Anna Maria Ferrero pugnalerà chi le tocca Jean Sorel
Lontana dai teatri di posa, Anna Maria Ferrero ha finalmente ritrovato se stessa e la felicità che aveva sempre sognato: la vera ragione della sua vita è ora il matrimonio. Morbosamente gelosa, sarebbe disposta a compiere qualsiasi gesto pur di non perdere il marito
Volterra, ottobre
«Sì, si, si, sono gelosa... E con questo?», ribatte puntigliosa Anna Maria Ferrero a un nostro comune amico, press-agent romano, che per anni l’ha corteggiata senza ottenere in cambio delle sue premure neppure una briciola. L’amico la schernisce perché Anna Maria starebbe, a suo dire, sempre «appiccicata come una sanguisuga» al marito che è Jean Sorel. «Sono pronta a pugnalare chi me lo tocca», prosegue celiando la Ferrero. Il comune amico che è il Mozart del pettegolezzo e il Bramante della diceria, mi ha trascinato on the spot, come direbbero le comari di Hollywood, cioè sul posto per illustrarmi «quel pasticciacelo brutto» di Volterra. Ormai che Roma ha fatto il callo a ogni sorta di scandalo, per ruminarne qualcuno non resta che inventarlo altrove. Volterra è uno sfondo perfetto per dare un sapore melmoso a torbide vicende. Non a caso ha spronato l'estro di D’Annunzio per Forse che si forse che no dove, come nel film di Visconti, Vaghe stelle dell’orsa, l’incesto qua e là balena. Pesa sulla città una fatalità oscura come quella della tragedia antica e intrecciandovi i casi di un fratello, Jean Sorel, che arde d’amore per la sorella. Claudia Cardinale. Visconti cerca appunto tornare, col clima dell'incesto, all’atmosfera della grande tragedia greca.
A dar retta ai chiacchiericci che corrono nei circoli cinematografici bene informati aver avvicinato Jean Sorel a Claudia Cardinale è stata un'azione da agente provocatore; solo a guardarla, Claudia Cardinale, è già un bel supplizio. Le sue movenze uniscono voluttà e angoscia perchè di fronte a lei bisogna limitare gli slanci, soprattutto i più rischiosi. Ma come si può non soggiacere agli impulsi che Claudia risveglia? Non resta che rimanere chiusi a testuggine come fanno i porcospini di fronte al pencolo. Con questa donna alla quale dedico più di un sospiro. Visconti fa il suo perfido giuoco mettendole accanto Jean Sorel che è chiamato, per esigenze di copione, ad accarezzarla e a baciarla. Claudia con i suoi décolleté evoca a volte una polveriera sull'uscio della quale si legge una scritta: «Proibito avvicinarsi con un fiammifero acceso».
Perchè il fiammifero di Sorel non si accenda e provochi una deflagrazione, Anna Maria vigila. Se a Claudia Sorel rivolge una frase non con il semplice trasporto, ma con rapimento. Anna Maria si allarma e stringe i braccioli della poltrona dalla quale segue gli sviluppi della scena. S'intuisce sul suo volto che è tra i più interessanti del cinema italiano, una lotta a coltello, non sempre coronata da successo, contro gli stimoli della gelosia, restii a farsi posporre a quelli del riserbo. Nel suo sguardo, quando segue Jean Sorel, si rivelano tutte le ombre e luci dell'amour-passion.
Prima di conoscerlo debbo dire di aver nutrito per Jean Sorel una certa antipatia. Quei folti capelli che gli crescono sul collo e quel ciuffo sgrondante sulla fronte fanno pensare alla pirateria, a un reduce dalle spedizioni artiche o a un satanasso che cavalchi la steppa. Egli era ancora al liceo quando Anna Maria Ferrero venne al mondo del cinema nell’età d’oro e quando Cinecittà era in preda a una febbre di ottimismo. Nel 1950 al suo esordio con il Cielo è rosso, Anna Maria aveva diciotto anni ed era un’attrice agli antipodi delle voluminose maggiorate che allora si vagheggiavano. «Non hai assolutamente nulla», era il complimento più sgradito che si potesse rivolgere a una donna, con cui si voleva dire che era piatta davanti e di dietro. Anna Maria si affacciò alla porta del cinema assolutamente priva dei requisiti che pesavano nella bilancia del successo.
