Anna Magnani una grande attrice
Tutti gli anni il postino del Rione Campiteli reca a Capodanno un fascio sempre più voluminoso di lettere e cartoline dentro la sua capace borsa di cuoio scurito dal tempo. Attraversato il cortile di Palazzo Altieri, comincia a salire faticosamente le vecchie scale patrizie per bussare poi ad una porta dell’ultimo piano. Alla cameriera che apre egli consegna tutto il suo carico: pacchi colorati, che tradiscono doni natalizi, lettere leggere dall'aria esotica costellate di francobolli rarissimi, e, infine, un numero imponente di cartoline postali. Svuotata letteralmente la borsa, non gli resterebbe che andarsene: si sofferma invece un poco sul pianerottolo e, nel suo cordiale accento romanesco, prega la domestica : «Me raccomanno, je faccia tanti auguri alla signora, puro da parte mia».
La signora è Anna Magnani e le lettere che le giungono hanno le più svariate provenienze: da Berlino, da Hollywood, da Parigi, e da Hong Kong, come anche dai più sperduti paesetti della provincia italiana. Esse, anno per anno, giungono a testimoniare, al pari dell'augurio del postino, che oltre le accademiche manifestazioni di stima, c’è qualcosa di più vivo e vitale per un grande attore, ed è l'affetto del suo pubblico. «Senza questo affetto, senza questa simpatia — ci dice Anna Magnani — mi mancherebbe certo un potente stimolo a creare e ad affinare i miei personaggi».
Siamo nel soggiorno dell’attri-ce: alle pareti sono quadri d’autore: De Pisis, Leonor Fini. E dinanzi a noi è «Annarella» che parla di sè; del suo lavoro, del suo cammino artistico. Ci riporta ai suoi inizi: ci mostra le foto dei primi debutti teatrali nella compagnia di prosa Niccodemi, quando era una ignota figurante. «La prima parte — rammenta — la ebbi soltanto con la Sora Rosa, una commedia di Sabatino Lopez. Appena uscita dall’Accademia d'Arte Drammatica — confessa sorridendo — dopo un anno e mezzo di studio ero l'allieva più somara di Silvio D’Amico: non avevo mai sfogliato le dispense di storia del teatro drammatico». Fu il tirocinio degli anni successivi a dare maggiore consistenza alle sue a-spirazioni e a suoi «tipi». Nasceva la dolorosa ragazza della Foresta pietrificata, simbolo di una civiltà in decadenza, prendeva corpo il forte personaggio di Anna Christie, la prostituta del dramma di O’Neill.
«Mi ero spesso domandata perchè le attrici e gli attori parlassero un altro linguaggio da quello comune della vita, astratto e magniloquente. Io osservavo la gente reale nelle strade come parlava, come si muoveva. Da allora ho cercato di riprodurre la verità».
Poi, l’avventura della rivista. Anna Magnani, la ragazza che proveniva da una famiglia romagnola piccolo borghese, sale disinvoltamente il palcoscenico del «Quattro Fontane». si taglia i capelli e si mette a parlare romanesco rivolta al pubblico. Nasce Cappuccetto Rosso, la Fioraia, la Gàgàrella, sotto il segno della satira e dell’allegria, sì, ma anche nel senso di una consapevolezza sempre più precisa e matura. Sul palcoscenico, accanto a lei, nel gran finale delle riviste più belle che annoveri la nostra tradizione, sfilano ora attori come Cervi, Ninchi, Tieri, Viarisio, Totò.
Anna Magnani nel film del 1953 «Siamo donne», diretto da Luchino Visconti interpreta lo sketch «La fioraia del Pincio», cantando il famoso stornello romano "Com'è bello fa' l'amore quann'è sera".
«Anni felici. Uscivamo la sera dal teatro a braccetto tutti insieme ed era come se la rivista continuasse in strada».
Anna Magnani al comizio in difesa del cinema italiano a Piazza del popolo e Roma nel 1949.
Un gaio sorriso di Anna Magnani durante le riprese di «Vulcano» : con lei sono il regista Dieterle e l’operatore Gallea.
Dal palcoscenico Anna impara a prendere contatto col pubblico, mentre l’attenzione di tutti si fissa sempre più su di lei. «Per qualsiasi attore, quello della rivista è un passaggio importantissimo. Oggi devo a questa forma di teatro — spesso a torto misconosciuta — se so ” sentire ’’ tanto bene di che umore è la gente. Quante volte durante la rivista ho cambiato una battuta o un finale che nel copione erano diversi. Sentivo che la soluzione mia era più giusta, e l’applauso è sempre venuto a confermare l’intuizione».
Si prepara «La carrozza d’oro»: Anna Magnani insieme al grande regista francese Jean Renoir.
