Titina De Filippo, artista due volte

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1951 05 20 Noi donne Titina De Filippo intro

La vita di un’attrice?! — esclama con un sorriso maternamente ironico Titina mentre si toglie il grazioso cappello bianco e lo posa sul cristallo della specchiera. Si ravvia 1 capelli inargentati, si aggiusta sulle spalle la mantellina di volpi. Parla in modo semplice, diretto, umano, così come recita sulla scena, e il suo forte accento partenopeo che ci è tanto famigliare, è naturalmente caldo, affettuoso — Chissà come se la figura, la gente, la vita di un'attrice... Invece, ecco come può essere: niente. — In realtà, pronuncia: niende. E si pensa a Eduardo, alle ultime battute di « Napoli milionaria » : nun è fernuto niente... Ai continui riferimenti che facciamo a loro proposito, ci accorgiamo di quanta parte abbiano oramai nella nostra vita, I De Filippo e il loro teatro.

Figlia d'arte, le tavole del palcoscenico videro Titina che aveva appena nove anni. Un breve intermezzo sul quindici («l’età ingrata, la trascorsi fuori del teatro», racconta Titina) e vi ritorna piccola generica, giovane amorosa con Scarpetta, il grande Scarpetta. E sono lunghi anni a Napoli, sempre a Napoli, al teatro Stabile, mentre Eduardo comincia a sognare di far una compagnia sua, con Titina e Peppino. La iniziano al cinema, questa compagnia, intorno al 1930, con i famosi lavori in un atto, gli atti unici che scrivono Eduardo. Peppino, e anche Titina. Poi, finalmente, il debutto trionfale della compagnia teatrale al Sannazzaro di Napoli, sei mesi di esauriti. L’Italia settentrionale li chiama e a Milano, all’Odeon, superano brillantemente la grande prova, continuano i trionfi e gli esauriti. E passano così vent'anni, con la guerra in mezzo.

1951 05 20 Noi donne Titina De Filippo f1Tutta la vita ha passato sul palcoscenico, Titina: dalle prime parti di generica nelle farse del teatro Stabile di Napoli fino ai trionfi in tutta Italia, ai suoi personaggi più grandi ed umani. Ha recitato sempre con passione, con amore, e con amore il pubblico ha seguito lei. « Mi vogliono tutti bene » dice Titina.

In mezzo a questi venti anni sta la vita di Titina, donna e attrice. Sposata giovane, il matrimonio non la distoglie dalla carriera; anzi, col marito, attore, divide resistenza del teatro.

— Come furono i principi?

— Difficili, furono. Ma che cosa non è difficile, quando si vuol fare sul serio? — Il suo talento di attrice, per quanto grande e spontaneo, si scontrava con le stelle dell’epoca. E Titina non era una stella, non voleva e non poteva esserlo. Era una ragazza per bene, come si suol dire ancora, animata da una grande passione e abitata da una viva, eccezionale intelligenza. Dobbiamo pur dire: un'intelligenza non comune, in un’attrice. Dunque, si trattava di lottare.

— Ma lo facevo volentieri — dice Titina, sorridendo alla sua ormai lontana fatica — lottavo, perchè sentivo che il pubblico mi voleva bene.

— Comica, sempre? — Si, la tendenza comica l’ebbe fin dall’inizio. — Tanto bene, le volevi, il pubblico, che i comici le concedevano la serata d'onore anche con piccole parti. E la generichetta, l’amorosetta aveva i suoi applausi a scena aperta ed al finali. le sue uscite, i suoi fiori, nè più nè meno come la prima attrice. Qualche Volta la prima donna le prestava la sua parte, per una sera.

— Il pubblico sapeva che io ero primo donna solo per quella sera e che la parte ce l'avevo in prestito, ma mi faceva festa ugualmente, il teatro era esaurito.

Le prime attrici, a quei tempi, si permettevano di fare i capricci e ogni tanto succedeva che non volessero recitare. (Veramente, noi sappiamo che i capricci si fanno ancora. Ma Titina, da brava e buona figlia d'arte, ha per il teatro un sacro rispetto e lo ha servito sempre con una disciplina spontanea, naturale). Tant’è, a quel tempi la giovanissima Titina, per i capricci di una prima donna a volte veniva improvvisamente buttata fuori (è il termine) nelle famose pochades dell'epoca e se la cavava benone. L’indomani, tornava a fare la generica. Al genere drammatico si è data solo in questi ultimi anni — le circostanze, o la volontà di Eduardo — ma le piace, il pubblico l'apprezza, l'ammira, la segue anche nel drammatico. Però non dimentica mal la grande attrice comica che essa è, e alle battute spiritose « mi corre appresso con la risata ». Lo dice affettuosamente, con una luce negli occhi. Forse pensa al trionfo di Filomena Marturano, che è stato il grande trionfo di Eduardo e di Titina.

