Silvana Mangano odia il cinema perchè era nata per danzare
Silvana Mangano sognava di diventare una grande ballerina: quest' ambizione frustrata spiega la sua indifferenza al successo cinematografico. (Prima parte)
«Silvana Mangano è un enigma.» Questa definizione si sente ripetere spesso e ha fatto il giro del mondo. È una definizione che piace, ma non ha serio fondamento; o, meglio, è una comoda e facile scappatoia per giustificare atteggiamenti che contraddicono a punti di vista usuali.
Tutte le attrici sono avide di pubblicità: Silvana Mangano la sfugge, dunque è un enigma. Tutte le ragazze vorrebbero essere al suo posto e godersi la sua fortuna di attrice: lei se ne infischia, dunque è un enimma. Nell’enigma l’ambiguità è sostanziale, ma io non trovo nella Mangano alcuna ambiguità. Che essa, al di fuori del campo visivo della macchina da presa, non si comporti da attrice e che, pur non desiderandolo, continui a interpretare film, può sembrare enigmatico soltanto a chi non ne conosca le cause, o a chi trasferisca in lei le proprie aspirazioni. E, quindi, enigmatico non è.
Tuttavia, alla Mangano la definizione non dispiace. A volte le fa comodo, è una scusa per non parlare di se stessa o per parlarne solo vagamente. «Io sono enigmatica e sincera» rispose un giorno a un intervistatore il quale le aveva domandato che difetti e qualità ritenesse di avere. Cosi, per giustificare certe sue reazioni, fa leva sul dissidio tra il focoso sangue siciliano del padre e il freddo sangue inglese della madre: «Talvolta in me i due sangui entrano in conflitto e allora sono pasticci. Neanche io so quel che può succedere». Effettivamente, slancio e controllo sono i due termini antitetici del suo carattere.
(Sopra) A sei anni tra il fratello Roy, ora tecnico del suono, e la sorella Patrizia che, come la sorella minore Natascia, ha tentato le vie del cinema con scarso successo. (A sinistra) A 14 anni la Mangano studiava danza con Jia Ruskaja. (Sotto) Educata all'inglese da sua madre, Silvana fu presto libera di partecipare da sola a balli e a scampagnate.
Suo padre e sua madre si conobbero a Londra nel 1926 al Wimbledon Palais de Dance. Amedeo Mangano era un giovanotto che faceva pratica come cameriere; Ivy Webb un’alta, bionda, attraente e calma ragazza del Sussex. Egli osò invitarla a ballare; dopo pochi mesi si sposarono. Vennero in Italia. Abbandonata l'idea di diventare un perfetto cameriere, Amedeo Mangano cominciò a scorrazzare per l’Italia con la moglie facendo il commesso viaggiatore. Quando nacque il primo figlio, Roy (che oggi è uno stimato tecnico del suono), la famiglia Mangano si sistemò a Roma e qui Silvana nacque il 21 aprile del 1930, seguita da altre due femmine, Patrizia e Natascia.
Abitavano in un modesto appartamento nel quartiere di San Giovanni e la signora Ivy fu un’accorta amministratrice dello stipendio del marito per una vita senza sciali, al limite del necessario. Ma quando Silvana manifestò l’intenzione di prendere lezioni di danza, essa trovò modo di fare delle economie e la iscrisse all’Accademia di Jia Ruskaja. Che cosa non avrebbe fatto per assecondare questa passione della figlia? In Silvana essa vedeva rivivere la sua stessa passione giovanile. Anche lei aveva sognato di diventare danzatrice e si era dovuta accontentare del Wimbledon Palais de Dance.
Nell’educazione delle figlie, la signora Ivy ha dovuto scontrarsi con le abitudini italiane del marito. «La differenza sostanziale» essa dice «tra l’educazione britannica e quella italiana sta in questo: in Italia si lasciano abbastanza libere le bambine di scegliere compagne e amiche e si interviene con repressioni e impedimenti quando esse raggiungono l’adolescenza, mentre in Inghilterra si controlla molto il periodo dell’infanzia e si è liberali nel periodo dell’adolescenza.» Le tre sorelle Mangano sono state educate col metodo inglese. Verso i tredici-quattordici anni Silvana andava già da sola a balli e scampagnate, perfino a teatro. E una volta, al Teatro dell’Opera, vide danzare Attilia Radice. «La guardavo» racconta «come in trance. Chiudendo gli occhi, mi immaginavo al suo posto, su di un palcoscenico enorme.»
