Dorelli Johnny (Guidi Giorgio Domenico)
Nome d'arte di Giorgio Domenico Guidi (Meda, 20 febbraio 1937), è un cantante e uomo di spettacolo, attore di cinema e di teatro, conduttore radiofonico e televisivo italiano.
Biografia
Nasce a Meda in Lombardia il 20 febbraio del 1937. Figlio d'arte, trascorre l'infanzia negli Stati Uniti, dove suo padre Aurelio Guidi (morto nel 1958), cantante tenore con lo pseudonimo di Nino D'Aurelio, si era trasferito per lavoro insieme alla moglie Teresa. Studia il contrabbasso e il pianoforte alla High School of Music and Art di New York e si fa notare in concorsi televisivi per giovani talenti, dove si esibisce con il nome d'arte di Johnny Dorelli (il cognome nasce dalla storpiatura che facevano gli statunitensi di D'Aurelio, lo pseudonimo del padre).
Debutta nel 1951 a soli 14 anni con il 78 giri Arrotino/Famme durmì per "La voce del padrone". Rientra in Italia nel 1955 e viene messo sotto contratto dalla CGD di Teddy Reno, per la quale incide i primi 78 giri, soprattutto cover di brani statunitensi.
Cantante confidenziale
Dorelli impone uno stile elegante e confidenziale, lontano dai gorgheggi e dalle cesellature del cantante "all'italiana". Uno stile che si ispira al modello americano del crooner, che in Italia avrà pochi esponenti fra cui Natalino Otto, Fred Bongusto, Nicola Arigliano, Emilio Pericoli, Bruno Martino, lo stesso Teddy Reno e pochi altri.
Il primo successo, del 1956, è Calypso melody, inserita anche nella colonna sonora del film Totò, Peppino e le fanatiche in cui Dorelli recita una piccola parte. Altre famose canzoni del periodo sono: Tipitipitipso, Concerto d'autunno, Non Ti Vedo, Refrain.
Il Musichiere
Nel 1957 viene scelto dalla RAI per prendere parte, insieme a Nuccia Bongiovanni, al Musichiere di Mario Riva ma verrà sostituito dopo solo tre puntate da Paolo Bacilieri.
Il Festival di Sanremo
Johnny Dorelli ha partecipato a nove edizioni del Festival di Sanremo (1958, 1959, 1960, 1962, 1963, 1967, 1968, 1969 e 2007) arrivando otto volte in finale. Dorelli è, insieme a Modugno, Nilla Pizzi e Nicola Di Bari, l'unico ad aver vinto 2 Festival consecutivi. Debutta al Festival di Sanremo nel 1958 in coppia con Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu, che vince inaspettatamente il primo premio. La coppia si ripresenta l'anno successivo con Piove, ottenendo una nuova vittoria. Anche se gran parte del merito artistico e del successo commerciale dei due brani va inevitabilmente a Modugno (che ne è anche autore), Dorelli riesce a non farsi schiacciare dall'esuberanza del cantautore pugliese e a ritagliarsi una sua fetta di estimatori.
Comincia così ad entrare nel cast fisso di alcune trasmissioni televisive, la prima delle quali è Buone Vacanze con il Quartetto Cetra e l'orchestra di Gorni Kramer, che va in onda nell'estate del 1959 e del 1960 e ha il merito di far conoscere al pubblico i classici del jazz e i grandi standard americani, attraverso le voci di Dorelli e di altri giovani talenti quali Betty Curtis (sua compagna di scuderia discografica), Jula de Palma, Wilma De Angelis e Gino Corcelli.
Sono gli anni di My funny Valentine, Boccuccia di rosa, Julia, Love in Portofino, Meravigliose labbra, Lettera a Pinocchio (quest'ultima tratta dalla prima edizione dello Zecchino d'Oro), tutti successi entrati in classifica.
Un grande trampolino di lancio per questi brani è rappresentato dai caroselli che Johnny Dorelli gira per la Galbani con lo slogan «Galbani vuol dire fiducia». Altre incisioni (CGD) da menzionare sono i due LP 30 anni di canzoni d'amore (1964) e Viaggio sentimentale (1965), quest'ultimo sorta di viaggio immaginario con canzoni dedicate a varie città (tra le canzoni: Firenze sogna, Rome by night, Nustalgia de Milan, Lisbona antica, A foggy day (in London town) e Vienna Vienna).
Dal 1963 in poi conduce fortunati spettacoli televisivi (Johnny 7, Johnny Sera, Se te lo raccontassi) in cui dà prova delle sue doti di attore brillante recitando in numerosi sketch al fianco di attrici famose e creando il personaggio di Dorellik, a cui faranno riferimento in Arnoldo Mondadori Editore per creare il personaggio di Paperinik[1], figura caricaturale di ladro maldestro e sfortunato ispirata al fumetto Diabolik.
In questi spettacoli ha l'opportunità di lanciare nuovi motivi, alcuni dei quali verranno usati come sigle, quali Twist così così, Era settembre, L'appuntamento, Probabilmente, Su ragazza hush, Al buio sto sognando e Arriva la bomba.
Fu per molti anni compagno dell'attrice Lauretta Masiero, dalla quale nel 1967 ebbe un figlio: Gianluca Guidi.
