De Sica Vittorio (Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano)

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(Sora, 7 luglio 1901 – Neuilly-sur-Seine, 13 novembre 1974), è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano.

Ho avuto l'onore e il piacere di lavorare con Montgomery Clift [...] e così di conoscerlo bene, intimamente. È stato l'attore più sensibile e intelligente che abbia mai conosciuto. Recitava con un senso di poesia. Mi ricordo che adorava i bambini, lui stesso lo era, viveva di tenerezza. Ma il destino divenne suo nemico, lui che meritava bontà e amicizia e soprattutto felicità. Dopo l'incidente non ebbe più pace. Con il trascorrere degli anni peggiorò sempre di più. Alla fine il suo cuore non ha potuto sopportare l'enorme disperazione e così ha smesso di battere. Ora siamo rattristati senza quel grande attore che ha dato al mondo quelle meravigliose e gratificanti interpretazioni che rimarranno per sempre nella nostra memoria. Addio Monty, amico mio, fratello mio.

(dal Times; citato in Michelangelo Capua, Montgomery Clift, vincitore e vinto, Lindau Editore, 2009. ISBN 9788871808086)


Bastano i pochi film buoni che Totò ha fatto, tra i quali per esempio Guardie e ladri e il piccolo episodio ne L'oro di Napoli a metterne in risalto tutta la straordinaria bravura. Ma a parte l'artista ricordare l'uomo che era Totò mi riempie di commozione: era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Arrivava al punto di uscire di casa con un bel po' di soldi in tasca per darli a chi ne aveva bisogno e comunque, a chi glieli chiedeva. Aveva la mania della nobiltà: il primo giorno che lavorai con lui gli domandai: "Devo chiamarla principe o Totò?" Ci pensò un attimo, poi mi rispose: "Mi chiami Totò." Ma tutti gli altri dovevano chiamarlo principe, e lui da principe, quei principi di cui leggiamo nelle favole, si comportava con tutti e in ogni suo pur minimo gesto, pensiero, atteggiamento. Totò è senz'altro una delle figure italiane più importanti che abbia conosciuto nella mia carriera e nella mia vita. Parlare della sua arte? Basta vedere il successo che ha avuto con i giovani di oggi, i ragazzi di quindici, diciotto anni che non lo conoscevano. Lui era veramente un clown, un grande clown, nel senso più nobile della parola, come oggi non ne esistono più: certe sue folli improvvisazioni durante la recitazione erano geniali e insostituibili. Clown come lui ne nasce uno ogni cento anni. Io avrei voluto Totò con me anche in un altro mio film dopo L'oro di Napoli: avrei voluto affidargli la parte che poi fece Fernandel nel Giudizio universale. Questo anche per un senso di giustizia nei suoi confronti, perché ho sempre pensato che avrebbe avuto bisogno di uno sfogo internazionale che non aveva mai avuto. Quando L'oro di Napoli usci in America il critico del "New York Times" intitolò il suo articolo sul film Perle di recitazione d'Italia e il "pazzariello" Totò fu per tutti una rivelazione. Proprio ne L'oro di Napoli il personaggio di Totò aveva un risvolto drammatico che lui rese benissimo, perché era un attore completo, il più grande a mio parere, che il teatro musicale e il cinema italiano abbiano mai avuto.

"Totò, l'uomo e la maschera" (Franca Faldini - Goffredo Fori) - Feltrinelli, 1977


È stato una delle figure preminenti del cinema italiano e mondiale. È considerato uno dei padri del Neorealismo, e allo stesso tempo uno dei grandi registi e interpreti della Commedia all'italiana. Vittorio De Sica nacque a Sora in via Cittadella, nel rione omonimo: era figlio di Umberto (nato a Cagliari ma di origini salernitane), e della napoletana Teresa Manfredi. Nella chiesa di San Giovanni Battista, posta proprio di fronte alla casa di famiglia, ricevette il battesimo con i nomi di Vittorio, Domenico, Stanislao, Gaetano, Sorano: l'ultimo nome è quello del presunto dio eponimo della città di Sora. Il padre Umberto, impiegato nella sede locale della Banca d'Italia, collaborò con lo pseudonimo di Caside per un mensile locale, La voce del Liri, pubblicato dal 1909 al 1915. Vittorio aveva con il padre un rapporto molto bello e forte, e a lui dedicherà il suo film Umberto D. Come Vittorio ebbe a dire, la sua famiglia viveva in "tragica e aristocratica povertà". In seguito si trasferì con i familiari a Napoli e dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, a Firenze, e Vittorio, ad appena 15 anni, cominciò ad esibirsi come attore dilettante in piccoli spettacoli organizzati per i militari ricoverati negli ospedali. In seguito avvenne il definitivo trasferimento a Roma.