(Sopra) Alla Mangano il successo è sempre arrivato suo malgrado. Nel 1947 fu eletta Miss Roma: solo le insistenze della madre avevano vinto la sua riluttanza a partecipare al concorso. (A destra) Modella di uno studio fotografico romano, posò per una serie di fotografie propagandistiche degli aiuti E.R.P. all'Italia. La sua immagine fu diffusa con migliaia di manifesti. (Sotto) Un’altra fotografia di Silvana, fatta dallo stesso studio fotografico, fu impiegata durante la campagna elettorale de 1948 per invitare gli italiani a non disertare le urne.
La Mangano è ridiventata danzatrice nel film Mambo. Sotto l’esperta guida di Katherine Dunham, tra esercitazioni, prove e riprese essa ha danzato circa centoventi ore. I primi momenti furono i più difficili. Katherine Dunham mise l’attrice alla sbarra per provarne la forza dei muscoli e la fece muovere al suono di un tamburo per saggiarne il senso del ritmo. Ambedue le prove risultarono positive. L'allenamento che seguì fu, naturalmente, affrettato e richiese alla Mangano un grande sforzo. «Ha un corpo molto plastico, magnifico per una danzatrice» mi disse a quel tempo la Dunham. E poi : «Alla fine delle prove siamo tutti molto stanchi; lei, no; o, meglio, il suo viso non lo mostra. Io so che cos'è il dolore ai muscoli. I muscoli sono umani e non si può forzarli».
Come per sua madre, quella di .volare sulle punte e di essere applaudita grande danzatrice fu per la Mangano un'ambizione frustrata. Senza in realtà desiderarlo, essa si trovò invece, alcuni anni dopo, a essere universalmente applaudita attrice. Alla base della sua personalità c’è per l’appunto questo antagonismo, questa curiosa posizione polemica verso il cinema che l’ha resa famosa. Sente di non appartenergli né vuole appartenergli. Il successo cinematografico le è psicologicamente indifferente e quanto maggiore esso è, tanto più profonda è l’amarezza di non averlo ottenuto nel campo della danza.
1949: Protagonista di «Riso amaro». Un'accorta campagna pubblicitaria suggestionò il pubblico con la fotografia di Silvana in costume da mondina. Prima di questa ebbe un grande successo una sua fotografia in costume da bagno (in basso). In contrapposizione a Rita Hayworth fu chiamata la «superatomica» italiana, il film, che ha incassato milioni di dollari in tutto il mondo, le fruttò 500.000 lire.
La Mangano divenne famosa di colpo nel 1949 con Riso amaro. Prima di allora il cinema non le ave-la concesso che di apparire brevemente come generica. Era una bella figliola, era stata «Miss Roma» nel 1947 ma, per guadagnarsi la giornata, doveva lavorare come indossatrice o come modella nello studio fotografico di Ivo Meldolesi.
Fu protagonista di Riso amaro per caso, dopo che Lucia Bosè (Miss Italia 1947), aveva dovuto rinunciare alla parte per l’opposizione della famiglia e dell’uomo che ne era innamorato. Per caso vennero fuori quelle fotografie in costume da bagno che la fecero conoscere in tutto il mondo prima ancora che il film fosse proiettato. Mentre Silvana si trovava sulla spiaggia di Fregene con la sorella Patrizia, un fotografo le chiese di posare. Essa aveva lasciato a Roma il suo costume da bagno e indossò quello di Patrizia che le andava stretto. Le fotografie mostrarono un corpo prepotente e una bellezza aggressiva : non ci fu bisogno di diffonderle, i giornali fecero a gara per pubblicarle. Subito contrapposta a Rita Hayworth, fu chiamata «superatomica».
Un’altra fotografia della serie che rese celebre la Mangano nel costume da bagno della sorella Patrizia. Silvana non usa cosmetici. Solo un po’ di cipria e un velo di rossetto se necessario.
Dopo «Riso amaro» Silvana si trovò subito impegnata in un altro film, «Il lupo della Sila». Durante questo periodo essa finalmente acconsentì a sposare il produttore Dino De Laurentiis, che si era innamorato di lei. Il matrimonio fu fastoso ed ebbe luogo a Roma, presente tutto il mondo cinematografico. In viaggio di nozze si recarono a Parigi.