Gran Varietà
Il nome di Johnny Dorelli è legato anche allo show radiofonico della domenica mattina Gran varietà, scritto da Amurri, Jurgens e Verde, per la regia di Federico Sanguigni. Dorelli lo inaugura nel 1966 come conduttore, e ne presenta la maggior parte delle edizioni, fino alla conclusione nel 1979.
Nel 1967 presenta a Sanremo, in coppia con l'autore Don Backy, L'immensità che è ad oggi il suo maggior successo discografico. Dello stesso periodo ricordiamo Solo più che mai e Non è più vivere, cover italiane di brani di Frank Sinatra (rispettivamente Strangers in the Night e My Way of Life). Torna a Sanremo l'anno dopo, con La farfalla impazzita, scritta da Mogol-Battisti e presentata in coppia con Paul Anka.
Nel 1968 interpreta la parte del conte Danilo nell'adattamento televisivo dell'operetta La vedova allegra, curato da Giuseppe Patroni Griffi e diretto da Antonello Falqui. Protagonista femminile dovrebbe essere Mina, ma le trattative con la cantante non vanno a buon fine, e il personaggio di Anna Glavary viene affidato a Catherine Spaak (che nelle parti cantate viene "doppiata" da Lucia Mannucci del Quartetto Cetra). Tra Catherine e Johnny nasce un legame sentimentale che durerà parecchi anni e che diventerà anche un legame artistico: risalgono infatti ai primi anni settanta alcuni brani interpretati in duetto da Dorelli e Spaak: Non mi innamoro più, Una serata insieme a te e Proviamo a innamorarci.
Nel 1969 Dorelli presenta, insieme a Raimondo Vianello e alle gemelle Kessler, una controversa edizione di Canzonissima, bersagliata dalla stampa per lo spreco di denaro pubblico (avrà il più elevato costo per puntata di tutta la serie). A risollevare le sorti critiche del programma sarà Raimondo Vianello che, partito come semplice ospite, diviene presenza fissa in tutte le puntate.
Dopo un periodo di crisi artistica, ritorna alla ribalta grazie al successo dello spettacolo teatrale Aggiungi un posto a tavola del 1974, portato anche in Inghilterra nel 1978 con Daniela Goggi e di Accendiamo la Lampada nel 1980. Tra il 1977 e il 1978 conduce con Mina la penultima edizione del programma radiofonico Gran varietà, in ogni puntata del quale interpreta con la cantante e con l'ospite di turno una fantasia musicale a tema (il tango, lo swing, la commedia musicale, le colonne sonore dei film italiani, le colonne sonore dei film stranieri, la canzone napoletana, la rivoluzione musicale di Renato Carosone, la hit parade, le canzoni di Bruno Martino, le canzoni dei bambini, la canzone latina, le sigle televisive).
La stampa dell'epoca
La vita di Johnny Dorelli il "Sinatra italiano" sembra una di quelle storie che i divi inventano quando il pubblico comincia ad occuparsi di loro. Una vita che è giunta al successo per la volontà e la tenacia di suo padre, Nino D’Aurelio, il noto artista scomparso recentemente.
Nessuno ha fotografato Johnny Dorelli ai funerali di suo padre, nessuno ha osato intervistarlo sulle ultime ore trascorse accanto a lui: come se una misteriosa parola di ordine fosse corsa per le redazioni di tutta Italia, ognuno di noi ha saputo ri spettare la disperazione di questo ragazzo. Eppure egli era al centro della cronaca in quei giorni, era «il personaggio del momento». La verità è che, se qualcuno si è recato a Meda, di fronte a Johnny si è vergognato del suo taccuino o della sua macchina fotografica; ha abbracciato il ragazzo gli ha detto «Coraggio» ed è ripartito. Così oggi noi ci accorgiamo di avere offerto a Johnny Dorelli una manifestazione rara di rispetto.
Il ragazzo Dorelli non è ancora un «divo». La sua sempMce storia comincia a Milano, vent’anni fa. Sua madre lo mise al mondo nella città in cui si trovava a causa degli impegni artistici del marito e c’opo pochi giorni lo portò a Meda dove Giorgio (questo è il suo vero nome) crebbe nella modesta casa dei nonni. Nino D’Aurelio, il padre, era un cantante di musica leggera. La sua attività artistica lo obbligava a spostamenti continui, a viaggi spesso faticosi: Giorgio, non appena ebbe quattro o cinque anni, manifestò il desiderio di seguire suo padre per il quale provava una sconfinata ammirazione, ma non potè realizzare questo sogno. «Troppa fatica per un bambino» diceva papà; e gli spiegava che lui doveva andare a scuola, studiare, farsi grande come tutti i ragazzi del mondo, in una atmosfera serena.
Finché un giorno, nel '46. Nino D’Aurelio arrivò a casa con una straordinaria notizia: si partiva per l’America. subito, tutti insieme. Johnny ha poi raccontato che quel lungo viaggio da Genova a New York fu il periodo più felice della sua vita. Sul transatlantico egli trascorreva tutte le ore accanto al papà che gli raccontava episodi della sua vita di artista, che gli parlava dei suoi progetti per il futuro; quando, la sera, Nino D’Aurelio cantava nel salone, il bambino rimaneva accanto a lui e poi contava i minuti degli applausi, ne valutava l’intensità, eccitato, orgoglioso, felice.
