Croccolo Carlo
(Napoli, 9 aprile 1927, Castel Volturno, 12 ottobre 2019) è stato un attore, doppiatore, regista e sceneggiatore italiano.
Biografia
Ha iniziato la carriera nel 1950, interpretando alla radio la commedia Don Ciccillo si gode il sole, in teatro L'Anfiparnaso, diretto da Mario Soldati e al cinema il film I cadetti di Guascogna. Ha vinto il David di Donatello, nel 1989, per la sua interpretazione nel film 'O re.
Il cinema
Negli anni cinquanta e sessanta ha interpretato molti film con alcuni dei più grandi comici italiani, tra cui 47 morto che parla, Miseria e nobiltà, Totò lascia o raddoppia? e Signori si nasce con Totò, Ragazze da marito con Eduardo De Filippo, Non è vero... ma ci credo con Peppino De Filippo.
In totale ha interpretato 118 film, tra cui vanno ricordati Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, Una Rolls-Royce gialla con Ingrid Bergman, Casotto di Sergio Citti, 'O re di Luigi Magni (David di Donatello e Ciak d'Oro come migliore attore non protagonista nel 1988), Camerieri di Leone Pompucci, Tre uomini e una gamba con Aldo, Giovanni e Giacomo e il controverso Li chiamarono... briganti! di Pasquale Squitieri, film incentrato sul brigante Carmine Crocco, ritirato subito dalle sale cinematografiche[1].
Nel 1971 ha scritto e diretto i film western Una pistola per cento croci e Black Killer, firmandoli con lo pseudonimo Lucky Moore.
Il doppiaggio
Carlo Croccolo ha lavorato moltissimo anche come doppiatore, prestando, tra gli altri, la sua voce ad Oliver Hardy (succedendo in questo ruolo ad Alberto Sordi), prima negli anni cinquanta con Fiorenzo Fiorentini e poi negli anni sessanta con Franco Latini. In alcuni casi ha perfino doppiato entrambi i personaggi di Stanlio & Ollio, come ad esempio ne L'eredità o Tempo di pic-nic. Dal 1957 inoltre ha doppiato Totò in scene realizzate in esterno in cui non era possibile girare in presa diretta e che Totò non poteva doppiare a causa dei suoi problemi di vista. Croccolo è stato l'unico doppiatore di Totò autorizzato dall'attore stesso (insieme al quale, nel 1964, scrisse la sceneggiatura per un film, Fidanzamento all'italiana, che non fu mai realizzato). Tra i doppiaggi di Croccolo nei film con Totò si ricordano la voce della baronessa in Totò diabolicus e quello nel film I due marescialli: nella scena finale, girata in una stazione, presta la voce a Vittorio De Sica.
La televisione
La sua prima apparizione televisiva è del 1956, nello sceneggiato L'alfiere, in un ruolo secondario, seguita da una partecipazione a Il Musichiere, nel 1960, e a Za-bum n.2, nel 1965. Nel 1977 ha condotto la trasmissione televisiva Il Borsacchiotto. Tra il 1996 e il 1998 ha girato i film televisivi Dio vede e provvede e Come quando fuori piove, andati in onda su Canale 5. Nel 2006, nel 2008 e nel 2010 ha partecipato alla fiction televisiva Capri nella parte del pescatore Totonno.
Il teatro
Molto intensa è stata anche la sua attività teatrale, per la quale si segnalano le interpretazioni ne La grande magia di Eduardo De Filippo diretto da Giorgio Strehler e nelle commedie di Garinei e Giovannini Rinaldo in campo e Aggiungi un posto a tavola.
Galleria fotografica e rassegna stampa
E nato settimino, è finito sotto un'auto e sotto un tram per evitare di far le cose troppo in fretta; per campare ha venduto ai tedeschi orologi fasulli ed ai romani saponette di creta
Carlo Croccolo è oggi uno degli attori cinematografici italiani che lavorano di più e, conseguentemente, guadagnano di più. Il pubblico, specialmente quello delle sale cinematografiche di provincia e della periferia delle grandi città, va in visibilio per quella sua maschera di ingenuo granitico, di fesso senza remissione. «Un po’ di Croccolo» fa sempre bene, anche nei films patetici, serve a far fare una risata tra due lacrime alla sartina ed al commesso dei secondi posti. Per il pubblico, ormai, la presenza di Croccolo nel «cast» di un film è di per sè un richiamo: i produttori lo sanno e se lo contendono; anche Croccolo lo sa e le cifre che chiede sono composte da molti, molti zeri dopo il primo numero. A pochi mesi di distanza dal suo vero e proprio esordio nel firmamento cinematografico, Croccolo può considerarsi un «divo». C’è una sola cosa che lo distingue dai suoi consimili; non abita né ai Parioli né in uno dei grandi alberghi della zona di via Veneto, come sembra sia d’obbligo per chi fa fortuna nel cinema. Ha un appartamento in una di quelle case standardizzate che sorgono come funghi alla periferia di Roma. Abita in un edificio contrassegnato col numero tredici, all’interno, tredici; una cosa da far impazzire un superstizioso, ma non può essere superstizioso chi si è visto piombare addosso tanti guai, quanti sono capitati a lui in soli ventiquattro anni di vita.
Carlo Croccolo, l’«ingenuo granitico» del cinema italiano, fotografato a Fiumicino, prima d’una gita in barca, con la moglie Ivana. Croccolo è nato a Napoli ventiquattro anni fa: ha avuto una infanzia ed una giovinezza avventurosissime. S’è sposato il primo aprile di quest’anno. Ha scelto apposta questa data perchè gli amici credessero si trattasse d’un pesce, e lo lasciassero in pace.
Carlo Croccolo ha visto la luce a Napoli, il 9 aprile 1927. Non lo aspettava nessuno, è venuto al mondo con due mesi d’anticipo sull’orario normale. Ma sarà la prima ed unica volta che Croccolo potrà dire di essere arrivato in anticipo ad un appuntamento; poi, la puntualità diventerà per lui una chimera irraggiungibile. Suo nonno, che — medico — aveva assistito sua madre nell’improvviso e difficile parto, quando si trovò il neonato tra le mani, disse semplicemente «chisto se ne muore». E le comari presenti furono concordi nell’affer-mare che il settimino non avrebbe visto l’alba del 10 aprile. Invece Carletto sopravvisse: imbambolato e triste, ma sopravvisse. A tre anni il padre, discendente da una famiglia di italiani trasferitisi da un paio di secoli ad Alessandria d’Egitto, lo portò con sè in Africa. Dall’Egitto, i Croccolo passarono in Libia e qui il piccolo Carletto meravigliò tutti per i lunghi discorsi che riusciva ad imbastire con gli arabi. Ora, dell’arabo ricorda solo alcune male parole, ma afferma che a quel tempo lo parlava corrente-mente. Carletto non si sarebbe più mosso dall’Africa ed il cinema italiano avrebbe avuto un attore di meno, se suo padre e sua madre non avessero litigato al punto da decidere di separarsi. Con la madre, Carletto ritornò in Italia ed andò a vivere a Napoli. Ogni mattina sua madre che aveva trovato un posto d’insegnante di filosofia a Salerno prendeva il treno e ritornava soltanto la sera: durante tutta la giornata. Carletto, che allora aveva nove anni, doveva «arrangiarsi» ; fare la spesa per sè e per un fratellino più piccolo, far da mangiare e studiare. Studiare molto: sua madre su questo era inflessibile, voleva fame un austero professionista. Croccolo aveva una gran passione per la musica, avrebbe voluto suonare il violino o il pianoforte, ma la madre si dimostrò inflessibile: niente musica, soltanto greco, latino e storia. L’espressione imbambolata che oggi fa la sua fortuna cinematografica, quella volta gli procurava guai senza fine. I suoi compagni di scuola si facevano un dovere di «farlo fesso». Gli rubavano i libri, la merenda, le matite; un giorno riuscirono a portargli via persino le scarpe. E Carletto, paziente, usciva di scuola, andava al mercato, comperava pane e pomodori, andava a casa, preparava il pranzo, dava da mangiare al fratellino; tutto con calma, con estrema calma. Si muoveva con tanta calma, che un giorno, a quattordici anni, per evitare di accelerare il passo attraversando una strada, finì bello bello sotto un’automobile e si fece quattro mesi di ospedale. Guarito, sua madre lo fece entrare al collegio dei Salesiani. Qui Croccolo si scopri la vocazione per il sacerdozio, ma non potè coltivarla a lungo; per un tiro infernale giocato ad un insegnante fu cacciato su due piedi dal collegio. Sua madre, allora, pensò che cambiare aria gli avrebbe fatto bene e, col fratellino, lo mandò da certi suoi parenti ad Arpino. L’otto settembre del '43 lo colse studente di prima liceo del ginnasio arpinate. L’occupazione angloamericana di Napoli, separandolo dalla madre, lo mise bruscamente di fronte alla necessità di provvedere alla sostentazione propria e del fratellino.
Sentì dire che a Roma tutti facevano affari d’oro con la borsa nera; decise di provarcisi anche lui e si mise bravamente «in commercio». Il commercio consisteva nel vendere orologi ai militari tedeschi . Carletto comperava un orologio da quattro soldi, apriva la cassa e, con lo smalto per le unghie «disegnava» alcuni rubini in più, poi entrava in un’osteria e, adocchiato il cliente, si metteva a bere con lui. Se non si trattava di un bevitore, l’affare poteva considerarsi fatto (Croccolo destava fiducia, proprio per la sua faccia di candido ingenuo). Appena il tedesco era brillo, Carletto tirava fuori l’orologio e cominciava a magnificarlo: quasi sempre riusciva a venderlo. Naturalmente se s’ubriacava lui prima del tedesco, erano guai. Il «commercio» andava bene, ma non durò a lungo. Una ronda della polizia militare lo beccò mentre stava concludendo un «affare» e lo mise dentro. Croccolo riuscì a scappare proprio il 28 ottobre e, in omaggio alla data fatidica, visto che a Roma non crera più aria buona per lui, iniziò quella che chiama la «marcia su Arpino». La casa del suoi parenti era un po’ fuori dell’abitato. Croccolo ci arrivò che erano le due di notte, in pieno coprifuoco. Ancora adesso non sa che cosa gli prese: fatto si è che afferrò una pietra e si mise a bussare come un dannato al portone, urlando in tedesco «Polizia, polizia, aprite, dobbiamo perquisire la casa». Accadde il finimondo; mentre le donne un po’ urlavano e un po’ svenivano, gli uomini corsero a nascondersi in soffitta. Uno che era riparato sul tetto, scivolò e rimase paurosamente aggrappato al cornicione, col rischio di andare a rompersi la testa parecchi metri di sotto. Quando si accorsero della beffa, i buoni arpinati non legnarono Croccolo, ma gli consegnarono facendo nel cinema: un mezzo per far quattrini e basta.
La via del trionfo nel cinema gli è stata aperta dalla felicissima caratterizzazione del soldato tonto fatta ne «I cadetti di Guascogna», il marmittone che dice «sonodellitaliasettentrionalesignortenente» e che porta un enorme girasole in dono alla ragazza che lo attende fuori della caserma. Gli ha portato fortuna questo film, dice Croccolo, non solo perchè lo ha condotto alla ribalta della notorietà, ma perchè gli ha consentito di comperarsi una fuoriserie che sognava di possedere da quando vendeva orologi ai tedeschi ubriachi e di conoscere sua moglie. Croccolo è timidissimo, non ama i «dancings» e la vita mondana: una sera però andò in un dancing per ascoltare un’orchestra jazz (è un fanatico del jazz puro). Si mise ad un tavolo nascosto,
dinnanzi ad un bicchiere di limonata ad ascoltare la musica, quando ad un tratto un grappo di ragazzine lo prese d'assalto. «Croccolo, gli urlarono, c’è una nostra amica che vuol ballare con lei. Deve ballare Croccolo». Carletto ballò con la ragazza, e il gioco fu fatto. Il primo aprile di quest’anno i due si sono sposati. Hanno scelto questa data, perchè gli amici, al sentire la notizia, credessero ad un pesce.