Gli inizi in teatro

Durante gli studi di ragioneria, grazie all'intercessione dell'amico di famiglia Edoardo Bencivenga, ottiene un piccolo ruolo (un cameriere) in un film muto diretto da Giancarlo Saccon, Il processo Clemenceau del 1917. Preferisce comunque continuare gli studi salvo poi, dopo aver ottenuto il diploma di ragioniere, accettare nel 1923 una scrittura teatrale da generico nella compagnia diretta dalla prestigiosa attrice Tatiana Pavlova, con la quale rimane per due anni. Nella primavera del 1925 è secondo attore brillante nella compagnia di Italia Almirante, celeberrima diva del muto, quindi nel 1927 passa alla qualifica di secondo attor giovane nella compagnia di Luigi Almirante, Sergio Tofano, e Giuditta Rissone.
Nel 1930 giunse al livello di primo attore, accanto a Guido Salvini, e lì viene notato da Mario Mattòli, in quel momento titolare della Compagnia Teatrale Za-Bum (il primo serio esperimento italiano teatrale di mescolare la comicità degli attori del varietà al genere drammatico degli attori di prosa), il quale, comprese le sue qualità brillanti, lo scrittura immediatamente e lo mette al fianco di Umberto Melnati, col quale formò una coppia comica di assoluto rilievo per l'epoca, con gag e tormentoni che li rendono celebri a livello nazionale, soprattutto la canzone Lodovico sei dolce come un fico e tanti sketch radiofonici: da citare su tutti il Dura minga, dura no ripreso in seguito negli anni cinquanta in un carosello pubblicitario da Ernesto Calindri e Franco Volpi.
Nel 1933 fondò una sua propria compagnia con Giuditta Rissone e Sergio Tofano, con rappresentazioni soprattutto comiche. Nel dopoguerra immediato, quando cominciò ad essere celebre anche come regista cinematografico, insieme a Paolo Stoppa e a Vivi Gioi dal 1944 portarono in scena anche drammi di notevole valore come Catene di Langdon Martin. Nella stagione 1945-1946 partecipò a due spettacoli diretti da Alessandro Blasetti, Il tempo e la famiglia Conway di John Boynton Priestley e Ma non è una cosa seria di Luigi Pirandello. Nella stagione 1946-1947 lavorò con Luchino Visconti, insieme a Vivi Gioi e a Nino Besozzi nello spettacolo Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, oltre che alla rivista Ah... ci risiamo! scritta da Oreste Biancoli. Infine, nella stagione 1948-1949, partecipò alle due novità I giorni della vita di William Saroyan e Il magnifico cornuto di Fernand Crommelynck, entrambi diretti da Mario Chiari. Quella fu la sua ultima apparizione sul palcoscenico: in seguito, sempre più assorbito da impegni cinematografici e televisivi, non vi fece più ritorno. Si calcola che De Sica, tra il 1923 e il 1949, abbia preso parte, tra commedie, spettacoli di rivista e drammi in prosa, a oltre 120 rappresentazioni.

Attore cinematografico

Sul grande schermo, dopo altre due partecipazioni a film muti diretti da Mario Almirante nel biennio 1927-1928, diventò un divo tra i più richiesti (alla pari con Amedeo Nazzari, Gino Cervi e Fosco Giachetti) dal 1932, con molte commedie garbate e gradevoli interpretate con Lia Franca e Assia Noris e tutte dirette da Mario Camerini: tra queste si ricordano Gli uomini, che mascalzoni... del 1932, in cui lancia la celeberrima canzone Parlami d'amore Mariù, suo cavallo di battaglia per il resto della carriera, quindi Darò un milione del 1935, dove incontra Cesare Zavattini, Il signor Max del 1937 e I grandi magazzini del 1939.
Anche una volta iniziata la sua prestigiosa attività come regista, continuò sempre a recitare: apparve in un centinaio di pellicole, anche in brevi ruoli di contorno, vincendo un Nastro d'Argento nel 1948 ed ottenendo numerosi premi negli anni seguenti a diversi festival. Nei primi anni cinquanta colse come interprete uno straordinario successo di pubblico con due pellicole dirette da Alessandro Blasetti e Luigi Comencini, e nelle quali recitò a fianco di Gina Lollobrigida: Altri tempi (1952), nell'episodio Il processo di Frine, dove in una memorabile arringa nella parte di avvocato difensore delle grazie di una popolana inventò il termine proverbiale maggiorata fisica, quindi in Pane, amore e fantasia (1953), dove interpreta l'esuberante maresciallo Carotenuto, impegnato a corteggiare una bella levatrice, e che avrà tre sequel. Memorabile, commovente e anche divertente la sua interpretazione al fianco di Totò in I due marescialli (1961).

Ebbe anche un proficuo rapporto con Alberto Sordi, che tentò di lanciare nel 1951 producendo e dirigendo anonimamente Mamma mia che impressione! e col quale recitò in diversi film, tra i quali sono da menzionare Il conte Max, Il moralista e Il vigile. Il risultato più alto del connubio è probabilmente in un sottovalutato film diretto dallo stesso Sordi, Un italiano in America (1967), dove interpretò un incisivo e malinconico ruolo di uno sfaccendato squattrinato emigrato negli Stati Uniti d'America, che sfrutta la partecipazione a una trasmissione televisiva per incontrare il figlio che non vedeva da tempo e al quale fa credere di essere ricco.
Molto intense anche le sue interpretazioni drammatiche, su tutte quella de Il generale della Rovere, di Roberto Rossellini (1959), o la partecipazione nel remake di Addio alle armi di John Huston e Charles Vidor (1957).