A New York, dopo qualche giorno, padre e figlio dovettero separarsi di nuovo. Il ragazzo rimase con la mamma nell’appartamento che avevano affittato a Manhattan e D’Aurelio partì per la sua prima tournée. Tutto questo durò vari anni. Ogni tanto il cantante tornava per un breve periodo di riposo o per una serie di concerti all’Accademia musicale di Brooklyn; in queste occasioni il figlio lo accompagnava in teatro ed ascoltava il papà rimanendo tra le quinte, immobile e attento. Johnny, a quell’epoca, dopo avere studiato seriamente l’inglese si iscrisse a un liceo classico; ma frequentava anche il Conservatorio di New York dove seguiva i corsi di pianoforte e contrabasso.
Per il pianoforte apparve subito eccezionalmente dotato: tanto che, durante un certo periodo, pensò di divenire concertista. Aveva anche una bella voce, di tipo «bianco», infantile. Ma non lo sfiorò mai l’idea che un giorno avrebbe potuto seguire le orme del padre. Canticchiava in casa, accompagnandosi al pianoforte, le canzoni che figuravano nel repertorio di papà. Fu naturalmente Nino D’Aurelio che un giorno, ascoltandolo, gli disse: «Ti farò cantare in pubblico, una volta o l’altra». Sembrava una frase buttata lì per scherzo, nella gaia atmosfera di una quieta serata familiare; ma probabilmente D’Aurelio le dette quel tono quasi di scherzo e non rivelò il progetto che già maturava in sé per timore che il ragazzo, timidissimo, rimanesse turbato e magari si rifiutasse di partecipare al piano.
Così una sera (Giorgio aveva dodici anni), mentre nell'immensa sala dell’Accademia di Brooklyn scrosciavano gli applausi al termine dell’esibizione di Nino D’Aurelio, il cantante si inchinò più volte a ringraziare e poi chiese silenzio: «Vorrei presentarvi — disse — un ragazzo in gamba». Corse tra le quinte, prese per mano Giorgio che se ne stava lì in attesa di ascoltare anche lui quel «ragazzo in gamba» e lo portò in palcoscenico: «Canta Cuore napoletano» gli suggerì. Che fare? Tutto si era svolto così rapidamente che l'emozione non aveva avuto il tempo di chiudergli la gola. Cantò con la sua vocina bianca e già impostata Cuore napoletano; poi, quando il pubblico cominciò ad applaudire, si ritrovò accanto suo padre. I battimani durarono a lungo: papà rideva, felice, serrandogli le spalle con il braccio, poi disse emozionalissimo: «E’ mio figlio, sapete...».
Ci teneva tanto, Nino D’Aurelio, a fare del suo ragazzo un cantante. Per molto tempo sembrò unicamente preoccupato di cercare la buona occasione e, quando questa venne, non la lasciò sfuggire. Non sembrava nemmeno un’occasione: arrivò a New York il cantante Nino Ossani, scritturato da una compagnia televisiva per alcune trasmissioni, e manifestò al collega il suo imbarazzo per il fatto che non conosceva l’inglese. «Capirai — diceva — dovrò parlare con qualcuno, farmi comprendere...». D’Aurelio non esitò un istante: «Prendi con te Giorgio». Un interprete non ha altro da fare che tradurre le battute di un dialogo e questo il ragazzo fece coscienziosamente. Ma un giorno, mentre Ossani provava il programma in un auditorio, Giorgio trovò un bel pianoforte nella sala accanto. Sedette alla tastiera e cominciò a canticchiare l'ultima canzone di successo. Sembra una favola, sembra una di quelle storie che i «divi» inventano quando la gente comincia a occuparsi di loro. Invece è verità: Percy Faith,
il grande direttore d’orchestra che aveva già visto Johnny poco prima con Ossani, gli si avvicinò e sorridendo chiese: «Sai cantare anche tu?». «No — rispose il ragazzo — Mi sto divertendo un poco, signore». Ma Faith volle ascoltarlo e poi gli disse: «C’è un programma televisivo, una specie di concorso per dilettanti: dovresti partecipare» Lo presentò egli stesso. Alla trasmissione partecipavano tre cantanti ancora sconosciuti: colui che risultava vincitore, in base ai voti del pubblico, guadagnava un premio di cento dollari e acquistava il diritto concorrere ancora alla successiva tornata. Johnny Dorelli — col nome e cognome che per l’occasione suo padre inventò per lui — vinse la prima selezione e poi vinse ancora: in tutto rimase alla ribalta per diciotto trasmissioni, un record che dopo di lui nessuno ha potuto eguagliare. Aveva tredici anni. Alcuni mesi più tardi Nino D’Aurelio accompagnò il ragazzo alla C.B.S., una importante stazione televisiva, e ottenne per lui una nuova scrittura; un anno dopo partecipò alla prima trasmissione per professionisti.