Carlo Croccolo non ha mai sentito nelle vene il «sacro fuoco» dell’attore nato. E’ diventato attore per caso, anzi per necessità; così come prima di essere attore, per sbarcare il lunario, era stato venditore ambulante al tempo dei tedeschi, agente di riserva nella Polizia Africa Italiana, radiotelegrafista con gli americani. Ha fatto una lunga anticamera a Radio Napoli ed in una «tournée» di provincia, prima che il cinema scoprisse la sua mobilissima maschera, di cui qui sopra diamo dieci espressioni colte dal nostro fotografo. Croccolo guadagna moltissimo, eppure intende ritirarsi dagli schermi per dedicarsi interamente allo studio e alla scultura.
Ora Croccolo vive felice con la moglie nell’appartamentino di periferia, che ha arredato con gusto smaccatamente moderno, inzeppandolo di tutti gli aggeggi utili e no. che usiamo vedere negli appartamenti dei «technicolor» hollywoodiani. Telefoni bianchi, luci riflesse, bar, poltrone enormi, poltrone piccole, poltrone così così, vasca con i pesci esotici, radio con tre altoparlanti, apparecchio fonografico con dischi multipli intercambiabili automaticamente, registratore, fonoincisore, proiettore sonoro a sedici millimetri. Evidentemente Croccolo vuol vendicarsi di tutta la fame e delle paurose avventure di povero disoccupato che ha sofferto. Ha comperato un macchinone che non finisce mai, naturalmente dotato di radio, accendisigarette ed altri ammenicoli e quando, nelle poche ore libere che ha, va in gita a Fiumicino con la moglie, si fa seguire dall’autista a bordo di una altra macchina più piccola, con il cane — un cucciolo pastore alsaziano dì razza purissima — seduto accanto. Si è preso pure un maggiordomo-segretario, portato via ad un albergo de l’Aquila. L’unica cosa che gli ricorda il passato, nella sua nuova vita, è una vecchia fantesca greca, Atinà, che ha visto nascere suo padre ed ha tenuto a balia lui, da piccolo.
Ora la vita di Croccolo é turbinosa: gira due, tre films contemporaneamente, fa degli «scketches» alla radio, prende dieci, quindici appuntamenti al giorno. Arriva in ritardo dappertutto, con ore, non con minuti di ritardo; ma arriva sempre, riesce a fare tutto. Non si sa come resista e non si sa nemmeno come resista sua moglie, che non lo lascia mai un istante perchè è gelosissima. Bisogna vedere come se lo sorveglia in questi giorni che Carletto sta girando «Porca miseria» (un rifacimento di «Quei due» di De Filippo) accanto ad Isa Barzizza e Nita Dover le quali, poiché la parte lo esige, sono più spesso seminude che vestite. Per Carletto la giornata comincia a mezzogiorno e finisce alle quattro, cinque del mattino. Alle due di notte, appena finito di girare l'ultima inquadratura, con la camicia mezza fuori dei calzoni ed il volto ancora truccato, seguito dalla moglie che gli regge la giacca, Croccolo si precipita fuori del teatro di posa, salta in macchina e va a casa a velocità pazzesca. Qui finalmente può dar sfogo alle sue due grandi passioni: ascoltare dischi di jazz e vedersi qualche film a sedici millimetri. Nel pieno della notte, improvvisamente si spande per lo stabile numero tredici di via Tomassini il suono strìdulo della tromba di Armstrong o la eco dei ritmi esasperati di Artie Show. Gli inquilini sobbalzano nei loro letti e cacciano la testa sotto il cuscino brontolando: «E' Croccolo». Tra verbo e sostantivo inseriscono però alcuni aggettivi qualificativi assolutamente irriproducibili.
Giorgio Berti, «La Settimana Incom Illustrata», 16 giugno 1951
Quando ci dissero che alla Scalera si girava Virgilio e la vacca, tutto ci sembrò naturale. Virgilio non ora forse quello delle «Bucoliche?», E le « Bucoliche « non si addicevano forse agli animali di campagna? Senonchè, il Virgilio di cui si parlava non era affatto quello morto alcuni secoli addietro; era bensì Carlo Croccolo, vivo e vegeto come non mai. E Carlo Croccolo, se può avere qualche punto in comune con Danny Kay, non ne ha certo con l'inventore di Enea. Come metterla, quindi, con la vacca? A salvare la situazione ci pensò, per fortuna, lo stesso titolo del film, che un bel giorno — di punto in bianco — cambiò i proprii « connotati » con quelli di Primo premio: Mariarosa.
E' un titolo questo, che non può dar luogo ad errori di sorta; non c'è dubbio infatti che si tratti di un primo premio attribuito a questa signorina Mariarosa, Se poi Mariarosa è il nome di una vacca, ebbene, questa è una questione che si risolverà pia tardi.
Noi intanto ce ne andiamo alla Scalera a veder girare qualche scena del film, prodotto da De Martino per l' « Artiglio » e diretto da Sergio Grieco. Il teatro numero due brulica di gente: si tratta di Croccolo, del parenti di Croccolo, degli amici di Croccolo, nonché di Isa Barzizza in quasi Bikini e di Mirella Uberti.
Cè anche Harry Feist, ieri ballerino perfetto e oggi perfetto coreografo, che impartisce agli attori « ordini » in fatto di danze. Isa Barzizza non ne ha certo bisogno, ma Carlo Croccolo ci sembra di si. Finite le prove, il neo ballerino cade di schianto su una sedia dove c'è scritto il suo nome (dove abbiamo visto un'altra di quelle sedie?) e comincia a parlare di Virgilio. Intendiamoci: Virgilio attore, non Virgilio il poeta. Veniamo cosi a sapere che questo Virgilio possiede una gran bella vacca che si chiama Mariarosa e che per tutta la durata del film sia lui che lei ne combinano di tutti i colori, Ano all'inevltabile lieto fine che li vede uniti in matrimonio: Virgilio con Mirella Uberti, Mariarosa con un baldo toro.
Isa Barzizza, nelle vesti — bikini a parte — di se stessa, appare solamente nei sogni di Croccolo, ed è appunto In un sogno che Isa e Carlo ballano insieme su addestramento di Harry Feist. Oltre a loro, nel film, troveremo Marisa Merlini, Leopoldo Valentini, Fulvia Franco, Carlo Romano, Galeazzo Benti, Renato Malavasi, Armando Migliari, Claudio Ermelli e Carlo Campanini. Le musiche naturalmente sono di Pippo Barzizza, e sono orecchiabili come poche, specialmente quella del «sogno».
Un cast piuttosto notevole, insomma, cosi come notevoli sono le trovate comiche del film, che già fln d'ora si annuncia come uno dei più brillanti del prossimo inverno. A proposito di inverno, quasi cl slamo. Non tanto per la pioggia che preme al di fuori del teatro, quanto per il freddo che riesce ad entrarvi. E a furia di star seduti sulle poltrone dove c'è scritto « Croccolo » a caratteri cubitali, questo freddo si sente per davvero. Virgilio decide quindi di riscaldarsi con un po' di ginnastica; si arrampica sulle scalette che portano alla sommità del teatro e di lassù si butta giù appeso ad una corda, provocando urla di terrore nella mamma, nel fratello, nella nutrice, nel maggiordomo, nel cugino, nella zia. Tutto era però previsto e il «nostro » tocca il suolo illeso e soddisfatto: il freddo è passato. Non per noi (che tra l’altro slamo cosi « borghesi » da rabbrividire di fronte a un tentativo di... suicidio), e, cosi andiamo tutti (lui compreso) a prendere un vov al Bar della Scalera.
Ninotchka, «Film d'oggi», 1 ottobre 1952
Bene, bene, bene, parliamo un pò di Carlo Croccolo, del Croccolo, del Pinozzo, dell’attore discusso e concusso, tre volte nella polvere tre volle sull'altare, Fu vera gloria? Ai postini l'ardua semenza. Ed anche alla vispta Teresa. E perchè no, a Maria AngeIona. Quando parlo di Croccolo, un misto di sconclusionato e di surrealista, un misto di surrealisticamente sconclusionato, si effonde capillarmente nella mia persona; Carlo Croccolo suona la batteria, mangia una mela, risponde al telefono e si mette una camicia, forse compie tutto ciò in una successione logica e progressiva di tempo, forse fa tutto insieme, tutto in una volla.
Croccolo e la sua macchina da proiezione a passo ridotto. Egli è un cineamatore appassionato. Intanto continua i suoi studi di medicina ed è in procinto di laurearsi.
Visto da vicino, vi fa una strana impressione: non è alto, ha varie decine di migliala di capelli rossi e ognuno risente l'attrazione di un astro seguendo una propria via in un'ansia dì liberazione che lo sublima, E’ gioviale, incline al buono ed al bello; oltre ad essere attore comico è scultore e tende all'elevamento del suo animo e all'allevamento della sua mente leggendo affannosamente libri pregiati, ottimamente rilegali.
Ha studiato anche medicina e per poco non si laureava, Non tremate, il medico non lo farà mai, Carlo Croccolo. L'ho visto intento a mettere a posto i mobili tornati da un sequestro provocato da un produttore in seguito alla nota vertenza; credete, c'era da morire, sommersi in un misto di ilarità e di mal di mare. Come può un divano lungo tre metri entrare in una stanza larga due e mezzo? Come può un tiretto di un comò entrare in un comodino?
Svaghi di Carlo Croccolo fra gli studi di medicina e la preparazione della sua rivista. Quello che serve a Croccolo è un buon regista ed un buon impresario.
Forse per l'alta temperatura alla quale son abituati a vivere costantemente i pesci equatoriali, gelosamente custoditi in un acquarto in miniatura, sono gli unici esseri viventi che possono assistere a tutto quanto può e sa compiere Carlo Croccolo in una giornata, senza morire, Giovanni ed Ellas, il cameriere e la fedele nutrice hanno negli occhi la santa luce dei beati. Carlo Croccolo è una calamità, è capace di tutto, è un terremoto ondulatorio e sultorio, è una miniera di trovale, di possibilità. Gli occorre un buon regista, un buon impresario e forse un pizzico di fortuna, quella fortuna che ha elevato De Curtis al rango di Totò e di Imperatore. Chi ha fortuna? Chi vende fortuna? Chi affìtta fortuna cercasi. Croccolo ha fatto parlare di sé, delle sue imprese, delle sue stranezze, la cronaca italiana come Rita e Alì è arrivato nel mondo del cinema come un razzo, è esploso prima che il pubblico potesse reagire con una fuga o con adeguate misure, è piaciuto, ha attaccato è stato attaccato, discusso; da quando ha afferrato la notorietà, non ha avuto più pace, non ha dato più pace.
Croccolo ha interpretato «Ragazze da marito» di E. De Filippo e «Primo premio» Mariarosa», di Sergio Grieco
La prima volta che lo abbiamo incontrato, o meglio scontralo, fu nel corso di un austero e casto ricevimento al Grand Hotel di Roma in Onore di un magnate della pellicola di Hollywod. Non mancammo di dirgli cose sgradevoli a sfondo decisamente critico e Croccolo ci ricambiò con uguale veleno. Veramente un caro ragazzo. Alla radio ha avuto successo; scegliendo da un "mucchio” abbiamo letto alcune lettere dei suoi ammiratori, lettere che farebbero fremere "morigerati e benpensanti", lettere di caldissima ammirazione. Ora Croccolo è a Milano per un film, la sua ennesima prestazione cinematografica; ma già pensa alla rivista, alla grande rivista.
La rivista sarà per Cario Croccolo la prova del fuoco. A contatto con il pubblico, il grande pubblico sufficientemente sofisticato, egli potrà completare la sua eletta schiera di ammiratori e di nemici, ma soprattutto dimostrerà quanto ci sa fare, Lasciamo anticipazioni e previsioni a Madame di Tebe; però ci sia concessa un’opinione: Carlo Croccolo è un ottimo comico, pieno di personalità, di idee soprattutto di vitalità. Ci auguriamo che la Fatina Azzurra vegli su di lui indicandogli la via dei successo. Del migliore successo.
Giuseppe Perrone, «Film d'oggi», 10 dicembre 1952
Lo spettacolo di Croccolo
Gran varietà tradizionale all’Andreani, con Carlo Croccolo. La fedeltà allo schema classico e assoluta: tra la canterina e gli acrobati, i fantasisti musicati e il caricaturista, lui stesso, Croccolo, torna all’età d’oro con la macchietta militare e perfino la patetica poesia finale.
