Faldini Franca

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(Roma, 10 febbraio 1931 – Roma, 22 luglio 2016) è stata un'attrice, giornalista e scrittrice italiana. Fu la compagna di Totò dal 1952 fino alla morte di lui nel 1967.

Figlia unica, nacque in una famiglia ebrea della borghesia romana che fuggì in Toscana all'introduzione delle leggi razziali.

Dopo aver incontrato casualmente Ben Stahl, era stata scelta dall'artista statunitense per rappresentare l'Italia nel suo "Momento a Villa d'Este: emozioni dall'album di un pittore americano in viaggio per l'Europa", pubblicato su Esquire.[1] Franca Faldini si recò dunque negli Stati Uniti, dove vinse a Hollywood il premio di Miss Cheesecake, dedicato alle attrici esordienti[2] ed ebbe modo di interpretare una piccolissima parte nel film Attente ai marinai, apparendo in una scena dove bacia Jerry Lewis. Negli Stati Uniti visse due anni, conoscendo Jane Russell, Marilyn Monroe, Gary Cooper e altri.

Il suo ritorno in Italia fu oggetto di un servizio della rivista Oggi, che attirò l'interesse di Totò, il quale iniziò a corteggiarla. Franca era poco più grande di Liliana, la figlia che Totò aveva avuto nel 1933 dalla moglie. Totò e Franca furono additati come pubblici concubini ed oggetto di pettegolezzi; per interrompere i quali finsero nel 1954 un matrimonio a Lugano. Nello stesso anno ebbero un figlio, Massenzio, che però morì durante il parto. La stessa Faldini,[3] colpita da gestosi gravidica, rischiò la vita a causa di alcune complicazioni.[2]

Nel 1957, Franca Faldini rimase accanto al compagno durante la sua temporanea cecità e lo affiancò anche negli anni successivi in cui Totò recuperò solo parzialmente la vista.[4]

Franca Faldini partecipò a molti film di successo al fianco di Totò (Totò e le donne, 1952; L'uomo, la bestia e la virtù, Un turco napoletano e Il più comico spettacolo del mondo, tutti del 1953; Dov'è la libertà? e Miseria e nobiltà, 1954; Totò all'inferno e Siamo uomini o caporali, 1955), sebbene, per sua stessa affermazione, della carriera cinematografica non le importasse niente, tanto da rifiutare offerte di lavoro da parte di registi come Alessandro Blasetti e Vittorio De Sica e interromperla a metà anni cinquanta.

Dopo la morte del compagno, avvenuta nel 1967, Faldini diventò giornalista e scrittrice. Nel 1977 scrisse il libro Totò: l'uomo e la maschera, realizzato insieme a Goffredo Fofi, in cui raccontava sia il lato artistico, sia la parte privata dell'attore, con l'intento principale di smentire alcune false affermazioni di scrittori e giornalisti sulla personalità dell'attore.[5] Ha successivamente collaborato con giornali e riviste e – sempre con Fofi – pubblicato alcuni libri su Totò e il cinema italiano.

È tornata a recitare sul grande schermo per Alberto Sordi, interpretando sua moglie nell'ultimo film dell'attore e regista romano, Incontri proibiti (1998).

Sposata dal 1975 con Niccolò Borghese, viveva a Roma nel quartiere Flaminio, dov'è morta a 85 anni il 22 luglio 2016[6].

Opere

Franca Faldini e Goffredo Fofi, L'avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti, Feltrinelli, Milano 1979
Franca Faldini e Goffredo Fofi, Totò, Pironti 1987. ISBN 8879370278
Franca Faldini, Roma Hollywood Roma. Totò, ma non soltanto, Baldini Castoldi Dalai, 1997, ISBN 9788880892502.
Franca Faldini e Goffredo Fofi, Totò. L'uomo e la maschera, L'Ancora del Mediterraneo 2000. ISBN 8883250133
Franca Faldini e Goffredo Fofi, Totò. Storia di un buffone serissimo, Mondadori 2004. ISBN 8804529105

Filmografia

Attente ai marinai (Sailor Beware), non accreditata, regia di Hal Walker (1952)
Totò e le donne, regia di Steno e Monicelli (1952)
L'uomo, la bestia e la virtù, regia di Steno (1953)
Un turco napoletano, regia di Mario Mattoli (1953)
Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953)
Dov'è la libertà?, regia di Roberto Rossellini (1954)
Miseria e nobiltà, regia di Mario Mattoli (1954)
Totò all'inferno, regia di Camillo Mastrocinque (1955)
Siamo uomini o caporali?, regia di Camillo Mastrocinque (1955)
Incontri proibiti, regia di Alberto Sordi (1998)


Galleria fotografica


 Così la stampa dell'epoca


Franca Faldini, articoli di periodici e quotidiani

Totò: «sarò grande dopo la mia morte»

Totò: «sarò grande dopo la mia morte» Mentre la TV propone un ciclo di otto film di Totò, parliamo del grande attore napoletano con le donne che gli sono state vicine - Così diceva spesso Totò alla figlia Liliana, che aggiunge: «Il pubblico lo ha…
Cristina Maza, «Bolero», anno XXXIII, n.1695, 28 ottobre 1979
1264

Ieri, oggi e domani è sempre Totò

Ieri, oggi e domani è sempre Totò A oltre vent’anni dalla morte, il grandissimo comico napoletano continua ad affascinare il pubblico di ogni età: così, ogni volta che se ne celebra il ricordo con una rassegna di film, milioni di spettatori vi…
«Sorrisi e Canzoni TV», n.50, 11-17 dicembre 1988
859

Il mio Totò, pessimista comico

Il mio Totò, pessimista comico Il mio Totò, pessimista comico. «Uno ha da mori' per essere compreso», diceva con ironia» A venticinque anni dalla scomparsa, Franca Faldini racconta la sua vita con il celebre attore. «Come la Magnani, si formò…
Costanzo Costantini, «Il Messaggero», 5 maggio 1992
107

Totò, muto da ridere

Totò, muto da ridere Franca Faldini racconta l’ultimo sogno del principe De Curtis «Cosa c'è ancora da dire su Totò?». Questa domanda se la pone Franca Faldini. È stata la compagna del gran de comico negli ultimi quindici anni e, in questi giorni,…
Ernesto Baldo, «Radiocorriere TV», anno LXIV, n.15, 12-18 aprile 1987
928

Dove sono finiti tutti i soldi di Totò?

Dove sono finiti tutti i soldi di Totò? L’attrice, che ha trovato un lavoro come esperta di pubbliche relazioni, ci ha rivelato: «Quell’eredità è la pagina più amara della mia vita. Tutto è andato alla figlia di Antonio: che diritto potevo mai far…
Maurizio Chierici, «Oggi», anno XXIV, n.24, 13 giugno 1968
4870

Franca Faldini: Totò vent'anni dopo

Franca Faldini: Totò vent'anni dopo Vent'anni fa la scomparsa di Antonio de Curtis, in arte Totò, ci lasciava orfani di uno dei più straordinari talenti della storia dei cinema italiano. La sua compagna, Franca Faldini, traccia per «Ciak» un breve,…
Franca Faldini, «Ciak», anno III, n.4, aprile 1987
1063

E adesso ascoltiamo la Faldini

E adesso ascoltiamo la Faldini Ricordo di Totò nel decennale della morte. Dopo i memoriali della nipote e della moglie, ecco la testimonianza della donna che fu accanto all’artista napoletano negli ultimi quindici anni - « Non era un erotomane, ma…
Angelo De Robertis, «Gente», anno XXI, n.50, 17 dicembre 1977
1366

Franca Faldini: sono io che non ho mai voluto sposarlo!

Sono io che non ho mai voluto sposarlo! Franca Faldini, per la prima volta a cinque mesi dalla scomparsa di Totò, rompe il silenzio ed esce dal suo riserbo. Franca ha vissuto in tutti questi anni all'ombra del grande attore. Si sa ben poco di lei.…
Chiara Cellini, «Bolero Teletutto», anno XXI, n.1067, 17 ottobre 1967
5697

Franca Faldini: è ingiusto chiamarmi «vedova allegra»

Franca Faldini: è ingiusto chiamarmi «vedova allegra» Franca Faldini, la compagna di Totò, è tornata a fare vita mondana dopo la scomparsa dell’attore avvenuta 4 mesi fa. «Sono giovane, devo continuare a vivere». «Mi piacerebbe, per distrarmi, fare…
Maurizio Chierici, «Oggi», anno XXIII, n.42, 19 ottobre 1967
1810

Rievocazioni: il mio Totò

Rievocazioni: il mio Totò Il divano-alcova del camerino. Le idee politiche. Semicieco sul palcoscenico. L’incontro con Pasolini. La filosofia. Franca Faldini, la donna che gli è stata al fianco per 15 anni, racconta un Totò inedito. L'aveva…
Autori Vari, «Panorama», 18 ottobre 1977
1613

Ricordo di Totò

Ricordo di Totò Il 15 aprile è morto improvvisamente nella sua casa di Roma il celebre attore Totò. Era nato a Napoli il 13 febbraio 1898 dal Marchese Giuseppe de Curtis e da Anna Clemente; destinato alla carriera di Ufficiale di Marina, la guerra…
Luciano Pelliccioni di Poli, «Orizzonte dei Cavalieri d'Italia»n.4, 5, 6, aprile-giugno 1967
1285

L'enigma Totò

L'enigma Totò Principe del Sacro Romano Impero e plebeo del Rione Sanità. Divo adorato dalle platee teatrali e cinematografiche, ma selvaggiamente sfruttato dai meccanismi commerciali. Uomo di irresistibile comicità, eppure pervaso da un’invincibile…
«Specchio della Stampa», n.108, 14 febbraio 1998
1299

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Un monumento? Ma mi faccia il piacere... Dov’è finita la statua presentata al pubblico nello scorso luglio? Dopo le polemiche è stata depositata nella torre del Maschio Angioino. E la tomba di famiglia? È quasi abbandonata... Dove sta Totò? Dov’è…
Pasquale Esposito, «Il Mattino», 11 aprile 1987
959

Totò e lo sport: siamo campioni o caporali?

Totò e lo sport: siamo campioni o caporali? Il 15 febbraio ricorrono i 100 anni dalla nascita dell'attore napoletano. L'abbiamo voluto ricordare con le parole e le immagini dei suoi film dedicati allo sport. I suoi film sono oggetto di culto per i…
Vincenzo Cito, «La Gazzetta dello Sport magazine», anno IV, n.7, febbraio 1998
1515

1898-1998: Totò cento

1898-1998: Totò cento Il 15 febbraio 1898 nasce a Napoli il principe della risata. Per i cento anni di Totò si preparano grandi festeggiamenti. Intanto, la figlia Liliana sta realizzando, con la sua Associazione, un museo. Totò non cerca più casa.…
Andreina De Tomassi, «Il Venerdi di Repubblica», 5 dicembre 1997
1308

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa Il settimanale specializzato «Film TV» nel numero 17 pubblicato nell'aprile 1997, in occasione del 30° anniversario della morte di Totò ripercorre la vita personale e artistica del grande attore napoletano,…
«Film TV», anno V, n.17, 20-26 aprile 1997-Giuseppina Manin, Pasquale Elia, «Corriere della Sera», aprile 1997-R. Ch., Giancarlo Governi, Gabriella Gallozzi, «L'Unità», aprile 1997
1976

Dolori da principe, gioie da Totò

Dolori da principe, gioie da Totò Ciascuno di noi deve avere con la vita una specie di misterioso conto corrente, voti partita doppia perennemente aperta, su cui un ragioniere invisibile viene via via registrando gli incassi e le uscite, i depositi…
Flora Antonioni, «Il Messaggero», 10 maggio 1957
945

Franca Faldini: «Totò? Meglio di Gary Cooper»

Franca Faldini: «Totò? Meglio di Gary Cooper» È un libro zeppo di fatti, di nomi, di dettagli anche piccanti, ma non è un libro pettegolo. Lo ha scritto una donna che è stata per quindici anni con Totò, ma non è un libro su Totò. E’ la storia di una…
Franca Faldini, Fabio Ferzetti «Il Messaggero», 19 marzo 1997
1427

Dove sta Totò

Dove sta Totò Dal revival sessantottino al periodo di saturazione provocato dall’orgia dell'emittenza privata. Le radici e le ragioni di un carisma sovversivo. Totò segna una brutta e quasi una nera pagina sull’antropologia, la psicologia e l’…
Valerio Caprara, «Il Mattino», 11 aprile 1987
962

Tuttototò, la sua ultima parte fu quella del capellone

Tuttototò, la sua ultima parte fu quella del capellone Da questa settimana va in onda alla televisione il programma a puntate che Totò aveva appena finito di registrare: un’antologia del suo umorismo. I registi di «Tutto Totò» ricordano in queste…
Sandro Bolchi, «Radiocorriere TV», anno XLIV, n.18, 30 aprile - 6 maggio 1967
1863

Franca Faldini, la vedova di Totò

Franca Faldini, la vedova di Totò Un ritratto toccante della donna che ha vissuto accanto al grande attore, fatto dalla nostra Mimmina Quirico, sua carissima amica. Franca Faldini, quando conobbe l'attore e se ne innamorò, era giovanissima,…
Mimmina Quirìco, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 18, 30 aprile 1967
2072

La tardiva RIscoperta di Totò

La tardiva RIscoperta di Totò Quando sarò morto e non più scomodo per nessuno, daranno la stura ai paroloni e, rispolverando la mia vis comica, affermeranno che se non me ne fossi andato mi avrebbero visto giusto per questo o quel personaggio, chi…
Luciano Mattino, «Settimana TV», anno XX, marzo-aprile 1973
2714

Totò si pentì di «Uccellacci e uccellini»

Totò si pentì di «Uccellacci e uccellini» Siciliano e la Faldini: no, di Pasolini era entusiasta. Appunti inediti curati dalla figlia Liliana. Ma lo scrittore e la compagna dell'attore dubitano dell’autenticità. «Film impegnato, uccide la mia…
Claudia Provvedini, «Corriere della Sera», 10 dicembre 1993
1392

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali?

