La Magnani non trova una figlia
Luchino Visconti non è ancora riuscito a scoprire la bambina che rappresenterà la parte di Maria nel suo ultimo film “Bellissima”
Roma, maggio
Mancano ben pochi giorni all’inizio delle riprese di «Bellissima», ma Luchino Visconti non ha ancora trovato la bambina che dovrà figurare nel film come la figlia di Anna Magnani. «Vorrei che le somigliasse», dice. «Non è facile trovarla. Mi piacerebbe che avesse i suoi occhi, il suo pallore, e inoltre un piccolo difetto di pronunzia». Una prima sceneggiatura intanto è stata ultimata. Luchino vi ha lavorato con grande gusto insieme a Suso Cecchi e a Franco Rosi, che è uno dei suoi fedeli assistenti. «Si sa come sono i soggetti di Zavattini», spiega. «Contengono sempre un’idea vitale, ma sono esposti in poche pochissime pagine, in questo caso tre in tutto. Sono anche scritti molto bene, in modo senz’altro convincente. E’ solo quando ci si imbarca nella sceneggiatura che uno si rende conto che altro sono tre pagine e altro trecento.
Ci vuole molta roba per riempire un film, caratteri, situazioni, dialogo, raccordi, trapassi, e tutto deve compiersi senza che mai il ritmo decada, mai perdendo di vista quella primitiva ispirazione che costituiva la carica vitale del soggetto». Zavattini segue il lavoro degli sceneggiatori per telefono, qualche volta trova il tempo per incontrarsi con loro, ma i film che portano la sua firma sono cosi numerosi a ogni stagione, che con la migliore buona volontà gli riesce difficile di mettere a pieno le mani in pasta in tutti quanti. In questo stesso momento, mentre Visconti prepara Bellissima, Autant-Lara lavora a Parigi alla sceneggiatura di Stazione Termini, e De Sica dà gli ultimi ritocchi a quella di Umberto D. Ci sono altre storie che stanno a cuore a Zavattini, come La conferenza, per esempio, o Buon giorno, elefante! o quella del villaggio dei bambini di tutte le nazioni che deve filmare Zampa, e comunque, se uno va a trovare Zavattini, riesce sempre à farsi confidare i titoli di una ventina di soggetti che gli sono venuti in mente negli ultimi venti giorni.
Ma un autore come Zavattini diventa ideale quando s'incontra con un direttore dalla personalità decisa come Luchino Visconti. In occasioni come queste viene a galla tutto il buon senso e la furberia innata dell’angelico Zavattini. Il quale si fida a occhi chiusi: sa che il suo soggetto è in buonissime mani. Bellissima è la storia di una madre romana del Quartiere Annibaliano. Quando uno pensa alla Roma di Anna Magnani gli viene subito in mente Trastevere, il Portico di Ottavio, Via Giulia, Campo di Fiori. Invece Visconti ha visto un quartiere non lontano da casa sua (egli abita infatti una villa sulla Salaria), un quartiere moderno, di architettura Novecento, pulito, malinconico, popolato di piccoli borghesi. «Conosce via Eritrea?» mi domanda. Bene, Maddalena Cecconi abita in via Eritrea, è vedova, con una figlioletta, Maria, che ella considera una specie di Cenerentola, le sette bellezze, addirittura. Un giorno Maddalena (Anna Magnani) legge un avviso sul giornale, a Cinecittà cercano una bambina, per farle fare una parte. «E’ Maria!» pensa subito.