Tutto sommato non dispiace. Uno spettacolo cordiale che potrebbe esserlo anche di più togliendo — nel primo tempo — qualche non necessaria scivolala nella volgarità, ormai non più gradila neppure in periferia o, come dicono, «in provincia». Croccolo e‘ simpatico, improvvisa con garbo, effettivamente corregge dal palcoscenico qualche non sempre felice impressione lasciata dallo schermo. Con lui applauditissimi ieri sera — e meritatamente — il trio musicale Randall e gli acrobati Salvini.
Ma hanno avuto la loro parte di consensi anche il velocista della caricatura Drakos, la cantante Montelatici, «Mirabella», il quintetto «Armonia» e infine Vanni nelle vesti di presentatore e di macchiettista di spalla. Teatro gremitissimo.
«La Gazzetta di Mantova», 6 ottobre 1954
Galdieri e Croccolo in causa: un copione e un dente
LA RIVISTA AL PALAZZO DI GIUSTIZIA. Il primo citato per danni; il secondo li reclama. Del teatro di rivista si è parlato questa mattina in due aule del Palazzo di Giustizia. Protagonisti di altrettante vertenze legali, due nomi celebri della passerella: Michele Galdieri e Carlo Croccolo.
«Corriere d'Informazione», 13 giugno 1955
Il mal di denti di Croccolo ha convinto anche II pretore
«Corriere d'Informazione», 15 giugno 1955
LO SCANDALO DEGLI STUPEFACENTI
L’ATTORE CARLO CROCCOLO arrestato sulla soglia di casa
Egli sarebbe dovuto apparire tra pochi giorni in una nuova rivista
«Corriere dell'Informazione», 10 ottobre 1956
L’arresto dell’attore e il mandato di carcerazione per Augusto Torlonia sono un’inattesa appendice dello scandalo degli stupefacenti di quattro mesi fa. Segno che la situazione è ancora gravida di imprevedibili sviluppi
Roma, ottobre
Alle 22 di lunedì 8 ottobre Carlo Croccolo era nella sua abitazione di via Tomassini, una strada semiperiferica assai lontana da quei Parioli dove — secondo i cronisti più zelanti — risiederebbero stabilmente tutti i vizi della città. L’appartamento è in un palazzone medioborghese: l’attore lo acquistò nel 1951 quando il fulmineo successo cinematografico sembrava dovesse catapultarlo ad altezze che poi più non raggiunse. E’ un appartamento di media grandezza abbellito da molti luoghi comuni dell’arredamento come il bar a bancone e la poltrona avanti al caminetto per le meditate letture. L’interno quasi borghese era però da una paio di settimane scapigliatamente sconvolto dal bivacco quotidiano della troupe che avrebbe dovuto mettere in scena la rivista che Croccolo si riprometteva di lanciare in questo autunno. La rivista era stata annunciata con un titolo dostoievskiano "Gli ossessi” e doveva contenere, a quanto si dice, allusioni al mondo degli stupefacenti. Nei giorni scorsi l’attore, tornato da poco dalla Calabria, aveva posato per i fotografi diligentemente convocati a domicilio, in atto di provare le scene della rivista.
Croccolo era affaticato da un’intera giornata di prove e si disponeva con i suoi collaboratori a cenare e poi procedere ad alcuni ritocchi del copione. Il trillo del campanello con cui si annunciarono il dott. Dante e il brigadiere Casolino della polizia dei costumi, non fu proprio una sorpresa gradita. Il commissario gli presentò il mandato con cui era ordinato l'arresto di Carlo Croccolo di Gualtiero di anni 29 da Napoli "imputato del reato di cui all’art. 6 della legge 18 ottobre 1954 n. 1041, per aver detenuto sostanze stupefacenti in Roma, fino al giugno 1956”.
La legge citata dal mandato di cattura dispone: "Chiunque, senza autorizzazione, venda, ceda, esporti, importi, passi in transito, procuri ad altri, impieghi o comunque detenga sostanze o preparati compresi nell’elenco degli stupefacenti è punito con la reclusione da tre a otto anni e con la multa da 300 mila lire a 4 milioni”. Dato il preciso riferimento alla data (giugno), quella in cui scoppiò lo scandalo degli stupefacenti, si deve dedurre che il magistrato, dando una interpretazione più restrittiva al reato per cui Croccolo era stato denunciato a piede libero, sia giunto alla conclusione che era necessario il mandato di cattura.
Quando la polizia concluse le sue indagini nello scorso giugno il voluminoso fascicolo delle indagini passò nell’ufficio del giudice istruttore dott. Buongiorno il quale ha cominciato già da tempo ad esaminare le posizioni dei diversi imputati e a raccogliere nuove testimonianze. E’ certo che non tutte le persone i cui nomi vennero fatti da Mugnani e dagli altri imputati sono state fino ad ora interrogate e comunque non tutti i nomi dei possibili indiziati sono stati resi di pubblica ragione. Il provvedimento preso a carico di Carlo Croccolo se è di ordinaria amministrazione, in quanto conseguenza di una interpretazione più drastica della legge in merito alla obbligatorietà del mandato di cattura, potrebbe però lasciar pensare che il magistrato — che ha pure lasciato trascorrere quattro mesi dalla denuncia a piede libero — si sia voluto assicurare la presenza dell’imputato in vista di più ampi sviluppi della sua inchiesta istruttoria. Che la misura restrittiva fosse necessaria è stato confermato dalla scomparsa del duca Augusto Torlonia che, colpito anche lui da mandato di cattura, si è eclissato prima che giungessero gli agenti per tradurlo a Regina Coeli.
Mentre infatti Carlo Croccolo, dopo una breve sosta in Questura, da dove gli veniva consentito di telefonare alla governante per avvertire ”che non sarebbe rientrato” passava al carcere di Regina Coeli, gli stessi agenti si recavano in via Archimede 151 dove è domiciliato Augusto Torlonia, l’ex-marito dell’attrice Maria Michi. C’era pronto per il duca un mandato analogo a quello che era stato presentato a Croccolo, ma Augusto Torlonia, per caso o in seguito a una previdente segnalazione, risultava partito senza lasciare indirizzo.
LA RIVISTA che Croccolo si apprestava a mettere in scena doveva avere come titolo "Gli ossessi”. Le prove si facevano nell’appartamento dell’attore, dove è avvenuto l’arresto. Nella nostra foto Croccolo, appoggiato al pianoforte, prova una scena con l’attrice Maria Palumbo.
Anche Augusto Torlonia era stato denunciato a piede libero in seguito allo scandalo scoppiato con l’arresto di Max Mugnani. E* un signore timido e malinconico, che non aveva mai fatto parlare di sè altro che quando aveva sposato Maria Michi. Molti si stupirono che fosse coinvolto nello scandalo in quanto mai si era pensato che potesse far uso di stupefacenti. Si era ritenuto anzi che la sua incriminazione fosse conseguenza più di una serie di circostanze che di una reale colpevolezza. Il mandato di cattura, invece, pone l’accento sulla sua partecipazione al traffico o almeno alla detenzione di stupefacenti.
La decisione del magistrato è giunta come un fulmine a ciel sereno. Proprio alla fine della scorsa settimana era stata data notizia che l’avvocato Pacini, difensore di Lodovico Lante della Rovere, aveva chiesto la scarcerazione del turbolento giovane patrizio; la scarcerazione doveva avvenire in conseguenza della non obbligatorietà del mandato di cattura per il reato di cui era imputato. Era una notizia distensiva che poteva servire a crear la sensazione che lo "scandalo” si svuotasse rapidamente di tutto il suo contenuto. Perciò l'arresto di Croccolo e il mandato di cattura contro Torlonia rispondono al tentativo distensivo dei difensori e confermano che il procedimento istruttorio non subirà uno di quei rallentamenti che hanno consentito ad Edoardo Prettner Cippico di essere assolto per prescrizione.
Negli ambienti giudiziari si tende a dare ai due mandati di cattura questo solo significato: appunto per non prendere neppure in esame le richieste di scarcerazione il magistrato ha emesso l’ordine di arresto per gli altri imputati. Ma è a nostro parere una interpretazione troppo semplicistica: probabilmente il giudice istruttore sta raccogliendo altre fila del l’inchiesta e tanto Torlonia che Croccolo devono essere i soltanto imputati ma anche preziosi testimoni a carico di altri futuri imputati.
Fino ad ora il dott. Buongiorno ha interrogato molte decine di persone ed ha esaminato molte centinaia di documenti che si sono venuti ad aggiungere al già voluminoso fascicolo. Avrà trovato altri indizi a carico di altre persone? E’ assai probabile. Ma in questo caso il compito del cronista è assolutamente superiore alle sue modeste forze. Il gabinetto del giudice istruttore, infatti, è muto come la tradizionale "tomba” e da esso non trapelano mai indiscrezioni. Tutti i fatti nuovi restano conoscenza soltanto del magistrato e del suo cancelliere difficilmente giungono all’orecchio di terzi che possano riferire. E’ certa soltanto una cosa che a conclusione della istruttoria verranno rese note circostanze e nomi che per ora nessuno può immaginare.
Questo è tutto quanto si può intuire dall’arresto di Croccolo e sul mancato arresto di Torlonia. Ogni altra deduzione sarebbe più che arbitraria. Croccolo è stato interrogato a Regina Coeli e probabilmente, dopo una serie di confronti con i coimputati, sarà sottoposto anch’egli a perizia per accertare se sia intossicato e in che grado, o se la detenzione di stupefacenti debba essere attribuita ad altra causa.
Sembra che il mese di ottobre sia per Carlo Croccolo particolarmente infausto. Cinque anni fa, nel 1951, e proprio ai primi di ottobre scoppiò la clamorosa vertenza con l’impresario Trinca che chiese il sequestro dei suoi beni per inadempienza contrattuale, avendolo accusato di aver abbandonato la formazione di riviste che aveva costituito per lui Nel mese di ottobre di .quello stesso anno Croccolo era stato citato per i danni da un produttore cinematografico che lo accusava pure di inadempienza non avendo voluto l’attore interpretare il film "Il signore delle Camelie” per il quale aveva firmato un regolare contratto. E, vedi caso, la legge in base alla quale è stato incarcerato è stata emanata nel mese di ottobre di due anni fa.
Salutando al telefono la governante, che è ima corpulenta donna greca di cinquanta anni, Carlo Croccolo ha ostentato molto buon umore e molta tranquillità. Forse non era affatto tranquillo perchè certamente in quel momento non si rendeva ragione dei motivi dell’arresto. In omaggio all’attore comico che ne è protagonista c’è da augurargli che tutta questa storia finisca bene, anche se sembra per lui avviata non precisamente al tradizionale lieto fine.
U.d.F., «Tempo», anno XVIII, n.43, 25 ottobre 1956
Carlo Croccolo gira a Roma il suo quarantesimo film
Era emigrato in Canada perchè il suo nome «non faceva più noleggio»
Vittorio Ciuffa, «Corriere d'Informazione», 10 ottobre 1959
A colloquio con Carlo Croccolo, conduttore alla TV (Rete 2) del programma di quiz «Il borsacchiotto». Dopo l’exploit cinematografico di Pinozzo, che fini alla lunga per danneggiarlo, ha lavorato oltre dieci anni all'estero. Ora à tornato al teatro e al cabaret
Roma, maggio
Nella sigla finale del lo spettacolo di varietà del sabato Bambole, non c'è una lira, di Antonello Falqui stilavano, quasi una ideale passerella finale, le immagini che in un certo periodo furono quasi emblematiche per quel tipo di teatro che per comodità di comprensione si definisce «leggero». Insieme ad Anna Magnani, Fabrizi, Totò ed altri, inquadrati negli atteggiamenti più significativi di qualche loro personaggio di successo, ad un tratto si scorgeva un soldatino quasi grottesco, ai limiti del reale, con i pomelli arrossati e lo sguardo non certamente dell'aquila; la foggia della divisa piuttosto abbondante non gli conferiva la marzialità che la fantasia è solita attribuire all'eroe coraggioso vincitore di cento battaglie, tutt'altro; ricalcava invece all’apparenza quel timido, sfortunato marmittone, che dalle pagine del Corriere dei piccoli ci tenne compagnia negli anni nostri verdissimi.