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali? Totò se ne è andato improvvisamente, per un infarto, la notte tra il 14 e il 15 aprile, all’età di 69 anni. Il giornale-radio — di solito così fedele e ligio a tutto ciò che è ufficiale e governativo —…
Antonio de Curtis, «Domenica del Corriere», anno LXIX, n.18, 30 aprile 1967
2575

Franca Faldini: «Totò, quella sua ombra stupenda»

Franca Faldini: «Totò, quella sua ombra stupenda» Colpisce il suo viso abbronzato con, al posto degli occhi, due fari di un colore mutevole a metà fra l'acqua marina e la lavanda in fiore. Il sorriso cordiale, la voce un po' tagliente, mascherano…
Catherine Spaak, «Corriere della Sera», 2 luglio 1981
872

Totò, il comico dalla faccia tragica

Totò, il comico dalla faccia tragica Con Totò è scomparso uno degli attori più amati dal pubblico e un uomo profondamente buono Sapeva riassumere, con il candore e la forza incisiva dei grandi interpreti, il mistero della vita. Non rifiutò mai…
Piero Pintus, «Radiocorriere TV», anno XLIV, n.17, 23-29 aprile 1967
1563

Totò in clinica colpito da cecità

Totò in clinica colpito da cecità Ha lasciato le scene forse per sempre. Anche l'occhio destro colpito «per simpatia» del male... Il massiccio uso di antibiotici per curare un broncopolmonite... Palermo, 7 maggio, matt. Bendato e immobile, l’attore…
«Corriere della Sera», 8 maggio 1957
944

Il principe triste che donava sorrisi

Il principe triste che donava sorrisi Nobile di stirpe e di stile, Totò ha dato in beneficenza gran parte del suo patrimonio - "Con la mia faccia potrei esprimere qualunque cosa" - Un figlio maschio fu il suo sogno inappagato Se fosse stato inglese,…
Giovanni Cavallotti, «Gente» anno XI, n.17, 26 aprile 1967
1220

I fiaschi dell'uomo di gomma

I fiaschi dell'uomo di gomma Totò nei ricordi di chi gli ha vissuto vicino - La vita del celebre comico scomparso 5 anni fa, dall’infanzia alla morte • Lo chiamavano «l’uomo di gomma», a Napoli, agli inizi della carriera, ma lo fischiavano sempre,…
Vittorio Paliotti, «Oggi», anno XXVIII, n.49, 7 dicembre 1972
1691

La febbre di Totò

La febbre di Totò Il 15 aprile del 1967 si spegneva a Roma il grande comico napoletano, compianto da milioni di spettatori. Oggi, a distanza di cinque anni, si assiste al rilancio dei suoi film più noti, con un grande successo di pubblico. Anche la…
Franco Berutti e di Paolo Mosca, «Domenica del Corriere», anno LXXIV, n.17, 25 aprile 1972
1307

La morte di Totò: «stateve bbuone!»

La morte di Totò: «stateve bbuone!» Significa “state bene” ed è un addio alla napoletana. Con questo saluto Totò concludeva ogni settimana la sua trasmissione radiofonica "Il vostro amico Totò", il cui ciclo avrebbe dovuto durare tre mesi. Roma,…
Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n.17, 23 aprile 1967
1894

Addio Totò

Addio Totò A pagina 48 del volume 24 della Consulta Araldica, il principe Antonio De Curtis (al quale spettava di diritto il titolo di Altezza Imperiale, nonché dì «basileus» e imperatore di tutto l'oriente romano, quale discendente diretto…
Flora Antonioni, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XVI, n. 17, 23 aprile 1967
1843

Totò vent'anni dopo riabilitato dalle risate dei giovani

Totò vent'anni dopo riabilitato dalle risate dei giovani Dopo il felice esperimento di questa estate a Milano, nelle sale di tutta Italia tornano a grande richiesta i film del comico napoletano. Accorrono i vecchi spettatori, ma soprattutto le nuove…
Maurizio Costanzo, «Tempo», anno XXXIII, n.52, 26 dicembre 1971
1166

Moglie in spalla, facciamo la guerra al fisco

Moglie in spalla, facciamo la guerra al fisco Fra tasse e divi del cinema non c’è mai stata buona armonia. Ora un nuovo elemento per contestare l’ha scoperto Andrea Checchi, nei panni non di attore-divo ma di attore-lavoratore a reddito fisso: «Per…
Gianni Di Giovanni, «Tempo», anno XXXII, n.15, 11 aprile 1970
1101

Totò va in treno con la maschera antigas

Totò va in treno con la maschera antigas Gli uomini che il mondo ci invidia Totò, il grande comico solitario, dichiara di sentirsi fuori del nostro tempo e di appartenere addirittura al secolo delle crociate. Chiuso nel suo patetico isolamento, si…
Silvio Bertoldi, «Oggi», anno XXII, n.48, 1 dicembre 1966
2275
29 Ago 2017

Franca Faldini, una donna generosa

Franca Faldini, una donna generosa La pubblicazione integrale del testamento di Franca Faldini Solo chi ha conosciuto di persona Franca Faldini ne ha apprezzato, oltre l'intelligenza, l'alto livello di cultura e la bellezza, la sua innata…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8900

Totò si è sposato con Franca Faldini

Totò si è sposato con Franca Faldini Il comico, di ritorno a Roma dopo una crociera, ha annunciato le sue nozze con la bella attrice. Roma, settembre Franca Faldini è la signora De Curtis. Lo abbiamo appreso l’altro giorno dalla voce di Totò, al…
Augusto Borselli, «Oggi», anno XI, n.37, 15 settembre 1955
2603

Lacrime vere di Totò: il principino non ha visto il sole

Lacrime vere di Totò: il principino non ha visto il sole Non appena Franca Faldini si sarà ristabilita, Antonio de Curtis la sposerà Da quando Franca Faldini è stata dichiarata fuori pericolo, il principe Antonio de Curtis, in arte Totò, lascia ogni…
Arnaldo Geraldini, «L'Europeo», anno X, n.43, 24 ottobre 1954
2303

Vorrei sposare Franca in chiesa

Vorrei sposare Franca in chiesa Totò ha chiesto al tribunale della Sacra Rota di annullare il suo matrimonio con Diana Rogliani Sereno, che fallì dopo pochi mesi nel 1935: desidera che Franca Faldini possa ora diventare la principessa De Curtis e…
Maurizio Cherici, «Oggi», anno XX, n.38, 17 settembre 1964
1334

Lieto evento alla corte di Bisanzio

Lieto evento alla corte di Bisanzio A vent'anni di distanza dalla nascita della sua prima figlia, Totò ha annunciato senza batter ciglio di attendere da Franca Faldini un altro erede al trono di Costantinopoli che nascerà probabilmente a Montecarlo.…
Mino Caudana, «Tutti» 18 luglio 1954
1634

Il principe e la ballerina

Il principe e la ballerina Le donne fatali gli hanno sempre fatto perdere la testa, sul set e nella vita. Ma una sola l’ha fatto piangere. Uccidendosi per lui La bella faccia da principe napoletano era pallida e triste. Secondo la tradizione dei…
Claudio Carabba, «L'Europeo», n.25, 23 giugno 1990
2134

Franca Faldini: non lascio Totò

Franca Faldini: non lascio Totò Franca Faldini smentisce le voci di rottura fra lei e il principe de Curtis Proprio in questi giorni è stato scritto un articolo fondato unicamente su una malevola fantasia. Chissà quante lettrici di «Grand Hotel»…
Franca Faldini, «Grand Hotel», anno XVII, n.862, 29 dicembre 1962
1480
14 Mag 2016

Le donne sono il sale della mia vita

Le donne sono il sale della mia vita Incontro immaginario, a 49 anni dalla morte di Totò L’uomo è poligamo e io non facevo eccezione. La mia vita è costellata di amori complicati: una soubrette si tolse persino la vita per me. Lo facevo per…
"Repubblica", Pier Luigi Razzano, "Visto", Anania Casale, Federico Clemente, Daniele Palmesi
4329

Fora lo schermo il mento di Totò

Fora lo schermo il mento di Totò Nel suo ultimo film, «Il più comico spettacolo del mondo», parodia di un recente successo di Cecil B. De Mille, il Principe De Curtis apparirà in rilievo agli spettatori. Fra i cineasti italiani Totò è certamente il…
Italo Dragosei , «Festival», 6 giugno 1953
1184

Ruggiscono sullo schermo i leoni in rilievo

Il più comico spettacolo del mondo: ruggiscono sullo schermo i leoni in rilievo Intanto anche in Italia i produttori dei film a tre dimensioni ordinano centinaia di migliaia di occhiali polaroid La pericolosa concorrenza della televisione ha…
Renzo Trionfera, «L'Europeo», anno IX, n.19, 7 maggio 1953
756
15 Giu 2015

Massenzio, il piccolo Principe

MASSENZIO, IL PICCOLO PRINCIPE Nel febbraio 1954, una stupenda notizia fece gioire Franca Faldini e Antonio de Curtis: nove mesi dopo avrebbero avuto un figlio tutto loro. Antonio confessò a Franca che, nel caso fosse nata una femmina, avrebbe…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
45100
02 Nov 2014

Totò consegna un leoncino allo zoo di Roma

UN LEONCINO ALLO ZOO DI ROMA Ci sono altri che conobbero molto meglio Totò, come mai ha cercato me?… No, non ho parentela con Roberto e Renato De Simone, né con l’avvocato Eugenio. Teatro? Ho fatto Rivista con Macario. il mio primo incontro con Totò…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
6247

Totò parla napoletano anche a Monaco Principato

Totò parla napoletano anche a Monaco Principato Gli accadde una volta di chiedere in francese del tè con "citron" e di sentirsi rispondere che il "signor Citroen" era partito - Gli italiani sono giudicati sulla Costa una "bella clientela" -…
Angelo Nizza, «La Stampa», 23 agosto 1952
1018

Franca Faldini si è fidanzata con S.A. Totò

Franca Faldini si è fidanzata con S.A. Totò Tutte le strade conducono al cinema Vi siete mai domandati quali pensieri traversano la mente di milioni di fanciulle, quando nel buio di una sala cinematografica assistono alla proiezione di un film?…
«Otto», anno VI, n.11, 16 marzo 1952
1788

Galeotta fu «la suocera»

Galeotta fu «la suocera» Il fidanzamento di Totò - "Oltre la bellezza di Franca" dice il principe di Bisanzio, "mi colpì l'aspetto dolcissimo della madre: una vera santa" Roma, 4 marzo. Per la prima volta nella storia del costume cinematografico (e…
c. l., «La Stampa», 5 marzo 1952
1280

Sposerà Totò la «bella di Via Veneto»

Sposerà Totò la «bella di Via Veneto» Franca Faldini dopo i successi di Hollywood è stata chiesta in sposa dal Principe Antonio de Curtis Ai primi dello scorso febbraio, appena rimesso piede in Italia, dopo nove mesi di soggiorno a Hollywood, Franca…
«Il Messaggero», 4 marzo 1952
1184
16 Gen 2014

Franca Faldini: da James Dean a Totò

FRANCA FALDINI: DA JAMES DEAN A TOTÒ Prima di diventare la compagna del principe De Curtis l'attrice visse un anno a Hollywood. Un'avventura narrata nel libro "Roma-Hollywood-Roma", Baldini & Castoldi, 1997. Le serate con Rock Hudson. La simpatia di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
21033
16 Gen 2014

Di notte ascolto il bollettino dei navigatori alla radio

DI NOTTE ASCOLTO IL BOLLETTINO DEI NAVIGATORI ALLA RADIO Preferisco la notte al giorno perché è silenziosa. Quando tutti dormono io cammino per la casa, svuoto i portaceneri, osservo gli oggetti che mi sono cari, oppure ascolto il bollettino dei…
Daniele Palmesi - Federico Clemente
5579
19 Dic 2016

L'Alcor, una barca in regalo a Franca

L'Alcor, una barca in regalo a Franca Antonio e Franca a bordo del loro cris craft Alcor. Questo cabinato di dodici metri, Antonio de Curtis lo acquistò a Santa Margherita Ligure, per evitare il traffico stradale. In vacanza tra Montecarlo e Nizza,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente, Franca Faldini, Goffredo Fofi
7575


Totò sposerebbe un'attrice ventiduenne?
Smentite le voci sulla Magnani

Dalla Francia è tornata sabato sera Anna Magnani, la quale si è mostrata molto divertita del fatto che le si fosse attribuita l'intenzione di sposare proprio l'arbiter elegantiarum di Atene. «Annarella» ha detto che si tratta di una notizia «fantastica» e dopo una bella risata, ha aggiunto qualcosa in pretto romanesco all'indirizzo del creatori.

Ma ecco che si annuncia, almeno ufficiosamente, un altro matrimonio: quello .di Totò, cioè S. A. I. il principe Antonio De Curtis Comneno Focas. Il notissimo attore comico si è fidanzato con una stellina del firmamento cinematografico italiano la quale ha superato brillantemente la prova di Hollywood: Franca Faldini, italo-americana, 22 anni, appena tornata dalla mecca del cinema. Totò conosceva Franca Faldini fin dal tempi del suo impiego di segretaria dell'attore americano Errol Flynn. In America la bella attrice venne eletta recentemente «Miss torta di formaggio » e fu definita dalla giuria «la più bella italiana degli Stati Uniti».

«Nuova Stampa Sera», 3-4 marzo 1952


Totò si è fidanzato

Totò, il noto attore del cinema e del varietà si è fidanzato con l'attrice italo-americana Franca Faldini, di 22 anni, che è giunta a Roma da Hollywood in questi giorni.

«Il Messaggero», 3 marzo 1952


«Il Piccolo di Trieste», 3 marzo 1952


«Il Piccolo di Trieste», 5 marzo 1952


«Il Piccolo di Trieste», 7 marzo 1952


Sposerà Totò la "bella di Via Veneto"

Franca Faldini dopo i successi di Hollywood è stata chiesta in sposa dal Principe Antonio de Curtis

«Il Messaggero», 4 marzo 1952


«Momento Sera», 4 marzo 1952

Il fidanzamento di Totò
Galeotta fu la "suocera"

"Oltre la bellezza di Franca", dice il principe di Bisanzio, "mi colpì l'aspetto dolcissimo della madre : una vera santa"

Roma, 4 marzo.

