Approfondimenti e rassegna stampa - Domenico Modugno
Miliardi di gettoni per canzoni da dieci lire
I motivi, gli autori, i cantanti die appena un anno fa, come dice Modugno, venivano disprezzati dai dirigenti della Rai e dai Festival o addirittura ostacolati ed esclusi, oggi riscuotono successi sempre crescenti. Il 1958 è stato l’anno delle sorprese e la nuova legge è venuta dai juke-box. Con i gettoni il pubblico italiano ha votato per il nuovo genere
Le canzoni prescelte fecero una fugace apparizione alla ribalta della RAI, tra il disinteresse dei radioascoltatori (si trattava di roba generalmente così modesta da passare assolutamente inosservata) mentre le orchestrine dei night-clubs e dei dancings eseguivano, in mancanza di meglio, tutto U repertorio americano disponibile. più qualche canzone italiana di dieci anni fa che, con un piccolo lavoro di adattamento, poteva riuscire ancora gradita. Dopo di che, esaurito il ciclo previsto per il « lancio » delle inutili ducento nuove composizioni, la RAI dovette invitare i Maestri ad « arrangiarsi » alla meglio rispolverando vecchi e vecchissimi successi.
E intanto il pubblico, voltate le spalle alla radio, che fino ad allora gli aveva offerto la materia prima dei suoi interessi musicali, si è rivolto ai juke-box. E’ stato il punto culminante della « grande rivoluzione ». Attraverso i juke-box la gente ha conosciuto canzoni e cantanti che gli sono piaciuti; inserendo nel congegno cento gettoni per Tony Dallara e due per Pinco Pallino (non facciamo i nomi dei « battuti » perchè sarebbe di cattivo gusto) il pubblico ha offerto ai titolari dei juke-box indicazioni precise per i loro rifornimenti di dischi. E i titolari dei juke-box, che non prendono stipendi da nessuno ma incassano cinquanta lire a gettone (a differenza dei dirigenti della RAI che commettendo errori non rischiano niente), si sono regolati di conseguenza.
I venditori di dischi, che un anno fa erano in preda al panico perchè la mediocrità della produzione presentata dalla RAI invogliava ben poca gente ad acquistare le incisioni, oggi sono tutti rinfrancati. Hanno dovuto anche loro « assestarsi » in qualche modo, riducendo le ordinazioni di dischi incisi da certi cantanti e rivolgendo l’interesse ad altri. Ma ormai il settore è tranquillo; le vendite sono notevolmente aumentate (addirittura raddoppiate in un anno e mezzo, si dice), tutto va bene.
E’ ancora presto, certo, per fare un bilancio completo della crisi che si è abbattuta sul mondo della musica leggera italiana. Che il nuovo si vada affermando sempre di più non significa ancora che il vecchio sia scomparso, anche perchè nessuno è disposto a lasciarsi superare senza combattere. D’altra parte, nella rivoluzione sono i giovani a spingere più in fretta e le loro preferenze si esprimono più facilmente nelle grandi città o nei luoghi di villeggiatura. Cambiamenti di gusto quale quello cui stiamo assistendo avvengono sempre attraverso incertezze e contraddizioni nel nostro Paese, in particolare, le novità arrivano alla periferia con molta lentezza e in modo disuguale, mancando spesso i mezzi di informazione più rapida e moderna. La radio, in questo ha una funzione preminente, ma abbiamo visto come essa sia stata tutta altro che all’avanguardia. I risultati del nostro referendum ci danno un quadro abbastanza preciso delle varie strade sulle quali camminano i gusti del pubblico.
Bisogna anche tener conto del fatto che, ancora oggi, noi siamo per molta parte sul terreno dei tentativi: il fatto che alcuni « nomi nuovi » si siano imposti all’attenzione di pubblici sempre più vasti non significa che abbiamo già alla ribalta dei veri, grandi artisti. Se il successo di-stogliesse alcuni dal continuare nella ricerca, rischieremmo di fermarci alla superficie.
Noi pensiamo, comunque, che sarà il pubblico, ancora una volta, l’ultimo giudice; ma le sue esigenze vanno sollecitate, interpretate, orientate con un coraggio e una intelligenza che i più responsabili — a cominciare dai dirigenti della RAI — hanno raramente dimostrato.
C. M., «Noi donne», 1958
«Il Musichiere», 26 febbraio 1959 - Domenico Modugno - Parte 1 - Parte 2
Modugno contento rientra in Italia
Il popolare cantante-autore intraprende il ritorno a Roma. — Tornerà negli Stati Uniti fra qualche mete per interpretare a Hollywood il film "Me candido" insieme a Jeffrey Horne.
NEW YORK, aprile
Scrivo queste note mentre insieme a Domenico Modugno sto per imbarcarmi sull'aereo che deve ricondurci in Italia. Atterreremo all’aeroporto di Roma venerdì 24, alle ore 13 e 10; ma Modugno non potrà riposarsi dalle fatiche alle quali si è sottoposto nel corso della sua lunga tournée nel Continente americano. Mimmo ha infatti anticipato il suo ritorno in patria per dedicarsi con maggiore impegno alla composizione delle musiche che comporranno la colonna sonora del film «Ciao, ciao bambina», ispirato alla sua oramai celebre canzone.
Modugno lascia gli Stati Uniti con un leggero senso di amarezza : i suoi nemici non gli hanno permesso di godersi pienamente il meritato trionfo. Se ne sono dette di tutti i colori circa le esibizioni del cantante-compositore italiano nei teatri ed alla TV degli Stati Uniti. Si è addirittura parlato di una Waterloo di Mimmo : secondo alcune voci messe in giro negli ultimi giorni. Domenico Modugno avrebbe — come si dice — «cozzato la testa» contro una parete di ghiaccio che gran parte del pubblico di New York e di Philadelphia avrebbe opposto all’entusiasmo di pochissimi sostenitori del cantante.
