Anni addietro, mentre recitavo nella rivista Tarzan, in attesa del mio turno, approfittai del breve respiro concessomi per avvicinarmi lestamente alle quinte e bere un sorso di caffè.
Il turno mi toccò, purtroppo, prima di quanto avessi calcolato e, con un sorso di caffè ancora in gola, dovetti rivolgermi al mio interlocutore, pronunciando, mezzo soffocato e quindi con una accentazione errata, «Indovina un bo'...», invece di «Indovina un po'...». La frase fece subito presa sul pubblico, e molti per diverso tempo, ripeterono con me: «'ndòvina un bo'...». Qui intervenne il caso. La maggior parte delle volte, però, seguendo la mia formula dell'umorismo teatrale, presi a rifare il verso a modi di dire ormai invalsi nell'uso comune e adoperati, spesso, da molte persone con un certo tal tono di saccenteria e di prosopopea: «A prescindere...», «Apoteosi», «Comunque...», «Io sono un uomo di mondo...». Altre volte, mi è accaduto di pronunciare frasi formulate d'improvviso sulla scena, in risposta a una battuta sbagliata del mio interlocutore.
Al Teatro Nuovo di Napoli si rappresentava la rivista Messalina, parodia della vita della dissoluta imperatrice e del suo amante Caio Silio. L'attore Antonio Schioppa, invece di salutarmi con la frase latineggiante «Ave, Caio Silio!», se ne uscì con un «Ave, caro don Silvio...». Afferrai al volo la «papera» e, mantenendomi sullo stesso tono, gli risposi: «Salute, don Antò, 'a Bellezza vostra!...».
Antonio de Curtis
Una bionda americana scopre nella foresta il famoso Tarzan (Totò). Lo porta con sé nel mondo civile e quel che succede si immagina: Tarzan, dopo varie e più o meno grottesche vicende, finisce in un circo equestre, convinto dall'amico Tolomeo a sposare in coppia una delle sorelle siamesi, Lucia e Maria, rotolando nientemeno che alla fine dell'inferno.
La scena sul palco inizia da un angolo foltissimo della foresta tropicale. Due principali di piante e di fiori tropicali. Sul davanti, quasi al centro, un grosso baobab fra i rami del quale vi sarà una specie di capanna, dalla quale, a suo tempo, uscirà Tarzan. Dopo l'introduzione, il velario si aprirà sulla scena quasi buia. Albeggia. Musica descrittiva del sorgere del sole, mentre sul davanti usciranno volta a volta, a gruppi, le ballerine vestite a guisa dei vari animali d’ambiente. L’orchestra con un crescendo maestoso seguirà le fasi del sole nascente e culminerà con l’apoteosi dell’aurora, che sarà personificata da una solista. Quadro. Otto ballerine, che si troveranno già in scena non appena il sole sarà alto, figureranno dei fiori che al tepore del sole sbocciano, ecc..
Il copione è della fine del 1938 e viene richiesto per andare in scena agli inizi del 1939. Debutta a Napoli al Politeama il 14 gennaio. La rivista lavora sulla falsariga delle disgrazie di Pulcinella; Tarzan aveva cominciato già dal 1932 ad affacciarsi al cinema sonoro: nel 1938 era uscito il film La rivincita di Tarzan di G. Ross Ledermann e Tarzan e la dea verde, di Edward Kull. Il personaggio di Tarzan, e anche molte situazioni e gag, vengono ripresi anche nel film Tototarzan, di Mario Mattoli (1950), ma questa rivista comprende anche nello spirito altre rivisitazioni storiche di Totò, come ad esempio quella di Totò e Cleopatra, di Ferdinando Cerchio (1963).
Gli sketch: serie di episodi - le 199 disgrazie - non collegati tra loro se non dalla figura di Tarzan che parte dalla giungla e arriva all’inferno. Due coniugi, Bromur e Dorotea, esploratori, lo ritrovano nella giungla e lo portano a New York, dove lo esibiscono tra gli amici come fenomeno. Infine, c’è un duello “muto” tra Tarzan e il marito di Dorotea, per motivi di gelosia, che si conclude con la fuga del protagonista, privato della testa. L’episodio seguente si svolge nella camera cosiddetta di Napoleone, perché a suo tempo l'imperatore vi aveva soggiornato. Il proprietario dell’albergo paga un attore che faccia la parte del fantasma di Napoleone per rendere più emozionante il soggiorno. Così Napoleone e Tarzan s’incontrano e affrontano insieme il conte Ventresca (Walewska) che reclama la moglie Maria, amante di Napoleone. Tarzan si traveste da Maria e il conte si ritira in buon ordine. Quindi Tarzan viene esibito in un circo da Mustafà e dal suo aiutante Tolomeo che vuole sposare la figlia del padrone, la quale ha una sorella siamese: Tolomeo cerca di convincere Tarzan a sposare l’altra sorella. Dopo una parentesi fra i personaggi de IpromessisposiTàtzm si convince e insieme all’amico «viano» per una notte di nozze piuttosto promiscua: «Tua moglie è parte integrante della mia». Satana e Belfagor apprendono dalla radio il suicidio di Tarzan e si preparano ad accoglierlo: appare vestito da angioletto, incontra Cleopatra e si reincarna in Marcantonio. A conclusione della rivista, Satana caccia un dannato che ha tentato di vendergli il carbone e contro il quale tutti si accaniscono: è «l’Ebreo errante». (All’anno precedente risalgono le leggi razziali). Quasi la totalità della prima parte della rivista viene ripresa nel 1950 nel film Totò Tarzan
Totò selvaggio fra i civili, il personaggio di Tarzan si presta particolarmente alle corde di Totò: «credendosi solo, si fa avanti scimmiottando grottescamente [...] dà in escandescenze [...] s’interessa vivamente a Mary e cerca di esprimerle la sua simpatia con degli urli gutturali». Scende dal soffitto delle case che abita ecc.
Censura: ci sono vari tagli e sostituzioni: «Redipuglia» diventa «Re di morto». Al punto in cui appare Napoleone, la censura detta la regia: «L’attore reciterà in modo da dare al pubblico la sensazione che è uno scherzo. Nessuna imitazione di Napoleone, al più l’attore potrà imitare Boyer [interprete di Napoleone in Maria Walewska, di Clarence Brown, con Greta Garbo, 1937]». È la censura a sostituire il nome Walewska con Ventresca. Napoleone risultava un personaggio inavvicinabile dalla satira in quanto era noto che il dramma Campo di Maggio, di cui era il protagonista, era firmato da Forzano ma in realtà era stato scritto dallo stesso Mussolini, in un’immedesimazione ideale con l’Imperatore dei francesi. Viene cancellato l’aggettivo “autarchico” che Totò si attribuisce e il termine «Polonia» è sostituito più volte con l’indicazione «il mio Paese» (siamo vicini al momento dell’invasione della Polonia da parte delle truppe naziste).
19 dicembre 1938. Richiesta del visto di censura dello spettacolo 'L'ultimo Tarzan' o 'Le 199 disgrazie di Tarzan' da parte di Antonio de Curtis (Roma, Archivio centrale dello Stato)
1939. Copione originale dello spettacolo 'L'ultimo Tarzan' o 'Le 199 disgrazie di Tarzan' fantasia in due tempi di Antonio de Curtis (Roma, Archivio centrale dello Stato)