Era un esserino con enormi occhi; era tutt’altro che avvenente ma colpiva la profonda malinconia del suo sguardo nel cerchio vasto delle orbite. Di statura media, di forme minute, Anna Maria ha però sempre rivelato all’osservazione diretta una bellezza plastica che lo schermo non sa rendere. Anche il suo volto è diverso da quello che è apparso sullo schermo, illegiadrito dalla luce che le giuoca sulle guance creando penombre e morbidezze impensabili. Grazie a questo volto Anna Maria si è trovata parecchie volte a due passi dal successo. Non lo ha colto solo perchè s’è accorta che non le serviva a niente. Non sono io che lo dico. E' lei. D’altra parte, o si accettano le sue spiegazioni, o di lei non si capisce più nulla, e soprattutto non si capisce il "gran rifiuto” che oppose due mesi fa a tre film, con contratti vantaggiosissimi, per restare accanto al marito. Le dimissioni, specie nel cinema, come in politica, rappresentano in Italia qualcosa di straordinario, sempre qualcosa di poco meno che mostruoso. E ogni volta che qualcuno le dà, il meno che gli si attribuisce, per giustificarlo, è un furto con scasso o una rapina a mano armata, o, come nel caso di Anna Maria, una gelosia morbosa.
Anna Maria Ferrero col marito Jean Sorel insieme della lavorazione di "Vaghe stelle dell'orsa'’ dinanzi alle mura medioevali che cingono Volterra. Quando Sorel è libero dagli impegni di lavoro - solamente lui, infatti, partecipa al film di Luchino Visconti - i due giovani coniugi compiono escursioni nei dintorni della cittadina e fanno acquisti per completare l’arredamento del loro castello di Aulnoy, una solida costruzione a tre piani edificata nel lontano 1780.
Per chiarire il mistero la Ferrero non allude che di sfuggita all’attaccamento al marito. «Ma tu la gente del cinema la conosci?», mi fa a un tratto mentre cerco la chiave del "gran rifiuto”, «Cerca di non conoscerla mai a fondo, se vuoi serbare per questa gente una qualche stima e prega Dio, se ci credi, di non trovartela sempre sul gobbo... Ora faccio la vita che mi piace, soltanto perchè mi piace farla... Sono felice con mio marito... Spero che nulla turbi questa felicità...». Così dicendo solleva il casco dei suoi capelli svelando interamente il suo volto, sorprendentemente bella in quell’ansia di sincerità. Non saprei dire se Anna Maria è sempre così schietta, coloro che la conoscono a fondo assicurano di non averla mai veduta diversa, sincera e spietata anche con se stessa.
«Mi vedi a fare ancora dei cinema?», mi domanda a bruciapelo. «Certo che ti vedo», le rispondo. «Si vede che non te ne intendi... Sono la disperazione degli operatori che non sanno come fotografarmi. Una angolazione sbagliata e i miei occhi diventano bocche che sbadigliano...». Non lesina a se stessa la sua franchezza; negli ultimi tempi ha acquistato un senso di autoironia e giunta al bivio, che porta tanto alla salvezza quanto alla disperazione, ha scelto la possibilità di essere una donna felice, nel tentativo di appartenere soltanto a se stessa. La parola "amore" non la pronuncia mai; ma le fotografie accanto a Jean Sorel danno un'Anna Maria giovane e umana, con gli occhi e il sorriso che brillano. Vuole stendere una palina sulla Ferrero attrice come fa con l'inchiostro la seppia. Dopo essersi cercata, quanto un'eroina di Pirandello, è riuscita finalmente a trovare se stessa.
I suoi discorsi sul perbenismo cui aspira mi fanno vergognare di fare il ficcanaso di professione e di aver obbedito all’impulso di curiosare nel "pasticciaccio di Volterra” che si riassume in una donna molto. molto innamorata del marito che garbatamente segue e spera che nessuno, anche una superdonna come la Cardinale. glielo porti via. Arrivando a Volterra mi ero detto: chissà che Anna Maria, così gelosa, non spruzzi di vetriolo il marito e le calde fattezze di Claudia scoperti in un fienile durante una scena scabrosa. E invece trovo un marito compito (tra l'altro Sorel è abilitato a fare il diplomatico) che con sguardo carico di condiscendenza mi parla della sua vita e delle sue aspirazioni. «Volevo fare il giornalista, poi mi sono accorto che è molto difficile... Il direttore di un giornale mi ha dato sei mesi di tempo... "Se in questi sei mesi", mi disse, "non diventi attore vieni da me che ti assumo"... La mia passione è la politica... L’ho sempre avuta... Ma per occuparsi di politica nei giornali bisogna essere anziani, aver varcato la soglia dei cinquant'anni... Non capisco perchè...».