De Sica regista

De Sica compì il suo esordio dietro la macchina da presa nel 1939 sotto l'egida di un potente produttore dell'epoca, Giuseppe Amato, che lo fece debuttare nella commedia Rose scarlatte. Fino al 1942 la sua produzione da regista non si discosta molto dalle commedie misurate e garbate simili a quelle di Mario Camerini: ricordiamo Maddalena... zero in condotta (1940) con Carla Del Poggio e Irasema Dilian, e Teresa Venerdì (1941) con Adriana Benetti. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano (tratto dal romanzo Pricò di Giulio Cesare Viola) iniziò, insieme a Zavattini ad esplorare le tematiche neorealiste. Dopo un film a sfondo religioso realizzato nella Città del Vaticano durante l'occupazione della capitale, La porta del cielo (1944) il regista firma, uno dietro l'altro, quattro grandi capolavori del cinema mondiale: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), ricavato dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini, Miracolo a Milano (1951), tratto dal romanzo Totò il buono dello stesso Zavattini e Umberto D. (1952), pietre miliari del neorealismo cinematografico italiano. I primi due ottengono l'Oscar come miglior film straniero e il Nastro d'Argento per la migliore regia. Nonostante ciò, alla presentazione di Sciuscià in un cinema milanese, il regista venne accusato da uno spettatore presente in sala di rendere una cattiva immagine dell'Italia.
Dopo questa irripetibile quadrilogia, De Sica firmò altre opere molto importanti: L'oro di Napoli (1954) tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, Il tetto (1955) che è considerato il suo passo d'addio al neorealismo, quindi l'acclamatissimo La ciociara, del 1960, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che vanta una vibrante interpretazione di Sophia Loren, la quale vinse tutti i premi possibili: Nastro d'Argento, David di Donatello, Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice. Con la Loren lavorò anche in seguito, nel celebre episodio La riffa inserito nel film collettivo Boccaccio '70 (1962), quindi in coppia con Marcello Mastroianni in Ieri, oggi e domani (1963), tre indimenticabili ritratti di donna (la popolana, la snob e la mondana) e terzo suo Oscar, Matrimonio all'italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, e I girasoli (1970). Nel 1970 ottenne un quarto Premio Oscar con la trasposizione filmica del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi Contini, storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo; quest'opera ottiene anche l'Orso d'Oro al Festival di Berlino del 1971. L'ultimo film da lui diretto è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello, Il viaggio (1974), interpretato ancora da Sophia Loren.


La canzone napoletana

Era il 1911, le autorità avevano proibito di mangiare i fichi, ma la madre non voleva fare a meno di procurarsene, anche perché costavano poco. Durante gli acquisti dagli ambulanti, il piccolo Vittorio fungeva da palo per dare l'allarme all'arrivo della legge. Quando si profilarono due carabinieri, intonò Torna a Surriento. Ai militi piacque, "bravo, guagliò, vai avanti". Interpretò tutto il repertorio napoletano a lui noto e i fichi furono salvi.
Divenuto attore, incise numerose versioni dei classici napoletani. Troppo moderno per i gusti dell'epoca, non fu capito subito. Ernesto Murolo lo bocciò: "Tene sulo nu filo 'e voce" disse durante una sua esibizione. Inoltre, alludendo alla sua magrezza, aggiunse: "Pare nu miezo tisico". Lo apprezzò, invece, Enzo Lucio Murolo, l'inventore della sceneggiata.
Disse Dino Falconi, autore di riviste: "Nessuno meglio di me può assicurare che Vittorio De Sica cantava come soltanto un napoletano sa cantare". Nella maturità, incise Signorinella di Bovio. Fece in tv a Studio Uno un duetto con Mina in Amarsi quando piove. Per la collana Recital dedicò album a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo, Galdieri, in cui interpretava canzoni e recitava poesie.
Nel 1968 partecipò come autore a un Festival di Napoli. La sua Dimme che tuorne a mme!, musicata dal figlio Manuel, nel Festival di Napoli 1968 fu interpretata da Nunzio Gallo e da Luciano Tomei, ma non entrò in finale. Più volte progettò di prendere casa a Posillipo: De Sica sosteneva che "nu cafone 'e fora" - come lui si definiva - può amare Napoli più di un napoletano.
Incise l'ultimo album nel 1971: De Sica anni Trenta, realizzato con gli arrangiamenti del figlio Manuel.

In televisione

Molto attivo anche sul piccolo schermo, sebbene non lo amasse molto, partecipò a diverse trasmissioni statunitensi e italiane di intrattenimento leggero come Il Musichiere (1960), Studio Uno (1965), Colonna Sonora (1966), Sabato Sera con Corrado (1967), Delia Scala Story (1968), Stasera Gina Lollobrigida (1969), Canzonissima con Corrado e Raffaella Carrà 1970-71 e Adesso musica (1972), nonché nel ruolo del giudice chiamato a processare il burattino Pinocchio nel film Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini. Nel 1971 diresse due documentari, inoltre molti uomini di cultura gli dedicarono diversi documentari onorifici.