Il cinema decide di mettere alla prova Anna Magnani. E lei sta al gioco. «Senza nessuna emozione — ci dice. — Il teatro invece mi dà sempre il batticuore. Ha un fascino fortissimo per me». Le chiede poco, il cinema, nei primi tempi ; personaggi svagati, curiosi, dialettali. Teresa Venerdì di De Sica, di cui tutta l’Italia di li a poco canterà per suo merito «Qui nel cuor, qui nel cuor...». La vita è bella. Campo de' Fiori, L’ultima carrozzella, dove, accanto a Fabrizi, si va precisando sempre di più nelle sue divertenti o patetiche sfumature, quel personaggio che dovrà esplodere solo più tardi.
C’è chi però ha già messo gli occhi su di lei e ne ha genialmente intuito la stoffa di grande attrice drammatica. Luchino Visconti prepara Ossessione, primo coraggioso passo del cinema italiano sulla via del realismo, pensando precisamente ad Anna Magnani nei panni di Giovanna, sconcertante personaggio femminile, bruciato da un'avida sensualità. Purtroppo Anna non può affrontare il compito: aspetta un bambino. «Per un mese ho vissuto a Ferrara. Visconti per avermi interprete del suo film avrebbe sacrificato anche certe inquadrature, tagliandomi la figura in modo da non fare apparire il mio stato reale». Ma la maternità l’obbliga a rinunciare e la parte viene presa dalla Calamai.
La guerra passa su tutta l’Italia, i nazisti compiono i più orrendi delitti : a Roma cadono i patrioti nel bestiale massacro delle Fosse Ardeatine. Poi la Liberazione.
Nasce l’epopea cinematografica di quel che il Paese ha sofferto. E questa sofferenza, questo odio per chi porta la guerra, per chi uccide e saccheggia, acquista un volto. E’ quello indimenticabile di Anna Magnani in Roma città aperta, un volto che riassume simbolicamente la coraggiosa e amara sembianza delle nostre donne, a E’ forse il mio più riuscito personaggio popolare. Nel cuore gli ho riservato un posto particolare, assieme ad Angelina, a Camilla e a Maddalena». Tanta confidenza ha la nostra attrice con le sue interpretazioni, da parlarne in modo assolutamente naturale e diretto, come di persone vive e reali, appena congedate qualche minuto fa. magari prima che noi entrassimo. Nel cammino della Magnani queste donne hanno infatti una spiccata evidenza: sono altrettante tappe di una ascesa continua. L’onorevole Angelina dell'omonimo film, animata personificazione dei diritti delle donne che vivono in una misera borgata romana Camilla Périchole, l’indiavolata attrice della Carrozza d'oro, che piega per amore tre uomini al suo giogo, Maddalena Cecconi, infine, l’umanissima madre di Bellissima, pronta a qualunque sacrificio per la sua creatura. Accanto a loro è un’intera galleria di altri personaggi, quasi la viva esemplificazione dei moti infiniti dell'animo femminile : l’esacerbata disperazione della donna che attende al telefono una parola d’amore, la fede demente della pastora di Amore e poi altre donne lontanissime tra loro: Assunta Spina, Anita Garibaldi.
Quali altri personaggi vorrebbe interpretare e diretta da chi? — è la nostra ultima domanda, a Desidero riposare per qualche tempo, prima di riprendere, e questo lo farò solo a patto di aver trovato ciò che veramente mi si addice». E Annarella ci parla di quanto sia necessaria la collabo-razione tra attrice e regista.
Con Renoir, il suo regista nella Carrozza d'oro l’addio, o meglio, l’arrivederci di Anna è stato patetico: nel salutarsi a Parigi un mese fa, si sono abbracciati. Il regista de La grande illusione aveva il volto solcato dalle lacrime.
La Magnani tornava proprio allora da Londra dove aveva assistito in visione riservatissima alla proiezione de La carrozza d’oro. Erano presenti Renzo Avanzo, stretto collaboratore di Renoir, alcuni tecnici inglesi e un signore dai capelli bianchi accompagnato dalla moglie.
«Io sono sempre stata sicura di me stessa. Eppure, tra le poche volte nella vita in cui mi sono sentita meno brava c’è questa. Quando Camilla Périchole si congeda sullo schermo dalla finzione per rientrare nella realtà di tutti i giorni, il signore che mi sedeva accanto nel buio della sala mi ha preso la mano e me l’ha stretta forte come per significarmi la sua ammirazione. Debbo dire che in quel momento ho sentito davvero d’essere una modesta attrice».
L'uomo che sedeva accanto alla Magnani e che le stringeva la mano commosso, era Charles Spencer Chaplin.
Rinaldo Ricci, «Noi donne», 1 febbraio 1952
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Rinaldo Ricci, «Noi donne», 1 febbraio 1952 |