.12
E' costituito un Corpo speciale femminile che gradualmente ed entro i limiti consentiti sostituirà la polizia nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume e della prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione.
Con decreto Presidenziale, su proposta del Ministro per l'interno, ne saranno determinati l'organizzazione ed il funzionamento.
Art.13
Per effetto della chiusura delle case di prostituzione presentemente autorizzata entro il termine previsto dall'art. 2, si intendono risolti di pieno diritto, senza indennità e con decorrenza immediata, i contratti di locazione relativi alle case medesime.
E' vietato ai proprietari di immobili di concludere un nuovo contratto di locazione colle persone sopra indicate.
Art.14
Tutte le obbligazioni pecuniarie contratte verso i tenutari dalle donne delle case di prostituzione si presumono determinate da causa illecita.
E' ammessa la prova contraria.
Art.15
Tutte le disposizioni contrarie alla presente legge, o comunque con essa incompatibili, sono abrogate.
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Decisamente uno dei film migliori interpretati dalla coppia Toto` - De Filippo, diretti da un signor regista come Bolognini (e si vede). Benche` Toto` abbia solo una parte minore rispetto a De Filippo, la sua presenza e` incisiva in un film in cui la sceneggiatura e` molto piu` curata che in altre occasioni cosi` come la caratterizzazione dei personaggi. Buona nel complesso la prova del cast, anche per i ruoli minori.
- Ottima variatio sulla questione abitativa (già affrontata da Totò in chiave più surreale) in un lavoro corale, con qualche flessione qua e là ma complessivamente buono. Gran parte del merito come al solito va agli interpreti di classe, con menzione speciale (non sorprendente) per Caprioli e la Valeri ("Siberia"... ). Trapelano temi evidentemente sempiterni.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La pedicure del prelato con incursione di Caprioli. La Valeri "C'ho 'r tacco dodici".
- Alla fine, ti lascia in bocca un gusto dolce-amaro, come il cioccolato fondente e quindi decisamente buono. Bravo Peppino, che fa i salti mortali per trovare una casa e poi... Mentre Totò (qui suocero di De Filippo) è più una spalla. Gli dà manforte, ha dei momenti gustosi (i suoi commenti, lo scervellarsi per capire perchè quella casa non gli era nuova), ma lascia il campo a Peppino che, una volta di più, si dimostra abile attore, senza strafare. Un po' forzata l'interpretazione della moglie (Laura adani) e eccessivamente scemo il figlio militare. Riempipellicola gli scambi giornalista-figlia.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il truffatore, che dice alla donna; "Stai silenzio!". Totò, che scollando la carta da parati, vede il dipinto di una donna nuda e ha l'illuminazione.
- Storia condotta con maestria su un binario agrodolce che non ricorre a sketch troppo teatrali né intende calcare la mano sul sociale. Ecco allora che quasi tutti i personaggi funzionano alla grande, a cominciare da un Totò che lascia condurre la danza a De Filippo ma ritaglia per sé alcune mosse/uscite esilaranti. Gli equivoci paralleli (l'acquisto, la casa chiusa, i soldati..) scorrono senza intoppi e si ride con piacere. Morale di fondo: le case chiuse erano assai affollate.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il moltiplicarsi della famiglia slava. Totò che scopre il dipinto.
- Commedia drammatica di apprezzabile sobrietà ben diretta da Bolognini e interpretata da un cast affiatato. Al contrario di altre occasioni De Filippo e Totò, anche se in certe occasioni sono molto divertenti, si contengono entrambi, risultando misurati. Ma non è un difetto, anzi. Ottimo anche il resto del cast, dove primeggiano Franca Valeri e Vittorio Caprioli. Da riscoprire.
- La legge Merlin è appena entrata in vigore e Mauro Bolognini ne approfitta per girare questo film tratto da una commedia (Casa nova vita nova), del 1956, antecedente quindi alla legge in questione. È un'Italia che si arrangia in tutti i modi e non solo per trovare casa. Un'Italia dimenticata ma che, per certi aspetti, assomiglia a quella di ora; o meglio, quella di ora assomiglia a quella degli anni 50. La parte drammatica del film è speciale e si affianca ad una parte (quella dei giovani), di livello inferiore. Resta comunque un buon lavoro.