La vita privata

Era nota la sua grande passione per il gioco, per la quale si trovò a volte a perdere somme anche ingenti, e che probabilmente spiega qualche sua partecipazione a pellicole non alla sua altezza. Una passione che non nascose mai e che anzi riportò, con grande autoironia, in diversi suoi personaggi cinematografici, come ad esempio in Il conte Max o L'oro di Napoli.
Sposato dal 1937 con Giuditta Rissone, che conobbe dieci anni prima e dalla quale ebbe la figlia Emilia, nel 1942, sul set del film Un garibaldino al convento conobbe l'attrice catalana Maria Mercader (sorella di Ramon Mercader, l'assassino di Trotsky), con la quale andò in seguito a convivere. Dopo il divorzio dalla Rissone, ottenuto in Messico nel 1954, si unì con l'attrice catalana in un primo matrimonio nel 1959, sempre in Messico ma l'unione fu ritenuta "nulla" perché non riconosciuta dalla legge italiana; nel 1968 ottenne la cittadinanza francese e si sposò con la Mercader a Parigi. Da lei aveva nel frattempo avuto due figli: Manuel nel 1949, musicista e Christian nel 1951, che seguirà le sue orme come attore e regista.
Seppur divorziato, De Sica non seppe mai rinunciare alla sua prima famiglia. Avviò così un doppio ménage, con doppi pranzi nelle feste e uno stress notevole. Si racconta che alla Vigilia e all'ultimo dell'anno mettesse l'orologio avanti di due ore in casa della Mercader per poter brindare alla mezzanotte. La prima moglie accettò di mantenere in piedi un matrimonio di facciata pur di non togliere alla figlia la figura paterna.
Vittorio De Sica si spense a 73 anni in seguito ad un intervento chirurgico per curare un tumore, all'ospedale di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi: nello stesso anno, Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro C'eravamo tanto amati. Trentacinque anni dopo, Annarosa Morri e Mario Canale gli hanno dedicato il documentario Vittorio D., presentato alla 66ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e successivamente trasmesso da LA7. La sua salma riposa nel cimitero monumentale del Verano a Roma.

Curiosità

Di Vittorio De Sica attore e regista si sa tutto. Meno nota è la sua frequentazione della canzone napoletana, che lo portò a incidere dischi ('O mese d' 'e rrose", "Munasterio 'e Santa Chiara") e addirittura a partecipare a un Festival, in veste di paroliere. La sua "Dimme che tuorne a mme!", musicata dal figlio Manuel, nel 1967 fu interpretata da Nunzio Gallo e da Luciano Tomei. Disse Dino Falconi, autore di riviste: "Nessuno meglio di me può assicurare che Vittorio De Sica cantava come soltanto un napoletano sa cantare". Nella maturità, incise "Signorinella" di Bovio. Fece in tv un duetto con Mina in "A marzo quando piove". Per la collana Raccolta o Recital dedicò album a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo, Galdieri, in cui interpretava canzoni e recitava poesie. L'ultima incisione avvenne nel 1971: De Sica anni Trenta, realizzata con il figlio Manuel.
È poco nota la vicenda che caratterizza la partecipazione di Vittorio De Sica al film L'oro di Napoli nell'episodio I giocatori. Il grande regista - che più volte prese dalla strada gli attori e le comparse per i suoi film - offrì il ruolo del conte Prospero all'avvocato penalista Alfredo Jelardi (Benevento 1890-1963) dopo averlo visto discutere una causa in tribunale a Napoli. Quando l'avvocato venne convocato da De Sica in un grande albergo napoletano sul lungomare, si recò all'appuntamento accompagnato da tre suoi giovani nipoti ed ascoltò con attenzione la proposta circa il ruolo da interpretare, pur non avendo mai recitato né al cinema e né al teatro. Dopo aver a lungo meditato, l'avvocato Jelardi - che era stato allievo di Enrico De Nicola ed era molto noto a Napoli - decise però di rifiutare perché, disse, il ruolo del conte schiavo del gioco e ridotto in miseria, rispecchiava per troppi aspetti la sua storia personale. De Sica insistette a lungo, ma il principe del foro sannita fu irremovibile. Il loro incontro finì con una stretta di mano e con una richiesta di De Sica alla quale Alfredo Jelardi acconsentì con una punta di orgoglio: il regista avrebbe interpretato personalmente quella parte ispirandosi a lui. E così fu.
Vittorio De Sica sosteneva che "nu cafone 'e fora" - come lui si definiva - può amare Napoli più di un napoletano e più volte pensò di prendere casa a Posillipo.
Vittorio De Sica era un appassionato tifoso del Napoli (squadra di calcio).
De Sica non sapeva rinunciare alla passione per il gioco. Si spiega così la eterogeneità della sua produzione: capi d'opera e film banali. Era la necessità di guadagno a ossessionarlo.
Vittorio De Sica amava Ischia e non perdeva mai occasione di trascorrere le vacanze lì. Infatti egli affermava che l'unico motivo per cui non si trasfeririva nell'isola del golfo di Napoli definitivamente, era perché ad Ischia non vi era alcun Casinò.
A Vittorio De Sica è stata dedicata una strada di Napoli, nel quartiere Stella, alle spalle di piazza Cavour.