Chi ha già parecchie primavere sulle spalle, chi per intenderci, visse in età di ragione guerra o dopoguerra, ricorda quel soldatino imbambolato che invece della baldanza offriva fiori e chiedeva qualche sorriso, uscito com'era da un mondo senza generali che muovevano all'attacco. Si chiamava Pinozzo ed il volto, sono ormai trascorsi circa trent'annni, glielo prestò Carlo Croccolo. E con molto successo a giudicare dai numerosi film che immediatamente conquistarono il mercato, poiché i produttori, scoperto il fortunato filone, ci proposero in tutte le salse l'imbranato fantaccino.
Oggi, smessi da tempo gli abiti di Pinozzo, ritrovo Croccolo negli Studi del Centro di produzione di Napoli: è il conduttore-presentatore di Il borsacchiotto, il nuovo programma di giochi a premi di Chiosso e D'Ottavi.
Non è cambiato molto da come lo ricordo ai tempi del Liceo Vico, quando Luigi Compagnone lo «iniziò» ai misteri del microfono e noi tutti un poco stupiti ma anche ammirati per il «collega» che faceva l'attore a Radio Napoli. Gli stessi capelli rossicci, scarse le tracce degli anni trascorsi e forse solo lo sguardo un poco più pensoso sebbene non sia mal stato quello che a Napoli si definisce un «ammuinatore». In fin dei conti — mi precisa — quel lontano exploit cinematografico. anche se lo convinse a lasciare Napoli per dedicarsi esclusivamente alla nuova attività, non si rivelò del tutto propizio, il personaggio era senza dubbio genericamente qualunquistico. «Ma una cosa è certa: per chi era passato attraverso certe esperienza: di distruzioni (ricordi che andando a scuola il biancore calcescente delle case sventrale ci feriva gli occhi?), di morti, di tedeschi, l'unica esigenza pressante era di dimenticare le guerre e le divise e perciò allora cercai di addolcire la difficile necessità di sopravvivere».
— Ma dopo non si è sentito più parlare di Carlo Croccolo.
— In realtà sono stato lontano dall’Italia. Pei circa dieci anni in America ho fatto teatro d’avanguardia, teatro naif, il produttore e il regista alla televisione canadese. Ho fatto i commercial (i nostri Carosello) e finanche il fotografo. E non ho dimenticato Napoli, quella vera, non quella delle cartoline: ho realizzato in maniera quasi onomatopeica l'atto unico di Ernesto Murolo O mercoledì d'a Madonna do Carmine. Mi capivano tutti, finanche i cinesi! Rientrato in Italia ho partecipato a degli spettacoli televisivi e qualche anno fa, nel ‘67, ho messo su una società di produzione televisiva per western spaghetti.
— Sebbene mi sembri notevole il bagaglio di esperienze che per tutto questo tempo hai accumulato nel campo dello spettacolo, non credi che oggi qualsiasi modo di contatto con la platea richieda un impegno che comprenda la problematica dei nostri giorni?
— Chiamami pure qualunquista, ma se impegno vuol dire dilettantismo o poltrona sicura io sono contro l'impegno. Pensa poi se c’è la malafede o la strumentalizzazione’ Guardo certi intellettuali che dopo aver predicato restano sempre in una situazione di comodo. Per quanto mi riguarda voglio ricordarti che alla radio ho esordito sul Terzo Programma col Teatro dell'usignolo di Franco Rossi e più recentemente, oltre agli spettacoli di cabaret alla Campanella, ho interpretato al Belli di Roma Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam con la regia di José Quaglio, L'impegno! Una cosa poi che per me è fondamentale e sintomatica è che noi le nostre esperienze anche brucianti le abbiamo vissute mentre alcuni giovani di oggi le teorizzano soltanto.
— Torniamo al Borsacchiotto: sai bene che le trasmissioni a quiz finiscono sempre col legarsi ombelicalmente al loro presentatore. Cosa li proponi di ottenere con questa tua?
— Solamente divertire e ristabilire il contatto con il pubblico che ne è anche protagonista: sento di potergli dire ancora molto, forse chissà anche da dietro la macchina da presa.
s. b., «Radiocorriere TV», 1977
ROMA — Carlo Croccolo sta facendo parlare di sé. In un teatro romano, con la sua comicità casareccia e rumorosa, ma con radici ben piantate nella commedia dell’arte, sta richiamando grande pubblico, magari quello di bocca buona.
Lamberto Antonelli, «La Stampa», 19 gennaio 1981
Croccolo, l'altra faccia di Tato
L’attore e i segreti di un grande sodalizio: «"Malafemmina” era la Pampanini» «Era un uomo solo e triste»
Carlo Croccolo, quarant'anni di onorata carriera nello spettacolo, è un attore involontario, non animato né da vocazione personale né da ansia da successo. «Mi sono rassegnato a seguire la mia faccia», ammette sorridendo. La sua faccia, la celebre faccia da fesso con l'occhio da pesce e la bocca inerte, gli ha permesso di interpretare centodieci film. Da «I cadetti di Guascogna», quello del «Costa lòn ca costa soma dia Val d'Aosta», a «O' Re» di Magni sulle disavventure bellico-erotiche di Fraceschiello.
E soprattutto lo ha fatto entrare nella storia del cinema per il suo sodalizio con Totò con il quale ha girato il meglio che c'è, da «47 morto che parla» a «Totò Sceicco», da «Miseria e nobiltà» a «Totò lascia o raddoppia?», in una sequenza infinita di scene dove lui, Totò, porgeva la battuta, e l'altro, Croccolo, gli rispondeva al suo modo stralunato. «Era un uomo solo e triste, Totò, molto più grande dei suoi film. Nient'affatto guitto, disprezzava con aristocratico cipiglio le mezze calze. Girava un film dietro l'altro, film a basso costo e senza trama, perché aveva bisogno di guadagnare, ma gli piaceva esser circondato da persone di talento. Più erano bravi quelli che gli stavano intorno più si esaltava lui. "Le cose belle è bello vederle col sole", diceva. Io l'avevo capito e lui mi ricambiava volendomi al suo fianco». Un gran divertimento? «Bugie. Una gran fatica. Non si rideva mai. Totò era serissimo. Anche quando s'innamorava. Io lo vidi perdere la testa per la Pampanini,la donna per cui scrisse "Maiafemmina". Ma era un amore infelice. Non scherzava, Totò. "Un film è buono se fa ridere quando si vede non quando si fa", era il suo convincimento. Negli ultimi anni, quand'era ormai diventato cieco, ho doppiato la sua voce perché fosse in sincrono con le immagini, ma l'ho fatto in segreto, evitando che si sapesse, perché Totò temeva che il pubblico l'avrebbe abbandonato se avesse scoperto la sua malattia».
Fu in quegli anni, i primi Anni Cinquanta, che Croccolo esplose imponendosi come il più strepitoso attor giovane del nostro spettacolo: faceva cabaret alla maniera di Grillo riuscendo per fino a dialogare con le proprie scarpe, accompagnava Claudio Villa in quelle serate popolari metà canzoni e metà risate che tanto piacevano, intratteneva il pubblico della tv che proprio allora cominciava a trasmettere: la prima notte di Capodanno dell'era televisiva la fece lui, in compagnia di Teddy Reno, Juia De Palina, Sandra Mondami. Il denaro correva. Tra il '53 e il '54 fece 26 film, un record oggi inarrivabile. E lui spendeva. Al suo tavolo di ristorante poteva sedere chiunque passasse. La sua auto americana era la più lunga che si fosse mai vista a Cinecittà. Il suo cane aveva una giardinetta personale con un autista per le passeggiate. Le mance elargite ai ragazzini dell'ascensore erano più alte dello stipendio che percepiva sua madre insegnante di filosofia. Se gli saltava in testa portava a cena il cavallo con cui stava facendo il film perché anche lui era un attore. Se lo divertiva inviava champagne e rose alla costumista della compagnia perché anche lei avesse un'emozione. Guidava la barca; si buttava col paracadute, si comprò perfino un aereo, che però non riuscì a pagare e gli fu sequestrato, solo per il gusto di fare quello che gli andava. Le sue stravaganze finivano sui giornali. Il divismo all'americana era approdato a Roma. Perfino la Camera si dovette interrogare su di lui e sulla «croccolite» che aveva colpito la gente e sarebbe sfociata, un po' più tardi, nel mito di «La dolce vita».
Troppo sperpero, troppe follie, troppo esibizionismo per un'Italia ancora dominata dai Peppone che sognavano Baffone e dai Don Camillo che minacciavano le fiamme dell'Inferno. Megalomania? Croccolo nega. «Non ero snob. Ero fuori dal giro degli intellettuali. Di fare il cinema non me ne fregava niente. Ero arrivato a essere un divo senza fare nessuna fatica. M'ero lasciato andare alle cose e le cose giravano per il verso giusto. A Roma ero piombato seguendo un'inglese bellissima per far dispetto alla mia fidanzata napoletana che m'aveva piantato. E a Roma m'aveva scoperto la radio. Sembravo un esibizionista. Ero solo un ragazzo che si divertiva a provocare». All'apice del successo, tirato da una parte da Eduardo che aveva rotto con Peppino e voleva lui in compagnia per sosti- tuirlo, e dall'altra da Totò che non se la sentiva più di far cinema senza averlo vicino, Croccolo fu travolto dallo scandalo: lo accusarono di trafficare cocaina, lo sbatterono in prigione per cinque mesi, poi l'assolsero con tante scuse per non aver commesso il fatto. Ma la sua carriera era finita. Si rifugiò in Canada, senza una lira, a presentare spettacoli per emigranti, approfittando del fatto che conosceva le lingue e sapeva far ridere.
Da quel momento Croccolo ha vissuto cinque diverse esistenze, ogni volta tentando di far soldi con un mestiere che niente avesse che fare con quello dell'attore e ogni volta essendo costretto a ricominciare a recitare per i fallimenti registrati. E' stato barman, venditore di pubblicità, regista di spot televisivi, antiquario, produttore in proprio e per conto terzi di filmetti commerciali, padrone per tre anni di un teatro a Roma, «Il Colosseo» dal cui disastro economico è uscito distrutto. Ha avuto una casa quasi fissa in Canada, Stato di cui ha ottenuto perfino la cittadinanza; un pied-aterre a Roma dove finiva per tornare sempre; molti soggiorni ad Hollywood per far visita agli amici Sammy Davis jr e May Britt, Burt Bacharac e Angie Dickinson e poi il giro dei Kennedy, Marilyn Monroe, Peter Lawford, Sinatra. E cinque tra mogli e compagne, più un non quantificabile numero di avventure erotiche che gli fecero avere il soprannome di «Irish express» per via dei suoi capelli rossi. Ma anche sulla fama di sedut¬ tore Croccolo nutre perplessità. «Le donne mi piacciono ma sono sempre stato il sedotto, mai il seduttore». E racconta della prima fidanzatina, una ragazza che volle far l'amore con lui perché era il solo maschio di cui i suoi fratelli gelosissimi non potevano sospettare. A questa che è la sua ultima puntata da protagonista dello spettacolo l'ha ricondotto Strehler con una telefonata: «Ma non-aei.morto? - gli chiese )/ì Palava vieni a fare con me "La grande magia". E sbrigati». Da allora ha recitato in «Rinaldo in campo» con Massimo Ranieri nel ruolo che Garinei e Giovannini scrissero per lui nell'edizione con Modugno e che lui non fece per scapparsene negli Stati Uniti. Ha vinto un Donatello per «O' Re», l'unico riconoscimento della critica in tanti anni di lavoro.
E' stato Crispino al Sistina in «Aggiungi un posto a tavola» insieme con Johnny Dorelli. A sessantanni e passa ha una nuova compagna giovanissima e bella che per lui ha lasciato il teatro, e se ne va in giro per l'Italia con un «Pluto», classica commedia di Aristofane riproposta da Shahroo Kheradnaud. Con Carlo Croccolo non c'è più Pinotto, il soldatino inventato copiando un dialogo surreale con un autentico nordico pre-leghista, che gli regalò, a lui napoletano autentico con villa a Pineta, mare e barca a Mergellina, popolarità e ricchezza. Ma lui non si lamenta. «Sono stato fortunato. Donne e spettacolo mi sono sempre corsi dietro».