Ed ecco che, senza neanche rendersi conto della sua crudeltà, infligge a Maria l’intera trafila delle bambine prodigio: parrucchiere, ondulazione permanente, lezioni di ballo, e lunghe estenuanti attese nelle anticamere dei produttori. Luchino Visconti passa in molti ambienti. per il padre naturale del neorealismo italiano, e certo Ossessione, girato in piena guerra, fu opera per molti rispetti anticipatrice della nuova scuola italiana. Ora l’originalità di Bellissima sta appunto in questo: che si risolve in un no al cinema neorealista, un no all’andazzo di scegliere gli attori in mezzo alla strada. E questo no lo pronunzia Anna Magnani, la madre. La quale, ài termine di una lunga serie di umiliazioni, quando si rende conto che alla sua flgliolina, che ella ritiene bellissima e intelligentissima, scartata per il primo ruolo richiesto, viene offerta una parte di bambina squallida, bruttina, con un piccolo difetto di pronunzia, ha orrore di sé, del cinema, e, mentre le sue illusioni di madre crollano, si porta via Maria prima che la piccola possa accorgersi perché la gente si interessa tanto a lei.
Visconti pensa che quello che bisogna evitare a tutti i costi sono le conseguenze del cinema neorealista. E certo, considerando l’alta percentuale di onesti artigiani, pescatori, popolane, brave ragazze che hanno figurato in un film una volta tanto, e non si rassegnano a tornare quello che erano prima, non si può dargli torto. Per un’altro verso Bellissima offrirà un’ottima occasione ad Anna Magnani per misurarsi con una parte tagliata sulla sua misura. E’ la seconda volta che Visconti e la Magnani si propongono di lavorare insieme. Luchino parla con rammarico della Carrozza del SS. Sacramento, che doveva essere interpretato appunto dalla Magnani, e che lui aveva preparato nei minimi particolari: sceneggiatura, scene, costumi, scelta degli attori principali. Per evitare le insidie del technicolor Visconti aveva previsto un film interamente girato nell'interno dei teatri di posa : strade, piazze, giardini. Purtroppo il cinema è fatto soprattutto di buone occasioni perdute. Ma gente come Anna Magnani e Luchino Visconti è nata per intendersi. Come forse nessun altro in Italia Visconti ha sortito dalla natura il dono di farsi obbedire dagli attori. E’ rigoroso, esigente, preciso, testardo, ma gli attori lo seguono volentieri anche per questo: perché sa esattamente cosa Vuole, e conosce il modo di ottenerlo. Lavorare con Luchino comporta sempre un minimo di rischiò ma l’uomo sa commuovere, e muovere, l’immaginazione dei suoi collaboratori. L’idea che egli ha dello spettacolo è fuori dell’ordinario, ricca, fastosa, pericolosa. Ma il suo istinto teatrale finisce quasi sempre per condurre in porto i suoi magnifici ed elaborati vascelli.
La Morte di un commesso viaggiatore, per esempio, ha registrato, durante le recite milanesi, una media di un milione al giorno di incassi. Sono cifre enormi, nel teatro di prosa. Al cinema Visconti ha avuto sinora meno fortuna, e forse anche per questo ha finito per preferirgli il teatro. Ossessione, il suo film migliore, gli ha procurato in parti eguali fastidi e soddisfazioni. L’opera fu una libera riduzione del famoso romanzo americano Il postino suona sempre due volte di James Cain. Girato, come s’è detto, durante la guerra, fu impossibile a Visconti sistemare con l’autore americano la questione dei diritti d'autore, A guerra finita risultò che Cain aveva, nel frattempo, ceduto quei diritti a una casa americana, che, nel primo dopoguerra, ne esegui a sua volta un’edizione, in realtà piuttosto mediocre. Visconti si trovò impelagato in una serie di controversie legali, con il risultato che il suo film s’è visto pochissimo in giro. E fu un male. Ma nei paesi dove è potuto arrivare, in Argentina, in Brasile, in Uruguay, il successo del film italiano superò di molto quello della riduzione americana. La sua seconda prova, La terra trema, ottenne un consenso di critica cui non fece riscontro una eguale fortuna finanziaria. Bellissima potrebbe essere la volta buona.
Gian Gaspare Napolitano, «L'Europeo», anno VII, n.20, 13 maggio 1951
![]() |
Gian Gaspare Napolitano, «L'Europeo», anno VII, n.20, 13 maggio 1951 |