Alberto Sordi vuol fare il cosmonauta
Dopo il film che sta girando e nel quale sostiene la parte di un commissario di polizia, Sordi andrà in America per un film diretto da Monicelli. Il suo sogno è quello di interpretare un personaggio spaziale
Sordi combatte sulle barricate dello spettacolo da una ventina di anni. Davanti a lui c’è il pubblico sempre in bilico fra gli osanna e i crucifige. Dietro ha la coorte demoniaca dei produttori che lo sospingono con forconi d’oro verso il commercialismo fine a se stesso. Non è una posizione comoda la sua: se fa un errore, la barricata può trasformarsi in rogo.
Un altro al suo posto si sarebbe seduto sulla poltrona dell’immobilismo: è dotato di una vis comica naturale, è simpatico, ha il dono della comunicativa. Avrebbe potuto tirare a campare. Ma a Sordi questo tipo di vita non piace e così continua a cambiar pelle, modificando piano piano, insensibilmente, la precedente, con una abilità che toglie agli altri la possibilità di beccarlo nel momento critico.
Non molti anni or sono un produttore al quale Sordi chiedeva un aumento di stipendio poteva rispondergli: «Ma che cosa vuoi tu che non arrivi a Milano?», cioè che non puoi
uscire da una ristretta cerchia di ammiratori. Oggi Sordi è la spina dorsale del cinema italiano. Come attore, s’intende. I suoi film hanno il dono del successo assicurato, non perchè s’appoggiano alle vecchie formule clownesche o agli espedienti della farsaccia fatti di battute salaci e di gesti facilmente equivocabili, ma per le ragioni contrarie. Sordi, specialmente negli ultimi anni, ha conquistato il pubblico impostando sullo schermo caratteri e affrontando situazioni, nuovi, attuali, quasi sempre legati alla cronaca. Dal tenente Innocenzi di "Tutti a casa”, a ”Il vigile” a ”Il moralista” il suo impegno critico si è esercitato su temi che scottano e la sua vis comica è stata messa al servizio del classico "castigat ridendo mores”. Queste intenzioni bisogna confessarle a bassa voce e magari negarle, se occorre, perchè la satira non è mai piaciuta in alto. Ma è chiaro il suo discorso.
Nei giorni scorsi Luigi. Comencini mi disse che Sordi aveva iniziato l'interpretazione di un nuovo personaggio nel film ”Il commissario”.
Per il suo nuovo film ”Il commissario”, Alberto Sordi si è dovuto mettere la parrucca: il copione esige infatti una pettinatura che non poteva essere ottenuta con i capelli dell’attore. Come si vede la parrucca conferisce a Sordi un’espressione completamente inedita. Il film è diretto da Luigi Comencini, che vediamo accanto a Sordi, mentre fanno colazione sul ”set”; la sceneggiatura è di Age e Scarpelli. Il personaggio femminile sarà interpretato da Franca Tamantini.
Così sono andato a vedere il nuovo Sordi: «Si, c’è del nuovo — ha confermato lui — il personaggio non è più negativo come in molti film precedenti, ma positivo. Perchè questo cambiamento? Perchè bisogna aggiornarsi. La situazione generale impone questi cambiamenti. Stiamo ritornando verso un certo romanticismo e il pubblico si disinteressa delle esasperazioni negative. Un attore deve prevenire i gusti del pubblico, offrirgli la materializzazione di certe aspirazioni generali e ancora vaghe prima che diventino lampanti... Io ho sempre messo tutto me stesso al servizio dello spettacolo pur mantenendo una mia indipendenza e non rinunciando mai alla mia personalità».
«Ma il tuo temperamento ti porterebbe a parteggiare per i personaggi buoni q per quelli cattivi?».
«Io non sono un idealista all’eccesso... tutto quello che faccio è in perfetto accordo con la mia personalità, con il mio carattere... E’ difficile corrompermi. portarmi fuori strada. Le modificazioni che apporto ai miei personaggi sono il frutto di una evoluzione interna, mai di una forzatura o di un compromesso. Del resto, facendo le coma, finora non ho mai sbagliato nell’analizzare me stesso e il pubblico... il mestiere ti dà una certa esperienza di cui bisogna saper fare tesoro. Io non brillo per eccessiva cultura, forse, ma credo di non aver mai ingannato il mio pubblico».
«E questo commissario che tipo è?».
«Molto su di lui non posso dire perchè la sua vicenda è legata al genere "giallo”, ma la morale dell’apologo è questa: per farsi valere non bisogna scoprire la verità, ma quella verità che fa comodo agli altri».
«E il tuo commissario capisce l’antifona in tempo?».
