Luigi Chiarelli presenta i tre De Filippo

1938 Eduardo Titina Peppino De Filippo

Gli scrittori e il cinematografo

Edoardo? Eccolo: esce dalla porta del palcoscenico, apre lo sportello della macchina, e si volge, col piede già sul predellino; qualcuno gli ha poggiato la mano sulla spalla. Guarda quegli che così lo trattiene, lo guarda bene in viso, mentre la sia memoria sfoglia in un baleno l’album delle fisonomie che si sono presentate a lui nella sua già lunga carriera di artista. L’altro si accorge di quell'affannosa ricerca, e fa:

— Non vi ricordate di me? 

— Ohi — esclama Edoardo, splendente di gioia, come se avesse ritrovato un suo fratello che credeva perduto. — E come!... Si., già... 

— L’anno scorso... — suggerisce l'altro. 

— Sicuro, l'anno scorso, a Bari... —  continua Edoardo, spingendosi avanti nel discorso, con la trepidazione di uno che cammini su un filo teso. 

— A Bari? — fa l’altro. — A Trieste, volete dire! 

— Sicuro, a Trieste. Come ho detto? 

Insomma, l’uno alla fine è sicuro di essere stato riconosciuto, l'altro ha rinunciato a riconoscerlo. I passanti danno un’occhiata, qualcuno si ferma per un istante, mormora : «Edoardo De Filippo». 

Il volto di Edoardo si è fatto duro, di quella sua particolare durezza, che la diresti scolpita nel marmo. Vi sono teste di antichi nei musei, d'un marmo levigato e caldo come l’avorio, che somigliano a quella d'Edoardo. Un volto scavato e lavorato dalla vita, illuminato da due occhi inquieti, mossi in una continua ricerca. Sorride appena, ultimo segno della sua pazienza che è alfa l’estremo, e dice: 

— Ho finito adesso la prova, e devo correre a Cinecittà. Mi dispiace, mi fermerei volentieri... ma... 

— Capisco, capisco., ma io non ho nulla da fare... vi accompagno volentieri... Parleremo un po’. 

— Ecco, parleremo Edoardo mette in marcia, e non apre più bocca. La vicinanza di quello scocciatore lo rende cupo ed ostile. E così chiuso in sè, non vede il segnale rosso; passa. All'angolo della strada un vigile annota sul taccuino il numero della macchina. 

— Dunque state girando un film ? — azzarda l'altro. 

V'è tale un accordo tra la forma intellettuale e la forma fisica di Edoardo, che il personaggio si costruisce con una immediatezza ed un’evidenza felicissime. Poche volte la mente ha, in un artista, parlato con tanta risonanza ai mezzi di espressione, come in Edoardo. Il personaggio immaginato è già mi personaggio costruito. E i suoi mezzi di espressione — atteggiamenti, linguaggio, mimica — suggeriscono essi stessi idee per la composizione del personaggio. Il rapporto tra la poesia e la parola, può dirsi che si ripeta in lui. E come da un improvviso e felice accordo di parole scaturisce il verso, che assumerà il suo senso e produrrà l’idea poetica. cosi da un'inflessione di voce, da un gesto, Edoardo è capace di derivare tutta un’azione drammatica. 

L'Edoardo del teatro e l’Edoardo del cinema si identificano; e questo non perchè egli ignori la tecnica della rappresentazione, ma perchè la sua personalità è così influente da manifestarsi sempre allo stesso grado di intensità, identità nella ricchezza del risultato. Ho veduto dei personaggi cinematografici, costruiti da Edoardo, cori densi di significato umano, e insieme cosi aspri di alterazione grottesca — ad esempio, nel Marchese di Ruvolilo — da restare impressi come creazioni definitive. Egli si esprime con ima tecnica che è sua particolare, a volte distesa e progressiva, a volte fatta d’improvvisi ed aggressiva, c così violenta da giungere immediatamente alle ultime soluzioni. E cosi l’arte di Edoardo, tutta in azione, che sembra irriflessiva e pur è lungamente premeditata, risolve i problemi della rappresentazione con un’appagata volontà creativa. 