- Funziona a dovere la commistione tra la commedia impegnata e la comicità di cui sono autori Totò e Peppino, coinvolti in un tema socialmente delicato come quello della prostituzione e delle case chiuse. È una valida testimonianza di un modo di pensare e di vivere un cambiamento in un preciso periodo storico del nostro Paese che Bolognini ha saputo riproporre in tutta la sua essenza, al punto di avvicinarsi quasi al drammatico.
- Uno dei film con Totò più complessi e stratificati, nel quale peraltro viene trattato un teme scottante e tabù per l'epoca come quello della "chiusa delle case chiuse" (il titolo è null'altro che l'ipotetica esclamazione di sbeffeggio della senatrice Merlin). La mano autoriale di Bolognini si fa sentire ed il Principe si ritaglia una parte comprimaria ricca di sfumature, ora riflessiva ora comica e divertente, come nelle commedie di Mastrocinque e Mattoli. Caprioli intrallazzatore meschino è strepitoso, come anche la Valeri, svampita ed ambigua.
- Gradevole commedia ben diretta da Mauro Bolognini in cui si miscelano sorrisi e alcune lacrimucce con un bel cast dove primeggiano in bravura Peppino De Filippo, Laura Adami, Franca Valeri e un Totò che stavolta fa da spalla di lusso a Peppino. Si parla di case chiuse con garbo ed eleganza senza mai finire nel becero e è questo il pregio di questo film.
- Anche in questo caso una trama robusta e originale, sceneggiata in punta di penna da Benvenuti e De Bernardi, giova a Peppino e Totò e gli permette di tirare fuori le loro grandi capacità attoriali. Molto bravi anche Caprioli, incontenibile, la solita Valeri e la grande Raspani Dandolo. Si ride spesso, quasi sempre amaro, come nella tradizione del miglior Pirandello. Il film si ispira alla realtà contemporanea, quando la legge Merlin aveva cambiato le abitudini di buona parte dei maschi italici, ma la tematica universale lo rende ancora godibile.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I battibecchi fra Totò e Majeroni; L'Associazione inquilini ex case chiuse.
- Una delle poche commedie sociali interpretate da Totò. Qui il Principe della risata ha un ruolo defilato, fa il padre del protagonista De Filippo, ma la sua innata maschera triste, malinconica e, addirittura, desolata esprime tutta al sua forza iconica primordiale, confermandosi un luminoso scampolo di neorealismo ancora vivente. Bolognini riesce ancora a divertire gli spettatori (in seguito non ci riuscirà più) ma pure a far loro riflettere su uno dei problemi più urgenti del dopoguerra: la carenza di case, soprattutto in città. Buon film di mestiere.
- Grande commedia grottesca, ma con sfondo drammatico sul dopoguerra italiano e sull'evoluzione dei costumi. A parte gli attori di contorno (e le loro storielle) che sono poca cosa, il "top" di questo film è raggiunto da Peppino e Totò (questa volta di spalla). Il film, ben rappresenta il classico modo di vivere al quale è costretto l'italiano medio. Ossia, in ogni situazione... arrangiarsi!
- Il valore di un regista come Bolognini, per un film esilarante, con una leggera vena di malinconia. Per me "Totologo "convinto non è facile dover ammettere l'immensa bravura di Vittorio Caprioli che in questo film arriva a livellli di recitazione altissimi. La storia è malinconica e quell'arrangiatevi! farà la fortuna di una intera categoria professionale: gli oculisti!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che si ricorda della sora Gina, mitico!
- Spassosa commedia degli equivoci che oltre a divertire racconta il cambiamento dell'Italia di allora, citando persino l'esodo istriano. Stavolta Totò è poco più di una spalla, ma la storia funziona grazie a una sceneggiatura leggera e lineare e alla buona prova di tutti gli attori. Buono.
- La più classica commedia degli equivoci, incentrata su un evento allora di immediata attualità, alquanto briosa seppur con un Totò messo un po' in disparte ed una parte femminile del cast sottotono. Nella prima parte funziona bene lo scontro fra le due famiglie in forzata convivenza, mentre dopo il trasloco si perde un po' di ritmo ed il personaggio della moglie acquista troppo peso. Ad un De Filippo in buona forma tocca il ruolo di mattatore, ma si sente la mancanza di una spalla più presente. Particina gradevole per la Valeri. Gradevole.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Endruga sina"; il trasloco; la scoperta dell'affresco.
