È rinato con Pulcinella il "San Ferdinando" di Napoli

1954 02 04 Oggi Eduardo De Filippo f1

Eduardo De Filippo ha concretato il suo sogno d'essere proprietario e impresario di un grande teatro

La sera dell’inaugurazione del nuovo teatro San Ferdinando, nella piazzetta antistante il teatro, e nelle strade di accesso, si raccolse una folla numerosa ed eccitata. Erano i popolani del quartiere Vicaria. Sul principio essi assistettero silenziosi al passaggio deile signore in pelliccia e dei signori a cui bianche sciarpe, sotto i cappotti scuri, nascondevano lo "sparato" degli "smoking”. Poi cominciarono ad agitarsi. Partirono le prime frasi di scherno, poi le prime invettive contro gli intrusi che con la loro eleganza venivano a violare e ad offendere uno degli ultimi angoli della Napoli di Masaniello. Le signore e i signori in abito da sera ebbero paura. Ma non accadde nulla: la reazione dei popolani della Vicaria si limitò a quelle frasi di scherno, a quelle invettive. La sera successiva i curiosi vennero tenuti a bada da cordoni di agenti di polizia, ma già l’atmosfera era meno tesa, e non si verificò il minimo incidente.

Qualcuno parlò di "inciviltà". Ma, prima di usare una parola così grossa, è necessario esaminare le cause di quel risentimento popolare. La verità è che quella folla era gelosa. Non dei bei vestiti, delle belle pellicce delle signore, non degli abiti da sera degli uomini, non delle lussuose automobili, ma del "suo” teatro. Perché il San Ferdinando, prima che le bombe tedesche lo distruggessero, era il teatro del popolo, e una poltrona costava poche lire, non le 5.450 della prima serata della nuova gestione, e ci si poteva entrare anche se si avevano le toppe ai pantaloni, altro che abiti da sera. Ora, al posto del vecchio, distrutto dalla guerra, essi avevano visto nascere ed aprirsi un nuovo teatro San Ferdinando, un gioiello incastonato nella cornice squallida di uno dei più poveri quartieri della città, e quel lusso, e la elevatezza del prezzi, glielo avevano fatto sentire lontano, inaccessibile. E questo essi lo avevano considerato come un furto, un tradimento.

Poi il risentimento si attenuerà. Ma certamente durerà ancora per un poco. Qualcuno ha ricordato che anche il vecchio San Ferdinando, costruito nel 1791, per volere di Ferdinando IV di Borbone "re Nasone", era in origine un teatro "per signori”, e le sue "prime" erano mondane quanto quelle del San Carlo, ma dalle opere liriche si passò, con l’andar del tempo, ai "drammoni” popolari di Federico Stella, e i nobili non si spinsero più fino a quel teatro di periferia, che diventò dominio incontrastato del popolo. Perché non dovrebbe accadere lo stesso ora? Passato l’entusiasmo della novità, i "signori" si guarderanno bene dal recarsi con le loro auto in quel quartiere plebeo, e il San Ferdinando ritornerà al "suo” pubblico.

1954 02 04 Oggi Eduardo De Filippo f1Napoli. Il patetico abbraccio tra Salvatore De Muto (a sinistra) ed Eduardo De Filippo, al termine della "prima” de "La palummella". Con questa vecchia commedia di Antonio Petito (fu rappresentata per la prima volta nel 1873), Eduardo ha inaugurato il nuovo teatro "San Ferdinando", di cui è proprietario e impresario. Ne "La palummella” De Filippo interpreta la parte di Pulcinella, e Salvatore De Muto che, sino a quest’esperimento di De Filippo, era considerato l’ultimo Pulcinella, ha abbracciato il suo celebre successore. Un abbraccio simile si verificò centodue anni fa al "San Carlino" di Napoli tra uno dei più noti Pulcinella, Salvatore Petito, in declino, e suo figlio, Antonio, nuovo astro del teatro napoletano destinato a eclissare la gloria paterna: Salvatore consegnò la maschera di Pulcinella ad Antonio nel 1852.