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

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Riconoscimenti

Festival di Berlino
1971: Orso d'Oro - Il giardino dei Finzi-Contini
David di Donatello
1956: miglior attore protagonista - Pane, amore e...
1963: miglior regista - I sequestrati di Altona
1965: miglior regista - Matrimonio all'italiana
1973: David Europeo
Nastri d'argento
1946: miglior regista - Sciuscià
1948: migliore attore protagonista - Cuore
1949: miglior regista e migliore sceneggiatura - Ladri di biciclette
National Board of Review
1949: miglior regista - Ladri di biciclette
Premi Oscar
1946: Oscar al miglior film straniero - Sciuscià
1948: Oscar al miglior film straniero - Ladri di biciclette
1965: Oscar al miglior film straniero - Ieri, oggi, domani
1972: Oscar al miglior film straniero - Il giardino dei Finzi-Contini

Filmografia
Attore cinematografico e televisivo

Gli uomini, che mascalzoni... (1932)
Il segno di Venere (1955)
Il processo Clemenceau, regia di Edoardo Bencivenga (1917)
La bellezza del mondo, regia di Mario Almirante (1927)
La compagnia dei matti, regia di Mario Almirante (1928)
La vecchia signora, regia di Amleto Palermi (1931)
Due cuori felici, regia di Baldassarre Negroni (1932)
Gli uomini, che mascalzoni..., regia di Mario Camerini (1932)
La segretaria per tutti, regia di Amleto Palermi (1932)
Un cattivo soggetto, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1933)
La canzone del sole, regia di Max Neufeld (interpreta anche l'edizione tedesca, Das Lied der Sonne) (1933)
Il signore desidera?, regia di Gennaro Righelli (1933)
Lisetta, regia di Carl Boese (1934)
Tempo massimo, regia di Mario Mattoli (1934)
Paprika, regia di Carl Boese (1934)
Amo te sola, regia di Mario Mattoli (1935)
Darò un milione, regia di Mario Camerini (1935)
Lohengrin, regia di Nunzio Malasomma (1935)
Non ti conosco più, regia di Nunzio Malasomma (1936)
Ma non è una cosa seria, regia di Mario Camerini (1936)
L'uomo che sorride, regia di Mario Mattoli (1936)
Questi ragazzi, regia di Mario Mattoli (1937)
Il signor Max, regia di Mario Camerini (1937)
Napoli d'altri tempi, regia di Amleto Palermi (1937)
La mazurka di papà, regia di Oreste Biancoli (1938)
Partire, regia di Amleto Palermi (1938)
Hanno rapito un uomo, regia di Gennaro Righelli (1938)
L'orologio a cucù, regia di Camillo Mastrocinque (1938)
Le due madri, regia di Amleto Palermi (1938)
Castelli in aria, regia di Augusto Genina (interpreta anche l'edizione tedesca, Ins blaue Leben) (1939)
Ai vostri ordini, signora, regia di Mario Mattoli (1939)
I grandi magazzini, regia di Mario Camerini (1939)
Finisce sempre così, regia di Enrique T. Susini (1939)
Rose scarlatte, regia di Giuseppe Amato e Vittorio De Sica (1939)
Manon Lescaut, regia di Carmine Gallone (1940)
Pazza di gioia, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1940)
Maddalena: zero in condotta, regia di Vittorio De Sica (1940)
La peccatrice, regia di Amleto Palermi (1940)
L'avventuriera del piano di sopra, regia di Raffaello Matarazzo (anche sceneggiatura, non accreditata) (1941)
Teresa Venerdì, regia di Vittorio De Sica (1941)
Un garibaldino al convento, regia di Vittorio De Sica (1942)
La guardia del corpo, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (anche sceneggiatura) (1942)
Se io fossi onesto, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (anche sceneggiatura) (1942)
I nostri sogni, regia di Vittorio Cottafavi (anche sceneggiatura) (1943)
Nessuno torna indietro, regia di Alessandro Blasetti (1943)
L'ippocampo, regia di Gian Paolo Rosmino (anche sceneggiatura e supervisione regìa, non accreditata) (1943)
Non sono superstizioso... ma!, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (anche sceneggiatura) (1943)
Lo sbaglio di essere vivo, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1945)
Il mondo vuole così, regia di Giorgio Bianchi (1946)
Roma città libera, regia di Marcello Pagliero (1946)
Abbasso la ricchezza!, regia di Gennaro Righelli (anche soggetto e sceneggiatura) (1946)
Lo sconosciuto di San Marino, regia di Michal Waszynski e Vittorio Cottafavi (1947)
Cuore, regia di Duilio Coletti (anche produzione e sceneggiatura) (1947)
Natale al campo 119, regia di Pietro Francisci (anche sceneggiatura e supervisione regìa, non accreditata) (1947)
Sperduti nel buio, regia di Camillo Mastrocinque (1947)
Domani è troppo tardi, regia di Léonide Moguy (anche consulenza tecnica alla regìa, non accreditata) (1949)
Buongiorno, elefante!, regia di Gianni Franciolini (anche produzione) (1951)
Cameriera bella presenza offresi..., regia di Giorgio Pàstina (1951)
Altri tempi, episodio Il processo di Frine, regia di Alessandro Blasetti (1952)
L'orso, episodio de Il matrimonio, regia di Antonio Petrucci (1953)
Incidente a Villa Borghese, episodio di Villa Borghese, regia di Gianni Franciolini (1953)
Pendolin, episodio di Cento anni d'amore, regia di Lionello De Felice (1953)
I gioielli di madame de..., regia di Max Ophüls (1953)
Pane, amore e fantasia, regia di Luigi Comencini (1953)
Gran varietà , regia di Domenico Paolella (1954, episodio Il fine dicitore)
Peccato che sia una canaglia, regia di Alessandro Blasetti (1954)
Pane, amore e gelosia, regia di Luigi Comencini (1954)
Il divorzio (Le divorce), episodio de Il letto (Secrets d'alcove), regia di Gianni Franciolini (1954)
