Anna Maria Ferrero, la ragazza che prende gli schiaffi

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Anna Maria Ferrero, che nella parte di Ofelia ha affrontato il pubblico teatrale e una complessa vicenda sentimentale, racconta ai lettori di “Tempo” la sua storia

La gente crede che gli attori, e le attrici, parlino volentieri di se stessi, e che. nel periodo che ha preceduto il momento del successo, abbiano sempré pensato a quello che avrebbero detto, un giorno, alla stampa e al pubblico. Beh. io, almeno in questo, sono una delusione per tutti. Non avevo mai pensato a fare l’attrice prima che mi proponessero di farlo. Ma andiamo con ordine. Mi chiamo Anna Maria Guerra «Ferrero è un cognome d’arte di cui vi dirò la ragione). Sono alta 1,62 e peso 52 chili. Sono nata da padre romano e madre toscana a Roma, il 18 febbraio 1935. giusto in tempo per restare entro la costellazione dell’Acquario. I miei amici di adesso dicono che non possono fare a meno di ridere quando pensano che avevo 5 anni al momento in cui Mussolini dichiarava la guerra ai francesi e agli inglesi. Comunque, non è colpa mia. Ho un fratello medico che si chiama Carlo Alberto e ha 30 anni. La famiglia e tutta qui. No. dimenticavo che c’è anche una zia. sorella di mia madre, che si chiama Matilde Panichi e ha un ruolo abbastanza importante nella mia storia di attrice.

Queste cose che racconto potrei, più o meno, averle prese da una biografia già fatta da una delle Case cinematografiche per cui ho lavorato. Questa volta non è così. Mi è accaduto pochi giorni fa di pensare a lungo, forse per la prima volta seriamente, alla mia vita, in una circostanza molto dolorosa per me e per tutti i miei. La morte di Willy Ferrero ha significato per i giornali e per il pubblico la scomparsa di un grande artista. Per noi, è stato qualcosa di più: Willy era di casa da noi da tempo immemorabile. Una specie di grande fratello maggiore o di zio. che girava il mondo, famoso e invidiato. Fu mio padre a presentare Willy Ferrero al pubblico romano nel suo primo concerto. quando aveva ancora sei anni ed era il ragazzo prodigio che tutti sempre ricorderanno. E' a Willy che devo il cognome d’arte che adesso porto.

La giovane attrice (che ha una particolare passione per le macchine a vapore) non porta conseguenze della burrascosa scenata coniugale, tra Vittorio Gassman e la moglie Shelley Winters, in cui è stata coinvolta. L’attrice americana, che col marito partecipa al film «Mambo», l’ha affrontata in un teatro di posa romano prendendola a schiaffi. Gassman, intervenuto per calmare la moglie, si è preso vistosi graffi in faccia. La coppia ha in corso un divorzio «per dissensi d’ordine personale e artistico». C’è chi è disposto a giurare che questi dissensi si chiamano Anna Maria.

Immagino che la mia infanzia non sia stata molto diversa da quella delle altre ragazzine romane negli anni prima della guerra. Del resto, devo dire subito che sono una persona piuttosto abitudinaria: ancora adesso. per esempio, mi servo dallo stesso calzolaio da cui andavo da bambina. Allo stesso modo, ricordo che tutte le estati andavo invariabilmente a passare le vacanze a Grottammare, sull’Adriatico. vicino San Benedetto del Tronto. Posso dire che. come succede, ero una ragazzina "peste”. Portavo le trecce ed ero biondissima. Avevo bionde anche ciglia e sopracciglia, con grande disappunto di mia madre. A Grottammare mi ricordano ancora, forse, per i gravi e irreparabili danni che arrecavo a tutti gii alberi fioriti dei viali principali. Quando tornavo l'inverno a Roma, andavo a scuola al ”Bambin Gesù”: e anche questa scuola non l’ho cambiata mai. Sulla mia fanciullezza, mi dispiace, ma questo è tutto.

E veniamo all’estate fatidica in cui la mia vita, improvvisamente, cambiò. Probabilmente avrete già letto questa storia da qualche parte, e adesso siete obbligati a rileggerla: però, detta da me. è proprio vera. Dunque, le cose andarono cosi. Ero seduta in un tardo pomeriggio del giugno del ’49 a un tavolino in un caffè di Via Veneto, che allora si chiamava Zeppa. Seduta vicino a me era mia madre. Io avevo 14 anni. Al tavolino vicino al nostro c’erano due uomini che mi guardavano insistentemente. Uno aveva i capelli ondulati, l’altro era magro e portava un piccolo paio di baffi. Mi guardavano e parlavano tra loro. Mia madre era piuttosto seccata. Io non sapevo bene cosa pensare. Ero lusingata? Direi di si. Comunque, a un certo momento dovetti alzarmi dal tavolo per telefonare a casa: avevamo deciso con mia madre di mangiare fuori. L’uomo coi capelli ondulati mi segui, mi fermò e disse il suo nome: Claudio Gora. Aggiunse che stava cercando una ragazza da lanciare nel prossimo film, eccetera. Tornammo al tavolo a parlare della faccenda. Mia madre e io eravamo molto sorprese. Nei giorni che vennero appresso feci un mucchio di cose insieme. Lessi il libro di Giuseppe Berto da cui Gora avrebbe tirato fuori il film, e. con la scusa di una camicetta che mia zia doveva fare per me. (ecco che entra la famosa zia di cui sopra) mi trasferii a casa sua. dove, ogni giorno dopo mangiato (faceva un caldo terribile). Gora veniva a farmi provare una scena. Era la scena, niente meno, della morte dell’eroina. Intanto, in famiglia, le reazioni paterne erano state compieta-mente negative. Mia madre era incerta. Una settimana dopo l’incontro di Via Veneto, andai a fare il provino di rito ai vecchi stabilimenti cinematografici della Farnesina.