Per la prima volta nella sto ria del costume cinematografico (e araldici europeo una coppia illustre di futuri sposi ha voluto render noto il proprio fidanzamento, senza bisogno di cerimonieri o d'intermediari, nel corso di una conferenza stampa. Si tratta dei «fidanzati del giorno»: Franca Faldini e Totò. L'indiscrezione era trapelata fin dai ieri; stamane i giornali riportavano la notizia: i cronisti convocati quest'oggi nell'appartamento del principe attore pensavano di ricevere dalle labbra di Antonio De Curtis quella che in gergo diplomatico ai definisce una c secca smentita». Invece, nel salone di Viale Bruno Buozzl, c'era a riceverli, al di là della marsina bianca del maggiordomo, l'affascinante sorriso di Franca. Totò, seduto In un angolo, sorrideva compunto.

«Come mi sono innamorato di Franca? Egregi amici, è stato il colpo, di fulmine. Un mese fa, giorno' più giorno meno, mi capitò sott'occhio la copertina d'una rivista illustrata. Non conoscevo neanche di vista la mia prossima moglie: la fotografia la riproduceva a fianco del genitori, nella pace domestica. Mi colpi, oltre la bellezza di Franca, l'aspetto dolcissimo della madre: una vera santa. Io, che dopo l'annullamento delle mie prime nozze nel '39, mi consideravo il più feroce nemico del matrimonio, sentii rimescolarmi il sangue. Anelavo ancora alle gioie del focolare domestico. Mi decisi: scrissi a Franca un biglietto d'omaggio, accompagnato da un mazzo di fiori».

«Per quanto mi riguarda», è Intervenuta Franca che fumava Xanthia con un bocchino di Giada e vestiva un abito nero di pizzo, straordinariamente scollato, € debbo confessare che il biglietto mi turbò. Risposi con poche frasi in tono assai sostenuto. Lui replicò con un messaggio ancora più ardente, con fiori ancora più belli: stavolta erano orchidee. Pochi giorni più tardi una comune amica ci presentò: dieci minuti dopo Totò mi aveva già chiesta in sposa. Io credevo che scherzasse. Ora vedete che non era uno scherzo»; e la bella mostrava in giro il favoloso dóno di fidanzamento, un paio di orecchini d'oro e diamanti, co ronati da due perle grosse (è il caso di dirlo) come nocciole. Progetti? Le nozze si celebreranno in giugno, col semplice rito civile, non appena Totò avrà terminato di girare L'evaso con Rossellinl. Nel frattempo Franca passerà gran parte della giornata a Cinecittà, giacche «debbo proprio ammetterlo: non vivo quando sono lontana dal mio amore». Parigi, la Costa Azzurra, la Spagna, la Danimarca saranno il teatro della loro luna di miele.

In autunno, con la rentrée romana, non è improbabile che la ventiduenne principessa di Bisanzio assurga formalmente all'olimpo cinematografico, sostenendo la sua prima vera parte di protagonista in film a colori accanto a Totò.

«Naturalmente cambieremo casa», ha soggiunto in tono di confidenza il principe, «questa è troppo piccola, non è adattai. L'attuale abitazione di Totò, infatti, non ha che sei o sette camere, dai letti ricoperti di pellicce d'orso bruno, un enorme corridoio sullo sfondo del quale troneggia lo stemma del sacro romano imperatore d'Oriente, e un salone-soggiorno popolato di urne, cippi, bibelots vari, sculture ottocentesche, un pianoforte a coda, un palo di robusti, audacissimi «nudi» del Pivitera, sorta di Boldini partenopeo. In questo scenario opulento, Franca Faldini, Idolo di via Veneto, ex-segretaria del bel Erroll Flynn, detentrice del titolo americano di «Miss Cheesecake», riservato alla ragazza più «sexy» degli Stati Uniti, si muoveva con grazia aggressiva; nè si è fatta pregare quando i fotografi le han chiesto di carezzare languidamente sui capelli il suo principe azzurro.

c. l., «La Nuova Stampa», 5 marzo 1952


«Momento Sera», 6 marzo 1952


«Noi donne», 16 marzo 1952


Meglio nota come «la più bella di via Veneto» e come «Miss Cheesecake», o più semplicemente come la futura sposa di sua altezza imperiale Antonio De Curtis, alias Totò. Franca Faldini debutta in «Dov’è la libertà», a fianco del fidanzato e sotto la regìa di Roberto Rossellini. La Faldini, che ha poco più di ventun anni, nella sua recente permanenza in America non ha mai voluto accettare le numerose offerte di Hollywood che intendeva lanciarla come una sua nuova scoperta. Qui in Italia però, in attesa delle nozze, Franca Faldini si è lasciata convincere da Rossellini ad entrare nel mondo della celluloide e sarà indubbiamente una delle più grandi rivelazioni della prossima stagione cinematografica.

«Il Piccolo di Trieste», 30 maggio 1952


«Settimo Giorno», 2 luglio 1952


«Film d'oggi», 3 giugno 1953


La nascita e la morte di Massenzio, il piccolo principe erede di Totò
(Ottobre 1954: tutta la rassegna stampa)


Antonio de Curtis e Franca Faldini, la colpa di non essersi mai sposati
(dal "finto" matrimonio, all'eredità di Totò, tutta la rassegna stampa)


«Quale posto occupa la donna nella sua vita?», domandammo un giorno al grande Totò. «Il primo posto assoluto. Per me la donna è tutto», rispose. Come lo ha conosciuto e come lo ricorda la donna che gli è stata vicina in questi ultimi quindici anni?

FRANCA FALDINI: «Lo conobbi in un modo molto romantico, che forse oggi potrà far sorridere. Aveva visto una mia fotografia, e mi mandò un fascio di orchidee con un biglietto: «Con tanta ammirazione e con la speranza di conoscerla». Risposi ringraziando, ma aggiungendo che non ero abituata a conoscere persone, a meno che non mi venissero presentate. Mi mandò un altro fascio di fiori con un altro biglietto: «Dal momento che i miei fiori non sono graditi, rinuncerò alla gioia di poter continuare a mandargliene degli altri ma poi cercò un amico comune e si fece presentare. Da allora non ci siamo più lasciati. Come lo ricordo? Come un uomo eccezionale che poteva riempire veramente in tutti i sensi la vita della sua donna».

«Corriere della Sera», 22 aprile 1967


Franca Faldini «gira» a Milano e a Cortina d'Ampezzo con la regia di Vittorio Caprioli - Il soggetto di «Scusi, facciamo l'amore?» è stato tradotto in inglese dalla stessa attrice - E la famiglia De Curtis? «Per me ora non esiste più»

Milano, martedì sera.

Fra non molto Milano sarà invasa da una « troupe » cinematografica, capitanata da un napoletano: Vittorio Caprioli. Si gireranno gli esterni di un film che il regista aveva in mente da molto tempo Scusi, facciamo l'amore. Il soggetto è stato scritto da Caprioli instante alla moglie, Franca Valeri, in italiano e tradotto in inglese dall'amica Franca Faldini; la coppia infatti se la cava magnificamente in francese, assai meno in inglese.

La bella vedova di Totò, avrà nel film una parte di rilievo, smentendo quanto aveva affermato: « A 36 anni suonati mi sento troppo vecchia per ricominciare la carriera di attrice, specie ai nostri giorni in cui le dive incominciano in fasce ». Ma all'amico Caprioli Franca non ha avuto il coraggio di dire di no e adesso non se ne pente, anche se afferma che il suo vero lavoro non è quello dell'attrice, ma della traduttrice. « E' un'attività che mi soddisfa completamente e mi lascia libera, perché posso farlo ovunque. Adesso ho appena finito di tradurre per Longanesi A second hand life. Abbiamo incontrato la Faldini a Milano a un ricevimento offerto per la finale di un concorso. Con una risposta azzeccata a una inchiesta la bella attrice aveva vinto un magnifico abito da sera (che ha indossato proprio a Capodanno).

Le chiediamo come sono i suoi rapporti con la famiglia De Curtis. «Per me con la morte di Totò questa famiglia non esiste più. Comunque, non sono rimasta delusa, perché io non mi aspetto mai nulla, questa è una filosofia che mi ha insegnato lui. Eppure non sono triste, anzi tutt'altro ». Del film di Caprioli parla volentieri, una pellicola con tante donne, in cui la Valeri avrà una particina. Caprioli è felice di dover passare due mesi fra Milano e Cortina d'Ampezzo, perché è un napoletano che ama il nord e a Milano ha vissuto molti anni con « I gobbi ». ha sposato una milanese e qui si trova bene. Il film dovrebbe essere la versione play-boy, come lo hanno visto e capito le tante donne — tutte possessive — che lo hanno avvicinato.

I progetti cinematografici dell'attore-regista (nel prossimo film non avrà alcuna parte), finché non si mette dietro una macchina da presa, assomigliano un po' al gioco delle scatole cinesi. Una idea dà il via alla prossima e il primo soggetto non ha che una vaga parentela con quello definitivo. Caprioli li sviluppa e li scarta a seconda del suo divertimento personale. Se un'idea rischia di annoiarlo passa subito a quella successiva senza sosta.

Nedo Ivaldi, «Stampa Sera», 2-3 gennaio 1968


Franca Faldini fugge i ricordi

Per quindici anni compagna affettuosa a fedele di Totò, Franca Faldini preferisce oggi non ricordare per gli altri quel periodo: e per evitare di dover rilasciare interviste, già al martedì lascia l'abitazione romana per trasferirsi in campagna. Non si può criticare la sua decisione: nei sette anni che sono trascorsi dalla scomparsa del celebre comico, morto il 15 aprile 1967 all'età di 69 anni, Franca Faldini si è rifatta una vita, si è cercata un lavoro, ha trovato un nuovo compagno. Non ripudia nulla, però, del passato: sono trascorsi tanti anni — dice in sostanza — e non si può rimanere legati in eterno a un ricordo, a un monumento.

Oggi, Franca Faldini è completamente cambiata: diversa dalla attricetta che nel 1950 venne proclamata a Hollywood «Miss Torta di Formaggio», diversa dalla giovane interprete di film come «Alla larga dai marinai» (con Dean Martin e Jerry Lewis), diversa dalla donna che per quindici anni fu a fianco del Principe Antonio da Curtis. Rimasta sola («Da Totò — ebbe a dire — ho ereditato soltanto bel ricordi: non il titolo, perché non lo sposò, pur potendolo; non averi, proprio perché non ne ere stata la moglie). Franca Faldini si cercò un lavoro: ebbe la sorpresa di vedersi ignorata dal cinema, soprattutto da quel produttori che con Totò avevano fatto la fortuna, e sfruttò allora le altra sue risorse.

Soprattutto una perfetta conoscenza dell'inglese e la capacità di scrivere. Divenne cosi traduttrice e giornalista. Ha tradotto diversi romanzi (qualche titolo: «Tutto quello che avreste dovuto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere», «L'esibizionista», «Dimmi che mi ami, Junle Moon»: ha lavorato in servizi giornalistici par Radio Montacarlo.

C. G., «Corriere della Sera», 4 aprile 1973


Franca Faldini racconta com'era il principe de Curtis, in arte Totò

Incontro con la donna che gli fu compagna per 15 anni

(Dal nostro invialo speciale) Roma, 19 ottobre.

Totò diceva che di mattina non si può far ridere e faceva mettere sui contratti che sarebbe arrivato sul set dei film alle due del pomeriggio. Pigrissimo, dormiva di giorno e la notte andava a spasso o girava per casa a chiudere i rubinetti del gas e a spegnere gli interruttori della luce. Il più grande avvenimento della sua vita fu quando lo riconobbero principe. Lo angosciava la sua faccia brutta, lo ossessionava la paura del tetano e della «congestione»: sosteneva che non bisogna avere rapporti sessuali prima di quattro ore dai pasti se no «il sangue viene richiamalo da altre bande e si rischia brutto». Superstizioso e pieno di pregiudizi, sensibilissimo e timido, non leggeva un libro, non viaggiava mai. «Io ricordo Antonio de Curtis — scrive Franca Faldini — ogni volta che ad una riunione di "signori", mi accorgo che lo sono solo di nome e non di fatto, come lo era lui».

Benché credesse poco alla propria grandezza, previde che un giorno lo avrebbero «riscoperto». In mezzo al fiume di parole che costituisce adesso il suo revival, c'è da oggi fresco in libreria, per l'Universale Economica di Feltrinelli, un «Totò, l'uomo e la maschera», collage di vecchio e nuovo firmato da Goffredo Fofi, uno dei suoi più attenti studiosi, e dalla Faldini che racconta i propri «quindici anni con Antonio De Curtis» in ottanta pagine singolarmente ricche di umiltà e discrezione.

Perché le ha scritte? «Per la grandissima rabbia di quello che si è detto di lui e anche di quello che non si è detto». E perché a tanti anni di distanza? «Appena ho potuto raccontare quello che volevo e come lo volevo. Dal '67, quando è morto, mi hanno offerto cifre favolose solo perché "vendessi" "La mia vita con Totò". Non lo avrei fatto a nessun prezzo anche se avevo bisogno».

Poiché non era mai stata sua moglie, la «vedova» di Totò non toccò nulla del patrimonio «non poi così grande di Antonio che amava spendere, era tallonato dal fisco e nei lunghi anni delia cecità potè lavorare poco». Avevano fatto credere di essersi sposati quando aspettavano il bambino che subito mori; erano stanchi di sentirsi tenuti ai margini, respinti. «Perché allora la società, a qualsiasi livello, non accettava certe unioni senza reagire. E' cambiato poco anche adesso». Ragion per cui Franca Faldini, qualche anno fa, si è sposata davvero con Nicolò Borghese, ancora un principe, con cui vive serenamente tra una casa di campagna vicino ad Arezzo ed un pied-à-terre a Roma.

Quando Totò morì aveva 36 anni, era molto bella e lo è tuttora. Si mise a lavorare sfruttando l'inglese, americanizzato a Hollywood quando a diciotto anni era andata con un contratto della Paramount e in seguito ad un sondaggio tra i soldati in Corea l'avevano eletta «Miss Torta di Formaggio». Cominciò a fare traduzioni, diventò giornalista e continua. «Fu un periodo duro, soprattutto perché avevo il vuoto attorno, scomparso Totò tutti scapparono. Mi criticavano perché non ero piombata nel lutto. Ma è proprio da lui che ho imparato a rimettermi in cammino. "Quando un dolore ti piomba addosso, perché distruggersi? — diceva —. Nessuno ha il diritto di diventare una caricatura nel monumento alla memoria di qualcuno"».