Poi il padre venne in Europa per una tournée e, questa volta, condusse con sè il figliolo. Al ritorno in America Johnny trovò nuovi ingaggi alla radio e alla televisione; per un certo periodo, a Broadway, sostenne la parte del principe ereditario nella famosa commedia musicale Il re ed io. Infine, nel 1956, la famiglia tornò in Italia. La impresa di lanciare Johnny, in un paese dove i giovani di talento hanno così scarse possibilità di mettersi in luce, non scoraggiò Nino D’Aurelio. Fu lui che si mise in moto, che rintracciò vecchi amici e fece nuove conoscenze. A tutti parlava del suo ragazzo, dei successi che aveva già ottenuti in America... Povero Nino D’Aurelio, come se presagisse di doversene andare assai presto aveva tanta fretta di vedere il suo Johnny alla ribalta, di sentire gli applausi che avrebbero salutato il suo immancabile successo.
Non fu facile, ma riuscì a farlo debuttare davanti ai microfoni del Motivo senza maschera, di Un due tre, di Musica in vacanza, di Confidenze musicali, del Musichiere. Era poco, ancora, non era ancora la vera, buona occasione. Fu la sorte che si incaricò di premiare i suoi sforzi e il suo entusiasmo. Se tra le venti canzoni prescelte per il festival di Sanremo non si fosse trovata Nel blu dipinto di blu probabilmente nessuno avrebbe pensato di invitare, alla massima manifestazione della nostra musica leggera, il quasi sconosciuto Johnny Dorelli. Invece c'era quella canzone e parve opportuno affidarla al «Sinatra italiano». Il resto è noto. Padre e figlio, dopo la proclamazione dei risultati e mentre il pubblico all’uscita del Casinò gridava: «Dorelli! Dorelli!» confusero le loro lacrime di gioia. Ma il cuore di Nino D’Aurelio era malato e non resse alla troppo viva emozione nei giorni dopo cessava di battere.
Ora Johnny deve proseguire il suo cammino da solo. Nel giro di una settimana ha conosciuto ia felicità e la disperazione, ma tra qualche giorno dovrà asciugare le sue lacrime e riprendere la strada che Nino D’Aurelio ha tracciata per lui. E’ già un cantante popolare e non è ancora un «divo». Aiutamolo tutti a rimanere così.
Cate Messina, «Noi donne», anno XIII, n.10, 9 marzo 1958
Sono le due del pomeriggio, l'ora che invita alla siesta. Anche all’aeroporto c’è chi schiaccia un pisolino, e non tutti nel proprio letto. Due ufficiali hanno preferito andare a distendersi sull'erba di un praticello, poco discosto da una delle maggiori piste di atterraggio: un tenente, un ragazzo sì e no di ventidue anni, ed un colonnello, un uomo di mezza età.
Ad un certo punto, sopraggiunge un maggiore dell’Aeronautica il'quale, avvicinandosi al praticello, scorge il colonnello ed affretta il passo. Giunto a pochi metri dal suo superiore, l’ufficiale scatta sull’attenti, la mano alla visiera, i tacchi uniti.
Ma contro ogni previsione, il colonnello si affretta ad alzarsi in piedi con uno stile tutt’altro che marziale, e si curva come fanno i cinesi in segno di devoto omaggio: «buon giorno — risponde con voce timida — buongiorno a lei». Il maggiore non crede ai suoi occhi: il colonnello, il terribile colonnello così affabile e così democratico. Lo squadra da sotto in su attentamente: «Ma lei è un impostore — grida. — Chi le ha dato questa divisa? Lei non è il comandante del campo. Si consideri in arresto.». Raimondo Vianello, il a colonnello» sembra piovuto dalle nuvole; il «tenente» Johnny Dorelli, che nel frattempo si era svegliato rideva a crepapelle per l’equivoco. Dopo una lunga discussione, i due attori si fanno riconoscere e per l’autentico maggiore dell'Aeronautica è finalmente tutto chiaro.
Incidenti del genere sono frequenti in questi giorni a Guido-nia, dove si girano gli esterni del film «Una marcia in fa», nel quale Vianello appare appunto nei panni di un colonnello. e Dorelli in quelli di un tenente. La troupe cinematografica ha stabilito il suo quar-tier generale all'aeroporto ; Raimondo e Johnny sono quindi costretti a fare la spola tra Roma e Guidonia, scortati da un picchetto di avieri. Perchè i falsi ufficiali escono di casa già in divisa (il che costituirebbe un reato), ed hanno quindi bisogno di una «guardia del corpo» che spieghi alle autorità, qualora ce ne fosse bisogno, la ragione di quel travestimento.
Al film partecipano anche il u maresciallo» Ugo Tognazzi, le «ausiliarie». Caprice Chantal, Chelo Alonzo e Liana Or-fei, ed una giovane attrice, Lynn Shaw, la quale interpreta il ruolo di una modella americana che si innamora di un tenente italiano (Dorelli) e si traveste da aviere per stargli accanto. E vi sarà infine anche lui, il simpatico «Clark Gable della canzone», Fred Buscagliene che ci farà ascoltare alcuni suoi cavalli di battaglia, tra cui Eri piccola così e Teresa, non sparare col fucile.
«Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.19, 10 maggio 1959
Prima di andare a Sanremo, il cantante ha terminato la registrazione dell’operetta “La vedova allegra” di Lehar, dove ha per compagne di lavoro Catherine Spaak, Lyla Rocco e Gloria Paul. Oculato amministratore di se stesso, Johnny non ha risentito delle mode e dei mutamenti di gusto del pubblico, continuando a consolidare il proprio successo.
Roma, febbraio
Johnny Dorelli lo chiamano il Sinatra di Porta Ticinese. Ma se gli chiedete: «Sarebbe disposto a cantare in un teatro le stesse canzoni insieme al vecchio Frankie?», «Come no, risponde, a patto che la platea sia vuota». Modesto, quindi, col preciso senso dei propri limiti come forse nessun altro dei nostri cantanti. Timido, ma di una timidezza che va man mano scomparendo col mestiere e che gli lascia invece una sfumatura gradevolissima nel carattere. Geloso della sua vita privata. Incapace di compromessi: per onestà, perché è convinto che i trucchi non servono, ma soprattutto perché, conoscendosi bene, sa benissimo quello che deve e non deve fare. Oculato amministratore di se stesso. Un dritto, dunque, nel senso che non fa errori, non un furbastro. Ma. ecco il lato fondamentale della sua personalità, un uomo di gusto, pieno di equilibrio. La sorpresa di trovare in un giovane di trentun anni, i modi squisiti, il riserbo, il tratto di un gentiluomo d’altri tempi. Questa la prima impressione che si ha conoscendolo.
Lo incontriamo nel camerino di via Teulada, tra una ripresa e l’altra de «La vedova allegra», l’operetta di Franz Lehar che la TV riproporrà al pubblico come commedia musicale in due puntate il 16 e il 23 marzo. Ha appena finito di ballare il Can-can con uno stuolo di 40 belle ragazze con le gambe lunghe così e ha ancora il fiato grosso per la fatica.
Che ne dice di queste ballerine?
Stupende.
Non le capita mai, vivendo assieme a loro 16 ore al giorno di dimenticarsi di Lauretta Masiero?
Non sono un uomo insensibile alla bellezza, se è questo che intende. Ma non sono neppure l’italiano che si volta quando incontra una bella donna. Dirò di più: anche quando mi innamoro, faccio di tutto per nasconderlo, al punto che se non è l’altra persona a indovinarlo, non succede niente. E poi, la cosa più importante per me, è parlare, comunicare con una persona, stabilire veramente un rapporto che va al di là di quello fisico. Se il problema fosse tutto lì, sarebbe soltanto ima questione di misure e di circonferenze. No, con una donna è importante paria-re. E non l’altra cosa che pensa lei.
La televisione ha voluto riproporre i operetta di Lehar riducendola a commedia musicale. La regia è di Antonello Falqui. Nel cast: Catherine Spaak, Johnny Dorelli, Aldo Fabrizi, Gianrico Tedeschi, Bice Valori, Carlo Croccolo. Il maestro Ferrio ha curato la riduzione musicale.
Insomma, mai uno strappo alla regola. «Nei secoli fedele», come l’arma dei carabinieri.
In questo sono aiutato dalle mie partners. Mi capita a volte di invitare al bar una ragazza che mi ha colpito per la sua bellezza. E dopo cinque minuti che siamo insieme mi dico: «Mio Dio, come si fa a essere così belle e così stupide?».
Novità sentimentali, quindi...
N.N. Mio figlio sta benissimo, la signorina Masiero pure. Matrimoni in vista nessuno, per ora, ma non è detto che un giorno non ci si sposi. Lauretta è un tipo eccezionale, non posso non telefonarle due, tre volte al giorno, perché soltanto parlando con lei mi sento veramente me stesso. Questo è il motivo che ci ha fatto tirare avanti dieci anni senza una parentesi di stanchezza.
Qualcuno ha detto che gli uomini che scelgono una compagna più adulta di loro sono affetti da infantilismo psichico. Lei che ne pensa?
Lei crede che i commendatori che rincorrono la giovane segretaria dimostrino maturità mentale? Io credo che l’età non conti. C’è qualcosa di più importante, di indefinibile, di imponderabile che lega due esseri che si amano, al di là dell’età.
La scena del can-can, una delle più fastose dell'operetta, ha entusiasmato lo stesso Dorelli, che per temperamento è più portato alle critiche che agli elogi. La registrazione televisiva è iniziata il 20 dicembre e finita il 27 gennaio, negli studi di via Teulada. a Roma: la trasmissione andrà in onda II 16 e il 23 marzo. «La vedova allegra» fa parte di un nuovo ciclo di trasmissioni della TV, dopo ia commedia musicale «Lilly Champagne» nella quale Dorelli aveva a fianco Giuliana Lojodice.
Lei ha 31 anni, la Masiero ha passato i 40. La cosa non le ha mai dato un’ombra di fastidio?
No, mai. E’ chiaro che il giorno che cominciassi a notare le piccole rughe sotto le palpebre della mia compagna e roba del genere, comincerei a preoccuparmi perché questo significherebbe che qualcosa non va.
Chi è stato il suo primo amore?
Una ragazza del liceo, bruttissima. Ma l’importante era di poter parlare con lei. Se non c’è dialogo...
Perché per Sanremo ha scelto quella canzone, «La farfalla impazzita»?
