Ettore Petrolini: io e il film sonoro
Ho terminato, alla Cines, il mio terzo film sonoro cantato e parlato. Il Cinematografo comincia adesso. L'affermazione può apparire temeraria. Ma non vi preoccupate del bene che posso dire di me. Anzi, non farò altro che dire bene di me come artista fotogenico. A dir male ci penseranno gli altri e sarà farse difficile pareggiare il bilancio. Il Cinematografo, almeno come interpretazione. era apparso fino ad oggi come una cosa difficile a causa di tutte le complicazioni create intorno ad una cosa facile. Tanto facile che per tanti anni hanno potuto farla parecchi cervelli... a prezzi popolari.
Con la questione del microfono entriamo in un altro campo. Meccanizzata, sia pure, ma col film sonoro ci avviamo verso la vera umanità. Per me il film sonoro è un'arte più compiuta che segna la morte dell'artificio. Bisogna imparare ad essere veri. Il divismo, tipo pupazzo da vetrina, è ormai tramontato. Quei baci, quelle bocche, ognuna delle quali sembra che cerchi il proprio astuccio, quelle pose, quelle smorfie hanno fatto il loro tempo. Non voglio dire che coi films che ho ora interpretati e che faranno la loro comparsa nella prossima stagione si sia in tutto e per tutto rivoluzionato il vecchio cinematografo e raggiunta la perfezione artistica. Ma, insomma, siamo arrivati sicuramente a cancellare il convenzionalismo che imperava nella maggior parte dei vecchi films.
Per esempio, gli ambienti di teatro come venivano presentati? Se si trattava di un attore, tutte le donne dovevano innamorarsi di lui; se era un’attrice non si poteva concepirla senza la presenza del vieux marcheur, capelli bianco-argento, cilindro lustro. ghette bianche e caramella che incominciava invariabilmente col corrompere la cameriera per parlare con la diva. Non era immaginabile una diva di teatro senza il solito camerino pieno di bamboline, di ninnoli, di cuscini dipinti col Pierrot col neo, di fantoccetti, di abatjour, col parrucchiere, la pettinatrice, il pettinatore, la cameriera, tutte cose che non ho mai potuto vedere in tanti anni di teatro. Ho lavorato in tutti i teatri di prim'ordine d’Italia e molte volte sono entrato in camerino senza trovare un cane gridando a squarciagola : «elettricista, luce». In molti spettacoli di beneficenza prima della rappresentazione mi sono visto circondato da tutta l'aristocrazia, da unte elegantissime dame, patronesse ecc. tutti sorrisi e adulazioni; finito lo spettacolo mi sono quasi sempre trovato solo in camerino a cercare come un mano un calzante perchè non riuscivo ad infilarmi una scarpa. Questa è la verità, sul teatro.
Era logico che io dovessi reagire a certe concezioni quanto mai convenzionali ed arbitrarie ed è per questo che nel «Nerone», dove ho voluto riprodurre il mondo del teatro nella sua realtà mi sono sforzato di contrapporre la rappresentazione sincera dell'autentico retroscena per disilludere chi ha l'abitudine di lasciarsi abbagliare dall'orpello: falsificazione pericolosa che nel cervello dei giovani fa Perfetto della cocaina.
Ho visto in «Pulcinella» tanta umanità e tanta semplicità da contrapporre alle costruzioni artificiose dei vecchi film di maniera ed ho voluto perciò interpretare nello stesso film la caratteristica maschera napoletana per parlare direttamente all'anima della folla che ha forse la nostalgia di certe impressioni primitive. Non sarà roba per tutti i gusti, ma a me è parso anche onesto rievocare questa figura che in fondo in fondo si identifica con le origini del nostro teatro attraverso la commedia dell'arte. Per gli altri, per i palati più raffinati, c'è il ritmo di «Fortunello», la satira di Gastone o l'esasperato grottesco della parodia neroniana.
Con «Nerone», per la cui realizzazione tecnica non avrei potuto desiderare un direttore più aderente alle mie idee, più appassionato e più esperto di Alessandro Blasetti, credo di avere trovato la via giusta per l'affermazione del film sonoro e parlante. A questo criterio saranno improntati anche i miei prossimi film e debbo rendere grazie a Pittaluga che mi ha seguito ed incoraggiato con il suo più cordiale consenso, cosi come segue ed incoraggia tutto quello che si fa per dare un’ impronta nuova e quest'arte nuovissima.
Naturalmente ne Il medico per forza — trattandosi di materia classica — e ne Il cortile — trattandosi di materia poetica — non ho potuto eccessivamente allontanarmi dal testo originale. Ma per certi aspetti, anche questi due films hanno elementi che li distacca dal convenzionalismo teatrale e non mancheranno di suscitare il grande interessamento del pubblico. Ripeto, però, che il film sonoro e parlante deve cercare le sue ragioni di vita in vie diverse dal teatro e dalla letteratura. La mia futura attività sarà esclusivamente indirizzata in un campo ove le mie risorse di artista possono più liberamente spaziare.
Per ora, soprattutto per impegni precedentemente assunti, farò una breve sosta di cinematografo per tornare al teatro. Un giro che si inizierà ai primi di settembre a Montecatini per proseguire in ottobre all' Argentina di Roma, a novembre al Quirino e per il Carnevale al Manzoni. In primavera riprenderò il mio posto alla Cines. Mi si chiede da molte parti se sono soddisfatto del mio primo esperimento fono-fotogenetico. La risposta è implicita in quanto ho detto prima. Ma c’è qualcuno, sempre premuroso, che mi rimprovera di avere abbandonato il Teatro. A questi risponderò che ho fatto e farò del cinematografo perchè non voglio dare dispiaceri a nessuno.
Di tanto in tanto trovo qualche gentile persona che mi dice:
— Ma perchè lei, che fa tanto bene il drammatico, non abbandona definitivamente il comico?
Ed un'altra:
— Ma lei che è un artista comico perchè si ostina a fare il drammatico?
Ed una terza:
— Senta, lei ha commesso davvero un grave errore ad abbandonare il Varietà.
Un amico carissimo, coi debiti scongiuri, in una sera ili pioggia, mi disse tempo fa:
— Senti Petrolini, tu ormai hai avuto tutte le soddisfazioni. Non ti far lasciare dal pubblico. Lascialo tu. Abbandona il teatro.
Me ne tornavo a casa con questa malinconica idea per il cervello.
Il portiere, vedendomi giungere con quell'aria fra salice piangente ed il cipresso solitario, mi disse
— A sor Ettore, vengo ora dar «Supercinema». Ho visto John Gilbert. Ma sa che anche lei cià proprio un'aria fotogenica? Nun cià mai penzato a fà er cinematografo?
La mattina dopo molto di buon’ora era alla Cines nell'ufficio del commendatore Pittaluga.
Ettore Petrolini, «Comoedia», anno XII, 15 ottobre 1930
Ettore Petrolini, «Comoedia», anno XII, 15 ottobre 1930 |