L'allegro squadrone, regia di Paolo Moffa (1954)
Vergine moderna, regia di Marcello Pagliero (1954)
Scena all'aperto, episodio di Tempi nostri, regia di Alessandro Blasetti (1954)
Don Corradino, episodio di Tempi nostri, regia di Alessandro Blasetti (1954)
I giocatori, episodio de L'oro di Napoli, regia di Vittorio De Sica (1954)
La bella mugnaia, regia di Mario Camerini (1955)
Gli ultimi cinque minuti, regia di Giuseppe Amato (1955)
Il segno di Venere, regia di Dino Risi (1955)
Pane, amore e..., regia di Dino Risi (1955)
Racconti romani, regia di Gianni Franciolini (1955)
Il bigamo, regia di Luciano Emmer (1955)
I giorni più belli, regia di Mario Mattoli (1955)
Mio figlio Nerone, regia di Steno (1956)
I colpevoli, regia di Turi Vasile (1956)
Noi siamo le colonne, regia di Luigi Filippo D'Amico (1956)
Tempo di villeggiatura, regia di Antonio Racioppi (1956)
Montecarlo, regia di Sam Taylor e Giulio Macchi (anche supervisione artistica alla regìa) (1956)
Souvenir d'Italie, regia di Antonio Pietrangeli (1957)
Padri e figli, regia di Mario Monicelli (1957)
Casinò de Paris, regia di André Hunebelle (1957)
Pane, amore e Andalusia, regia di Javier Setó (anche produzione e supervisione alla regìa) (1957)
Il conte Max, regia di Giorgio Bianchi (1957)
La donna che venne dal mare, regia di Francesco De Robertis (1957)
Il medico e lo stregone, regia di Mario Monicelli (1957)
Vacanze a Ischia, regia di Mario Camerini (1957)
Totò, Vittorio e la dottoressa, regia di Camillo Mastrocinque (1957)
Addio alle armi, regia di Charles Vidor (1957)
Amore e chiacchiere, regia di Alessandro Blasetti (1957)
Ballerina e Buon Dio, regia di Antonio Leonviola (1958)
Gli zitelloni, regia di Giorgio Bianchi (1958)
Pezzo, capopezzo e capitano, regia di Wolfgang Staudte (1958)
Anna di Brooklyn, regia di Reginald Denham e Carlo Lastricati (anche supervisione alla regìa) (1958)
Domenica è sempre domenica, regia di Camillo Mastrocinque (1958)
Uomini e nobiluomini, regia di Giorgio Bianchi (1958)
La ragazza di piazza San Pietro, regia di Piero Costa (1958)
Nel blu dipinto di blu, regia di Piero Tellini (1958)
Policarpo, ufficiale di scrittura, regia di Mario Soldati (1958)
La prima notte, regia di Alberto Cavalcanti (1958)
Ferdinando I, re di Napoli, regia di Gianni Franciolini (1959)
Gastone, regia di Mario Bonnard (1959)
Il generale della Rovere, regia di Roberto Rossellini (1959)
Il mondo dei miracoli, regia di Luigi Capuano (1959)
Il moralista, regia di Giorgio Bianchi (1959)
Il nemico di mia moglie, regia di Gianni Puccini (1959)
Vacanze d'inverno, regia di Camillo Mastrocinque (1959)
Napoleone ad Austerlitz, regia di Abel Gance (1960)
La sposa bella, regia di Nunnally Johnson e Mario Russo (1960)
Le tre eccetera del colonnello, regia di Claude Boissol (1960)
Le pillole di Ercole, regia di Luciano Salce (1960)
Un amore a Roma, regia di Dino Risi (1960)
Il vigile, regia di Luigi Zampa (1960)
La baia di Napoli, regia di Melville Shavelson (1960)
La miliardaria, regia di Anthony Asquith (1960)
Gli attendenti, regia di Giorgio Bianchi (1961)
L'onorata società, regia di Riccardo Pazzaglia (1961)
Il giudizio universale, regia di Vittorio De Sica (1961)
Le meraviglie di Aladino, regia di Mario Bava ed Henry Levin (1961)
I celebri amori di Enrico IV, regia di Claude Autant-Lara (1961)
La Fayette, una spada per due bandiere, regia di Jean Dréville (1961)
I due marescialli, regia di Sergio Corbucci (1961)
Gli incensurati, regia di Francesco Giaculli (1961)
Eva, regia di Joseph Losey e Guidarino Guidi (1962)
Le avventure e gli amori di Moll Flanders, regia di Terence Young (1965)
Io, io, io... e gli altri, regia di Alessandro Blasetti (1966)
Gli altri, gli altri e noi, regia di Maurizio Arena (1966)
Un italiano in America, regia di Alberto Sordi (1967)
Colpo grosso alla napoletana, regia di Ken Annakin (1968)
Caroline chérie, regia di Denys de la Patellière (1968)
L'uomo venuto dal Kremlino, regia di Michael Anderson (1968)
Se è martedì deve essere il Belgio, regia di Mel Stuart (1969)
Una su 13, regia di Nicholas Gessner e Luciano Lucignani (1969)
Cose di Cosa Nostra, regia di Steno (1970)
Trastevere, regia di Fausto Tozzi (1971)
Io non vedo, tu non parli, lui non sente, regia di Mario Camerini (1971)
L'odore delle belve, regia di Richard Balducci (1972)
Siamo tutti in libertà provvisoria, regia di Manlio Scarpelli (1972)
Grande slalom per una rapina, regia di George Englund (1972)
Le avventure di Pinocchio, regia di Luigi Comencini (in due versioni, cinematografica e televisiva) (1972)
Ettore lo fusto, regia di Enzo G. Castellari (1972)
Piccoli miracoli, film TV, regia di Jeannot Szwarc (1973)
Storia de fratelli e de cortelli, regia di Mario Amendola (1973)
Il delitto Matteotti, regia di Florestano Vancini (1973)
Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene, regia di Pasquale Squitieri (1974)
Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!, regia di Paul Morrissey e Antonio Margheriti (1974)
C'eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola (1974)
Intorno, cortometraggio, regia di Manuel De Sica (1974)
L'eroe, telefilm, regia di Manuel De Sica (1974)
Nota: in molte fonti viene citata una partecipazione di De Sica ai film Fontana di Trevi di Carlo Campogalliani (1960) e La pappa reale di Robert Thomas (1964), ma alla visione delle pellicole l'attore non compare affatto.