- La legge Merlin ha chiuso le case chiuse, ma non le ha cancellate facilmente dalla mentalità ipocrita e bigotta: come tante altre cose, tutti lo fanno, tutti ci sono passati (anche nonno Totò!), tutti magari lo rimpiangono come rito virile ma non possono ammetterlo. Il film, divertente e con protagonisti in stato di grazia, dice tutto ciò, prima di un happy end talmente frettoloso e insulso da risultare volutamente provocatorio: la figlia di buona famiglia va in sposa ad un militare che sarà perito industriale. Auguri...• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Scena illuminante: madre e figlia piangono. L'una perché il marito nel casino c'è stato, l'altra perché il noioso fidanzato sportivo non c'è mai stato...
- Grandissimo film sul reale clima del dopoguerra italiano. Bolognini dirige uno straordinario Peppino De Filippo e un Totò qui ai suoi massimi livelli! Monumentale capolavoro da vedere e conservare, da riproporre alle nuove generazioni. Segnalo anche un bravissimo Vittorio Caprioli, sempre azzeccato!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La tenacia e il coraggio di Peppino De Filippo; La frase finale di Totò!
Le incongruenze
- Il film inizia nel 1945 appena finita la guerra mondiale, Peppino De Filippo per raggiungere l'ufficio alloggi si serve di una camionetta, mezzo che in quell'epoca sostituiva in molti casi l'autobus per carenza di mezzi, senonchè tale camionetta è un camion leggero FIAT 615N che verrà prodotto solamente a partire dal 1956, ben undici anni dopo.
- Quando arrivani i seminaristi per la benedizione della casa, c'è una inquadratura da lontano dove Peppino De Filippo appare abbastanza distante dall'attrice che interpreta la moglie, quando lei dice la battuta rivola a De Filippo appaiono vicinissima, alla ripresa dell'inquadratura larga sono di nuovo lontanissimi.
www.bloopers.it
Le location del film, ieri e oggi
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Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. | |
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L'edicola dove Peppino va a fare il pedicure all'edicolante (mentre lavora!) era posta poco distante dai palazzoni del tiro alla fune e più precisamente in Viale Nobiliore a Roma (traversa di via Stilicone). | |
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Il palazzo grande che si vede alla destra dell'edicola è lo stesso (ma qui è la facciata laterale) di uno di quelli visibili nel tiro alla fune. Ma quelli visibili anche in streetview sono altri palazzi sempre in via Stilicone e cioè quelli segnati con A e B. | |
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Per correttezza riportiamo anche qui la stessa tavola che comprende sia il tiro alla fune che l'edicola | |
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Il luogo dove Peppino Armentano (Peppino De Filippo) incontrerà Pino Calamai (Vittorio Caprioli) per affidargli i soldi della caparra dati dalla moglie (cercherà di raddoppiarla scommettendo sull'esito della fumata bianca nel conclave per l'elezione del nuovo pontefice) è l'Ex cinodromo di Ponte Marconi in Via della Vasca Navale a Roma. Qui l'edificio A | |
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In basso, a destra, l'edificio B, che conferma la location | |
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Sopra, a sinistra, un'immagine totale che mostra il luogo con i due riferimenti | |
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L'incrocio presso il quale i commilitoni di Nicola (Paolini) gli chiedono di poter andare a casa sua per cambiarsi per la libera uscita è quello tra Via Carlo Alberto Dalla Chiesa e Viale Giulio Cesare a Roma. Notare la serie di finestre lungo Via Carlo Alberto Dalla Chiesa |
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Un palazzo lungo viale Giulio Cesare | |
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Il mercato dove Peppino Armentano (De Filippo) vende il proprio cappotto a un ambulante per rimediare il denaro per un taxi è quello di Porta Portese in Via Portuense a Roma. | |
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Il punto dove il profugo istriano, che cerca di accaparrarsi lo stesso appartamento visto da Peppino Armentano (De Filippo), si attacca al camion/bus su cui quest'ultimo è salito è in Lungotevere Aventino a Roma. |
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "L'avventurosa storia del cinema italiano", Franca Faldini e Goffredo Fofi, Cineteca di Bologna, 2011
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Documenti censura sul sito cinecensura.com
- Vittorio Bonicelli, "Arrangiatevi", Tempo, 20 ottobre 1959