Vivo, non avrebbe ammesso distrazioni: chi stava con lui, doveva dedicarsi a lui. Si conobbero che Franca aveva 22 anni, Totò 55 e gli era fallito un matrimonio. «Mi affascinò trovare una "persona" invece di un "personaggio". Cominciammo subito a parlare; così continuò per quindici anni, il nostro fu un lungo, interminabile colloquio». Fece un po' l'attrice «ma non sapevo prò- N prio recitare ed era avvilente stare con un grande artista essendo un'artista cane, mi sentivo una specie di accattone sullo stomaco di tutti quando Antonio mi fece fare qualche porticina nei suoi film. In palcoscenico sono salita un paio di volte, solo quando c'era bisogno di sostituire qualcuno». Un sacrificio completo della propria vita, strano per una donna che poi ha trovato giusto e irrinunciabile lavorare e sentirsi indipendente. «Il problema allora non si pose poiché c'era già abbastanza da fare per stare dietro a lui. Certo Antonio aveva una concezione vecchia e assurda dei rapporti con le donne, eppure la nostra vita di coppia fu bellissima e anche aperta. La sua immagine preferita sarà stata la donna oggetto, la bellezza da addobbare e portare a spasso come un fiore all'occhiello ma poi si interessava e voleva bene a chi gli teneva testa; io polemizzavo di continuo, cominciò a chiamarmi Ravachol, un nomignolo inventato che suonava vagamente anarchico. Sapevo che, in fondo, mi ascoltava e aveva stima di me».

Vennero poi gli anni della malattia agli occhi, lunghi e dolorosi, ma che Franca Faldini non rimpiange perché, «Ira le molte cose che devo a Totò c'è una filosofia dell'esistenza, un modo di accettarla che ho imparato proprio in quel periodo difficile». Sarà stata questa saggezza, la serenità distaccata di un uomo quasi vecchio che sapeva e voleva distinguere tra «le chiacchiere del guitto» e le responsabilità della vita, a «tener» così a lungo una ragazza giovane, sana, intelligente e dagli occhi blu? Ride: «Ma no, per quanto assurdo possa sembrare, a me Totò è sempre piaciuto moltissimo come maschio». Forse con il passare del tempo ha dimenticato quanto era brutto? «Era brutto — acconsente con tenerezza — ma solo se lo guardavi da un tato. Dall'altro aveva un profilo regolare, normale, sembrava addirittura bello. Glielo dicevo, qualche volta». Franca Faldini è stata davvero una buona compagna.

Mirella Appiotti, «La Stampa», 20 ottobre 1977


Si può leggere Totò?

La vita del comico e i testi degli sketch. Franca Faldini e Goffredo Fofi: «Totò: l'uomo e la maschera», Ed. Feltrinelli, pag. 272, lire 3000.

In questi ultimi dieci anni, dopo la scomparsa di Totò, c'è stato un vero e proprio revival della sua straordinaria arte mimica, che ha toccato sia una parte della critica (che invece era stata molto severa, lui vivente, nei suoi confronti), sia più ancora un vasto settore del pubblico cinematografico, soprattutto giovanile. Cicli ampi e articolati di film interpretati da Totò sono stati immessi di forza nei programmi dei circoli del cinema o delle sale d'essai, riedizioni frettolosamente approntate di vecchi film sono comparse nelle sale cinematografiche normali, la stessa televisione si è occupata del caso.

Fra coloro che con maggiore attenzione e profondità si sono interessati all'analisi crìtica dell'arte di Totò troviamo Goffredo Fofi, il quale già nel 1972 aveva da.to alle stampe un bel libro di documenti e testimonianze su Totò, da tempo esaurito, e nel 1976 aveva curato una interessante antologia di suoi testi teatrali (Il teatro di Totò, ed. Il Piùlibri, Milano, L. 10.000), che ebbe purtroppo poca diffusione. Ora, in questo nuovo libro edito da Feltrinelli, Fofi riprende il discorso critico di cinque anni fa, lo arricchisce di qualche nuovo documento, riproduce i testi teatrali più significativi, e lo fa precedere da un lungo scritto biografico-memoriale di Franca Faldini, che per quindici anni visse al fianco del grande comico. Ne risulta un volume sostanzialmente rinnovato, che si legge con grande diletto e consente di riaprire un problema critico di non facile soluzione: la vera natura dell'arte comica di Totò e le ragioni suo successo popolare duraturo, anche in campo cinematografico, attraverso una abbondantissima produzione di film di scarsissimo valore artistico e spettacolare.

Il testo della Faldini, che si intitola «Quindici anni con Antonio de Curtis», vale essenzialmente come testimonianza diretta sull'uomo, il carattere, le abitudini, i pensieri, le manie, persino l'ideologia (o l'assenza di ideologia); quello di Fofi prospetta invece una serie di proposte interpretative suggestive, anche se non tutte accettabili, che, ripercorrendo dall'interno la carriera cinematografica di Totò, ne mettono in luce alcune caratteristiche fondamentali. L'uno e l'altro. pur essendo semplicemente accostati, interagiscono fra loro nel senso che si illuminano reciprocamente, fornendo sull'uomo e sull'artista una vasta massa di dati d'estremo interesse per la definizione d'un attore, nella cui attività arte e vita parvero fondersi e invece rimasero sostanzialmente separate. Conservatore e piccolo-borghese, ancorato a una visione reazionaria, o forse solo qualunquistica, dei rapporti sociali, amante del «buon tempo antico» e critico severo d'ogni novità, Antonio de Curtis fu un uomo del passato, chiuso in se stesso e nel suo piccolo mondo provinciale. Totò invece, nella disarticolata frenesia della sua recitazione asintattica, nel gusto irridente per lo sberleffo, nel piacere della beffa o anche soltanto del riso aperto e canzonatorio, fu una maschera dei tempi nostri, il cui potere distruttivo nei confronti dell'assetto sociale borghese fu grande, nonostante i limiti obiettivi in cui fu costretto ad agire (soprattutto nel cinema). Questa antinomia fra la vita e l'arte, fra il perbenismo della prima e la positiva volgarità della seconda, rimane un problema aperto, che questo libro non riesce a risolvere appieno.

Anzi, dalle varie pagine autobiografiche raccolte, il dissidio appare ancor più evidente, ed è lo stesso Totò non soltanto a rendersene conto ma a dichiararlo esplicitamente. Ma un altro problema critico desta la nostra attenzione: come sia rimasta intatta la sua straordinaria vis comica negli oltre cento film da lui interpretati, quasi tutti superficialissimi e bassamente commerciali, e come questa vis comica, pessimamente servita da testi qualunquistici e rivistaioli, si riscatti sul piano d'una critica non superficale del comportamento umano e sociale. E' questa l'arte di Totò, questo il superamento di quell'antinomia arte-vita, che fa di lui uno dei massimi attori del teatro e del cinema italiano.

Gianni Rondolino , «La Stampa», 28 ottobre 1977


De Curtis contro Totò

Dice Franca Faldini: fu un uomo misantropo, geloso e dispotico. Franca Faldini e Goffredo Fofi TOTÒ: L'UOMO E LA MASCHERA Universale economica Feltrinelli, Milano 289 pagine, 3000 lire

Totò lo conoscono tutti. Ma come fosse fuori dalla scena e dallo schermo il principe Antonio De Curtis, a metà discendente dalla famiglia Griffo Focas Comneno di Bisanzio e metà dal rione Sanità di Napoli, a pochissime persone è stato consentito di saperlo. Solo il cugino Edoardo Clemente, la prima moglie Diana Bandini, la figlia Liliana, la Castagnola (un'attrice che si suicido per lui), un paio di amici blasonati, forse la sua «spalla» Castellani certamente Franca Faldini, che fu compagna inseparabile del grande comico napoletano negli ultimi quindici anni della sua vita, dal 1952 al 15 aprile 1967, giorno della morte. Franca Faldini, quarantaseienne, ora principessa Borghese, ha deciso, dopo 10 anni, di raccogliere in una specie di diario fantastico l'esperienza privata, domestica, intima con l'attore.

Divisa in quindici capitoli immaginari, uno per ogni anno di convivenza, appare l'altra faccia, l'altra anima, di Totò. Non è un'indagine, privilegiata dalla familiarità, del personaggio artistico e della sua potente vis comica, ma la radiografia interna, sincera e un po' impietosa, della persona Antonio De Curtis. Chi viveva dentro la maschera di Totò, che cosa c'era sotto l'involucro pirotecnico detta marionetta che si esibiva sulle scene? La risposta detta Faldini è pura, precisa: Antonio era un misantropo, piccolo borghese, maschilista, donnaiolo, pigro, pantofoliere, spaventato dotto spettro detta povertà che conobbe amara nella gioventù e per reazione generoso donatore di quattrini, introverso, orgoglioso, diffidente, geloso, dispotico, insicuro, privo di una cultura nozionistica che gli creava non piccoli complessi Il principe De Curtis, in privato, non amava troppo la maschera plebea di Totò e forse non ne capiva tutta la grandezza e la profondità, anche critica, dell'Italia di allora. Disdegnava i salotti, la mondanità e più di ogni altra cosa le persone che, fuori dal palcoscenico, gli chiedevano di far rivivere Totò.

Cera un forte distacco tra l'uomo e il «suo alter ego scenico» e «sempre lo scisse da sé» come fosse un estraneo invadente. Soltanto di rado gli capitava di ammettere: «Beh, si bisogna proprio convenire, Antonio De Curtis è il magnaccia di Totò. Lo tratta come un fetente e lo costringe alla fatica, ma certo se non fosse per quel povero pupazzo, U prìncipe avrebbe l'acqua perennemente nella pipa e si e no si permetterebbe il lusso di un panino». Il rione Sanità e Bisanzio lo spaccarono a mezzo, lascandogli una forma di alienazione che spesso gli causava stati depressivi e di ipocondria. Passava la notte insonne a fumare, bere caffè e scrivere poesie in dialetto napoletano. La mattina dormiva sempre; nei contratti cinematografici chiedeva di cominciare il lavoro solo il pomeriggio. Quando non aveva impegni sul set o in teatro, passava intere giornate in casa, magari vestendosi di tutto punto, ordinando all'autista di tenersi pronto e rinunciando poi sulla soglia alla passeggiata. Il capitolo con le donne è ricco, vario, forse il più, negativo.

Egoisticamente latino, le trattava come animaletti di lusso, con scarsa stima e scarso rispetto. Salvo poche eccezioni, come la lunga unione con la Faldini, il «diario» offre al lettore una carriera di libertinaggio tumultuosa e poco edificante. Rispettava le donne che sapevano tenergli testa e polemizzavano con lui; pare, però, che ne abbia incontrate pochissime. Il dottor Jekyll e mister Hyde si sono invertiti i ruoli: qui il personaggio inventato era positivo, la persona reale negativa, o almeno con i difetti di tanti uomini comuni Totò-De Curtis fu veramente così? Lo sdoppiamento, la scissione che avveniva dentro di lui tra la casa ai Parioli e il palcoscenico furono proprio tanto nette? Franca Faldini in quindici anni di vita comune fuori dall'esplosione dello spettacolo lo ita visto così e nessuno, forse, più di lei ha mezzi per verificare o discutere questo «ritratto in un interno familiare». La bombetta di Totò continua a rimanere il segno di una grande e generosa comunicazione comica, ma la corona principesca di Antonio De Curtis sbalza fuori con cupe e poco simpatiche ossidazioni Il libro, insieme con un interessante repertorio fotografico, raccoglie anche un saggio di Goffredo Fofi, «totologo» ormai senza rivali, un repertorio del teatro di Totò, alcune sue poesie, articoli e canzoni, un'antologia di giudizi sull'arte del comico napoletano. Ma si tratta di materiale quasi già tutto edito.

Sandro Casazza, «La Stampa», 29 ottobre 1977


«Tra le pareti di casa nostra, molti politici della epoca avevano un soprannome, e con questo erano sempre indicati da lui», riferisce Franca Faldini in Totò, l'uomo e la maschera, il bel libro scritto insieme a Goffredo Fofi sul comico indimenticabile con cui visse tanti anni. Totò, pare, dava soprannomi ispirati all’aspetto fisico a Berlinguer, detto Stantio; ad Andreotti, detto l'Aspirante Sagrestano; a Francesco De Martino, detto 'O cane ’e presa, «ovverosia il molosso napoletano». Il soprannome più bonariamente irrispettoso era per il Papa: «Paolo VI, che puntuale la domenica si affacciava benedicente al balcone, era l'Orologio a cucù». Il soprannome più eccentrico era per la senatrice Lina Merlin, promotrice della legge che aboliva le case di tolleranza: «Attribuendole la recrudescenza dei crimini sessuali, Totò la chiamava Signora Omicidi».

«Corriere della Sera», 15 novembre 1977


Tra la Faldini e Gassman emerge Totò

Il quarto personaggio dell'altra sera a Bontà loro è stato Totò. Da vivo, probabilmente, malgrado una reciproca affettuosa amicizia, avrebbe declinato l'invito, tanto era schivo e poco incline a mostrarsi in pubblico invece, attraverso le parole di Franca Faldini, la donna che gli è vissuta accanto quindici anni, ha comunque partecipato alla trasmissione. Persino Gassman che a dirla tutta, non è incline al turbamento, su Totò ha mostrato qualche cedimento.

Vittorio Gassman è arrivato puntualmente, come sua abitudine, con un abito fumo di Londra da cerimonia. Baglione, il piccolo imprenditore piemontese (dodici operai e una squadretta di calcio), era in velluto a coste larghe e senza cravatta. L’aveva buttata sul disinvolto. La Faldini mostrava grande paura e lo diceva. «Ho sempre paura anch'io — incoraggiava Gassman, galantemente — Alla “prima” di Affabulazione non ho mai smesso di avere tensione ed è una cosa che non mi era mai capitata». Baglione forse aveva la stessa paura, ma occupandosi per destino di cementi refrattari non riteneva giusto far entrare il suo disagio in quello, più artistico. della Faldini e di Gassman. Probabilmente pensava, con qualche ragione, che l’unico ad avere un po' d'angoscia dovesse essere proprio lui, disabituato al riflettore e alla telecamera.

Nello studio accanto si stava registrando qualcosa con Carmelo Bene. L’attore si aggirava nei corridoi «Dovrebbe venire a Bontà loro — ha suggerito Gassman — i farebbe una riuscita sicura». E' intervenuto il cameraman Forconi: «Si, e quando la finiamo la trasmissione?. E’ vero, l’imprevedibilità di Carmelo vanifica gli orari di chiusura. Comunque, sarà bene pensarci.