Regista cinematografico

Rose scarlatte (co-regìa Giuseppe Amato, anche attore), (1939)
Maddalena... zero in condotta (anche stesura dialoghi e attore), (1940)
Teresa Venerdì (anche sceneggiatura e attore), (1941)
Un garibaldino al convento (anche sceneggiatura e attore),(1942)
L'ippocampo di Gian Paolo Rosmino (supervisione regìa, non accreditata), (1943)
I bambini ci guardano (anche sceneggiatura), (1943)
La porta del cielo (anche sceneggiatura), (1944)
Sciuscià (anche produzione), (1946)
Natale al campo 119 di Pietro Francisci (supervisione regìa, non accreditata), (1947)
Ladri di biciclette (anche produzione e sceneggiatura),(1948)
Domani è troppo tardi di Léonilde Moguy (consulente tecnico alla regìa, non accreditato), (1949)
Miracolo a Milano (anche produzione e sceneggiatura),(1950)
Mamma mia, che impressione! di Roberto Savarese (regìa di quasi tutte le sequenze, non accreditata, anche produzione e sceneggiatura), (1951)
Umberto D. (anche produzione), (1952)
Stazione Termini, (1953)
L'oro di Napoli (anche sceneggiatura), (1954)
Il tetto (anche produzione), (1955)
Montecarlo di Samu Taylor e Giulio Macchi (supervisione artistica alla regìa), (1956)
Pane, amore e Andalusia di Javier Setó (supervisione alla regìa), (1957)
Anna di Brooklyn di Reginald Denham e Carlo Lastricati (supervisione alla regìa), (1958)
Il moralista di Giorgio Bianchi (regìa di molte sequenze, non accreditato), (1959)
La ciociara, (1960)
Il giudizio universale, (anche attore) (1961)
Boccaccio '70, episodio La riffa, (1962)
I sequestrati di Altona, (1962)
Il boom, (1963)
Ieri, oggi, domani, (1963)
Matrimonio all'italiana, (1964)
Un mondo nuovo, (1965)
Caccia alla volpe, (1966)
Le streghe, episodio Una sera come le altre, (1967)
Sette volte donna, (1967)
Amanti, (1968)
I girasoli, (1970)
Il giardino dei Finzi Contini, (1970)
Le coppie, episodio Il leone, (1970)
Lo chiameremo Andrea, (1972)
Una breve vacanza, (1973)
Il viaggio, (1974)

Regista televisivo
Dal referendum alla Costituzione, ovvero il 2 giugno - Nascita della Repubblica, documentario (1971)
I cavalieri di Malta, documentario (1971)

Sceneggiatore cinematografico

L'ippocampo di Gian Paolo Rosmino (1943). Sceneggiatore insieme a
Margherita Maglione, Sergio Pugliese, Cesare Zavattini, Adolfo Franci. Nel film De Sica interpreta anche il protagonista.
Il marito povero di Gaetano Amata (1945). Originariamente doveva essere diretto nel 1943 da Mario Soldati e interpretato da Vittorio De Sica, che figura comunque in veste di sceneggiatore.