Molte critiche sono state mosse a Eduardo De Filippo per aver voluto creare, in un rione povero e periferico, un locale di lusso. Ma l’attore-impresario ha fiducia nella riuscita del suo coraggioso esperimento, come ha fiducia nel teatro nel quale e per il quale vive. L’idea gli venne sette anni fa. O meglio "gli fu data” da don Peppe Golia, ultimo proprietario e impresario del vecchio San Ferdinando. Golia lo incontrò in via San Carlo, lo avvicinò e gli disse di essere in trattative con una casa cinematografica la quale gli aveva offerto sette milioni per il suolo del teatro distrutto, sulle cui macerie avrebbe dovuto nascere un grande cinema, capace di duemila posti. Un buon affare, ma a don Peppe, vecchio uomo di teatro, e ultimo rappresentante a Napoli della tradizione del teatro popolare, piangeva il cuore nell’accingersi a firmare l’atto di morte di una gloriosa istituzione. « Don Edua’, perché non ve lo comprate voi? Ve lo do’ per sei milioni! ». Eduardo De Filippo sulle prime rimase perplesso. L’idea gli sembrava folle, ed egli non era mai stato un forte risparmiatore, e a stento sarebbe riuscito a raggranellare la somma necessaria per l’acquisto del suolo, nudo e crudo. E poi? Ma la sua perplessità durò soltanto pochi giorni. Poi concluse l’affare.

Il suo progetto era ambizioso. Dalle rovine del vecchio teatro, ne sarebbe nato uno nuovo, nel quale sarebbero state rappresentate le più belle e interessanti opere del teatro napoletano, dalle origini ai giorni nostri, con attori e registi di cartello. Il San Ferdinando sarebbe diventato, inoltre, il trampolino di lancio per le opere di nuovi autori, a cui avrebbe dato il coraggio e la spinta per porsi al lavoro. D’altra parte, Napoli, di teatri, non ne ha molti, e le maggiori compagnie devono esibirsi nel piccolo "Mercadante”, l’unico che sia in grado di ospitarle decorosamente.

L’opera si rivelò più diffìcile di quanto le più realistiche previsioni avessero lasciato intravedere. La costruzione del nuovo edificio macinava non milioni, ma decine di milioni. (Il palazzo, che è stato progettato dall’architetto Cotugno e costruito dall’ingegnere Pacifico, alla fine è venuto a costare non meno di trecento milioni, se non quattrocento, come qualcuno sostiene). Dopo aver sacrificato tutte le sue economie, Eduardo, per realizzare danaro, dovette ricorrere al cinema. È questa la vera storia dell’origine dei film di Eduardo De Filippo: aveva bisogno di far quattrini per il suo teatro. Il suo lavoro degli ultimi anni è stato tutto svolto in funzione del San Ferdinando. Tutto quello che ha guadagnato, fino all’ultima lira, l’ha speso per condurre a termine la costruzione. Ma nemmeno ce l’avrebbe fatta, se una banca, l’unica tra quante furono da lui interpellate, non gli avesse concesso un ingente prestito. Un anno e mezzo i lavori rimasero interrotti per mancanza di fondi. L’attore fu costretto anche a vendere i tre appartamenti che si era fatti riservare nei piani dell’edificio sovrastanti al nuovo teatro.

Ma alla fine, superate tutte le avversità, tutti i momenti di scoraggiamento, egli ha vinto. Come Laurence Olivier, l’attore Eduardo De Filippo è proprietario ed impresario di un teatro. Ora egli si propone di riportare in auge il vecchio repertorio napoletano, sacrificato in questi ultimi anni, e di creare un nuovo repertorio napoletano, a cui contribuiranno lui ed altri autori della sua città.