Si cade a parlare della donna moderna. La interrogo, le chiedo quello che pensa, una donna come lei, delle donne progressive ed appare improvvisamente inquieta, si passa le mani sul viso.

— Delle donne che lavorano: che ne penso? — continua

— Che hanno il senso delle nuove responsabilità incombenti e che sono coscienti di dover partecipare... Queste sono donne che io ammiro moltissimo. — Adesso Titina comincia a sciogliersi i capelli perchè si deve preparare per la scena.

— Ho sempre avuto un sacrosanto disprezzo per le donne che stanno a far niente... niende, sono molto fiera d’aver lavorato sempre e di aver portato il mio contributo alla famiglia. Diciamo la verità — e mi guarda pensosamente — L'uomo ha più forza, ha la forza fisica, ma la forza morale che ha la donna, l'uomo non ce l'ha. La donna ha fatto in questi tempi passi da gigante, su tutte le vie... È giusto, cosi doveva essere. — E poi, come se lo scoprisse all’istante, lei, l'attrice celebre, così brava: — Ho conosciuto... ho continuamente occasione di conoscere donne che hanno un grande cervello, grandi capacità, in tutti i campi, in tutte le attività, nella vita sociale, nell’arte...

1951 05 20 Noi donne Titina De Filippo f2Titina De Filippo ne « La paura numero uno », l'ultima commedia di Eduardo, in cui ha saputo creare un personaggio accorato di madre disperata dalla prospettiva di perdere il figlio in una nuova guerra.

Ed ecco che non abbiamo finito di parlare di arte, per quanto riguarda Titina. Quali sono i suoi progetti, per l’avvenire? Mi guarda con un sorriso compiaciuto, quasi malizioso: — Per l’avvenire, pittare, il più possibile...

Nessuno ignora l'ultima grande scoperta che il pubblico ha fatto, nei riguardi di Titina: la sua arte pittorica, i suoi inattesi, sorprendenti quadri fatti con pezzettini di carta colorata, incollati su un fondo e adoperati esattamente come se ognuno del pezzetti fosse una pennellata di colore. Chi li ha veduti — e ammirati — non può dimenticare il suo Pulcinella, il paesaggio sotto la pioggia, e le visioni e i tipi di una Napoli spiritosa e patetica. Si sa che la prima esposizione, a Milano, fu un grande successo e tutta la critica d’arte salutò entusiasticamente questa nuova espressione di Titina: creata dal suo «amore».

— Nuova, ma non per me. Ci pensavo da tanto tempo. Devo dire che il successo mi ha fatto piacere. — Anche questa volta il pubblico, il suo pubblico, le è andato incontro — o le è corso dietro. A Milano, di colpo, vendette 41 quadri. A Roma l'esposizione ha avuto eguale successo e ha già proposte per esporre in America.

— Dipinge molto?

— Appena posso, quando ho una o due ore libere. Lavorare mi dà tanta soddisfazione, credetelo, e non fosse che per questo vai la pena di farlo.

1951 05 20 Noi donne Titina De Filippo f3I quadri di Titina sono stati per tutti una sorpresa: fatti di pezzetti di carta incollati su un fondo come pennellate di colore, hanno una eccezionale vivezza. Eccone uno che rende appieno l’atmosfera di una festa popolare in una Napoli spiritosa e patetica.

Il teatro ha oramai una grande rivale, la pittura di Titina. E dobbiamo guardarla con curiosità ed ammirazione, questa donna che si rinnova con tale freschezza e porta nella sua vita una fede cosi spontanea, una cosi grande semplicità. Ma è venuta l'ora di andare in scena.

— Quante belle cose si possono fare se ci lasciano in pace, non è vero? — e sempre con quel suo accento che ci è caro e famigliare aggiunge: — Purché in pace ci lascino.

Fausta Terni Cialente, «Noi donne», anno VI, n.20, 20 maggio 1951


Noi donne
Fausta Terni Cialente, «Noi donne», anno VI, n.20, 20 maggio 1951