Apparizioni televisive

Meet De Sica di Charles De Reisner, per la tv statunitense (1958)
The four just men di Sidney Cole, serie di sei telefilm per la tv statunitense (1959)
Vittorio De Sica racconta... di Fernanda Turvani, serie di 22 favole da lui narrate (1961)

Documentari televisivi su De Sica

Ritratto d'attore: Vittorio De Sica di Fernaldo Di Giammatteo (1958)
Vittorio De Sica: autoritratto di Giulio Macchi (1964)
Vittorio De Sica: il regista, l'attore, l'uomo di Peter Dragadze (1974)
Vittorio De Sica, il padre del neorealismo di Michel Random (1974)
Viva De Sica! di Manuel De Sica (1983)
Parlami d'amore Mariù. La vita e l'opera di Vittorio De Sica, trasmissione in sette puntate di Giancarlo Governi (1991)
Vittorio D. di Annarosa Morri e Mario Canale (2009)

 Bibliografia

Maria Mercader, La mia vita con Vittorio De Sica, edizioni Mondadori, 1978
Emi De Sica, Lettere dal set, edizioni SugarCo
Gualtiero De Santi, Vittorio De Sica, Il Castoro Cinema n. 213, Editrice Il Castoro, 2008, ISBN 978-88-8033-259-6
Giancarlo Governi, Parlami d'amore Mariù. La vita e l'opera di Vittorio De Sica, edizioni Nuova Eri, 1991
Manuel De Sica, La porta del cielo - Memorie 1901-1952, edizioni Avagliano, 2005
Remo d'Acierno, "De Sica, Gill e O Zampugnaro nnammurato", Edizioni La Collina (AV) 200

Note

  1. ^ Vittorio De Sica, su geni.com. URL consultato il 2018.
  2. ^ Roger Ebert, The Bicycle Thief / Bicycle Thieves (1949), Chicago Sun-Times. URL consultato l'8 settembre 2011.
  3. ^ Sergio Lambiase, Foto e lettere inedite di De Sica, il ciociaro cosmopolita che voleva essere napoletano, in "Corriere del Mezzogiorno", 20 Febbraio 2013. URL consultato il 22-6-2016.
  4. ^ Soraweb - Luoghi sacri - San Giovanni Battista, su soraweb.it.
  5. ^ Nello specifico la frase fu: "Si vergogni! Si vergogni di fare film come questi. Che diranno di noi all'estero? I panni sporchi si lavano in casa" come riportato in: Franco Pecori, pp. 53, in Vittorio De Sica, Firenze, La nuova Italia, 1980.
  6. ^ Salta a:a b c d G. De Santi, Vittorio De Sica, Il castoro, 2003.
  7. ^ In occasione della presentazione del restauro di Ladri di biciclette, realizzato nel 2008 grazie alla sponsorizzazione del Casinò di Venezia, il figlio Christian ha dichiarato: «Proprio il Casinò che finanzia il restauro di un film di papà... Lui era un giocatore incallito, ha lasciato tantissimi soldi nelle case da gioco di mezzo mondo. In un certo senso, con questo restauro, è stato in parte risarcito. Sono certo che, da lassù, mio padre, considerato dallo scrittore Mario Puzo uno dei tre più accaniti giocatori del Casinò di Las Vegas insieme a un cinese e a un indiano, sarà contento di sapere che una casa da gioco paga per salvare un suo film» (La Stampa, 24/8/2008).
  8. ^ Perché De Sica votava comunista | Europa Quotidiano, su www.europaquotidiano.it. URL consultato il 20 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale l'11 settembre 2017).
  9. ^ La7, LE INVASIONI BARBARICHE del 18/03/2011 - Intervista a Christian De Sica, 21 marzo 2011. URL consultato il 20 ottobre 2017.
  10. ^ Fiori, S., Carlo Lizzani, cinema e PCI, in la Repubblica, 13 luglio 2007.
  11. ^ F. Jaselli Meazza - M. Pedrazzini, Il mio nome è Giuseppe Meazza, Milano, ExCogita Editore, 2010, p. 108, dove è riportata un'edizione della Domenica Sportiva del 13 novembre 1932, contenente un'intervista a Vittorio De Sica, dal titolo "Alla scoperta di Meazza. "Sono un tifoso?" si chiede Vittorio De Sica"..
  12. ^ Il Radiocorriere n.3/1948

Riferimenti e bibliografie:

  • M. M., «Tempo», anno V, n.119, 4 settembre 1941
  • Renzo Rossellini, «Cinema», 10 ottobre 1942
  • Luigi Comencini, «Tempo», n.19, 1 giugno 1946
  • Adolfo Pratici, «L'Europeo», anno II, n.24, 16 giugno 1946
  • Ercole Patti, «L'Europeo», anno IV, n.52, 26 dicembre 1948
  • G. Visentini, «L'Europeo», anno V, n.11, 13 marzo 1949
  • Laura Bergagna, «Tempo», anno XI, n. 52, 31 dicembre 1949
  • Gian Gaspare Napolitano, «L'Europeo», anno VI, n.30, 23 luglio 1950
  • «L'Europeo», anno VII, n.21, 20 maggio 1951
  • Alberto Moravia, «L'Espresso», anno VIII, n.13, 22 marzo 1952
  • Francesco Callari, «Tempo», anno XIV, n. 16, 12 aprile 1952
  • Giorgio Nicolai, «Noi donne», anno XVIII, n.30, 27 luglio 1963
  • "Totò, l'uomo e la maschera" (Franca Faldini - Goffredo Fori) - Feltrinelli, 1977