Lo sceicco bianco

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Roma, novembre

Ogni regista, si capisce, ha un suo particolare modo di dirigere gli attori, di manovrare, dietro la macchina da presa, le comparse e i generici, di comporre la scena di un film. C’è chi si sbraccia e mette a dura prova la sua ugola, chi, come Blasetti, usa autoritari e precisi comandi di non lontano militaresco ricordo; altri ancora (e tra questi Vittorio De Sica è il capofila) recita la parte agli attori e non spende molte altre parole per far capire quello che desidera; Soldati, poi, gesticola e nervosamente dispone, con un fuoco di fila di espressioni vivaci ed argute, un intero vocabolario dì messaggi; Rossellini, e con lui molti altri, alternano argomenti persuasivi di due tipi: dalla parolaccia passa con grande facilità al sorriso e alla preghiera più cordiale ed aperta.

1951 12 09 Noi Donne Alberto Sordi f1Alberto Sordi e Brunella Bovo sono gli interpreti principali del film diretto da Fellini. "Lo sceicco bianco", che descrive, in chiave satirica, il mondo dei giornali a fumetti. “Lo sceicco bianco" non è un film comico del tipo più comune che oggi impera nel nostro cinema: gli stessi interpreti hanno un ruolo caratterizzato, che riassume tutti i vizi e le caricature d un mondo artefatto, che certo deluderà molte delle lettrici appassionate dei fumetti. “Lo sceicco bianco" narra la storia d’una sposina che, nel bel mezzo del suo viaggio di nozze, ansiosa di conoscere il suo "divo" preferito, corre mille peripezie per uscire poi delusa dal regno della fantasia nel quale aspirava di poter entrare

Federico Fellini, che sta girando in questi giorni «Lo sceicco bianco», un film prodotto da Rovere che descrive in chiave satirica il mondo variopinto dei giornali a fumetti, è tra i registi del nostro cinema, quello forse più divertito del suo lavoro, delle sue «trovate», dell’effetto che i suoi suggerimenti provocano sugli attori. Quando il co-regista di «Luci del varietà» è dietro la macchina da presa un’atmosfera tutta particolare alla quale i componenti della troupe si adattano senza sforzo, magicamente si forma. Che questa disposizione generale giovi al lavoro di questo regista è quasi ovvio constatarlo. Ma c’è di più; e varrà certo la pena rilevare quanto il peso di un lavoro duro e faticoso come quello del cinema renda spesso gli attori disposti a seguire il regista anche nei momenti più difficoltosi. Brunella Bovo, protagonista del film, si è volentieri assoggettata a bagnarsi in questa stagione, e per giunta di notte, nelle acque non certo tiepide del Tevere nella scena del mancato suicidio; Alberto Sordi a sopportare i disagi a dieci metri di altezza di un’altalena fissata su due giganteschi pini di Fregene; Leopoldo Trieste, il commediografo che in questo film recita in un ruolo di primissimo piano, si è infine dedicato ad una serie di corse affannose, di charlottiana e lloydiana memoria, che il suo fisico non era certo abituato a sopportare.

Forse l’eco di questo incantevole accordo, del clima cordiale e sereno che regna fra gli attori e la troupe de «Lo sceicco bianco» devono essere trapelati agli editori, agli scrittori, ai disegnatori e ai cosiddetti registi e attori, a tutti coloro cioè che fabbricano quei giornali a rotocalco che vanno comunemente sotto il nome di «fumetti». Erano state scritte, infatti, da tutti costoro, lettere» indignate, piene di volgari insulti contro questo film che mette appunto in berlina il loro mondo, i loro segreti professionali, il meccanismo che questa gente ha creato e messo in moto per fabbricare questo nettare dolciastro e fortemente tossico del nostro tempo. E poiché queste lettere parlavano chiaro, poiché si diceva in esse che si sarebbe fatto di tutto per ostacolare il film, bisogna proprio dire che tutte queste minacce sono sfumate nel nulla di fronte alla imperturbabile calma di Fellini ed al sereno e laborioso atteggiamento della troupe.

«Lo sceicco bianco» non è tuttavia un film a tesi o un film di tono moraleggiante, come si potrebbe pensare. Fellini proviene dal campo degli umoristi, e il suo gusto e la sua educazione cinematografica (che sono nati nel clima del rinnovato cinema italiano del dopoguerra) inevitabilmente tendono a carpire dalla realtà i motivi della sua tavolozza, ma a spuntarli poi, a farli deviare in una sorta di sorridente satira, in un clima che sfocia più nella favola e nel lirismo che in un realismo ironico e pungente. D’altronde la presenza tra gli interpreti di un attore come Alberto Sordi non deve nemmeno sviare il lettore nel porre questo film in un genere che non gli appartiene. «Lo sceicco bianco» non è un film comico del tipo più comune che oggi impera nel nostro cinema: lo stesso Sordi interpreta qui un ruolo caratterizzato, si vorrebbe dire, due volte. Egli è infatti nel film uno di quei personaggi di una troupe dei fumetti, il divo massimo di questa troupe, e riassume in sè tutti i vizi e le caricature di questo mondo artefatto, di questo mondo che quasi contro voglia deve adattarsi ad essere il più possibile, appunto, falso e artefatto. E’ cosi che il pubblico viene afferrato, è così che milioni di ragazzetto comprano questi giornali, attratte da storie fotografate del tutto assurde e certo favola, incredibile sogno che fantasia possa mai concepire.

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Un soggetto che si presta dunque alla vena di Fellini, che nel cinema ha già portato un largo contributo della sua capacità di captare diretta-mente dalla realtà e dai personaggi che ha incontrato le osservazioni più straordinarie e originali. Terminata la sceneggiatura cui aveva collaborato Tullio Pinelli ed Ennio Flajano, ora Fellini si diverte a realizzare questo soggetto sfornando con una dovizia notevole di trovate che non sono però fine a se stesse, come può essere in un normale film comico, ma che servono a creare quell’atmosfera o di favola o di buffa satira.

Una favola moderna, insomma, sarà questo «Sceicco bianco», una favola moderna che avrà, sottintesa, la sua onesta e brava morale. Ma, più lirico che moralista, Fellini si è adoperato perchè il succo del suo discorso (rivolto, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, a quei milioni di ragazze delle quali sopra abbiamo parlato) venga fuori da sè, senza buttarlo nettamente in faccia allo spettatore.

Massimo Mida, «Noi donne», anno VI, n.48, 9 dicembre 1951


Noi donne
Massimo Mida, «Noi donne», anno VI, n.48, 9 dicembre 1951