Gassman era accompagnato dalla moglie e da Carlo Molfese, l’accorto organizzatore del Teatro Tenda. Durante le prove delle telecamere, mezz’ora prima dell’inizio, l’ospite che lo ritenga opportuno può guardarsi nel monitor per giudicare la propria immagine, magari per star seduto in un modo o in un altro. Piacentini, il playboy, si era osservato con scrupolo e affetto. Gassman ha rifiutato la prova, come aveva rifiutato un po’ di trucco per attutire il bianco dei riflettori. «Le rughe della vecchiaia aiutano e fanno simpatia», aveva spiegato alla truccatrice. Nel ricordo conservava la partecipazione a Bontà loro di Marcello Mastroianni. Me ne ha parlato prima di cominciare. «Una bella puntata, e poi Mastroianni era sincero, era vero: arriva l’età nella quale bisogna cominciare a parlare». Non ho capito se era un giudizio sull'intervista a Mastroianni o se, piuttosto. un incitamento a se stesso ad imboccare la stessa strada. E ancora: «Due parolette vanno dette, parole che non appartengano però al repertorio consueto, perché la televisione è diversa, non è né cinema né teatro, in teatro il pubblico ti incoraggia comunque quando appari, ma alla televisione con questa macchina sulla faccia che ti fruga...» Non ha proseguito il discorso, non era tranquillissimo. Conclusa la trasmissione, Baglione, l’imprenditore, andava offrendo Gattinara a tutti. I tecnici hanno molto apprezzato. Anche la Faldini che continuava però a raccontare episodi della vita di Totò. Ancora sulla porta di via Teulada si parlava di certe pellicole girate in quattro settimane; del sogno mai raggiunto di Totò di girare un film muto: nessun produttore in quegli anni gli diede credito.

Il lunedì si registra in altro studio una trasmissione per i giovani che amano la musica, il ballo e quelle cose lì. Mentre noi indugiavamo al cancello hanno cominciato ad uscire a gruppi ragazzi vestiti e truccati come noi immaginiamo i giovani quando ascoltano una certa musica in certi locali. Al confronto sembravamo archeologi alta ricerca di amicizie, sensazioni, atmosfere sopite. Il primo allarme lo ha lanciato proprio Gassman dicendo: «Attenti diventiamo macchiette». Un incubo che lo ha accompagnato spesso nella puntata, che è entrato sovente nei discorsi. Mi rifiuto di credere che Gassman tema la giovinezza altrui ma sono proprio convinto (e poi c’è poco da esser certi, lo ha dichiarato) che sia angosciato dalla propria vecchiaia. Un malessere da superare con il bicchiere, come ha detto. Flaiano spesso ripeteva: «Da vecchio sarò l'onta del quartiere...».

Maurizio Costanzo, «Corriere della Sera», 16 novembre 1977


La vedova di Totò

Franca Faldini (48 anni), l’ex attrice che fu compagna di Totò dal 1952 fino all’aprile del 1967, cioè fino al momento della morte del grande comico, è ora una tranquilla nobildonna che cerca di far parlare poco di sè. Da quando, alcuni anni fa. Franca ha sposato il principe Nicolò Borghese, le sue uniche uscite mondane avvengono in occasione dei più importanti concorsi ippici, dei quali il marito è un assiduo spettatore.

Accanto al principe Borghese, la Faldini è una donna finalmente serena: ha ritrovato la felicità, una felicità in cui lei non osava certo sperare quando, all’improvviso. Totò la lasciò per sempre. Dal compianto attore napoletano, Franca non ereditò nulla: fu perciò costretta a lavorare per mantenersi. Divenne giornalista, professione che tuttora esercita nonostante sia divenuta una «principessa».

1978


Franca Faldini: una «meticcia» protesta

Se già la realtà italiana di questo ultimo periodo mi sembrava eccessiva per le nuove antifone di fascismo smentite alla leggera che racchiude, la parata dei naziskin a Vicenza e ancor più il fatto che questa fosse autorizzata da un questore hanno accresciuto quella sensazione.

Sono «di padre ebreo e di madre ariana», tanto per usare la forbita terminologia in auge negli anni di Mussolini. Appartengo quindi, e con orgoglio, alla categorie di persone che, dal 1938 e fino al termine della guerra, per volere del Re e del Duce furono definite «meticce» o «mezzosangue» perché figlie di matrimoni «misti». Ho accennato a queste vicende personali da me già raccontare un paio di anni fa nel libro «Insieme nel buio» perché, avendo patito il fascismo in più di un modo, guardo indignata a quanto sta accadendo: e mentre come cittadina chiedo al presidente Berlusconi se è questo il tipo di garanzie che egli ha promesso a quella parte di popolazione che dubita della sua politica, mi domando se lo sdegno, quello che leva la voce come una marea impetuosa, non fa più parte della natura di noi italiani.

Franca Faldini, «Corriere della Sera», 17 maggio 1994


Caro Oreste, a proposito della trasmissione «Emozioni Tv» andata in onda il 10 maggio 1995: la superficialità e l'approssimazione con cui è stato trattato Antonio De Curtis (Totò) nel corso di una breve rievocazione per altro annunciata già dal giorno precedente e il di lui surrealismo poetico riemerso proprio grazie alla irripetibile sensibilità di Pasolini mi hanno sbalordita soprattutto perché la trasmissione non è condotta da novellini sprovveduti...

Franca Faldini, Roma

Lei ha perfettamente ragione di protestare, gentilissima signora. A mia volta, mi scuso di pubblicare la sua lettera con un così grave ritardo. La colpa è solo mia, data l'enorme confusione cartacea che provoca l'aumento delle lettere che mi pervengono. Il suo fax trasmessomi dalla redazione era finito tra altri fogli. Per quel che può contare, mi associo alla sua appassionata protesta: «Quale compagna degli ultimi quindici anni di vita di questo grande artista, quale donna che con lui ha condiviso le luci della ribalta e la cecità, insomma le cose bellissime e ferenti di una vita di coppia, il modo in cui egli continua a essere sfruttato dai mass media non può che addolorarmi...». Purtroppo, chi ha donato con la sua arte più emozioni al pubblico, spesso è anche il più sfruttato. Non dovrei neppure ricordarlo a lei che, oltre che al ricordo di Totò, ha dedicato una parte della sua vita a ricostruire la storia del cinema italiano, ricercandone le fonti e seguendone i risultati di critica e pubblico. Lei sa e ci insegna che, tra certa critica e pubblico, è sempre il pubblico ad aver ragione.

La critica a ogni film di Totò non mancava di deplorarne il regista e gli sceneggiatori e assicurava che Totò non arrivava ad esprimersi come avrebbe potuto se fosse stato servito da produttori più importanti; e poi, invece, quando di Totò si sono occupati i grandi registi, i grandi sceneggiatori, eccetera, quella stessa critica è stata capace di sostenere che era migliore il Totò di prima, più libero di fare, non umiliato dalle visioni altrui. Sono i soliti giochetti che a qualcuno danno l'illusione di esser più furbo e, quindi, più intelligente d'altri. Ma tra furberia e intelligenza c'è una bella differenza. E anche tra intelligenza e amore. Totò lo si ama, anche quando viene sfruttato malamente. C'è qualcosa di lui che misericordiosamente salva sempre lo spettacolo.

Oreste del Buono, «La Stampa», 28 maggio 1995


Valeriona & Albertone strana coppia a ritmo di tango

È la storia di un vecchio ex progettista delle Fs travolto da una ragazza che gli fa la corte. All'inizio lui scappa, sente puzza di bruciato, ma poi... «Se mi capitasse nella realtà non la respingerei».

A sorpresa ritorna la Faldini

Franca Faldini toma al cinema a 42 anni da «Siamo uomini o caporali?». Bella, elegante, spiritosa, la moglie di Totò ha accettato volentieri l'offerta di Sordi. «Pensavo fosse uno scherzo. Poi ho capito che poteva essere divertente. Ma non parliamo di ritorno, per cortesia. Qui inizia e qui finisce, anche pervia dell'età», dice l'ex attrice che da anni ha preferito dedicarsi alla scrittura. «Ho lasciato il cinema conscia di regalargli un'attrice cagna in meno e una spettatrice in più», aggiunge. Ma sbaglia: nei panni di Alessandra, la signorile moglie del protagonista, sarà perfetta.

ROMA.

Nasce una nuova coppia cinematografica: Valeriona & Albertone. Piacerà al botteghino? Difficile dirlo, qui mancano le anguille birichine di Bambola e tra i due ci sono quasi cinquantanni di differenza die si vedono tutti. Ma il bello della storia - a sentire l'entusiasta Sordi - sta proprio lì: nel contrasto anche comico che dovrebbe crearsi sullo schermo. Lunedì prossimo partono a Cinecittà le riprese di Le occasioni perdute, titolo crepuscolare per quella che il comico romano continua a definire «una commedia gioiosa sulla vecchiaia». Archiviato il malinconico vetturino a cavallo di Nestore, l’ultima corsa, Sordi torna al cinema nei panni di un tranquillo pensionato «dalla felicità rassegnata» la cui vita viene travolta da un'avvenente ragazza conosciuta in treno. Un classico? «No, perché Armando sin dall'inizio è diffidente, sospettoso. Sente puzza di bruciato. Non è uno di quei vecchi mandrilli che pagherebbero qualsiasi afra per avere accanto una bella bionda. È un uomo per bene, felicemente sposato con signora aristocratica attiva nel volontariato. Non ha stimoli, eccitazioni, vive la pace dei sensi. Ma nel contatto con Federica vedrete che qualche tentazione affiorerà».

Seduta accanto a Sordi e alla bentornata Franca Faldini, nella saletta del nuovo Cinefonico di Cinecittà, Valeria Marini è la più gettonata dai fotografi. Camicia bianca, pantaloni attillati blu, capelli raccolti e occhiali neri d'ordinanza, la più amata dagli italiani ascolta Sordi («Le ho chiesto di fare se stessa, di dimenticare di essere stata una soubrette», dice l'attore convinto di farle un complimento) e tradisce qualche nervosismo: «Non è vero che faccio me stessa, come dice Alberto, lo sono un'attrice. Semmai cercherò di trovare qualche lato del mio carattere che s'avvicina al personaggio del film». Ma poi, intuendo che il clima dell’incontro rischia di invelenirsi un po', improvvisa un sorriso: «Recitare con Sordi sarà eccitante. È come avere accanto un monumento. E poi è anche un buon partito».

Chissà se Albertone gradisce. Ma sta al gioco e anzi, dopo aver reso omaggio alla bellezza burrosa della partner, si spinge a paragonarla addirittura a Wanda Osiris. Con un sovrappiù di malizia. «Da giovane fed l'ultima rivista con lei. Era magica, ammaliante, e poi quella pronuncia... Non si capiva da dove venisse. O meglio lo capivi solo quando inciampava su qualche gradino e se ne usava con un "Li mortacci sua..."».

Magari sullo schermo la coppia funzionerà meglio. Sembra quasi di vederli duettare l'austero ex progettista delle Fs poco incline al sorriso e la scalpitante infermiera dalla fisicità avvolgente. E ovviamente lei finirà col trascinarlo in situazioni sempre più imbarazzanti. Ma Sordi non vuole fornire dettagli, parla anzi di una coloritura «gialla» e promette un epilogo a sorpresa che scioglierà l’enigma. Ci sarà, comunque, l'annunciato tango argentino che prima doveva dare il titolo al film: «Una scena determinante», ammette l'attore, «che provocherà una scintilla nei sensi un po' addormentati dell'uomo». E qui l'attore ne approfitta per tessere un nostalgico elogio del ballo, di quel romantico «corpo a corpo» sulla pista della Sala Pichetti che permetteva la conquista amorosa: «Oggi purtroppo i giovani vanno solo a ginnastica e poi ballano coi muri, da soli», ironizza, rassicurando i cronisti sulla temperatura erotica della storia. «Non ci saranno scene di sesso. L'amore nei miei film si estrinseca a porte chiuse», aggiunge lo scapolone d'Italia. E nella realtà? «Beh, se mi capitasse l’occasione di essere sedotto da una ragazza come Valeria, oggi non la respingerei».

Prodotto da Aurelio De Laurentiis e scritto come sempre insieme a Rodolfo Sonego, Le occasioni perdute dovrebbe essere pronto per febbraio. Magari non sarebbe male ritoccare il titolo, che non invita certo al sorriso, e anzi respinge un po', come riconosce lo stesso Sordi: «Se strada facendo ne verrà fuori uno migliore, lo cambieremo».

Michele Anselmi, «L'Unità», 3 ottobre 1997



Rievocazioni: il mio Totò

Il divano-alcova del camerino. Le idee politiche. Semicieco sul palcoscenico. L’incontro con Pasolini. La filosofia. Franca Faldini, la donna che gli è stata al fianco per 15 anni, racconta un Totò inedito.

L'aveva conosciuta come una delle tante belle ragazze passate per la sua vita, mandandole un gran mazzo di fiori e facendosela presentare da un amico comune dopo aver visto la sua foto sulla copertina di un rotocalco. Nel 1952, quando si incontrarono per la prima volta, Antonio De Curtis, Totò, era un attore di 53 anni al culmine del successo e Franca Faldini una bella attricetta di vent'anni, con qualche film leggero alle spalle. E invece vissero assieme 15 anni, fino alla morte di Totò, nel 1967, senza mai sposarsi, « convivendo in allegria e scandalizzando l'Italia benpensante ». Viaggiarono, vissero gli anni allegri della Roma di via Veneto e quelli bui della malattia e della cecità di Totò, litigarono violentemente, ebbero anche un bambino che nacque morto, spesero molti soldi e non si lasciarono mai.

Per la prima volta Franca Faldini ha raccontato i suoi anni con Totò in un libro che sta per uscire da Feltrinelli Totò: l’uomo e la maschera, dove il grande attore viene anche esaminato sotto il profilo critico da Goffredo Fofi.