Nello spettacolo inaugurale, ha rappresentato un’ antica commedia di Antonio Petito, La palummella. rappresentata per la prima volta il 6 dicembre 1873 al San Carlino, un teatro ormai scomparso. Per la prima volta, in questa occasione, Eduardo si è presentato a) pubblico nelle vesti di Pulcinella, l'antica maschera napoletana. L’origine di questa maschera è misteriosa, come un mistero è la etimologia della parola "Pulcinella”. Qualcuno ha scritto che si tratta di una invenzione moderna, mentre altri l’hanno fatta discendere addirittura dal Mimus Albus della farsa atei lana. Per quello che riguarda ! il nome "Pulcinella" chi lo fa derivare da Puccio D’Aniello, chi da Paolo Cinelli, chi da "pulcino", chi dal greco ”Pollò ktnesis” (molto movimento), chi, sempre dal greco, da "Pòlis" (città) e ”kenòs’’ (sciocco), quindi "buffone di città”.

Il primo grande Pulcinella di cui parlino le cronache teatrali è Vincenzo Cammarano, alla cui morte, avvenuta nel 1802, il teatro in cui recitava rimase chiuso per sette giorni, e ci volle del tempo prima che il pubblico si rassegnasse a veder passare la sua maschera sul volto di un altro attore. Di Salvatore Petito, che pure fu un degnissimo artista, le cronache raccontano poco. Quando cominciò a invecchiare, e il pubblico non si divertiva più ai suoi lazzi, l’impresario del San Carlino, Luzi, ebbe l’idea di farlo sostituire dal figlio, Antonio Petito. La commovente scena del passaggio della maschera da padre a figlio avvenne sul palcoscenico del San Carlino, una sera del 1852. Salvatore consegnò la maschera nera ad Antonio, lo abbracciò davanti al pubblico, e gli disse: « Pe' dente anno, figliti mio! ». (Ma poi, tra le quinte, vinto dalla gelosia e dal dolore, allontanò in malo modo Antonio che voleva abbracciarlo ancora una volta, al riparo dagli sguardi del pubblico).

Petito junior fu il più grande "Pulcinella” del teatro napoletano. Morì sul palcoscenico, il 24 marzo 1876, al terzo atto della commedia La dama bianca, uno dei suoi maggiori successi. La sua eredità fu raccolta da Giuseppe De Martino, a cui seguirono Enrico Petito e altri. L’ultimo Pulcinella, prima dell’esperimento di Eduardo, è Salvatore De Muto, un venerando vecchietto che ancora oggi si esibisce sui palcoscenici napoletani divertendo il pubblico con le vecchie battute e la vecchia mimica della antica maschera. E, alla "prima" di La Palummella, sul palcoscenico del San Ferdinando si è ripetuta la scena che si svolse centodue anni fa su quello del San Carlino. Salvatore De Muto, al termine dell’ultimo atto, è apparso sulla ribalta ed ha consegnato a Eduardo De Filippo la propria maschera.

Alla interpretazione "Eduardiana” di Pulcinella molti hanno mosso delle critiche, negando al grande attore napoletano i mezzi vocali e mimici necessari per dar vita allo strano e difficile personaggio, come molti gli hanno rimproverato di aver riesumato una commedia in cui la comicità è troppo grossolana per essere compresa da un pubblico moderno. Ma, quando questa commedia "superata” fosse stata rappresentata ai la presenza di un pubblico meno raffinato, alla presenza di coloro che, alla "prima”, hanno motteggiato ed offeso i "signori”, allora il successo sarebbe stato molto più caldo e pieno, e le risate frenetiche. Perché "quel" pubblico l’avrebbe capita ed apprezzata dalla prima all’ultima battuta.

Corrado Martucci, «Oggi», anno X, n.5, 4 febbraio 1954


Oggi
Corrado Martucci, «Oggi», anno X, n.5, 4 febbraio 1954