Perché è molto bella. Perché la credo più adatta a un pubblico giovanile (16/21 anni) che a un pubblico maturo, che già ho. Il dieci per cento del mio pubblico è formato da ragazzini, il 20 da ragazze, il resto da mature madri di famiglia che mi scrivono consigliandomi di accasarmi.
Come pensa di sfruttare i tre minuti che avrà a disposizione a Sanremo per cantare «La farfalla impazzita?».
Io sono contrario alle cose eccessive. Io tendo a «sminuire» tutto, non aggredisco il pubblico. Del resto, chi mi conosce, non si attende da me un salto mortale o il colpo segreto. Io credo che anche a Sanremo dovrò cantare come ho sempre cantato: con naturalezza, abbandonandomi all’estro del momento.
Non appartiene dunque alla scuola di quelli che studiano le mosse davanti allo specchio.
Ne ho orrore. Io ammiro Sinatra perché quando canta è capace di fumare una sigaretta e di interrompersi per parlare col pubblico.
Qual è il suo giudizio sui cantanti americani rispetto ai nostri?
Credo che, per quanto riguarda la musica leggera, siano molto più bravi di noi. Hanno il tocco più leggero, più mestiere, più non-chalance, naturalezza. Noi mettiamo sempre qualcosa del folklore italiano in tutto quello che facciamo.
Gloria Paul, «le più belle gambe del Can-can», è una delle interpreti più brillanti dell'operetta, che, a parere di tutti, è scorrevole, vivace, divertente e diretta con mano abile e leggera da Falqui. «La Spaak — dice Dorelli — è straordinaria nella sua interpretazione: ha un viso di un taglio particolare che in TV risulta interessantissimo; inoltre balla benissimo».
Che trasformazioni ha dovuto subire per interpretare «La vedova allegra»?
Mi hanno schiarito i capelli, me li hanno stirati, mi hanno messo un sottile filo di baffi, allungato le basette. Alcune signore mi noi. Hanno il tocco più leggero, più mestiere, più non-chalance, naturalezza. Noi mettiamo sempre qualcosa del folklore italiano in tutto quello che facciamo.
Che trasformazioni ha dovuto subire per interpretare «La vedova allegra»?
Mi hanno schiarito i capelli, me li hanno stirati, mi hanno messo un sottile filo di baffi, allungato le basette. Alcune signore mi Ognuno di loro vuole apparire più importante di quello che è, affermare la propria personalità, non scomparire a fianco dei personaggi che presenta, mentre è chiaro che il presentatore, l’ho imparato in America, è soltanto imo strumento che ha la funzione di mettere in contatto il pubblico con gente che deve divertirlo. Se Rascel viene a ùna mia trasmissione è lui che deve divertire il pubblico, non io. Perry Como da 25 anni presenta una rubrica, il Perry Como show, durante la quale si limita a introdurre un personaggio e a scomparire dalla scena. E lo fa 52 volte l’anno. Così bene che non ha ancora stancato nessuno. Anzi, gli americani provano per lui una sorta di tenerezza per cui non vorrebbero mai rinunciarvi. Noi italiani in questo siamo più spietati. Dopo qualche anno la gente che vede troppo spesso una fisionomia sul teleschermo comincia a sbuffare: «Ahò, ma questo che vole? Non ha capito che ha stufato?».
Qual è secondo lei il segreto del suo successo?
In un Paese dove tutti tendono a fare il mattatore, io cerco di non calcare la mano, di andarci leggero, di dire le cose così, quasi per caso, di scomparire ogni tanto, di non far pesare troppo la mia presenza. Questo quando devo presentare una trasmissione.
E quando canta?
Quando canto pressappoco mi comporto lo stesso. Non voglio sbalordire chi mi ascolta.
Lei è più sensibile alla bellezza o alla simpatia?
Le risponderò con un esempio. Tempo fa conobbi Carlo Ponti e Sofia Loren. Non riuscirò mai a dirle il fascino di quest'uomo, la simpatia che è capace di sprigionare. Eppure, vedendoli assieme, è indubbio che lei sia più bella di lui, o sbaglio?
Perché un pubblico come quello italiano, così sensibile all’effettaccio, comincia a mostrare di apprezzare lei, che è così lontano da questi mezzucci?
Nel mio primo periodo io ero un personaggio triste: ho avuto la disgrazia di mìo padre, la gente mi «proteggeva». Poi ho impostato il mio genere su uno stile nuovo, più spensierato. Più tardi mi si è presentata l’occasione di poter dialogare perché presentavo una trasmissione. La gente dev’essersi detta, ma guarda, quello lì parla, anche. La gente, lo so, non ha molta stima dei cantanti. E’ vero che anche tra noi ci sono degli sprovveduti, ma questo capita in ogni campo. Non tutti i ciclisti si presentano con la goccia al naso; non tutti i calciatori sanno esprimersi soltanto prendendo a calci la palla.
Come spiega il cambio della guardia Mike Bongiorno-Pippo Bando, parlo dei presentatori del Festival?