La nascita della prima figlia. Veronica, trasformò la vita di Silvana. «Ora» disse «ho tutto ciò che desidero»; e, tra la generale meraviglia, annunciò che avrebbe lasciato il cinema. Smise di bere e di fumare; ingrassò. La si vedeva spesso a Villa Borghese spingere la carrozzella della bambina.
Norma di ogni buon produttore è di battere il ferro finché è caldo, e Dino De Laurentiis organizzò in fretta un secondo film: Il lupo della Sila, con Amedeo Nazzari. Oltre a tutto si era pazzamente innamorato di lei. Prima che sui nevosi monti della Calabria la lavorazione fosse terminata, De Laurentiis le chiese per l’ennesima volta di sposarlo. E finalmente Silvana acconsentì.
Il matrimonio fu fastoso, presente tutta la Roma cinematografica. Ma non appena si accorse di aspettare un figlio, Silvana cambiò vita. Smise di fumare e di bere, cominciò a mangiare abbondantemente conducendo una vita calma e metodica. E quando Veronica nacque, annunciò placidamente che avrebbe abbandonato la carriera cinematografica. Suo marito allibì.
Silvana Mangano non ha sorrisi per i suoi ammiratori
Silvana Mangano è l'anti-diva. Rifiuta gli obblighi che un'attrice ha verso il suo pubblico. In casa dimentica il cinema, felice di stare con le sue bambine. (Seconda parte)
A Cannes, nella pace della villa «La casa del mare», Silvana Mangano attende la sua terza maternità. Sarà finalmente un maschio? Per il maschio il nome è pronto: Riccardo; era già destinato per la seconda maternità, quando nacque invece Raffaella die ha poco più di due anni.
Alla nascita di Raffaella si ripetè, più o meno, ciò che successe alla nascita di Veronica: Silvana disse di averne abbastanza del cinema e di volersi ritirare a vita privata. Stavolta Dino De Lau-
rentiis, suo marito e produttore, era preparato; non ci rimase male come la prima volta, non polemizzò. Le mostrò sorridendo il telegramma di uno sconosciuto: «Ora che avete obbedito vostro dovere di donna spero ammirarvi prestissimo nuovo film» e non insistette. «Abbiamo tempo per pensarci» disse lei, «Tutto il tempo che vuoi» rispose lui.
In attesa della sua terza maternità, Silvana Mangano si è rifugiata nella quiete di un'accogliente villa sulla Costa Azzurra, nelle vicinanze di Cannes. Appena le sue occupazioni glielo permettono, suo marito, il produttore De Laurentiis, corre da lei, ansioso per la sua salute.
Ma la prima volta c'era stata un po’ di burrasca. De Laurentiis non riusciva a rendersi conto di quella volontà di rinuncia. Ogni giorno lettere, telefonate o visite lo mettevano di fronte a ragazze ambiziose di «arrivare» ; decine e decine di belle figliole gli ripetevano: «Lei che ne ha il modo, mi dia la possibilità di provare e vedrà di che cosa sono capace...». Silvana aveva avuto la sua chance con Riso amaro; con li lupo della Sila aveva confermato le sue indubbie qualità di attrice gradita al pubblico. Eppure voleva rinunciare, dare un bel calcio alla fortuna. Perfino sua madre si stupiva di questa insensibilità al successo che era veramente senza precedenti, tanto che i più pensarono a una posa o a una trovata pubblicitaria. «Hai un contratto per tre anni con la Lux» le ricordava Dino. «Cerca di scioglierlo, arrangiati» replicava Silvana. «Rifletti bene» insisteva il marito. «Un giorno potresti pentirti di non avere approfittato del tuo momento. Non è per il denaro che dico questo: è per te stessa, per il debito che, con le tue qualità, hai contratto col cinema e col pubblico.»
Silvana se ne infischiava. Voleva essere padrona di badare alla piccola Veronica, di alzarsi la mattina all'ora che più le facesse comodo, di non dover controllare il suo peso.
L’esperienza di Riso amaro (il caldo, le zanzare, l'umidità e il fango delle risaie) era stata dura; non meno lo stata, col freddo e con la neve, quella de Il lupo della Sila. Ne aveva abbastanza e voleva esser lasciata in pace. Detestava gli ordini dei registi, i ceroni dei truccatori, i riflettori degli elettricisti, le esigenze dei fotografi, la curiosità dei giornalisti.