Nelle memorie di Franca Faldini, di cui Panorama pubblica in anteprima alcuni estratti, esce un ritratto di Totò assolutamente inedito, ricco di particolari sconosciuti sulla sua vita privata: per la prima volta, per esempio, viene raccontata la storia della sua curiosa convivenza prò forma, durata 10 anni, con l'ex-moglie Diana Bandini Rogliani, da cui aveva ottenuto il divorzio, solo per non far soffrire la figlia Liliana. Con il patto che nessuno dei due si sarebbe risposato fino a che la ragazza « non fosse uscita sposa dalla famiglia » (Diana poi tradì l'impegno sposando pochi mesi prima del matrimonio della figlia un avvocato amico di famiglia, con enorme indignazione di Totò).

Ma soprattutto esce il ritratto autentico di Totò nella vita di tutti i giorni, nelle sue manie, meschinità e generosità, nel suo enorme amore per il teatro (« Quando attraversava il palcoscenico immancabilmente si toglieva il cappello "perché per l’attore il palcoscenico è un tempio” », ricorda la Faldini) e del suo disprezzo appena velato verso il cinema. E poi giudizi, aneddoti su personaggi famosi, tic e manie che permettono di capire molto più a fondo un attore da qualche tempo al centro di un grosso revival anche presso il pubblico dei giovani di sinistra, degli intellettuali, che l’avevano sistematicamente ignorato durante la sua vita.

Gli esordi a teatro

Scritturato allo Jovinelli (una delle più famose sale d’avanspettacolo di Roma, ndr), Totò prese possesso del camerino che gli era stato assegnato, vi trasportò una bracciata di abiti risicati, il cappelluccio e la stringa da scarpe in sostituzione della cravatta che praticamente rappresentavano il suo intero corredo scenico e collocò sul ripiano sotto lo specchio la scatola di latta che sarebbe rimasta, anche negli anni dei massimi successi, il suo astuccio portatrucchi... La sera del debutto, ancora prima di vestirsi per il numero, Antonio sbirciò la sala illuminata dal sipario scostato. Anche questa, nel futuro, sarebbe diventata una sua abitudine...
« Questa è l’occasione mia, adesso o mai più. In bocca al lupo, e crepi questo lupo, Totò », si augurò uscendo in scena al suo turno, « con la vista sfarfallata per le luci e le orecchie che mi ronzavano per il cardiopalma, tanto che a stento riuscivo a sentire l’orchestra ». E fu il successo. Alla conclusione del numero venne giù il teatro. Battimani, chiamate, richieste di bis.

Contaminato da quell'entusiasmo, drogato dal fragore degli applausi, quella sera e le sere dopo, mentre il contratto gli veniva prolungato e la retribuzione saliva, continuò a prodigarsi in una mimica sempre più disarticolata, fino all'esasperazione di uno scatto che lo catapultava su per il velluto del sipario, arrampicato e spenzolante. Dopo pochi giorni mezza Roma parlava del « comico caucciù », del « burattino di gomma », che faceva impazzire gli spettatori dello Jovinelli.

Totò diventa principe

Oltre al successo, a euforizzarlo persino maggiormente aveva contribuito un avvenimento di stretta natura privata. Don Peppino suo padre lo aveva finalmente riconosciuto. Adottato in un primo tempo dal marchese Gagliardi, egli era a tutti gli effetti civili, legali e umani Antonio De Cur-tis, principe e marchese... (Fino a quel momento Totò aveva portato il cognome della madre, Anna Clemente, una ragazza del popolo napoletana che lo aveva cresciuto in un ambiente poverissimo sognando per lui un avvenire da prete o da ufficiale di marina, ndr). Ormai era famoso. Guadagnava parecchio, spendeva a piene mani con la spensierata noncuranza di chi mai prima ha potuto permetterselo, si inondava di Tabac blond, cambiava d’abito e di camicia tre volte al giorno, girava su un'auto come un pericolo pubblico e regolarmente finiva fuori strada.

Totò e le donne

Era stato un grande donnaiolo. Nei suoi camerini di teatro non mancava mai un divano. Se non c’era lo richiedeva. Il divano di Totò, diventato proverbiale fra i trovarobe, non serviva per le componenti della compagnia. Con queste intratteneva rapporti formali, improntati a un cameratismo rispettoso, una garbata galanteria. Qualsiasi complicazione erotico-sentimentale era rimandata a fine tournée. « Certi frizzi all’interno di una comunità per mesi a stretto contatto di gomito nuocciono », affermava. « Creano zizzanie, rivalità... Ma quante ne vengono durante l'intervallo, signore o popolane, che magari lasciano la famiglia o il fidanzato in platea e fra una risatina e un Sa sono una sua ammiratrice, Mi darebbe un autografo, Ma no via su, Cosa combina, quando ne vale la pena finiscono là sopra. E magari subito dopo essersi rassettate l’abito sgualcito, quelle schifose tornano fra il pubblico e si scandalizzano per la nudità delle ballerine ».

La donna era la sua idea fissa. Raccontava che al tempo in cui era una vedette del café-chantant, risparmiava nella stagione invernale stipando « in una valigetta di cartone quei biglietti da cento lire grandi quanto lenzuola, e poi con i primi caldi sparivo, chi si è visto si è visto, e me li andavo a scialacquare con quella che mi piaceva. Quando la valigetta era vuota mi rimettevo a caccia di scritture ».

Continuò così anche quando la valigetta di cartone non restò che un lontano ricordo soppiantato da un conto in banca... Uno degli episodi più importanti della vita sentimentale di Totò fu quello con Liliana Castagnola, una bellissima vedette scritturata dal teatro Santa Lucia. La Castagnola, così la additavano i passanti quando usciva in passeggiata sulla Rolls, dono di uno spasimante, possedeva gioielli, ermellini, cincillà e persino un aereo personale... Era la « femme fatale » per antonomasia, si raccontava che avesse ispirato Guido da Verona per il suo Mimi Bluette. Nel dicembre del 1929, la sera in cui era comparsa in un palco del Nuovo per assistere a un lavoro con Totò, tutti gli occhi le si erano appuntati addosso... Al termine dello spettacolo Liliana aveva espresso a Totò la sua ammirazione con un cenno scritto, a cui lui aveva risposto ricambiandola con un cesto di fiori. Poi si erano conosciuti, avevano parlato fitto fino all’alba... erano divenuti inseparabili. A far finire la storia era stato poi Totò stesso, provocando una reazione disperata della Castagnola, che si era suicidata con una dose massiccia di Veronal dopo avergli scritto un ultimo biglietto: « Grazie per il sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno. Te lo avevo giurato e mantengo... ». Totò, sconvolto da questa morte, chiamò poi Liliana, in memoria della Castagnola, la sua unica figlia.

Totò e la politica

Politicamente non era impegnato e anzi era quasi impossibile puntualizzare il suo pensiero. Sosteneva anche che « l’attore ha oltretutto il dovere di essere apolitico poiché campa al servizio del pubblico che, si presume, ha un suo credo e deve divertirlo sfottendo questo o quello senza urtargli la sensibilità... ». Comunque fra le pareti di casa nostra molti politici dell’epoca avevano un soprannome e con questo erano sempre indicati da lui. Giovanni Gronchi era Piede 'e Papera, Gava e Zaccagnini, che a quei tempi venivano ripresi invariabilmente in coppia, i fratelli De Rege. De Martino O’Cane 'e presa, cioè il molosso napoletano, Berlinguer Stanlio, Nilde Jotti la Pacchiana, Andreotti L’Aspirante Sagrestano, Leone O’ Paglietta, Fanfani Centocervelli, Emilio Colombo, sempre azzimato e inappuntabile, Cacabene, Paolo VI invece, che ogni minuto si affacciava benedicente al balcone, era l’Orologio a cucù...

Totò diventa cieco

Antonio divenne cieco in scena, sulle tavole del Politeama a Palermo, vestito da Napoleone, a tre passi da me che gli ero accanto nello sketch del cocktail-party... Notai che batteva le palpebre come per togliersi un corpo estraneo dagli occhi e voltava per un attimo le spalle al pubblico guardandosi attorno con le pupille sbarrate. Poi sottovoce, pacato, con quel tono impercettibile con cui in scena, fra una battuta e l’altra, ci si comunica a volte i fatti propri, mi disse: « Non ci vedo, è buio pesto ». Nessuno se ne accorse in sala. Accelerando i tempi, tagliando battute, con una vitalità selvaggia caricò se stesso in una mimica frenetica che fece delirare il pubblico e, tra le ovazioni di un teatro impazzito che urlava « Totò, si ’na muntagna ’e zuc-caru », si avviò a intuito verso le quinte mentre il sipario si chiudeva lento, per ritornare più volte sul palcoscenico a ringraziare la platea, le file di palchi e il loggione neri di folla e illuminati a giorno che lui, però, non distingueva più. (Totò poi rimase per più di un anno senza vedere e solo dopo molte cure riuscì a riacquistare parzialmente ima parte della vista, restando però in pratica semi cieco fino alla morte, ndr).

Totò e il cinema

Totò guardava al cinema con sufficienza ironica. E mentre lo ritenne sempre un astuto ; marchingegno fabbrica-soldi non riuscì mai a valutarlo vera trasposizione artistica per un attore.
Fra i registi il suo ideale massimo era Fellini, il Fellini di Zampano, e la sera in cui lo conobbe a un dopocena a casa di qualcuno se ne stette ad ascoltarlo zitto, ammirato e intimidito, quanto un principiante alla presenza di un maestro. Ma da Fellini una proposta non gli venne mai. Tutto sommato i registi e gli attori di statura, che dopo la sua scomparsa diedero fiato alla bocca per strombazzare da microfoni e quotidiani il rammarico vero o ipocrita di non essere riusciti ad averlo a fianco lo ignoravano. Antonio lo sapeva, lo avvertiva e spesso diceva con amarezza: « Vedrai, quando sarò morto e non più scomodo per nessuno daranno la stura ai paroioni e... Non vanno sempre così le faccende a casa nostra? Questo è un bellissimo paese in cui però uno ha da morire per essere compreso... ».

Il suo incontro con Pasolini giunse tardi, quasi troppo, pelo pelo per dargli almeno la soddisfazione di un grosso riconoscimento artistico. Si conobbero in casa, fu Pasolini a recarsi da lui, di sua spontanea volontà, umilmente, come non sempre tanti registi qualsiasi. Antonio lo attese nervoso. La prospettiva di conoscere un uomo di cultura lo metteva a disagio, quasi si attendesse di essere sottoposto a un fuoco di fila filosofico-letterario. A impensierirlo ulteriormente c'erano le voci di certe tendenze di Pier Paolo perché « io lo so, con i recchioni mi ci piglio poco, sono troppo puttaniere per poterli sopportare ».

Pasolini arrivò puntuale, scortato da un Ninetto Davoli agli inizi della carriera, ricciuto quanto una pecorella e inguainato in un paio di jeans sudici dalla patta stinta. Sedette in poltrona, venne servito il caffè e cadde un mutismo imbarazzato, rotto di tanto in tanto da qualche osservazione sbocconcellata delle più banali... Dopo un’ora di questo stento si congedarono e Antonio, con un sospiro di sollievo, afferrò una pompa di Ddt e lo spruzzò sul posto occupato da Ninetto esclamando: «Porca miseria, i suoi jeans sozzi mi fanno schifo... ». Quello fra Totò e Pasolini fu l'incontro di due timidi, complessati ognuno a modo suo. E su questa base si instaurò un rapporto di reciproca stima e comprensione.

La sera di crudo inverno in cui Antonio rincasò infreddolito e stanco dalle sequenze di Uccellacci e uccellini e raccontandomi la sua giornata disse: « Pierpà mi ha fatto ripetere la scena della corsa solo due volte », capii che il sodalizio cinematografico si era trasformato in amicizia. Totò chiamava raramente per nome i suoi registi, e ancor più raramente li trattava con il tu. « Mica per niente, ma perché a me piacciono le persone e quelli sembrano tutti personaggi ».

La filosofia di Totò. Spesso affermava di ritenersi lieto di aver fatto per mestiere il comico perché la comicità aiuta la gente a prendere la vita come viene e gliela rende più accettabile. E a proposito della comicità e della regola base per divenire un comico disse una volta testualmente: « Io so a memoria la miseria e la miseria è il copione delia vera comicità. Non si può far ridere se non si conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l’amore senza speranza, la disperazione della solitudine di certe squallide camerette ammobiliate alla fine di una recita in un teatrucolo di provincia. E la vergogna dei pantaloni sfondati, il desiderio di un caffelatte, la prepotenza esosa degli impresari, la cattiveria del pubblico senza educazione. Insomma, non si può essere un vero comico senza aver fatto la guerra con la vita ».

"Panorama", 18 ottobre 1977


Franca Faldini: «La mia vita, con furore»

Gli occhi di Franca Faldini sono di color cangiante tra il viola e il turchese a seconda degli umori e del tempo. Parla delle sue origini, figlia di un padre israelita e di una madre cattolica. Anzi, di padre giudeo e madre ariana, come diceva l’Italia fascista quando applicò le leggi razziali. La bambina degli anni tristi ora e una signora di sessantanni che gioca sorridendo con i capelli grigi e affascina ancora. Una signora dai molti ricordi: Hollywood, la via Veneto degli anni ’50, registi italiani come De Sica e Zampa, i quindici anni di amore trascorsi accanto a Totò fino alla sua morte, i libri scritti sul cinema. Tanti bei ricordi che però non hanno mai cancellato il rimpianto per il lungo tempo rapinato dal razzismo e dalla persecuzione.

Franca Faldini ha voluto proprio i suoi speciali occhi sulla copertina di Insieme nel buio (in uscita presso Tullio Pironti editore). «Annuso nell’aria odore di intolleranza, di fastidio per i diversi. Osservo come trattiamo gli immigrati, leggo certe scritte antisemite ricomparse sui muri di Roma. Ho paura. E’ ora di raccontare la mia storia, mi sono detta, forse servirà a far riflettere qualcuno». Ecco com’è nato il libro.

La tragedia è storica e familiare insieme, spiata dal buco della serratura proprio come fanno i più piccoli. Mezze frasi buttate lì, un pianto soffocato, le rassicuranti abitudini borghesi sconvolte da una furia imprevista. La storia comincia col contrastato amore tra Davide, il padre, e Costanza, la madre. Si chiude con la lettera di un prete che cita Leopardi per annunciare la fine delia tremenda tempesta.