Appunto come un cambio della guardia. Bongiomo ha 18, 19 anni di carriera. Prima di lui c’era Filogamo, che è ancora bravissimo: ha classe, fascino, mestiere. Ma ogni tanto la ruota gira. Angelini ha diretto il Festival di Sanremo per 10 anni, poi è toccato a qualcun altro. E’ la vita. Magari tra qualche anno toccherà a me. Oggi Dorelli, (romani Scavacicci. Questo non significa che Dorelli improvvisamente è diventato un cretino: ma Scavacicci, giovane, nuovo per il pubblico, interessa di più.
Questo Scavacicci mi sembra un ragazzo pieno di qualità con un avvenire sicuro. E di Dalida che ne dice?
Scuola francese, non è il mio genere. E’ proprio l’opposto di me. Io sdrammatizzo tutto. Sono lontanissimo dall’istrionismo. Considero la televisione come un piccolo schermo dove non c’è il colore, dove la gente ti guarda in pantofole, sprofondata in poltrona e parlando d'altro tra loro. Non ho mai pensato che i telespettatori dicano: «Uheila, c’è Dorelli sul video: chiudete la porta, guai a chi ci disturba». O sbaglio?
Senza offesa per nessuno. credo proprio di no. Ma mi dica, se lei dirigesse la televisione, come si comporterebbe con i cantanti: li doppierebbe in ampex?
La TV ha il terrore che il cantante prenda la stecca. Io credo che l’interesse del pubblico crescerebbe enormemente se potesse avere questa possibilità, un po’ come all’opera il loggione aspetta col fucile puntato l’acuto del tenore. Sapere già in anticipo che tutto va bene toglie sapore al gioco. O mi sbaglio?
Caro Dorelli, comincio a sospettare che lei non sbaglia mai.
Rodolfo di Castellarquata, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XVII, n.5, 4 febbraio 1968 - Fotografie di Marcello Salustri
Il cinema
Numerose sono le pellicole cinematografiche che lo vedono impegnato, con buon successo di incassi, in diversi ruoli nel filone della commedia all'italiana (Una sera c'incontrammo, La presidentessa, Spogliamoci così senza pudor, Mi faccio la barca, Sesso e volentieri, A tu per tu) o di attore drammatico (Pane e cioccolata, Agnese va a morire, Il mostro).
Vanno ricordate su tutte alcune interpretazioni del suo periodo più maturo, nelle quali Dorelli riesce ad unire il suo tratto ironico e scanzonato ad una profonda umanità: è il caso del film di Marco Vicario Il cappotto di Astrakan, del 1979, tratto da un romanzo di Piero Chiara, o di State buoni se potete, del 1983, nel quale interpreta, sotto la regia di Luigi Magni, il ruolo di San Filippo Neri, con le musiche di Angelo Branduardi. Notevole nel 2005 la sua interpretazione nel film di Pupi Avati Ma quando arrivano le ragazze? e anche il film del 1981 Ciao nemico, ambientato durante la seconda guerra mondiale.
Gli anni della maturità
Diverse le sue attività, televisive, canore e cinematografiche che Dorelli ha continuato a seguire dagli anni ottanta ad oggi. Nel 1983, affiancato da Amanda Lear, Nadia Cassini, Gigi e Andrea e Gigi Sabani, conduce su Canale 5 la gara musicale Premiatissima che riesce persino a superare il Fantastico di Gigi Proietti. Nel 1984 conduce una nuova edizione di Premiatissima stavolta affiancato da Ornella Muti e Miguel Bosé; in questa edizione partecipano alla gara musicale molte "signore" della musica italiana: da Fiorella Mannoia a Orietta Berti, da Gabriella Ferri a Patty Pravo. Sempre per la televisione, nel 1984 interpreta il maestro Perboni nel Cuore di Luigi Comencini e nel 1988 La coscienza di Zeno di Sandro Bolchi.
Nel 1985 guida la sua terza Premiatissima affiancato da Nino Manfredi e da un'esordiente Sabrina Salerno. A questa edizione partecipano 4 gruppi musicali: I RoBoT (Little Tony, Rosanna Fratello e Bobby Solo), i Passengers, i Ricchi e Poveri e il Gruppo Italiano. Nel 1986 è alle prese con l'ultima edizione di Premiatissima, insieme a Enrico Montesano (in seguito sostituito da Lello Arena) e da una showgirl diversa ogni settimana: una di queste sarà Lola Falana in una delle sue ultime apparizioni televisive.
Dopo 3 anni, nel 1989, prende parte allo show su Canale 5 Finalmente venerdì assieme a Heather Parisi, Gloria Guida, Corrado Pani, Paola Quattrini e un giovanissimo Gioele Dix. Incide nel 1989 il 45 giri Mi son svegliato e c'eri tu di Alberto Testa e Augusto Martelli. Prende parte a una nuova edizione del Festival di Sanremo nel 1990, questa volta come conduttore assieme a Gabriella Carlucci, e l'anno successivo presenta il varietà del sabato sera Fantastico insieme a Raffaella Carrà.