Due giorni dopo mi dissero che era andato tutto bene e che entro una settimana sarebbe cominciata la lavorazione. Mio padre seguitava a dire di no. Anzi, lo aveva già detto una volta, e. ormai, per lui la faccenda era chiusa. Non sapevo dove sbattere la testa, come si dice a Roma. Allora, pensai che l'unica era rivolgermi a Willy Ferrero. Willy abitava in un albergo sopra Piazza di Spagna. Disse subito che mi avrebbe appoggiato e. subito. si offri di tenermi a battesimo d'arte con il suo stesso nome. La discussione con mio padre durò un intero pomeriggio e Willy la spuntò.

Cosi girai « Il cielo è rosso ». Dissero che ero abbastanza brava. Però, passò un intero anno prima che qualcun altro mi offrisse di fare un nuovo film. Tornai a scuola, alle magistrali. Suore e compagne erano un po' imbarazzate e un po’ ostili. Più o meno anch’io dovevo confessare di non sentirmi proprio a mio agio. Anche il secondo film venne per caso. Moguy mi vide a Castelfusano dove ero andata con la mia famiglia. C'era con noi anche Willy Ferrero: era proprio segno che mi portava fortuna. Moguy stava girando un film con la Pierangeli. Questa volta mio padre disse di si più facilmente. Da allora, come sapete, di film ne ho fatti parecchi. Venti per essere precisi. Ricordo quando con mia madre arrivai a Chianciano per girare « Il Cristo proibito». Avevo molta paura: mi avevano detto che Malaparte trattava malissimo le attrici. Invece non era vero. Fu gentilissimo con noi. Alla fine del film mi ero presa un esaurimento nervoso. Malaparte ci lasciò a disposizione la sua villa di Capri per dieci giorni. Ricordo che era sotto Pasqua. Faceva un tempo spaventoso. Il mare, praticamente, ci assediava nella villa arrivando fino alla terrazza. Eravamo sole mia madre e io nella grande casa con intorno un nugolo di cani. La notte non riuscivamo a chiudere occhio.

Cosi, ho finito di raccontare anche le mie faccende cinematografiche. So che adesso vorreste sapere di questa nuova storia del teatro. Se ne sono dette e scritte tante. E' una storia molto semplice. Ricevetti la prima offerta di recitare da Gassman nel l’inverno dell’anno scorso: era una parte in una novità italiana. Ringraziai e dissi di no perchè avevo un film a Milano con -Edoardo De Filippo. Poi. successe l'imprevisto. Era un giorno di maggio, se ricordo bene. Gassman mi telefonò. Disse che voleva vedermi con urgenza. Quando ci incontrammo, aggiunse che sarebbe partito quello stesso pomeriggio per l’America: prima voleva sapere se sarei stata disposta l’anno appresso a fare Ofelia in « Amleto ». Dire che rimasi sbalordita è poco. Non sapevo cosa rispondere. Assicurai che ci avrei pensato su. Gassman mi lasciò da fare una specie di compito estivo: gli esercizi di fiato per impostarmi la voce. Devo confessare che credevo cosi poco nella possibilità di fare Ofelia che trascurai gli esercizi con assoluta regolarità.

A metà estate ero cosi decisa per il no che scrissi una lunga lettera a Gassman che stava in America. Ma lui insistette. I risultati li avete visti con i vostri occhi. Forse, su questa altra parte della mia vita vorreste sapere di più. Vorrei sapere di più anche io, in certi momenti.

Per parte mia, so soltanto che. se sarà possibile, e se si presenterà una buona occasione, seguiterò a recitare accanto a Vittorio Gassman con molto piacere.

A San Remo la sera della "prima” di « Amleto » rimasi tranquilla fino a dieci minuti dall’andata in scena. Poi fu il terrore. Non ricordavo più niente. Dissi a me stessa che, se una volta entrata non- avessi saputo dire la battuta, mi sarei salvata fingendo uno svenimento. Non sono svenuta allora, e credo sinceramente che non mi accadrà neppure in seguito.

Anna Maria Ferrero, «Tempo», anno XVI, n.14, 8 aprile 1954


Anna Maria Ferrero, «Tempo», anno XVI, n.14, 8 aprile 1954