Simonetta Roblony, «La Stampa», 17 agosto 1992
L'attore napoletano, che è stato uno dei pochissimi amici intimi del "principe della risata”, racconta come negli ultimi anni di lavoro Totò, ormai diventato quasi completamente cieco, lo avesse scelto come doppiatore dei suoi film - «Mi aveva chiesto di mantenere questo segreto», dice Carlo Croccolo «perché nessuno nel mondo dello spettacolo sapesse quanto grave fosse la sua menomazione» - «E’ stato un grandissimo maestro nella professione ma anche nella vita»
Pierangelo Rossi, «Gente», anno XXXVI, n.48, 23 novembre 1992
«Sì, dovevo doppiare Totò»
Sorprendente rivelazione sul grande comico napoletano nel venticinquennale della scomparsa. Carlo Croccolo: era malato, dopo il '58 gli ho prestato la voce in trenta film.
ROMA
Totò, il grande comico napoletano del quale ricorre il venticinquennale della scomparsa, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare in molte scene cinematografiche da Carlo Croccolo a causa di gravi problemi agli occhi. La notizia, contenuta nel libro di Giancarlo Governi «Io sono Totò», è stata confermata da Croccolo durante la presentazione dell'iniziativa editoriale multimediale «Lei non sa chi sono io», realizzata dalle consociate Rai Fonit Cetra, Nuova Eri e Videorai, che ripercorre la carriera artistica del principe de Curtis in due videocassette corredate dal saggio biografico di Governi.
«Totò aveva le retine malate — ha detto Croccolo — e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scene girate in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché Totò non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle proprie labbra. Le scene girate in interni, invece, sono tutte autentiche, in presa diretta. L'ho aiutato in una trentina di film dopo il 1958. Mi fece giurare che non avrei parlato con nessuno dei miei interventi. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia».
L'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio artistico di Totò, che fu anche autore di poesie e canzoni divenute celebri, è stato ricordato da Lello Bersani, autore nel ’65 di una celebre intervista tv al principe de Curtis, riproposta in «Lei non sa chi sono io»: «I critici — ha detto — si divertivano con i suoi film ma poi li condannavano». In quell'eccezionale documento Totò si rivelò con lucidità, ironia e senza segreti, recitando con straordinaria commozione la sua poesia più celebre «A livella». Si scopre cosi la difficile convivenza fra il principe e il comico, il «servitore» Totò che vive in cucina, la gioventù in via Santa Maria Antesaecula. in «Rione», gli inizi con la Commedia dell'Arte che gli insegnò l'improvvisazione, vera perla di ogni suo film, poi il varietà, la rivista, la commedia musicale, il cinema. «Lui è un pagliaccio, un attore: io una persona per bene», afferma il principe, legato al titolo e al blasone, che solo agli amici più cari permetteva di chiamarlo affettuosamente Totò.
«Totò — ha aggiunto Carlo Sartori, direttore editoriale della Nuova Eri — fu vittima della cultura cattolico-comunista prevalente a quei tempi, che anteponeva la tragedia alla commedia. In quest’ultimo genere d’arte si intravedeva una forma di disimpegno, non produttiva da un punto di vista politico».
Un atteggiamento destinato a mutare con il passare degli anni e che «Lei non sa chi sono io» documenta attraverso scritti di Federico Fellini, Umberto Eco, Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, esempi del ripensamento dei massimi esponenti della cultura nazionale nei confronti dell’opera cinematografica dell’attore napoletano: «Ricordate Totò? — si domandava Fellini nel 1980 — Che stupefacente, misteriosa apparizione!».
«Corriere della Sera», 15 ottobre 1992
Totò, il grande comico napoletano, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare molte scene da Cario Croccolo, per gravi problemi agli occhi. Lo racconta Giancarlo Governi nel libro «Io sono Totò» e lo ha confermato ieri Croccolo, presentando «Lei non sa chi sono io», due videocassette che ripercorrono la carriera artistica del principe de Curtis.
«Totò aveva le retine malate - dice Croccolo - e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scena in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle sue labbra. L'ho aiutato in una trentina di film. Mi fece giurare che non ne avrei parlato con nessuno. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia». E' noto infatti l'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio di Totò.
Simonetta Roblony, «La Stampa», 15 ottobre 1992
Intervista a Croccolo: «Io e Totò così diventai la voce del principe»
Lecce
Ora che il tempo è passato, sugli anni trascorsi accanto al principe della risata vorrebbe scrivere un libro. Ha già pronto il titolo: «Totò ed io». Per i contenuti basta attingere alla sua memoria formidabile, precisa come il database di un computer, attrezzo che peraltro usa benissimo, mettendo in riga tecnici e consulenti. Carlo Croccolo domenica compie novant’anni, e il comune di Castel Volturno, dove vive con la moglie Daniela Cenciotti in una bella casa con il giardino e l’orto, gli consegnerà per festeggiarlo le chiavi della città. A Lecce ha appena inaugurato il Festival del cinema europeo con una serata Totò fatta di ricordi, omaggi e proiezione della copia restaurata del film «Chi si ferma è perduto», a cura della Cineteca di Bologna. Pienone e risate come a una prima assoluta. La forza dei classici è questa.
Al grande Totò Carlo Croccolo ha prestato la voce in una decina di film. Con discrezione e affetto gli è stato vicino quando il mattatore perse quasi del tutto la vista. Ora racconta: «Ha ispirato la mia vita, è stato un maestro». Niente sentimentalismi, però: ai toni sdolcinati Croccolo preferisce il graffio beffardo, la zampata ironica e impietosa. Primattore e medico mancato, può resistere a tutto, ma non alla tentazione di una buona battuta. Di sé dice: «Sono stato terribile, mia madre cercava di tenermi a freno a suon di mazzate, non auguro a nessuno un figlio come me».
E con Totò, invece, come si comportava?
«Sul lavoro lui era rigoroso e severo, io giovanissimo e un po’ cretino a volte ne approfittavo. Quando girammo “Totò Lascia o raddoppia” m’incapricciai di un paio di pattini con le ruote di legno che facevano un rumore terribile, drrr, drrr, e scorrazzavo per i corridoi dello studio incurante del fastidio che procuravo agli altri. Totò, esasperato, mi fece chiamare, disse che avremmo provato la scena dell’armadio, mi fece entare nel suddetto e chiuse a chiave. Restai lì dentro per un’ora e mezza senza fiatare, povero me, ma imparai la lezione».
Dispetti a parte, com’erano i suoi rapporti con il principe de Curtis?
«Credo mi considerasse un po’ suo figlio, il figlio maschio che non aveva avuto. Mi trattava con severità e con affetto, e di questo lo ringrazio ancora. Lo rispettavo molto e non mi sono mai permesso di contrastarlo in modo evidente. Con altri, con Aldo Fabrizi, per esempio, ho avuto un rapporto spaventoso, ma nemmeno Totò andava d’accordo con lui».
Com’era Totò sul set, improvvisava come si racconta?
«Riscriveva tutto, altro che improvvisare. Ci chiudevamo nella sua roulotte, lui dettava le battute, Mario Castellani scriveva e poi prove su prove, come a teatro. Quando andavamo davanti alla macchina da presa eravamo padroni del testo e dei tempi. Totò non permetteva a nessuno di cambiare una virgola. L’unico sono stato io, nella scena della mortadella in “Signori si nasce”, e gli scappò da ridere».
Negli anni Sessanta cominciò a doppiarlo.
«Fu lui a chiedermelo, quando perse la vista. Avevamo lo stesso timbro, Totò se ne accorse sentendomi doppiare in francese “La legge è legge” con Fernandel e mi mandò a chiamare. Io mi ero trasferito in Canada, rientrai e cominciai il lavoro dietro le quinte. Non se ne accorse nessuno, nessuno doveva sapere. Doppiavo le scene in esterni, solo per “Uccellacci e uccellini” Totò volle fare tutto da solo, Pasolini gli dava una pacca sulla spalla e lui attaccava la battuta. Sempre perfetto, bravissimo».
Fu cosi che diventò la voce del principe.
«La voce del principe, sì. Magari avessi avuto qualcosa in più della sua arte, non solo la voce.... Però non sono mai stato un semplice imitatore, ho dato personalità ai personaggi. E oltre a Totò ho doppiato anche Nino Taranto, e nel film di Corbucci “I due marescialli” perfino Vittorio De Sica. Ha presente la battuta “domenicano... domenicano... Capurro!”? beh, quello ero io».
Ha attraversato gli anni d’oro del cinema italiano, com’era quel mondo?
«Non è mai tutto oro quel che luccica, l’ambiente dello spettacolo non fa eccezione. I fetenti sono dappertutto, e mi ci metto anch’io. Io sono uno zozzone, mi piacciono le donne. Dicevano: da vecchio cambierai... evidentemente non sono ancora vecchio».
Totò aveva un gran successo con le donne.
«Era un vincente anche in questo».
Però lei ebbe un incontro fatale con Marilyn Monroe...
«La conobbi a un ballo della Paramount, ci ero andato con May Britt e suo marito Sammy Davis jr, poi ero rimasto in un angolo, con un bicchiere in mano e l’aria da scemo. Marilyn passò, mi vide e mi scambiò per un irlandese, per via dei capelli rossi: “Che fai tutto solo?”. Le dissi che ero napoletano, lei scoppiò a ridere e facemmo amicizia. Un’affettuosa amicizia, fu bello, ma anche triste. Marilyn era cristallo puro, una donna meravigliosa, insicura del suo fascino e sola, spaventosamente sola».
A Castel Volturno le preparano grandi festeggiamenti. E a Napoli, la sua città?
«Non ho un buon rapporto con Napoli, è troppo ancorata al passato, come se non volesse migliorare. Ci vorrebbe uno scatto d’orgoglio, un grido di ribellione per far venire fuori dalle cose vecchie la città nuova, la Neapolis».
Titta Fiore, «Il Mattino», 1998
Via i tagli della censura, rivive «Totò e Carolina»
La prima mutilazione per la «prostituta» Anna Maria Ferrerò offerta ad un cliente. Tatti Sanguineti: «Dobbiamo ancora recuperare 15 minuti di immagini originali»
VENEZIA
Nella Sala Volpi del Palazzo del Cinema ieri è stato presentato il film di Mario Monicelli, «Totò e Carolina», reintegrato di un quarto d'ora di immagini che 45 anni fa erano state tagliate dalla censura del governo Scelba. E' il primo lavoro organico, ma non ancora ultimato, su un film, nell'ambito del progetto triennale «Italia Taglia», promosso dalla Cineteca di Bologna e dall'Anica, con l'appoggio del Dipartimento dello Spettacolo che ha messo a disposizione i verbali e i tagli della censura del dopoguerra. Il film è stato uno dei più bersagliati dalla censura che l'aveva «sequestrato» per 15 mesi e poi mutilato con 38 tagli, 83 battute modificate e gli aveva vietato qualsiasi proiezione all'estero. «La copia di "Totò e Carolina" proposta a Venezia - precisa Tatti Sanguineti, uno dei curatori dell'operazione non si può considerare reintegrata del tutto perché dobbiamo recuperare un altro quarto d'ora di tagli e modificare una settantina di battuta. In alcuni casi si tratta di modifiche ridicole: la parola "prostituzione" era stata sostituita con "sregolatezza", "peripatetica" con "svitata", "donnaccia" con "disgraziata", "vigliacca" con incosciente". Nella nostra ricerca abbiamo scoperto che per Totò il film di Monicelli è stato l'ultimo capitolo di una sua "fase" cronachistica, sociale, neorealistica, impegnata e di denuncia. E in questa fase (che comprendeva "Totò cerca casa", "Totò e le donne" e "Guardie e ladri" che ha avuto 40 tagli) è sempre stato censurato».
«In quegli anni - sottolinea Giuseppe Bertolucci, presidente della Cineteca di Bologna - la censura si imponeva di tutelare la religione, il prestigio della polizia e una certa ideologia politica. Il primo taglio di "Totò e Carolina" riguarda una scena in cui l'agente Caccavallo (Totò) e un prete cercano di affibbiare una giovane prostituta, Carolina (Anna Maria Ferrerò non ancora ventenne), ad un produttore di vini, non confessandogli che è incinta. Il secondo intervento era concentrato sulla tutela dei "celerini", in quegli anni attivi; il terzo è politico. Nella prima versione Monicelli aveva previsto un camion con operai comunisti che cantavano "Bandiera rossa", nell'edizione del '55 cantavano la canzone del Piave».