La storia di Franca (così si chiama la protagonista di questo romanzo di trasparente autobiografia) è simile al racconto di mille altri perseguitati. «Ma di noi meticci, di noi mezzosangue hanno scritto e parlato in pochi», spiega l’autrice. Il padre perde il lavoro di rappresentante di tessuti e sua moglie ne prende il posto. Salvo poi perderlo a sua volta quando le restrizioni si fanno più dure. La fuga in campagna e il tentativo di «mettere le cose a posto», soprattutto per salvare la bambina, con un matrimonio in Chiesa.

A Franca capita di tutto. La discriminazione a scuola e l’odio degli altri genitori. Il mancare per puro caso il rastrellamento nazista degli ebrei appena rientrata a Roma il 17 luglio 1943. «Da allora ho scelto il 17 come portafortuna», racconta.

Il balzo nella «vita vera» avviene subito dopo la fine del buio. Arriva il dopoguerra. Esplode il sogno di via Veneto, una passeggiata obbligata per lei che abita nell’elegante via Lazio, grazie a una ritrovata agiatezza economica. «Mi rivedo come una ragazzona alta e bruna. Il contrario della media italiana. Dunque colpivo. Era il 1948 quando De Sica fermò la mia carrozzella per parlarmi. Eppure, lo giuro, bellissima non ero».

Capita a Montecarlo ed è damigella al matrimonio di Errol Flynn. Per dimenticare un amore sfortunato, viaggia in America. Approda a Hollywood nel 1951, dove il produttore Hal Wallis la definisce «exotic type», un tipo esotico. Firma un contratto per sette anni, ma lo rompe dopo un anno.

Il cinema, fantasioso contraltare della discriminazione. Quindi simpatico: «Soprattutto lontano anni luce dall’intolleranza. Ebrei, negri, omosessuali: mai sentita una parola contro le diversità». Torna in Italia e nel 1952 conosce Totò. Altra scelta controcorrente. Bella e giovane, ma assai più adulta dei suoi ventun anni. Lui, di anni, ne ha trentatré di più. L’incontro è tra due solitudini che si riconoscono e subito familiarizzano. Seguono quindici anni di affetto «senza un attimo di noia nè di fatica. Mi faceva sorridere chi diceva 'poverina, con un uomo tanto più anziano’. Non capiva niente».

La morte di Totò la riscopre ancora una volta «diversa»: «Non sposai mai Antonio De Curtis. Quando arrivò il sacerdote per benedire il suo corpo, fui allontanata dopo quindici anni di vita in comune, perché non ero sua moglie. In un istante mi risentii di nuovo differente, una specie di marziana».

Un addio senza rimpianti al cinema, quindi l’inizio di una pagina nuova. Prima traduce, poi comincia a scrivere per sé. Racconta in due volumi L'avventurosa storia del cinema italiano con Goffredo Fofi e ricostruisce le vicende di Totò. Adesso l’esordio nella narrativa. Insieme nel buio è il figlio prediletto. Potrebbe diventare un film, un giorno. «Sono emozionalissima e stremata come dopo un parto. Lì dentro c’è tutta la mia esistenza».

Una vita che prosegue a forza di colpi di scena. Per esempio, il suo matrimonio, quindici anni fa, con Nicolò dei principi Borghese. «Lo amo come uomo, sinceramente potrebbe essere chiunque. Sto con lui per scelta quotidiana e non certo per un vincolo sancito».

«Non c'è niente di più osceno del razzismo. Non sono ebrea né cattolica, non pratico religioni. Riconosco Dio in una bella giornata, in un fiore o in un passante. Siamo creature destinate a morire, marionette nelle mani di un grande burattinaio. Lui decide quando tagliare i fili e farci afflosciare. Tutti per terra, tutti uguali. Un bianco, un nero. Un occidentale, un orientale. Un ebreo, un cristiano, un musulmano. Chi è meglio di chi, e perché? E’ una follia. Parola di meticcia mezzosangue che ha sofferto e racconta».

Paolo Conti, «Corriere della Sera», 31 marzo 1991


Dimenticare Totò

«Racconto il razzismo», parla la Faldini: un libro, non sull'attore.

Gli occhi di Franca Faldini, chiari, luminosi, severi, sono ancora bellissimi. E proprio ai suoi occhi è dedicata una breve poesia in napoletano di Totò. Il manoscritto, incorniciato su un tavolino del salotto, è il solo segno tuttora visibile della presenza nella sua vita del grande attore: quindici anni, tutta la gioventù, passati accanto a lui. Molte, invece, sono le fotografie che la ritraggono accanto al marito, Nicolò Borghese, o che la mostrano giovane con la madre, il padre, o più adulta con il suo cane.

E' evidente, in questa scelta di ricordi, che Franca Faldini ha chiuso ormai tra due parentesi l'unione con Totò. Quando un paio d'anni fa s'è messa a scrivere il suo primo romanzo, dopo la storia del cinema fatta con Goffredo Fofi, ha scelto di parlare della sua infanzia in un racconto che è autobiografia fedele, punteggiata qua e là da particolari di fantasia. «Non credo potrei mai scrivere qualcosa come "La mia vita con Totò". Lo trovo volgare e insignificante. Quale interesse potrebbero avere i miei sentimenti di allora? Interessante è raccontare lui, il personaggio, scovarne i pensieri, metterne in luce gli aspetti segreti: ma questo l'ho già fatto con Totò l'uomo e la maschera uscito da Feltrinelli. Adesso basta».

Il romanzo, Insieme nel buio (edito da Pironti), è dedicato alla madre Costanza e al padre Davide. Affronta il tema della discriminazione razziale e delle persecuzioni contro gli ebrei in Italia, durante il fascismo e la guerra. Franca Faldini è figlia di madre cattolica e di padre ebreo: era, come si diceva allora, una meticcia. L'idea del libro le è stata suggerita dagli spunti di intolleranza ricomparsi nella nostra società: verso i negri, gli omosessuali, i meridionali e Totò con Franca Faldini all'epoca del loro matrimonio perfino, di nuovo, gli ebrei. «Sono rimasta sconvolta - spiega -, quando ho visto in tv i rappresentanti delle Leghe. L'Italia che ho conosciuto io non m'era mai parsa un Paese ferocemente ostile a ogni forma di diversità: che è successo in questi Anni Ottanta perché il Paese cambiasse tanto?». Nel libro, le figure principali sono quelle del padre e della madre, due commercianti romani a modo loro anticonformisti, liberi da qualunque pregiudizio, capaci di affrontare le ingiustizie forti del loro senso morale e della loro indipendenza di pensiero. Sullo sfondo la piccola Italia del fascismo, i suoi riti borghesi, il suo perbenismo, la sua grettezza, le miserie. «La fuga da Roma, l'abiura di mio padre, i nascondigli, il gran mistero che ero costretta a far in pubblico sulla mia nascita, il dover tacere con gli altri bambini, mi hanno lasciato solo una lieve ferita.

Quello che m'è pesato, e m'ha fatto diventare adulta prima del tempo, è stata la segregazione dalle compagne di giochi sopportata durante la guerra: il mio rapporto con Totò è nato dalla mia solitudine infantile, provocata dall'esser stata figlia di un ebreo, e dalla sua, figlio non riconosciuto dal padre». Attrice senza vocazione, lanciata da Hollywood negli Anni Cinquanta come tipica bellezza italiana, traduttrice per bisogno dopo la morte di Totò dal quale non aveva ereditato una lira, Franca Faldini sostiene di aver trovato una autentica realizzazione solo con la scrittura. «Mia madre ne sarebbe soddisfatta visto che si è sempre battuta per l'autonomia economica e psicologica della donna». Il prossimo libro? «Se avessi preso appunti, avrei potuto raccontare due miei cari amici famosi: Orson Welles e Errol Flynn. Ma potrei tentare di farlo a memoria».

Simonetta Robiony , «La Stampa», 11 maggio 1991


A sorpresa ritorna la Faldini

Franca Faldini toma al cinema a 42 anni da «Siamo uomini o caporali?». Bella, elegante, spiritosa, la moglie di Totò ha accettato volentieri l'offerta di Sordi. «Pensavo fosse uno scherzo. Poi ho capito che poteva essere divertente. Ma non parliamo di ritorno, per cortesia. Qui inizia e qui finisce, anche per via dell'età», dice l'ex attrice che da anni ha preferito dedicarsi alla scrittura. «Ho lasciato il cinema conscia di regalargli un'attrice cagna in meno e una spettatrice in più», aggiunge. Ma sbaglia: nei panni di Alessandra, la signorile moglie del protagonista, sarà perfetta.

«L'Unità», 10 febbraio 1997


Parla la rivale di Valeria Marini

INCONTRI / Franca Faldini che fu la compagna di Totò interpreta il film «Le occasioni perdute». «Impersonare la moglie di Alberto Sordi è un grande regalo»

In «Le occasioni perdute», scritto da Alberto Sordi con Rodolfo Sonego e da lui diretto e interpretato, Franca Faldini impersona la moglie dell’attore, diviso tra l'ormai quieto affetto per lei e vampate di desiderio, al ritmo del tango, per Valeria Marini. È stato Sordi a cercare questa bella signora asciutta, capelli brizzolati, occhi verdi, come ai tempi in cui Hollywood la voleva, ma lei lasciò tutto per ritornare in Italia e diventare la discreta compagna di Totò, il principe «malicomico» che regalava sorrisi. Oggi, sposata da molti anni a Niccolò Borghese, Franca non pensava più al cinema.

«L'ultimo film che ho interpretato — sorride — credo che risalga al 1954 e. se non sbaglio, si intitolava "Siamo uomini o caporali". No, non ho mai "fortissimamente" voluto essere una attrice, ma il cinema mi ha dato allegria, conoscenze interessanti, amicizie profonde. Come Sordi, a esempio, che Totò ammirava e amava perché lo reputava un grande, capace di passare dai registri comici a quelli amari e drammatici. Quando, però, ho trovato la chiamata di Alberto sulla segreteria ho pensato: "Certamente vorrà chiedermi di togliere qualcosa alla lunga intervista fatta per il mio nuovo libro. Che seccatura, sarò costretta a cambiare tutto!". E, invece...».

È passato del tempo da quando Franca veniva ricordata da tutti come la compagna di Totò. a lui legata per affetto profondo e non certo per capriccio o calcolo. Alla sua morte, la Fqldini si ritrovò a doversi cercare un lavoro e si armò di penna, visto che il fascino comunque lo conservava intatto, ma non le interessava ritornare a un ambiente che aveva volontariamente lasciato e tantomeno voleva dare l’impressione di speculare su una notorietà riflessa, che avrebbe potuto essere strumentalizzata da qualche regista.

Autrice di libri di cinema molto apprezzati, la Faldini ritirerà il 25 ottobre in Sicilia il Premio Benedetto Ioppolo, assegnato in passato a Dacia Maraini ed Enzo Biagi, per il suo ultimo libro «Roma Hollywood Roma Totò non soltanto» edito da Baldini & Castoldi. E presto sarà ristampata, aggiornata a oggi, «L’avventurosa storia del cinema italiano», da lei scritta con Fofi per Feltrinelli, prima di «Totò, l'uomo e la maschera» del quale è l’unica autrice.

Ma cosa ha dato o tolto il cinema a questa signora fiera del suo lavoro di giornalista-scrittrice? «Avevo vent’anni — racconta — quando incontrai alla Paramount un grande produttore, Hal Wallys, che aveva realizzato "Casablanca" e lanciato attori come Kirk Douglas e Burt Lancaster. Ricordo che mi vide e disse: "Exotic type. Would you test for me?’’. Nelle intenzioni, io avrei dovuto diventare una epigona di Dorothy Lamour, che stava invecchiando... In America ero andata anche perché avevo conosciuto Errol Flynn e sua moglie e al loro matrimonio ero stata damigella d'onore. Mi ritrovai con un contratto per la Paramount e... "in prigione”».

«Gli studios avevano leggi ferree: si doveva fare solo quello che ti veniva ordinato. Guadagnavo 120 dollari a settimana e ricordo che Billy Wilder un giorno mi fece una osservazione giustissima: "Ti assicurano di che vivere, ma ti danno anche la sicurezza di un carcere”. Me ne andai, dopo sei mesi. Ma molte amicizie sono rimaste e sono state profonde come, a esempio, quella con Errol Flynn, un uomo schiacciato dalla sua immagine. Il pubblico lo vedeva sempre come "simbolo fallico", ma lui sognava di interpretare ruoli drammatici e di poter recitare personaggi lontani dall’immagine di macho imposta dal mogul Jack Warner. Quali sono le personalità incontrate e che più mi hanno affascinato? Indiscutibilmente Orson Welles e Lauren Bacali, perché in tempi di bamboline, lo stile e il fascino erano davvero mescolati nella sua personalità».

«Non ho mal rimpianto alcunché — osserva — la vita con Totò è stata splendida. A volte, come in un bellissimo mosaico, mi capita di ricordare un colore, un volto. Come il giorno in cui Pasolini, accompagnato dal ricciolino Ninetto Davoli, venne a casa nostra. Totò, che s’inchinava sempre di fronte alla cultura, restò in silenzio. Fu rincontro, meraviglioso, di due timidi e mi ritrovai a parlare solo io».

E adesso, che cosa si aspetta da questo film e dalla sua moglie aristocratica e dedita al volontariato. Sorride la signora romana, con sangue ebreo da parte patema, e dice: «È stato un inatteso regalo. E cercherò di dare il meglio, senza fuggire i ricordi, né quelli in cui mi ritrovo in qualche ingiallita fotografia "Miss Torta di Formaggio" a Hollywood, premiata con un paio di calze d’oro, né quelli in cui, nella sua amatissima Napoli e nella sua molto amata Roma, aspettavo Totò di ritorno dal set, molto più felice di quando ero io ad andare sul set».