Pronunciate queste parole se ne sta tranquillo ad aspettare: e nel suo atteggiamento non c'è soltanto educazione, ma anche una buona dose di scetticismo, quella di chi pensa: «Cosa potrà raccontare su me e Anna Maria?». Qualcosa da raccontare c'è. Intanto che Jean Sorel non si chiama Sorel, ma Boquebrune-Combeau, un nome talmente complicato da rappresentare un ostacolo per la carriera di un attore. Sposando Sorel. Anna Maria è diventata marchesa perchè i Boquebrune-Combeau sono una delle famiglie blasonate di Francia. Due sono i motivi che vengono addotti per spiegare come mai il "marchese" di Combeau, come chiamano follicoliti Jean, faccia questo mestiere. Secondo alcuni è la passione che, dopo la parentesi militare tra i para», ha sospinto Jean a battere le tavole del palcoscenico. Secondo altri sono le tasse. Jean sarebbe titolare di una grossa fortuna, ma se campasse pigramente sulla propria rendita, quei rompiscatole delle tasse gli farebbero lo scherzetti di prosciugargli il patrimonio. Ma queste sono solo illazioni di malevoli. Di intenzioni malignamente allusive sono sovraccarichi i racconti sulle attrici e sugli attori. Cosi Anna Maria avrebbe rinunciato al cinema per essere del tutto degna del blasone che porta e che mal si concilierebbe con il cinema. Ora il cinema si è impadronito di molti aristocratici; non si vede perchè Anna Maria dovrebbe torcere il naso davanti a una macchina da presa.
Anna Maria Ferrero ha abbandonato la carriera cinematografica dal giorno in cui s’è unita in matrimonio con Jean. «Voglio fare soltanto la moglie: un solo attore basta in famiglia». ha precisato. Lavorando tutt'e due, sarebbero stati costretti a stare troppo tempo lontani l’uno dall’altro. Il castello dei coniugi Sorel sorge al centro di una proprietà di oltre venti ettari situata ad una sessantina di chilometri da Parigi e completamente cintata da alte mura. Sono altresì proprietari di un appartamento a Roma. Jean Sorel è anche un accanito cacciatore.
Che sia un aristocratico Jean Sorel non v'ha dubbio: sa risparmiare centocinquanta lire al ristorante e corruga le sopracciglia per la differenza di mille lire in più tra un soprammobile di alabastro e l'altro. Ma al giuoco, con spagnolesco puntiglio, non deroga alle norme d'onore: se perde, anche milioni, vuol pagare e non ammette eccezioni. Inoltre Jean ha quella distinzione che Oscar Wilde considera «il dono naturale delle anime delicate». Un tratto che perfettamente si intona col "dono naturale delle anime delicate" è che sembra estremamente intimidito e imbarazzato della sua attraenza. Vedendosi guardato dalle donne con occhiate ricche di sottintesi, i suoi occhi celesti cercano ansiosamente un riparo. Gli sguardi indiscreti di ammirazione e di curiosità provocano in lui un visibile disagio e qualche volta un senso di disperazione: quando cammina è cosi soverchiarne su tutti che resta un po’ discosto per impedire a qualunque maligno osservatore un parallelo fra le nostre di poveri mortali e le sue fattezze, quasi irreali, di bellissimo David che reca le stimmate dell'uomo nato e cresciuto al sole e in campagna.
In Francia i coniugi Sorel hanno una tenuta. Anna Maria arde dal desiderio di tornarvi: a Parigi e a Roma, preferisce ora la vita dei campi. A Parigi non frequenta la gente del cinema, ma soltanto seri professionisti. A Roma viene volentieri, ma per poco. «E’ una città che mi fa paura... C'è troppa cattiveria... Io ho bisogno di una vita serena in accordo e in armonia con il prossimo...», mi dice pensosa dei doveri ereditari del titolo.
Del cinema e di Roma la Ferrero parla con l’aereo distacco di chi ne è psicologicamente fuori. Non direste che appena qualche anno fa fu protagonista di un tempestoso amore con Vittorio Gassmann il quale per dimenticarla starebbe collezionando, come se infilasse le perline di una collana, una donna dietro l'altra. Anna Maria è la prima a riconoscere, con aria agevole e sorridente. che non è più quella di allora. Il segreto di una simile trasformazione è nel suo cuore di donna. Oggi la vera ragione della sua vita è al di fuori del cinema. Sembrava una donna depressa e melanconica dopo il burrascoso amore con Gassmann, quando ad un cocktail per la presentazione delle Quattro giornate di Napoli, conobbe Jean Sorel. Si credeva destinata al crepuscolo e forse intravvedeva un futuro di solitudine. Ciò che le accadde, prova che una vita può rinascere e riempirsi di gioia grazie al più casuale dei pretesti.
Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVI, n.42, 14 ottobre 1964
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Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVI, n.42, 14 ottobre 1964 |