Ieri i tagli ripristinati sono stati doppiati (dal vivo) nella sala Volpi, da Carlo Croccolo, dal 1957 voce cinematografica di Totò. Oggi Carlo Lizzani presenta un «evento speciale» realizzato per la televisione. Si tratta di un omaggio a Luchino Visconti che domani sera verrà trasmesso da Rai Uno in seconda serata. «Questo programma di un'ora spiega Carlo Lizzani - nasce dall'idea di fare un grande omaggio a Luchino Visconti attraverso una ricostruzione fiction della sua vita, ma purtroppo fatti i preventivi l'opera sarebbe comunque risultata troppo costosa. Ed allora ho ripiegato su un ritratto di Visconti raccontato attraverso le dimore e i luoghi della sua infanzia, adolescenza e giovinezza».
Dopo la ressa di pubblico di giovedì scorso per assistere alla proiezione de «I vitelloni», restaurato da Mediaset, il film di Federico Fellini ieri è stato riproposto al Lido. Un'opera del '53 che fa parte del programma «Cinema forever» di Mediaset che ha già riportato alla perfezione originale 16 capolavori italiani.
Retequattro a fine settimana trasmetterà le copie restaurate di «Francesco giullare di Dio» di Roberto Rossellini, «Deserto rosso» di Michelangelo Antonioni, «La comare secca» di Bernardo Bertolucci e «Umberto D.» di Vittorio De Sica.
Ernesto Baldo, «La Stampa», 6 settembre 1999
«Totò e Carolina» ritoma senza tagli
IL CASO La pellicola uscì con 38 scene in meno. Cambiate frasi come «Il suicidio è un lusso» e «Abbasso i padroni». Alla Mostra del cinema il film di Monicelli censurato 46 anni fa con l'accusa di aver offeso la polizia
Un poliziotto senza autorità, una ragazza sedotta e abbandonata, un parroco menefreghista, un manipolo di comunisti con tanto di bandiere rosse e pugni chiusi. Troppo per l'Italia democristiana dei primi Anni '50, epoca governo Sceiba. E così «Totò e Carolina», diretto nel '53 da Mario Monicelli, divenne uno dei bersagli preferiti della censura. Bocciato a ripetizione dalle varie Commissioni di revisione cinematografica, unanimi nel ritenerlo «offensivo del decoro e del prestigio dei funzionari e degli agenti di forza pubblica». Agenti che, per tener alto l’orgoglio nazionale, mai avrebbero potuto indossare la faccia impunita di Totò, per di più ribattezzato nel film Antonio Caccavallo.
Alla fine, per farla uscire nelle sale, la pellicola fu mutilata con 38 tagli e 23 battute furono modificate. E così i comunisti divennero socialisti, «Bandiera rossa» fu sostituita da un coro di montagna («Di qua, di là del Piave»), il grido «abbasso i padroni» con «viva l’amore». Cancellata pure la frase di Totò: «Il suicidio è un lusso, i poveri non hanno neanche la libertà di uccidersi». Insomma, dell’originale restò ben poco. «E’ stato il mio film più massacrato», ricorda Monicelli subito conquistato da quel soggetto di Flaiano.
Adesso però, 46 anni dopo, una versione inedita di «Totò e Carolina» sarà presentata il 5 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, presenti il regista, gli sceneggiatori Age, Scarpelli, Sonego, Anna Maria Ferrero (la Carolina del film). Merito di «Italia taglia», il progetto curato dall’Anica, dal Dipartimento dello Spettacolo, dalla Cineteca di Bologna e dal critico Tatti Sanguineti, che ha trovato in Svizzera una versione quasi integrale. Che riporterà al suo posto i militanti comunisti, «Bandiera rossa», e tutto il resto.
«Nessuno di noi che realizzò "Totò e Carolina” era comunista — rivela lo sceneggiatore Furio Scarpelli —. Se fossimo stati comunisti non avremmo rappresentato i compagni che, su un camion, la domenica vanno a farsi un’allegra scampagnata, bensì le lotte nelle officine e nei campi. Il fatto che la scena sia stata tagliata mi fa pensare che fosse ritenuta un’insidia mostrare i comunisti come della gente quasi normale, che se ne va in giro a mangiare il cocomero anziché i bambini».
Giuseppina Manin, «Corriere dell'Informazione», 6 settembre 1999
Il Totò censurato torna con la voce di Croccolo: mi chiese aiuto anche quando perse la vista
L'attore recita dal vivo le battute tagliate Assente la Ferrero: offesa dal festival
VENEZIA
Il film è appena cominciato, la retata delle passeggiatrici di Villa Borghese è in pieno svolgimento, quando appare Totò che trascina Anna Maria Ferrero: è l’agente Cacca-vallo che ha scoperto la timida Carolina.
A lei è rivolta la prima battuta:
«Su, delinquente, su su, avanti!». La voce, con il timbro inconfondibile del principe de Curtis, proviene dalla platea, dove l’attore Carlo Croccolo legge le frasi di Totò, che i censori soppressero dal film «Totò e Carolina». «Sono emozionatissimo — confessa Croccolo che recitò con Totò in "Miseria e nobiltà"—. Anche perché torno a dare la voce al mio
grande maestro: fu lui a chiedermi di doppiarlo dopo che aveva perso la vista. Nei "Due marescialli" doppiai anche De Sica».
Ieri, nell’angusta Sala Volpi, si presentava la copia «integrata» di «Totò e Carolina», il film di Mario Monicelli che, pronto nel 1953, uscì solo nel marzo 1955, massacrato da crudelissimi interventi. Copia lavoro, spiegava Giuseppe Bertolucci direttore della Cineteca di Bologna, perché la ricerca dei materiali espunti dai censori non è ancora terminata: la pellicola subì tagli per ventitré minuti e in molti altri punti il sonoro venne alterato. Tra i casi clamorosi, uno oltrepassa le soglie del ridicolo: sul camion con le bandiere rosse i comunisti cantavano «Bandiera rossa», nella copia che uscì in sala si ascoltava «Di qua, di là dal Piave».
Tatti Sanguineti, curatore del volume «Totò e Carolina», appena pubblicato da Transeuropa, e animatore del progetto «Italia taglia», racconta le peripezie di questa riscoperta: «Dalla Cinématheque di Losanna avevamo recuperato una copia sonora con meno tagli di quella abitualmente vista, poi, pochi giorni fa, alla Cineteca di Roma, è saltato fuori il negativo di un’altra copia, ancora più vicina a quella originale, però muta. Quella proiettata a Venezia nasce dall’assemblaggio fra le due, e Croccolo ha integrato con la sua voce il Totò perduto».
Lo sceneggiatore Rodolfo Sonego ricorda: «Con Monicelli eravamo giovani, forse incoscienti, credevamo di poter parlare liberamente di polizia, istituzioni, religione. Preoccupato, il produttore Carlo Ponti fece un’anteprima per soli preti: che risero tanto, ma questo non bastò ai censori democristiani del governo Sceiba». Ma quello non fu il solo film di Totò a essere scempiato: tutte le commedie di cronaca (da «l sette re di Roma» ad «Arrangiatevi!» fino al «TuttoTotò» Rai, rimasto incompiuto per la morte del comico) furono duramente ritoccate. Per il timore dei politici di essere sbeffeggiati. Del resto, come ricorda la vedova Franca Faldini nel libro curato da Sanguineti, Totò in casa se la rideva di presidenti ministri e capi-partito. da Gronchi ribattezzato «Piede 'e papera», ad Andreotti «l’Aspirante sagrestano» fino a Berlinguer, «Stanlio».
Protagonista femminile, Anna Maria Ferrero. Non invitata, è rimasta a Parigi dove vive da anni. «Andrò a Roma, alla proiezione con Monicelli. A Venezia si sono comportati da maleducati con me».
Ranieri Polese, «Corriere della Sera», 6 settembre 1999
Cuneo - Sabato 12 e domenica 13 febbraio va in scena al Toselli "Miseria e nobiltà" con Carlo Croccolo, per la regia di Daniela Condotti. Il testo è di uno dei grandi della letteratura italiana dialettale, Eduardo Scarpetta, un autore che ha una ricca e copiosa produzione letteraria, ed è stato certamente uno dei più grandi commediografi a cavallo tra di due secoli. Molte delle sue opere sono state riprese dal cinema italiano e atte conoscere al grande pubblico, proprio come è avvenuto per "Miseria e nobiltà’’ un autentico capolavoro interpretato al cinema da Totò, Sofia Loren, Valeria Moriconi e lo stesso Carlo Croccolo che oggi torna sul palco del teatro cuneese.
Scarpetta sposa Rosa De Filippo il 16 marzo del 1876; debutta a quindici anni nel 1868, si ritira dalle scene nel 1909; muore nel 1925, il 29 novembre. Da Rosa De Filippo ha tre figli: Eduardo, Peppino e Titina, che però non riconosce. I tre figli continueranno la grande tradizione teatrale del padre raggiungendo successi a livelli internazionali, in particolar modo quel grande del teatro napoletano che è Eduardo De Filippo. La sua vita è segnata tutta da una serie incredibile di successi teatrali, tra cui proprio il capolavoro “Miseria e nobiltà” andato in scena per la prima volta il 7 gennaio del 1888 al Teatro del Fondo di Napoli.
La sua fama cresce con un ritmo senza sosta, passando da un teatro all'altro: dal “Partenope” al “San Carlino", dove debutta nel 1871 e che ristruttura nel 1880. Nel “San Carlino", messo a nuovo, debutta il primo settembre con la 'Presentazione di una compagnia di comici”, cui segue “Tetillo”, ridotto dall’originale francese di Najac e Hennequin, spettacolo che inaugura la lunga serie delle '‘riduzioni’ scarpettiane. La commedia è il racconto della vita della famiglia di Felice Sciosciamocca, al cinema il grande Totò, scrivano squattrinato. La famiglia abita con un altra povera famigliola, quella ael fotografo Pasquale. Tutti patiscono la fame e sono continuamente minacciati dallo sfratto. Il miraggio del cibo si traduce in realtà quando sono tutti assoldati come falsi parenti aristocratici per un combino matrimoniale tra il marchese Eugenio e la figlia di don Gaetano ricco borghese napoletano. Scambi di persone, sotterfugi, colpi di scena incredibili per una commedia che combina il gioco degli equivoci con il tema della fame secolare che fu di Pulcinella.
Insomma il travestimento, tradito dal linguaggio sempre in bilico tra il dialetto e un ibrido italiano, a cui sono costretti a volta i popolani per riempire la pancia. “Miseria e nobiltà” è una commedia indiscutibilmente comica, dove i giochi linguistici sono a getto continuo, un linguaggio che oscilla fra il dialetto e un italiano ibrido, convenzionale e di maniera, e dove ogni personaggio, anche il più piccolo è guardato con grande ironia, in un gioco che alla fine la miseria e la nobiltà sono inglobati all’interno dell'area borghese. Sarà difficile anche a teatro non ricordarsi di quell’immortale inno alla pasta che è la scena cinematografica in cui Totò e compagnia ballano sulla tavola divorando spaghetti e ficcandoseli in tasca per paura che qualcuno se li porti via.
La prevendita dei biglietti, che vanno dalle 40 alle 15 mila lire, fino a giovedì 10 febbraio si effettua con orario continuato dalle 9 alle 16, venerdì 11 febbraio dalle 9 alle 12 presso la Sala delle Colonne nel Palazzo Civico in via Santa Maria, oppure la sera dello spettacolo, direttamente alla cassa del Teatro Toselli a partire dalle ore 20.
Massimiliano Cavallo, «La Guida», 8 febbraio 2000
Fabio Gallina, «Gazzetta d'Alba», 9 febbraio 2000
Totò «doppiato»? Un fatto forse noto agli addetti ai lavori, addirittura uno choc per i tantissimi fan del principe de Curtis. Eppure è cosi: Totò, dal 1961 in poi, fu doppiato in una grande quantità di scene, in particolare girate all'aperto, quando i rumori esterni impedivano la presa diretta del sonoro. Problemi alla vista impedivano all'attore di sincronizzare il movimento delle labbra con le immagini e si rese così necessario affidarsi a un doppiatore.