Giovanna Grassi, «Corriere della Sera», 10 febbraio 1997


Franca Faldini: da James Dean a Totò

Il battesimo hollywoodiano arriva quando Franca conosce Errol Flynn a Parigi. Un tipo "dedito all'alcol in dosi industriali" e più furbo di un ladro: "Adottava il trucco della vodka appreso dalla sua cara amica Ann Sheridan, anche lei una discreta spugna. Travasava la vodka nei vuoti dell'acqua minerale e così gabbava i medici fiscali e i produttori che in una clausola del contratto si cautelavano proibendogliene l'uso negli orari di lavoro". Flynn è iroso, violento al punto da apostrofare un povero doganiere un po' solerte gridandogli "lei riesce ad avere un orgasmo solo se si impone a un altro, vero? dia retta, ci sono sistemi molto più appaganti...". Nè si tira indietro quando si tratta di colleghi. Ecco cosa capita sul set di "Captain Fabian" a Nizza: "Flynn urlava a Bill Marshall che, dopo esserlo stato come attore, ora si ergeva in tutta la statura di nullità truccata da regista. Marshall rinfacciava a Flynn scorrettezze di ogni genere, dal set alle alcove". Sulla Costa Azzurra però c'è anche molta classe. Franca conosce Rita Hayworth, appena risposata ad Alì Khan, alla festa di nozze di Flynn. La Faldini le dice della sua amicizia con Welles ("ho chiesto di lei al suo ex marito, la sua risposta è stata tutta un inno!") e la Hayworth, soavissima, contraccambia: "Orson? Non mi sorprende, poichè so bene la sua lealtà". Poi parte l'aereo per Hollywood. Capita a casa Selznick, il produttore di "Via col vento", neo marito di Jennifer Jones. E' la Jones a deluderla. Solo lo sguardo è "quello tutto fremiti repressi della meticcia in "duello al sole". Per il resto lei e il gran produttore sembrano "due esseri succubi o coinvolti in un rapporto nevrotico", altro che la passione di cui si favoleggiava.

Altra delusione: Alan Ladd. La Faldini lo incrocia con Jean Arthur alla mensa Paramount: "Mai lo avrei riconosciuto, se la Arthur era piccola e minuta, Ladd mi parve addirittura sotto traccia, e non solo per la statura". C'è l'impatto con la finzione. Serate ufficiali combinate tra divi emergenti per riempire di pettegolezzi pilotati i taccuini di Louella Parson e Hedda Hopper. Talvolta i "lui" erano omosessuali non dichiarati. Per esempio Rock Hudson: "Sano e vigoroso quanto un corallo di prima scelta, e poi simpatico, uscirci non rappresentava certo un sacrificio". Franca scopre insomma che l'apparenza hollywoodiana inganna, come nel caso di Jerry Lewis: "Aveva estro, spiccato senso dell'umorismo su tutto e tutti fuorchè su se stesso. Colpivano la mancanza di umiltà, l'invadenza in ogni settore, il poco conto in cui teneva il parere dei tecnici che avevano alle spalle decenni di esperienza". In quanto alla dolcissima Anna Maria Pierangeli, che a Hollywood era Pier Angeli, obbedisce alla madre come un soldato: "Vigilava su di lei come il capo - eunuco di un harem sulla favorita, selezionandole amicizie, uscite, visite, flirt. Provai a chiamarla, riuscii a parlare soltanto con la madre". Non va bene nemmeno con Alida Valli: "La conobbi una sera al tavolino all'aperto di un locale... non disse molto nè parve gradire la mia intrusione". Una certa sera chiacchiera a lungo con un ragazzotto "schivo, imbronciato, smaccatamente miope, che sputava sentenze e rabbia su una vasta gamma di argomenti". La Faldini è entusiasta degli Stati Uniti e lui, rabbioso: "Fregnacce, tipiche fregnacce di tutti quelli che arrivando in un paese non guardano oltre le apparenze". Lei dovrà tornare in Italia, entrare in un cinema e vedere "La valle dell'Eden" per riconoscere James Dean. Per fortuna c'è Bob Hope ("nessuna spocchia, benchè da molti anni rientrasse nella rosa dei dieci attori campioni di incasso") pronto a ridere sul potere, a parodiare a uso e consumo notturno degli amici "la gestualità, le voci e le espressioni della famiglia del presidente Truman". E Marilyn? Ma si, nel libro c'è anche lei.

E appartiene alla lista delle delusioni. Marilyn le appare una studentessa di un campus: "Nè mi colpì per l'avvenenza delle forme, eccezionali soltanto nella parte superiore del corpo. In seguito pensai che la famosa camminata a ginocchia strusciate derivasse da un suo stratagemma per mascherare le bambe un tantino a X". Nel gennaio del '52 Franca torna a casa con la scusa di festeggiare il ventunesimo compleanno. Non tornerà mai a Hollywood. Lascerà cadere un contratto con la Rko, conoscerà il principe Antonio De Curtis, ovvero Totò, resterà con lui fino alla sua morte. Oggi scrive libri, saggi sul cinema, collabora a testate giornalistiche e radiofoniche, da anni è la moglie del principe Nicolò Borghese. Tutta la sua vita è cambiata. Gli occhi tra il viola e il turchese, invece, sono ancora quelli che videro Hollywood e stregarono Totò.

Conti Paolo, "Corriere della Sera", 19 marzo 1997


Sposò un comico nobile e fu felice

Totò volle conoscere quella ragazza dagli occhi luminosi. Diventata scrittrice, raccontò in modo assai interessante, insieme a Goffredo Fofi, L'avventurosa storia del cinema italiano

Quando, nel 1952, Antonio De Curtis incontrò per la prima volta Franca Faldini, giovane donna in cerca di nobiltà nel cinema, disse forse “Piacere, Totò”? O invece “Mi presento. Sono il Principe Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio”? Forse né l’uno né l’altro. Bastò un sorriso e Franca, già ben disposta, rispose con un sorriso che sicuramente aveva preparato, come dovesse andare sul set con il grande comico, gigante e aristocratico di antico lignaggio, riconosciuto tale dopo lunghi processi di rivendicazione. Ma il set non era per un film, era per amore.

Nel cinema, fra quelli che lo fanno o aspirano a farlo, ci si innamora come per procura, guardandosi in effigie. E fu così infatti che cominciò la grande storia d’amore che scese dai lenzuoli bianchi degli schermi alle alcove benedette dal matrimonio.

Fu una fiaba, quella vissuta da Antonio De Curtis, detto Totò, e Franca Faldini, appartenente a una famiglia romana che fuggì da Roma quando in Italia scattarono le leggi razziali, anno 1938. Fu l’incontro con un pittore americano, Ben Stahl, colpito dalla bellezza della giovane donna che aveva come biglietto da visita due occhi meravigliosi, ad aprire la strada di Franca, raffigurata in Momenti a Villa d’Este, illustrazione pubblicata sulla rivista Esquire. Seguì un viaggio negli Stati Uniti, dove la sua elezione a Miss Cheesecake 1951 (l’anno prima era stata la volta di Marilyn Monroe) valse a Franca una scrittura della Paramount. Non durò molto: stanca di aspettare una parte valida, tornò in Italia, e lasciò con una trovata comunicativa attualissima: “in America, nonostante una dieta ferrea, ho anche preso tre chili rispetto al mio Paese, dove mangio pasta e cibi italiani a volontà: proprio non capisco”.

Intanto, in Italia, nei concorsi di miss nascevano le dive: Sofia Loren, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida; e le dive sposavano i produttori. Per Franca andò diversamente. Dicono le cronache mondane, studiate per il grande pubblico, che Totò si accorse dell’esistenza di Franca dalle pagine con foto della bellissima e giovane attrice, stretta tra i due genitori, pubblicate dal settimanale "Oggi" . Totò le vide, non esitò. Volle conoscere quella ragazza dagli occhi luminosi, poco più grande di sua figlia Liliana.

L’amore divampò, in una atmosfera di scandali. I due amanti, in cerca di matrimonio, furono additati come pubblici concubini; e loro, per risolvere, finsero nel 1954 un matrimonio a Lugano. Nacque anche un figlio, Massenzio, che morì durante il parto. Franca si ammalò. Il cinema la salvò, dicono ancora le cronache, sintonizzate sulla fiaba incamminata verso il successo.

Il primo film, 1952: Totò e le donne. E, una dopo l’altra, anche senza Totò, pellicole di grandi firme come Rossellini, Steno, Monicelli...

Mario Mattoli la diresse in quel capolavoro di leggerezza e stile che è Un turco napoletano, da Eduardo Scarpetta, satira della borghesia ricca campana, in cui Franca è fra le adoratrici del “turco”, un supposto eunuco assunto da un possidente geloso fino alla morbosità per controllare le proprie donne: dalla moglie alle bellissima figlie. E proprio in questi giorni di dibattito sul “burkini” i social si rimbalzano la scena in cui Totò scopre le parti femminili nascoste, per gelosia, da costumi da bagno troppo... integrali. Fu un amore sincero, profondo, quello tra Franca e il Principe Antonio De Curtis detto Totò? Lo chiesi, così, senza pudore, direttamente alla Faldini, in un incontro che conducevo per un filmato realizzato da RaiSat Cinema, molti anni dopo la scomparsa del grande attore, quando Franca era diventata scrittrice raccontando in modo assai interessante, insieme a Goffredo Fofi, L'avventurosa storia del cinema italiano.

Lei rispose, serena, addolorata. Raccontò i giorni belli e i giorni della cecità di Totò. Parole profonde e commosse che si comunicarono tra le persone presenti nello studio. I suoi occhi ancora meravigliosi si bagnarono di lacrime. Anni di pazienza e dedizione. Ecco chi era la giovane signora De Curtis... e Griffo, Focas, e i tanti altri cognomi ereditati: una intelligente ragazza, bella e di talento, che imparò a vivere e non a sopravvivere, amando il nostro Charlot. Una storia tra le più belle, in quella magica, avventurosa saga che è stato il cinema degli schermi, ma anche dei segreti, e delle vicende poco note.

Italo Moscati, «Anima Italiana», 2016


Addio a Franca Faldini, la discreta compagna di Totò

Franca Faldini, morta ieri all’età di 85 anni (era nata a Roma il 2 febbraio 1931), se ne è andata in silenzio, con la riservatezza che l’aveva sempre contraddistinta, assistita dal marito Nicolò Borghese. Era stata attrice a Hollywood e poi a Cinecittà (un suo libro di memorie pubblicato da Baldini & Castoldi si intitolava Roma Hollywood Roma) poi la compagna di Totò per quindici anni, dal 1952 alla sua morte nel '67, e infine si era reinventata come giornalista e scrittrice, sempre con quell’eleganza e quella discrezione che avevano contraddistinto tutta la sua vita, privata e professionale.

Cresciuta in Toscana per sfuggire alle persecuzioni razziali (il padre era ebreo e a lei fu impedito di frequentare le scuole), la Faldini colpì l’immaginario di Hai Willis, il produttore di Casablanca, grazie a un servizio apparso su re: vedeva in lei un «exotic type» un po’ alla Dorothy Lamour e la mise sotto contratto con la Paramount, ma il suo maggior titolo di merito fu aver vinto la fascia di Miss Cheesecake, miss torta di formaggio, per l’esordiente più promettente.

Tornata in Italia per festeggiare i suoi ventuno anni, colpì l’immaginario di Totò grazie a un servizio su Oggi: i fiori e i biglietti galanti che le mandò furono i prodromi di una relazione che durò fino alla morte del principe. All’inizio aveva anche interpretato piccoli moli nei suoi film (Totò e le donne, Dov'è la libertà?, L’uomo, la bestia e la virtù, Un turco napoletano, Miseria e nobiltà sono i più importanti) ma quando si convinse che «era meglio che il cinema guadagnasse una spettatrice appassionata e perdesse un’attrice cagna» si ritirò a vita privata, vicina al suo compagno durante i duri anni della perdita della vista e fino alla sua morte.

Dopo la scomparsa di Totò, che non sposò mai per «la troppa differenza d’età» (33 anni) e per cui subì attacchi da ambienti bigotti e reazionari (tanto che fu messa in giro la — falsa — notizia di un matrimonio riparatore in Svizzera), la Faldini intraprese la carriera giornalistica insieme a Goffredo Fofi.

Col giornalista e saggista scrisse alcuni libri di notevole importanza e valore: Totò, l’uomo e la maschera (Feltrinelli, 1977) e soprattutto L’avventurosa storia del cinema italiano (Feltrinelli 1981; poi Cineteca di Bologna, 2009X un monumentale viaggio nel cinema di casa nostra fatto collezionando solo le dichiarazioni dei suoi protagonisti, moltissime delle quali raccolte appositamente da Franca Faldini.

Paolo Mereghetti, «Corriere della Sera», 23 luglio 2016



Video-omaggio realizzato dal nostro sito in occasione della scomparsa di Franca, avvenuta il 22 luglio 2016



Franca Faldini parla di Totò

Prima parte


Seconda parte


Riferimenti e bibliografie:

  • (EN) Franca Faldini, su Internet Movie Database, IMDb.com
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Nuova Stampa Sera», 3-4 marzo 1952
  • «Il Messaggero», 3 marzo 1952
  • «Il Piccolo di Trieste», 3 - 7 marzo 1952
  • «Il Messaggero», 4 marzo 1952
  • «Momento Sera», 4 marzo 1952
  • c. l., «La Nuova Stampa», 5 marzo 1952
  • «Momento Sera», 6 marzo 1952
  • «Noi donne», 16 marzo 1952
  • «Il Piccolo di Trieste», 30 maggio 1952
  • «Settimo Giorno», 2 luglio 1952
  • «Film d'oggi», 3 giugno 1953
  • «Corriere della Sera», 22 aprile 1967
  • Nedo Ivaldi, «Stampa Sera», 2-3 gennaio 1968
  • C. G., «Corriere della Sera», 4 aprile 1973
  • Mirella Appiotti, «La Stampa», 20 ottobre 1977
  • Gianni Rondolino , «La Stampa», 28 ottobre 1977
  • Sandro Casazza, «La Stampa», 29 ottobre 1977
  • «Corriere della Sera», 15 novembre 1977
  • Maurizio Costanzo, «Corriere della Sera», 16 novembre 1977
  • Franca Faldini, «Corriere della Sera», 17 maggio 1994
  • Oreste del Buono, «La Stampa», 28 maggio 1995
  • Michele Anselmi, «L'Unità», 3 ottobre 1997
  • "Panorama", 18 ottobre 1977
  • Paolo Conti, «Corriere della Sera», 31 marzo 1991
  • Simonetta Robiony , «La Stampa», 11 maggio 1991
  • «L'Unità», 10 febbraio 1997
  • Giovanna Grassi, «Corriere della Sera», 10 febbraio 1997
  • Conti Paolo, "Corriere della Sera", 19 marzo 1997
  • Italo Moscati, «Anima Italiana», 2016
  • Paolo Mereghetti, «Corriere della Sera», 23 luglio 2016