E Peppino? Peppino bisogna lasciarlo tranquillo. E' un damerino di ferro. Dietro quel suo sorriso puntuto si cela uno sdegnoso pudore. Sembra accessibile, ed è invulnerabile. Credi di tenerlo stretto lira le tue mani, ed è già lontano, remoto. Compito come un veneziano del settecento, nasconde un animo rude come quello d’un capitano del trecento. Fargli dire di si è facile, fargli fare di si è impossibile, se di questo si egli non s’è molte volte convinto. Lo abbracceresti se non temessi di farti male. E tuttavia v’è chi lo abbraccia. Perchè fuori dal terreno dell'arte egli è la creatura più mite, più dolce, più tenera. Sarebbe capace di portare un bicchiere colmo d’acqua sul palmo della mano, per dissetare un amico che è lontano trecento chilometri. 

Se Peppino avesse un motto, questo potrebbe essere : «Sempre di meno per sempre di più». Chi l’arte di questo attore è fatta di minimi mezzi, spoglia, cruda, elementare. Il suo pudore si esercita sui suoi modi di espressione con un imperativo di castità. Si direbbe che la modestia e la parsimonia presiedano alle site composizioni, tanto egli risparmia le decorazioni esteriori, le illustrazioni, gli accenti. Eppure le sue reazioni in sordina scoppiano come conflagrazioni naturali. Non ha formule prestabilite, e la misura nella quale li contiene comprime, per aumentarne la forza espansiva, le sue figurazioni.

Eduardo Titina Peppino De Filippo 1938 f1

Un artista cori dotato sembra fatto apposta per apparire sullo schermo : eppure egli non fa concessioni speciali alla cinematografia, non altera quei modi che gli sono propri, e che appaiono in tutte le sue manifestazioni artistiche. Egli è cosi. Ma un così che è dell’arte e non della natura, perchè quel che è naturale all’arte non serve. Personalità tutta costruita, misurata, controllata, diretta, e vola a realizzare, in armonia con le sue caratteristiche, i fantasmi che le si propongono. Appena egli si impossessa di un personaggio, questo personaggio si fa consistente, solido, acquista peso e dimensione anima e destino; ed egli lo guida nelle vicende e negli effetti con si discreta, e quasi nascosta volontà, che ti appare come autonomo, voluto in sè stesso, e non dipendente da una poetica che gli conta i gesti e le parole. Parla con gli occhi, gestisce col respiro, si muove con l'intenzione, eppure non v’ha più sfrenato acrobata, oratore più tumultuoso, tanto sono potenti quelle sue espressioni. Gli è che quei suoi minuti suggerimenti evocano, nell'animo dello spettatore, azioni e discorsi cosi complessi, stabiliscono rapporti cosi impreveduti, che ogni valore si rivela nella sua più compiuta entità. Dopo quel che fia detto e fatto, non v'è più nulla da dire e da fare. 

Cosi Edoardo e Peppino, insieme, galoppano come una pariglia di puro sangue sulle vie del successo. E Titina è lì con la frusta — la diresti l’umor faceto dei due fratelli — sempre pronta a scoccare una freccia appena l’un d'essi si scopra, e cori destra nel cogliere i loro attimi d'abbandono, mentre li guarda in scena con la sorridente rassegnazione di una padrona di casa che abbia due ospiti inverosimili. Titina, attrice deliziosa, e grande quando l’occasione si presenti. Chi potrebbe pareggiarla in quei tre trase (entra) che ella dice al marito, quando questi ritorna alla sua casa? Ma c'è papà tocca in quel punto il vertice del suo potere di commozione. Ma non ho mai veduto un film in cui fosse Titina; e allora... 

E poi, sono tre autori ; ma di questo non è qui che si possa parlare. 

«Film», 1938


Film
«Film», 1938