La «rivelazione» è del famigerato trio della First National Longobardi-Quagliotti-Bassi, forse i maggiori esperti di storia del doppiaggio in Italia. Al «Festival nazionale del doppiaggio cinematografico e televisivo» di Finale Ligure hanno presentato un omaggio alle voci che dall'ombra hanno fatto parlare il grande comico napoletano. Nell'edizione scorsa della manifestazione era toccato a Stanlio e Ollio, venti minuti di gag comiche attraverso tutti gli attori italiani che a Crick e Crock hanno prestato la voce, a cominciare da Alberto Sordi nei panni di Ollio e Mauro Zambuto in quelli di Stanlio. Quest'anno è toccato al principe Antonio de Curtis, in arte Totò.
«Con il lavoro fatto per Stanlio e Ollio abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta - spiega Franco Longobardi -. Non un collage di spezzoni, ma un vero e proprio film breve che potesse divertire il pubblico, non un discorso per soli cinefili. Fra le oltre cento pellicole girate in trent'anni da Totò abbiamo selezionato le 18 in cui era stato doppiato e ne abbiamo fatto una serie di sketch compiuti di dodici minuti con, in ordine cronologico, tutte le voci che gh erano state "imprestate". Il miglior doppiatore rimane comunque Carlo Croccolo, grandissimo attore tuttora in attività, che con Totò ha lavorato moltissime volte come spalla o comprimario».
A scegliere Croccolo - che già aveva interpretato Oliver Hardy Ollio come proprio doppiatore fu lo stesso de Curtis, talmente ben «imitato» da non riuscire egli stesso a capire, in fase di proiezione, quando fosse la propria voce a parlare e quando quella del doppiatore. Alla fantasia e alla tecnica di Croccolo è attribuita una geniale intuizione in «Totò Diabolik». Travestito da donna, Totò rivelò un'inaspettata somiglianza con Tina Pica. Croccolo, allora, inventò una voce che era esattamente una via di mezzo fra quella del principe de Curtis e quella della grande attrice napoletana.
Ma non fu solo Carlo Croccolo a prestare la voce a Totò. In «Totò a Parigi», il comico interpretava due parti, la propria e quella di un gangster francese. Per questo secondo ruolo fu scelta la voce di Emilio Cigoli, doppiatore di Jean Gabin in «Grìsbi».
Il lavoro di ricerca di Longobardi-Quaghotti-Bassi ha però rivelato episodi ancora più inattesi. Come l'unico caso in cui Totò fu a sua volta doppiatore, e non un oscuro episodio di inizi carriera, ma un lavoro degli anni di maggior fulgore del grande comico napoletano. Il titolo era, in Italia, «La vergine di Tripoli», film americano d'avventura mal nato e mal riuscito. Visto il poco glorioso risultato, gli stessi produttori decisero di accentuarne l'aspetto comico e a tale scopo introdussero la figura di un cammello parlante. Ebbene, la voce del cammello in Italia fu nientemeno che quella del principe Antonio de Curtis, universalmente noto come Totò.
Giorgio Destefanis, «La Stampa», 30 settembre 2002
A vent’anni sognava di fare il regista. Poi è stato costretto a fare l’attore dai soldi che gli davano, molti. E diventato un principe d’attore e con un principe ha lavorato: Totò, sua eccellenza. Siamo andati a intervistarlo per conto del festival «Le vie del cinema»
Alberto Crespi, «L'Unità», 30 giugno 2003
Filmografia
Attore
Cinema
Il conte di Sant'Elmo, regia di Guido Brignone (1950)
47 morto che parla, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
Tototarzan, regia di Mario Mattoli (1950)
L'inafferrabile 12, regia di Mario Mattoli (1950)
I cadetti di Guascogna, regia di Mario Mattoli (1950)
Totò sceicco, regia di Mario Mattoli (1950)
Ha fatto 13, regia di Carletto Manzoni (1951)
Auguri e figli maschi!, regia di Giorgio Simonelli (1951)
L'eterna catena, regia di Anton Giulio Majano (1951)
Vendetta... sarda, regia di Mario Mattoli (1951)
Libera uscita, regia di Duilio Coletti (1951)
Porca miseria!, regia di Giorgio Bianchi (1951)
Stasera sciopero, regia di Mario Bonnard (1951)
Bellezze in bicicletta, regia di Carlo Campogalliani (1951)
Arrivano i nostri, regia di Mario Mattoli (1951)
Licenza premio, regia di Max Neufeld (1951)
Il caimano del Piave, regia di Giorgio Bianchi (1951)
La paura fa 90, regia di Giorgio Simonelli (1951)
Tizio, Caio, Sempronio, regia di Marcello Marchesi, Vittorio Metz e Alberto Pozzetti (1951)
Ragazze da marito, regia di Eduardo De Filippo (1952)
Primo premio: Mariarosa, regia di Sergio Grieco (1952)
L'eterna catena, regia di Anton Giulio Majano (1952)
Non è vero... ma ci credo, regia di Sergio Grieco (1952)
Siamo tutti milanesi, regia di Mario Landi (1953)
La figlia del reggimento, regia di Goffredo Alessandrini e Géza von Bolváry (1953)
Cuttica, episodio di Gran varietà, regia di Domenico Paolella (1954)
Di qua, di là del Piave, regia di Guido Leoni (1954)
Miseria e nobiltà, regia di Mario Mattoli (1954)
Assi alla ribalta, regia di Ferdinando Baldi e Giorgio Cristallini (1954)
Rosso e nero, regia di Domenico Paolella (1954)
I pinguini ci guardano, regia di Guido Leoni (1955)
Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1955)
Altair, regia di Leonardo De Mitri (1955)
Totò lascia o raddoppia?, regia di Camillo Mastrocinque (1956)
Cerasella, regia di Raffaello Matarazzo (1959)
Signori si nasce, regia di Mario Mattoli (1960)
Appuntamento a Ischia, regia di Mario Mattoli (1960)
Il mio amico Jekyll, regia di Marino Girolami (1960)
Fontana di Trevi, regia di Carlo Campogalliani (1960)
Meravigliosa, regia di Carlos Arévalo e Siro Marcellini (1960)
Mina... fuori la guardia, regia di Armando William Tamburella (1961)
Fra Manisco cerca guai..., regia di Armando William Tamburella (1961)
L'amante di 5 giorni (L'amant de cinq jours), regia di Philippe de Broca (1961)
Maciste contro Ercole nella valle dei guai, regia di Mario Mattoli (1961)
Pesci d'oro e bikini d'argento, regia di Carlo Veo (1961)
Gli eroi del doppio gioco, regia di Camillo Mastrocinque (1962)
Jessica, regia di Oreste Palella (1962)
Cronache di un convento (The Reluctant Saint), regia di Edward Dmytryk (1962)
I quattro moschettieri, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1963)
Spionaggio a Casablanca (Noches de Casablanca), regia di Henri Decoin (1963)
Adelina, episodio di Ieri, oggi, domani, regia di Vittorio De Sica (1963)
Panic Button... operazione fisco! (Panic Button), regia di George Sherman (1964)
I marziani hanno 12 mani, regia di Castellano e Pipolo (1964)
6 pallottole per Ringo Kid (Freddy und das Lied der Prärie), regia di Sobey Martin (1964)
Una Rolls-Royce gialla (The Yellow Rolls-Royce), regia di Anthony Asquith (1964)
Non son degno di te, regia di Ettore Maria Fizzarotti (1965)
Testa di rapa, regia di Giancarlo Zagni (1966)
Perdono, regia di Ettore Maria Fizzarotti (1966)
Io, io, io... e gli altri, regia di Alessandro Blasetti (1966)
Dio, come ti amo!, regia di Miguel Iglesias (1966)
Caccia alla volpe, regia di Vittorio De Sica (1966)
Come imparai ad amare le donne, regia di Luciano Salce (1966)
Colpo grosso alla napoletana (The Biggest Bundle of Them All), regia di Ken Annakin (1968)
Diabolik, regia di Mario Bava (1968)
Il diario proibito di Fanny, regia di Sergio Pastore (1969)
Una pistola per cento croci, regia di Carlo Croccolo (1971)
Black Killer, regia di Carlo Croccolo (1971)
Passi furtivi in una notte boia, regia di Vincenzo Rigo (1976)
Le seminariste, regia di Guido Leoni (1976)
Signore e signori, buonanotte, regia di Age, Leonardo Benvenuti, Luigi Comencini, Piero De Bernardi, Nanni Loy, Ruggero Maccari, Luigi Magni, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Furio Scarpelli ed Ettore Scola (1976)
Casotto, regia di Sergio Citti (1977)
Mi manda Picone, regia di Nanni Loy (1983)
Massimamente folle, regia di Marcello Troiani (1985)
Il camorrista, regia di Giuseppe Tornatore (1986)
Via Lattea... la prima a destra, regia di Ninì Grassia (1989)
'o Re, regia di Luigi Magni (1989)
In nome del popolo sovrano, regia di Luigi Magni (1990)
L'avaro, regia di Tonino Cervi (1990)
In camera mia, regia di Luciano Martino (1992)
Il cielo è sempre più blu, regia di Antonello Grimaldi (1995)
Uomini uomini uomini, regia di Christian De Sica (1995)
Camerieri, regia di Leone Pompucci (1995)
Giovani e belli, regia di Dino Risi (1995)
Un inverno freddo freddo, regia di Roberto Cimpanelli (1996)
Amare per sempre (In love and war), regia di Richard Attenborough (1996)
Consigli per gli acquisti, regia di Sandro Baldoni (1997)
Tre uomini e una gamba, regia di Massimo Venier e Aldo, Giovanni e Giacomo (1997)
Il commesso viaggiatore, regia di Francesco Dal Bosco (1999)
Il guerriero Camillo, regia di Claudio Bigagli (1999)
Li chiamarono... briganti!, regia di Pasquale Squitieri (1999)
La vita, per un'altra volta, regia di Domenico Astuti (1999)
Quattro scatti per l'Europa, regia di Ivan Carlei - cortometraggio (1999)
Terra bruciata, regia di Fabio Segatori (1999)
Ogni lasciato è perso, regia di Piero Chiambretti (2001)
Il debito, regia di Alfredo Santucci - cortometraggio (2002)
Amore con la S maiuscola, regia di Paolo Costella (2002)
Il quaderno della spesa, regia di Tonino Cervi (2003)
Cose da pazzi, regia di Vincenzo Salemme (2005)
Italian Dream, regia di Sandro Baldoni (2009)
La promessa, regia di Rino Piccolo - cortometraggio (2009)
Volevo solo vivere - Treno 8017 l'ultima fermata, regia di Vito Cesaro e Antonino Miele - cortometraggio (2013)
Vacanz... ieri, oggi e domani, regia di Lucio Ciotola e Fabio Massa (2014)
Estratti dalle serie televisive prodotte dalla RAI "Il Pianeta Totò", ideata e condotta da Giancarlo Governi, trasmessa in tre edizioni diverse - riviste e corrette - a partire dal 1988 e "Totò un altro pianeta" speciale in 15 puntate trasmesso nel 1993 su Rai Uno e curato da Giancarlo Governi
Televisione
L'Alfiere, regia di Anton Giulio Majano - miniserie TV (1956)
Il giornalino di Gian Burrasca, regia di Lina Wertmüller - miniserie TV (1964)
I legionari dello spazio, regia di Italo Alfaro - miniserie TV (1966)
Le spie - serie TV, episodio 2x09 (1966)
Il commissario De Vincenzi, regia di Mario Ferrero - serie TV, episodio 2x02 (1977)
Un uomo da ridere, regia di Lucio Fulci - miniserie TV (1980)
Vento di mare, regia di Gianfranco Mingozzi - miniserie TV (1991)
Inside the Vatican, regia di John McGreevy - serie TV (1993)