La Mangano col marito e le due figlie.
Chi conosceva la verità di tutto questo si stupì di vederla invece ricomparire nel Brigante Musolino pochi mesi dopo la nascita di Veronica. E poi in Anna, altro grande successo. Ingrassata a causa della maternità e dell’allatta-mento, dovette perdere dieci chili per riprendere la sua linea normale. Ci riuscì rapidamente con lunghe passeggiate in bicicletta, fanghi a Ischia e molte sambe. Non è la volontà che le manca quando decide di ottenere qualche cosa!
Dalla noncuranza per la carriera d’attrice dobbiamo dedurre che il cinema non la interessa? Non sarebbe esatto. Sul cinema la Mangano ha le sue idee e a volte si trova in disaccordo col marito sul progetto di questo o di quel film. Detesta i convenzionalismi e vorrebbe che tutte le storie cinematografiche fossero tali da permettere al pubblico di ritrovarsi e riconoscersi veramente nei personaggi che ne sono protagonisti. Sovente, e anche per altre questioni, la sua critica si manifesta con un’ironia fredda e precisa da cui traspare un vigile spirito di osservazione. Eppure, sotto quell’ironia (che non ha risparmiato neanche De Sica quando essa ha interpretato sotto la sua guida un episodio de «L'oro di Napoli» si avverte un desiderio di fanciullesco abbandono, di fiduciosa partecipazione alla vita.
A volte essa si decide a rispondere a qualcuna delle tante lettere che le arrivano da ogni parte del mondo. Regala i francobolli alla sorella minore Natascia. Silvana si dedica volentieri alla casa, ma non le piace cucinare. Il cucito e il lavoro a maglia sono tra i suoi passatempi preferiti. Legge molto. I suoi autori preferiti tono Moravia e Brancati.Se non vi è costretta non osserva nessuna dieta particolare. Le piacciono i piatti semplici e nello stesso tempo appetitosi, come, per esempio, le uova sode con l’insalata verde. Fra le minestre preferisce quelle alla francese, leggere, delicate e nutrienti.
Silvana Mangano è «una creatura» ha scritto Vasco Pratolini «che nessuna guaina, nessuna audacia, può destituire dal suo candore.» Pratolini si riferiva, certo, al personaggio che essa è sullo schermo ma le sue parole possono aderire altrettanto bene al personaggio che essa è nella vita.
Credo che, nonostante tutto, la Mangano non si sentirà mai a suo agio nell’ambiente cinematografico. Quando, per una qualche festa, riunisce intorno alle sue bambine i figli dei parenti e con loro si mescola e si diverte, è un’altra donna completamente. La parola cinema, con annessi e connessi, la mette subito sul chi vive, la fa ritirare nel suo guscio come la chiocciola. Invasa da un'invincibile diffidenza, può allora sembrare superba perché cerca di dar di se stessa il meno possibile. In fondo, col successo obbligandola al lavoro, il cinema esercita su di lei una specie di violenza, ed essa se ne vendica, forse inconsciamente, soddisfacendo i suoi capricci con i mezzi che ne ricava. Dice, per esempio, di non aver mai tirato le somme di quanto spende per il suo guardaroba che tuttavia è composto di vestiti estremamente semplici; la storia della sua automobile Hudson (seimila cmc. di cilindrata) con un sedile trasformabile in tavolo da canasta ha fatto il giro del mondo: era divertente averla e l'ha avuta. Ma la grande villa sulla via Appia Antica, con piscina e galoppatoio sotto le chiome dei pini, è nel medesimo tempo l’appagamento di un capriccio e di un reale desiderio di isolamento.