Dal 1995 è in tutti i teatri italiani insieme a Loretta Goggi con la quale interpreta Bobbi sa tutto. Lo spettacolo vince il premio "Biglietto d'oro". Nel 2002, Johnny Dorelli tornò al timone di una trasmissione di Rai1 presentando Sette in condotta in onda dal lunedì al venerdì alle 20.45, che aveva per protagonisti dei baby opinionisti che erano dieci bambini tra i sei e i dodici anni chiamati a commentare il fatto del giorno con la presenza in studio, dei protagonisti del fatto di cronaca al centro di ogni puntata. Nel 2004 torna alla musica con l'album Swingin che vende oltre centomila copie conseguendo il disco di Platino, seguito dal DVD Swingin' Live.
Del 2007 è la sua ottava partecipazione al Festival di Sanremo come cantante in gara (la prima nel 1958), con il brano Meglio così. Nel medesimo anno partecipa al gran galà delle 50 edizioni dello Zecchino d'Oro cantando Lettera a Pinocchio, che viene definita "la canzone regina dello Zecchino d'Oro".
Nel 2011, riceve il riconoscimento speciale Leggio d'oro "Alberto Sordi".[2]
Filmografia
Cinema
Cantando sotto le stelle, regia di Marino Girolami (1956)
Totò, Peppino e le fanatiche, regia di Mario Mattoli (1958)
La ragazza di piazza San Pietro, regia di Piero Costa (1958)
Destinazione Sanremo, regia di Domenico Paolella (1959)
Guardatele ma non toccatele, regia di Mario Mattoli (1959)
Tipi da spiaggia, regia di Mario Mattoli (1959)
Das haben die Mädchen gern, regia di Kurt Nachmann (1962)
Divorzio alla siciliana, regia di Enzo Di Gianni (1963)
Arriva Dorellik, regia di Steno (1967)
Pane e cioccolata, regia di Franco Brusati (1973)
Una sera c'incontrammo, regia di Piero Schivazappa (1975)
L'Agnese va a morire, regia di Giuliano Montaldo (1976)
Dimmi che fai tutto per me, regia di Pasquale Festa Campanile (1976)
Spogliamoci così, senza pudor..., regia di Sergio Martino (1976)
Basta che non si sappia in giro, regia di Nanni Loy, Luigi Magni, Luigi Comencini (1976)
La presidentessa, regia di Luciano Salce (1977)
Cara sposa, regia di Pasquale Festa Campanile (1977)
Il mostro, regia di Luigi Zampa (1977)
Come perdere una moglie e trovare un'amante, regia di Pasquale Festa Campanile (1978)
Amori miei, regia di Steno (1978)
Per vivere meglio divertitevi con noi, regia di Flavio Mogherini (1978)
Tesoromio, regia di Giulio Paradisi (1979)
Il cappotto di Astrakan, regia di Marco Vicario (1980)
Non ti conosco più amore, regia di Sergio Corbucci (1980)
Mi faccio la barca, regia di Sergio Corbucci (1980)
Ciao nemico, regia di E.B. Clucher (1981)
Bollenti spiriti, regia di Giorgio Capitani (1981)
Sesso e volentieri, regia di Dino Risi (1982)
Dio li fa poi li accoppia, regia di Steno (1982)
State buoni se potete, regia di Luigi Magni (1983)
Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, regia di Sergio Martino (1983)
Vediamoci chiaro, regia di Luciano Salce (1984)
A tu per tu, regia di Sergio Corbucci (1984)
Il muro di gomma, regia di Marco Risi (1991)
Ma quando arrivano le ragazze?, regia di Pupi Avati (2005)
Televisione
Cuore, regia di Luigi Comencini - miniserie TV (1984)
La coscienza di Zeno - film TV (1988)
Un milione di miliardi - miniserie TV (1988)
La trappola, regia di Carlo Lizzani - miniserie TV (1989)
Ma tu mi vuoi bene? - miniserie TV (1992)
Sì, ti voglio bene - miniserie TV (1994)
Due per tre - sit-com TV (1997-1999)
Il Musichiere (Programma Nazionale: 1957)
Buone vacanze (Programma Nazionale: 1959-1960)
Johnny 7 (Programma Nazionale: 1963, 1965; Secondo Programma: 1964)
Johnny Sera (Programma Nazionale: 1966)
Sabato sera (Programma Nazionale: 1967) 1a puntata
Galà per Johnny Dorelli (Programma Nazionale: 1968)
Cantagiro (Programma Nazionale, Secondo Programma: 1969)
Canzonissima (Programma Nazionale: 1969-1970)
Premiatissima (Canale 5: 1983-1987)
Finalmente venerdì (Canale 5: 1989-1990)
40º Festival della Canzone Italiana di Sanremo (Rai 1: 1990)
Fantastico 12 (Rai 1: 1991-1992)
Sette in condotta (Rai 1: 2002)
Spot pubblicitari
Testimonial Renault (1985-1988)
Onorificenze
Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana — 2 giugno 1975[3]
Note
^ PAPERINIK IL DIABOLICO VENDICATORE, salimbeti.com.
^ SPECIALE LEGGIO D'ORO 2011, su www.antoniogenna.net. URL consultato il 15 aprile 2015.
^ i discorsi e le interviste del Presidente della Repubblica italiana
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Cate Messina, «Noi donne», anno XIII, n.10, 9 marzo 1958
- «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.19, 10 maggio 1959
- Rodolfo di Castellarquata, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XVII, n.5, 4 febbraio 1968 - Fotografie di Marcello Salustri