Pazza famiglia, regia di Enrico Montesano - serie TV (1996)
Dio vede e provvede - serie TV, episodio 1x01 (1996)
Quei due sopra il varano - serie TV (1996)
Un prete tra noi - serie TV, 4 episodi (1997)
S.P.Q.R., regia di Claudio Risi - serie TV (1997)
Amiche davvero!!, regia di Marcello Cesena - film TV (1998)
L'ispettore Giusti, regia di Sergio Martino - serie TV, episodio 1x04 (1999)
Vola Sciusciù, regia di Joseph Sargent - film TV (2000)
Come quando fuori piove, regia di Bruno Gaburro - film TV (2000)
Una storia qualunque, regia di Alberto Simone - miniserie TV (2000)
Una lunga notte, regia di Ilaria Cirino - film TV (2001)
Don Matteo - serie TV, episodio 2x07 (2001)
L'inganno, regia di Rossella Izzo - film TV (2003)
Cinecittà, regia di Alberto Manni - serie TV (2003)
Una famiglia in giallo, regia di Alberto Simone - serie TV, episodio 1x03 (2005)
Capri - serie TV, 16 episodi (2006-2010)
Regista e sceneggiatore
Una pistola per cento croci (1971)
Black Killer (1971)
Programmi TV
I cinque sensi sono sei (Programma Nazionale, 1954)
Siparietto (Secondo Canale, 1962)
Canzoni da mezza sera (Secondo Canale, 1962)
Za-bum n.2 (Secondo Canale, 1965)
Cartoline d'auguri (Programma Nazionale, 1965)
Il Borsacchiotto (Rete Due, 1977)
Prosa televisiva RAI
So' dieci anne, di Livero Bosio, regia di Vittorio Viviani, trasmesso il 31 gennaio 1961
Il tempo e la famiglia Conway, di John Boynton Priestley, regia di Alessandro Brissoni, trasmesso il 1 giugno 1962
Il coraggio, di Augusto Novelli, regia di Marcello Sartarelli, trasmesso il 17 giugno 1962
Luna sulla gran guardia, trasmesso il 29 giugno 1962
Una volta nella vita, regia di Mario Landi, trasmesso il 4 febbraio 1963
Il delitto, regia di Flaminio Bollini, trasmesso il 12 luglio 1967
Il misantropo, di Molière, regia di Flaminio Bollini, trasmesso il 12 maggio 1967
Liliom, di Ferenc Molnár, regia di Eros Macchi, trasmesso il 16 gennaio 1968
L'albergo del libero scambio, di Georges Feydeau, regia di Mario Missiroli, trasmesso il 1° novembre 1997
Doppiaggio
Oliver Hardy in I monelli, I ladroni, Un nuovo imbroglio, L'eredità, La bugia, Non c'è niente da ridere, Il circo è fallito, Annuncio matrimoniale, Allegri gemelli, Lavori forzati, Zenobia, Tempo di pic-nic, Concerto di violoncello, I due ammiragli, Sotto zero, La sbornia, L'eredità, I polli tornano a casa, Un salvataggio pericoloso, La sposa rapita, I due legionari, Tutto in ordine, Pugno di ferro, La scala musicale, Ospedale di contea, Un'idea geniale, Anniversario di nozze, Lavori in corso, Alchimia, Il regalo di nozze, Andando a spasso, Vita in campagna, Gelosia, Un marito servizievole
Stan Laurel in I ladroni, L'eredita, Lavori forzati, Tempo di pic-nic, Un marito servizievole
Totò in I due marescialli, Totò diabolicus, Operazione San Gennaro
Pinuccio Ardia in Operazione San Gennaro, Briganti - Amore e libertà
Stelvio Rosi in Il suo nome è Donna Rosa, Mezzanotte d'amore, Venga a fare il soldato da noi
Vittorio De Sica in I due marescialli
Guido Alberti in 8½
Harry Guardino in Operazione San Gennaro
Mario Adorf in Operazione San Gennaro, State buoni se potete
Nino Taranto in Stasera mi butto
Carlo Taranto in Il ragazzo che sapeva amare
Enzo Maggio in Io non protesto, io amo
Fanfulla in Fellini Satyricon
Al Lettieri in Bordella
Helmut Qualtinger in Il nome della rosa
Pasquale Cajano in Casinò
Gegè Di Giacomo in Maruzzella
Luigi Montini in Mezzo destro mezzo sinistro - 2 calciatori senza pallone
Francesco Mulè in Le spie vengono dal semifreddo
Gerardo Gargiulo in Ferdinando e Carolina
Mario Scaccia in Ferdinando e Carolina
Dallas McKennon in Lo scrigno delle sette perle
Ferdinando Murolo in Dimmi che fai tutto per me
Franco Rosi in Venga a fare il soldato da noi
Harry Belafonte in Kansas City
Renato Carosone in Caravan petrol
Dom DeLuise in Un tassinaro a New York
Hercules Cortes in Ammazzali tutti e torna solo
Gianfranco Barra in Se lo scopre Gargiulo
Mico Galdieri in Se lo scopre Gargiulo
Paul Mercey in Nemici... per la pelle
Dottor No in Carletto il principe dei mostri
Il doppiaggio
Carlo Croccolo ha lavorato moltissimo anche come doppiatore, prestando tra gli altri la sua voce ad Oliver Hardy, succedendo in questo ruolo ad Alberto Sordi. Dal 1957 inoltre ha doppiato Totò in quelle scene realizzate in esterno in cui non era possibile girare in presa diretta e che Totò non poteva doppiare a causa dei suoi problemi di vista. Croccolo è stato l'unico doppiatore di Totò autorizzato dall'attore stesso (insieme al quale, nel 1964, scrisse la sceneggiatura per un film, Fidanzamento all'italiana, che non fu mai realizzato per mancanza di finanziamenti). Tra i doppiaggi di Croccolo applicati ai film con Totò si ricordano la voce della baronessa in Totò diabolicus e soprattutto, nel film I due marescialli la voce di Antonio Capurro (Totò) in una scena di esterni in una stazione e la voce prestata a Vittorio De Sica (il Maresciallo Vittorio Cotone) nella stessa scena, fatto probabilmente unico nel cinema italiano.
Film cinema
Helmut Qualtinger in Il nome della rosa (Remigio da Varagine, il cellario)
Nel 1971 ha scritto e diretto i film western Una pistola per cento croci e Black Killer, firmandoli con lo pseudonimo di Lucky Moore.
La sua prima apparizione televisiva è del 1956, nello sceneggiato L'alfiere, in un ruolo secondario, seguita da una partecipazione a Il Musichiere, nel 1960, e a Za-bum n.2, nel 1965. Nel 1977 ha condotto la trasmissione televisiva "Il Borsacchiotto". Tra il 1996 e il 1998 ha girato i film televisivi Dio vede e provvede e Come quando fuori piove, andati in onda su Canale 5. Nel 2006, nel 2008 e nel 2010 ha partecipato alla fiction televisiva Capri nella parte del pescatore Totonno.
Filmografia
Bellezze in bicicletta (1950)
47 morto che parla (1950)
Totò Tarzan (1950)
L'inafferrabile 12 (1950)
I cadetti di Guascogna (1950)
Totò sceicco (1950)
Auguri e figli maschi (1951)
L'eterna catena (1951)
Vendetta... sarda (1951)
Libera uscita (1951)
Porca miseria (1951)
Stasera sciopero (1951)
Arrivano i nostri (1951)
Licenza premio (1951)
Il caimano del Piave (1951)
La paura fa 90 (1951)
Tizio, Caio, Sempronio, regia di Marcello Marchesi, Vittorio Metz e Alberto Pozzetti (1951)
Ragazze da marito (1952)
Primo premio Mariarosa (1952)
L'eterna catena (1952)
Non è vero... ma ci credo (1952)
Siamo tutti milanesi (1953)
Di qua di la dal Piave (1953)
La figlia del reggimento (1953)
Ha fatto 13! (1954)
Gran varietà (1954)
Miseria e nobiltà (1954)
Assi alla ribalta (1954)
I pinguini ci guardano (1955)
Rosso e nero (1955)
Totò lascia o raddoppia? (1956)
Cerasella (1959)
Signori si nasce (1960)
Appuntamento a Ischia (1960)
Il mio amico Jekyll (1960)
Altair, primo amore (1960)
Meravigliosa (1960)
Mina... fuori la guardia (1961)
Fra Manisco cerca guai (1961)
L'amante di cinque giorni (1961)
Maciste contro Ercole nella valle dei guai (1961)
Pesci d'oro e bikini d'argento, regia di Carlo Veo (1961)
Gli eroi del doppio gioco (1962)
Jessica (1962)
Cronache di un convento (1962)
I quattro Moschettieri (1963)
Spionaggio a Casablanca (1963)
Ieri, oggi, domani (1963)
Panic Button... Operazione Fisco (1964)
I marziani hanno dodici mani (1964)
6 pallottole per Ringo Kid (1964)
Fontana di Trevi (1964)
Una Rolls-Royce gialla (1964)
Non son degno di te (1965)
Testa di rapa (1966)
Perdono (1966)
Io, io, io... e gli altri (1966)
Dio, come ti amo! (1966)
Caccia alla volpe (1966)
Come imparai ad amare le donne (1966)
Colpo grosso alla napoletana (1968)
Diabolik (1968)
Il diario proibito di Fanny (1969)
Una pistola per cento croci (1971), regia e sceneggiatura
Black Killer (1971), regia e sceneggiatura
Passi furtivi in una notte boia (1976)
Le seminariste (1976)
Signore e signori, buonanotte (1976)
Casotto (1977)
Mi manda Picone (1983)
Massimamente folle (1985)
Via Lattea... la prima a destra (1989)
'O re (1989)
In nome del popolo sovrano (1990)
L'avaro (1990)
In camera mia (1992)
Il cielo è sempre più blu (1995)
Uomini uomini uomini (1995)
Camerieri (1995)
Giovani e belli (1995)
Un inverno freddo freddo (1996)
Amare per sempre (1996)
Consigli per gli acquisti (1997)
Tre uomini e una gamba (1997)
Il commesso viaggiatore (1999)
Il guerriero Camillo (1999)
Li chiamarono... briganti! (1999)
La vita, per un'altra volta (1999)
Quattro scatti per l'Europa (1999)
Terra bruciata (1999)
Il debito (2002), cortometraggio
Amore con la S maiuscola (2002)
Il quaderno della spesa (2003)
Cose da pazzi (2005)
Una famiglia in giallo (2005), fiction TV
Capri (2006), fiction TV
Capri 2 (2008), fiction TV
Capri 3 (2010), fiction TV
Siti referenti
Riferimenti e bibliografie:
- Carlo Croccolo, su Discografia nazionale della canzone italiana, Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi
- (EN) Carlo Croccolo, su Discogs, Zink Media
- Carlo Croccolo, su MYmovies.it, Mo-Net Srl
- Carlo Croccolo, su Il mondo dei doppiatori, AntonioGenna.net
- (EN) Carlo Croccolo, su Internet Movie Database, IMDb.com
- (EN) Carlo Croccolo, su AllMovie, All Media Network
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Giorgio Berti, «La Settimana Incom Illustrata», 16 giugno 1951
- Ninotchka, «Film d'oggi», 1 ottobre 1952
- Giuseppe Perrone, «Film d'oggi», 10 dicembre 1952
- «La Gazzetta di Mantova», 6 ottobre 1954
- «Corriere d'Informazione», 13 - 15 giugno 1955
- «Corriere dell'Informazione», 10 ottobre 1956
- U.d.F., «Tempo», anno XVIII, n.43, 25 ottobre 1956
- Vittorio Ciuffa, «Corriere d'Informazione», 10 ottobre 1959
- s. b., «Radiocorriere TV», 1977
- Lamberto Antonelli, «La Stampa», 19 gennaio 1981
- Simonetta Roblony, «La Stampa», 17 agosto 1992
- Pierangelo Rossi, «Gente», anno XXXVI, n.48, 23 novembre 1992
- «Corriere della Sera», 15 ottobre 1992
- Simonetta Roblony, «La Stampa», 15 ottobre 1992
- «L'Unità», 15 ottobre 1992
- Titta Fiore, «Il Mattino», 1998
- Ernesto Baldo, «La Stampa», 6 settembre 1999
- Giuseppina Manin, «Corriere dell'Informazione», 6 settembre 1999
- Ranieri Polese, «Corriere della Sera», 6 settembre 1999
- Massimiliano Cavallo, «La Guida», 8 febbraio 2000
- Fabio Gallina, «Gazzetta d'Alba», 9 febbraio 2000
- Giorgio Destefanis, «La Stampa», 30 settembre 2002
- Alberto Crespi, «L'Unità», 30 giugno 2003