A volte, però, la villa si popola di ospiti, specie d'estate, quando la piscina e il parco offrono un vicino, comodo e piacevole rifugio al caldo di Roma. Molti di questi ospiti ne ritornano con l’impressione di una Mangano assai poco socievole. Essa è capace di starsene ore e ore senza dire una parola, assente all’apparenza, o indifferente. Né altrimenti si comporta quando la sua posizione l’obbliga a partecipare a manifestazioni ufficiali. Le sue conferenze stampa - rarissime - sono un disastro, per fortuna salvate dalla facile parlantina di De Laurentiis, uomo dinamico e pieno di risorse. A Londra, a New York o in Sud America i giornalisti ci sono rimasti male. «La Mangano non parla perché non ha nulla da dire» dicono alcuni. «Perché è superba» dicono altri. «Perché è timida» dicono i meno superficiali, e probabilmente è questa la spiegazione più giusta del suo comportamene to. La mancanza di espansi vità, il riserbo, la timidezza la scarsa considerazione delle cose pratiche, la sua costante posizione difensiva darebbero a un seguace di Jung la possibilità di definire la Mangano un tipo intravertito, che è il tipo cui appartengono in genere gli artisti.
De Laurentiis è il contrario: un tipo extravertito, il che spiega la sua ammirazioni per lui. Soprattutto essa ammira nel marito l’intelligenza, il coraggio, l’audacia, il senso degli affari . elementi, a suo avviso, fondamentali per la personalità di un uomo «Egli» ha dichiarato tempo fa «non si attarda mai a guardare al passato. Cerca invece di intuire il futuro. Gli piacciono le imprese ardite. Anche per questo lo ammiro.» In comune hanno la passione del giuoco, ma per motivi diversi. Per lui è un appagamento del piacere del rischio, per lei un’evasione dai limiti del suo carattere. Infatti essa non ha nessuna considerazione per il denaro, giudicando «la ricchezza per la ricchezza, cioè il denaro fine a se stesso, come un'affezione psicopatica.»
Per la Mangano l’esistenza ideale è quella che soddisfa lo spirito e la volontà, cioè quella che rappresenta il concretarsi delle più segrete aspirazioni dell'intelligenza e del cuore. Evidentemente il cinema né le dà soddisfazione allo spirito né rappresenta la massima aspirazione della sua intelligenza. Quando è davanti alla macchina da presa fa tutto ciò che è necessario, senza risparmiarsi, perché ha volontà ed è tenace. Come si parlasse a un’altra persona, a un’estranea, dice allora a se stessa: «In fondo, sei tu che l’hai voluto, e adesso stacci, subisci, fai ciò che ti dicono. Non puoi tirarti indietro...».
Così è stato fin dall'inizio. Per Riso amaro c’era da girare la scena del bagno delle mondine e queste, che non erano comparse professioniste, non volevano assolutamente spogliarsi. «Anch’io non ne ho nessuna voglia» disse loro Silvana «ma bisogna farlo.» E si spogliò. Le mondine seguirono il suo esempio. «Bisogna farlo : questa convinzione fa di lei un docile strumento nelle mani del regista, la decide a mostrare il nudo d'una gamba o d’una spalla, ad apparire sensuale e impudica nel rigoglio delle sue forme. Eppure non vorrebbe. Se proprio non può fare a meno di interpretare film (e vedremo quale decisione prenderà dopo la prossima maternità) preferirebbe personaggi basati essenzialmente sulla recitazione.
Al termine della giornata di lavoro, sfuggendo all’arbitrio e alla tirannia della macchina da presa, Silvana Mangano è una donna felice. Torna alle sue bambino con un desiderio pazzo di stringerle fra le braccia, di baciarle, di coccolarle, di giocare con loro. Se capita che, per ragioni pubblicitarie, il cinema invada la sua vita privata, lo odia come il peggiore e il più pestifero degli intrusi. Per piegarla alla necessità ci vuole una lunga opera di persuasione; di sua iniziativa non farebbe al pubblico nessuna concessione. In questo campo è priva di vanità.
Conosco attrici e attori che si offendono di non essere riconosciuti per la strada, altri che istrionicamente non tralasciano occasione per attirare su di sé l’attenzione, altri che queste occasioni provocano o inventano con una costanza a volte indisponente. Intrufolarsi in una polemica - meglio se scandalistica - è per costoro un andare a nozze. Silvana evita tutto ciò, felice di non essere riconosciuta e di non provare la stretta isterica della folla. Davanti a lei, che non concede né un gesto amichevole né un sorriso, questa si ritira delusa con un misto di confusione e di rispetto. La sua popolarità è fatta soltanto dai suoi film.
Domenico Meccoli, «Epoca», anno V, n.212 e 213, 24 e 31 ottobre 1954
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Domenico Meccoli, «Epoca», anno V, n.212 e 213, 24 e 31 ottobre 1954 |