«No, tanto è vero che alla fine dovrà dare le dimissioni per un reato che non ha commesso... Insomma si tratta di un povero diavolo, in per-
fetta buona fede, ammalato di eccesso di zelo. Un giorno, mettendo a posto certe scartoffie, scopre che un omicidio archiviato come incidente stradale, è invece un assassinio vero e proprio. E qui comincia la sua avventura piena di guai. Tutti sanno che il commissario ha ragione, ma tutti sanno anche una cosa che il povero commissario non sa: quel delitto è bene che sia archiviato come incidente se no salterebbero fuori altre storie poco pulite che coinvolgerebbero in uno scandalo persone che di scandali non hanno bisogno. Ma il commissario, testardo e zelante, insiste. Finché gli si presenta un tipo che dichiara di essere l’assassino. Non è vero, il commissario sa che le cose non stanno come quel tipo gliele racconta. Ma le prove contrarie sono sparite. E allora, per salvarlo dalla galera, ricorre a un atto di autolesionismo che toma sì a suo onore ma che segna anche la fine della sua carriera. «Questa confessione non è vera — dice il commissario — gliela ho estorta con la violenza». Di fronte a questa dichiarazione il tribunale non può che mandar assolto l’assassino volontario. Ma il commissario, traendo le conclusioni del suo gesto, deve naturalmente rassegnare le dimissioni. La sua carriera è finita. Si sposerà, cercherà di arrangiarsi una nuova vita».
Il bello è che sotto tutta questa storia non c’è un assassinio ma un vero incidente. Soltanto che non è automobilistico come si credeva. Ma la mania di coprire la verità porta tutti a complicare le cose, a dare loro un colore fosco e tetro che in realtà non hanno. In conclusione il povero commissario perde il posto, non solo per eccesso di zelo, ma anche perchè la mania di mentire che è negli altri, lo porta a sospettare cose che in realtà non esistono. La realtà è spesso molto più semplice e pulita di quanto non finisca per apparire per opera di chi la teme.
Tutto qui. E scusate se è poco.
Anche la lotta giapponese fa parte delle nozioni che un poliziotto zelante come il commissario Lombardozzi (è questo il nome che Sordi ha nel film) deve conoscere. Ecco una scena in cui il commissario dà prova della sua abilità nello ”judo”. Per la parte di un funzionario di polizia, superiore del commissario, il produttore aveva fatto un’offerta a Giorgio Vecchietti, il giornalista che dirige i dibattiti di Tribuna Politica alla TV, che però non si è lasciato convincere. Lo farà, pare, Alessandro Cutolo.
«Il problema per me è rendere verosimile l’ambiente, dare a tutto il film un tono documentaristico e tenere legata a questo tono la recitazione di tutti gli attori — dice Luigi Comencini che Sordi definisce "regista umano” — per il resto devo affidarmi allo stile "garibaldino...”. Il film deve essere finito e pronto per le programmazioni a Pasqua. Il tempo che abbiamo a disposizione non è certamente eccessivo... ma i miracoli accadono ancora nel mondo del cinema.
«E l’attrice che dovrà diventare la moglie del commissario? So che eravate in difficoltà...».
«Eh, si, occorreva una ragazza romana, autoritaria, borghese, attraente e soprattutto brava come attrice, perchè non abbiamo tempo da perdere per fare esperimenti. Ancora una volta il miracolo è avvenuto: abbiamo trovato Franca Tamantini che ha tutti i requisiti richiesti dalla sceneggiatura e da me... E’ una delle poche attrici complete che abbiamo in Italia... sa fare di tutto: canta, balla, recita ed è bella. Non potevo sperare di meglio».
Anche Sordi è d’accordo. Appena finito questo film, l’attore partirà per gli Stati Uniti dove interpreterà "Un italiano in America” per la regia di Monicelli. «E’ un altro passo avanti — dice Sordi — c’è tutto un mondo da scoprire e da far scoprire allo spettatore... bisogna rinnovarsi continua-mente... ci sono gli astronauti nel cosmo».
«Non hai mai pensato a portare sullo schermo un astronauta?».
«Come no? Sono cinque anni che lo voglio fare un personaggio che va sulla luna».
«E perchè non l’hai portato sullo schermo?».
«Perchè ormai è tardi... sulla luna ormai ci stanno andando sul serio... Bisogna aspettare qualche cosa di nuovo, che ne so? Per esempio se qualcuno rimanesse nello spazio... Non sarebbe mica un cattivo spunto...».
Franco Calderoni, «Tempo», anno XXIV, n.12, 24 marzo 1962
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Franco Calderoni, «Tempo», anno XXIV, n.12, 24 marzo 1962 |