Per la seconda volta nella sua carriera, Mimmo ha fatto eccezione alla sua «regola discografica», incidendo una canzone di un altro autore. Si tratta di «Notte, lunga notte», composta da Enrico Polito, il pianista personale di Modugno, e da Migliacci. I dischi di questa nuova canzone sono stati già lanciati sul mercato americano.
Tre nuove canzoni
«Non capisco proprio chi sia questo mio nemico-ombra» ripeteva spesso Mimmo passeggiando avanti e indietro nella camera del suo albergo nei rari momenti in cui gli era concesso di restare solo. «Ed Suddivan stesso» aggiungeva «mi ha teso le braccia al suo show; non ho pagato una lira per la claque, ho firmato un contratto per interpretare un film ad Hollywood, e mi si attribuisce un fiasco». Effettivamente, Domenico Modugno dovrà tornare negli Stati Uniti fra qualche mese per interpretare il film «Me candido» insieme all’attore Jeffrey Home; inoltre ha dovuto promettere agli impresari sudamericani che approfitterà dell’occasione per tenere ancora un ciclo di spettacoli nei teatri del Venezuela.
A Valencia, dove Domenico Modugno aveva concluso il suo giro ' artistico dell'America del Sud, il i pubblico, ha sottolineato con un entusiasmo senza pari i concerti, del cantante italiano. Mimmo, nell’ultima serata, ha dovuto esibirsi accompagnandosi con la chitarra perchè il suo pianista Enrico Polito era stato ricoverato all’ospedale in seguito a violentissi mi dolori all’addome. L'elegante platea di «E1 Vinedo» non aveva mai mostrato di «scaldarsi» tanto per nessun altro artista, e la stampa locale aveva ribattezza- ! to Modugno «Il miglior ambasciatore italiano in America».
Dopo lo spettacolo Mimmo si precipitò con una macchina nell'ospedale dove era ricoverato Enrico. Il medico in casigliano ci spiegò che si trattava proprio di una malattia tropicale e che si. sarebbe potuta guarire anche in due giorni, qualora si fosse fatta immediatamente una trasfusione di sangue. «Che cosa aspetta?» disse Mimmo molto seccato.
Immediatamente noi e tutti gli amici venezuelani, che ci avevano accompagnato da Caracas, ci sottoponemmo alla prova del sangue. Quando l'analisi rivelò che il gruppo idoneo era proprio quello di Modugno, nonostante la gravità del momento, ridemmo al pensiero che Mimmo avesse la fortuna anche nel sangue! Dopo la trasfusione, qualcuno disse a Modugno che era assolutamente necessario mangiare un paio di filetti di bue! Mimmo non se lo fece ripetere due volte, salutò Enrico ed entrò in un ristorante.
In Venezuela, Modugno ha conosciuto personalmente Josephine Baker, e Nat «King» Cole; guest'ultimo ha stretto una sincera amicizia con Mimmo, e gli ha chieste di inviargli le sue composizioni. Domenico Modugno dovrà affrontare ora in Italia un altro compito molto impegnativo: è atteso dai produttori del film «Ciao, ciao bambina», i quali gli hanno commissionato le musiche che comporranno la colonna sonora della pellicola.
Dopo un paio di giorni, il pianista si sentì meglio, e tornammo quindi a Caracas all'Hotel Tamanaco. Il forte, afoso caldo tropicale Mimmo lo combattè sguazzando il giorno intiero nella piscina dell'albergo. Lo stesso giorno arrivarono al Tamanaco Josephine Baker e Nat «King» Cole, anche loro impegnati in una lunga tournée in Sud America. La Baker canta tuttora al «Toni's» e Nat «King» Cole al «Naiguatà». Ambedue furono cordialissimi con Mimmo : si interessarono dei suoi successi, di Sanremo e delle nuove canzoni che sta componendo.
Da quando siamo partiti da Roma Modugno ha già composto tre nuove canzoni. E’ difficile ancora poter dire quali siano i titoli e quali siano le idee che hanno ispirato le nuove canzoni. Quella cne a mio parere sembra destinata ad avere un maggiore successo ha come tìtolo provvisorio «Nel bene e nel male». Non essendo state ancora interamente definite e scritte le parole, è prematuro dite qualcosa sull'idea che ha generato questa bellissima canzone, la quale con sicurezza supererà la popolarità di «Ciao, Ciao bambina». Nat «King» Cole ha voluto sentirla e Mimmo l'ha cantata a mezza voce, accompagnandosi al piano, con tanto entusiasmo e genialità, che il cantante americano si è offerto di lanciarla in America. «I tank you, — ha risposto Mimmo — ma le mie canzoni sono per me come dei figli: me li allevo da solo in maniera che poi le soddisfazioni le diano tutte
Sergio Menno, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.14, 26 aprile 1959
Modugno a Caracas
Con "Sorrisi o Canzoni" In Sud America al seguito di “mister volare". Iniziamo il racconto della tournée sudamericana di Domenico Modugno: la partenza dopo Cannes; in aereo il primo sonno tranquillo dopo mesi di lavoro estenuante; l’arrivo a Caracas ed un "arresto" evitato all'ultimo momento.
CARACAS. — Durante il viaggio da Roma fin qui nel Venezuela, circa trenta oro di aereo, Domenico Modugno ha dormito quasi tutto il tempo. Dopo Sanremo, si può dire che Mimmo non abbia conosciuto il letto che per poche ore. Per un mese di seguito da un treno all'altro, da una macchina all'altra senza soste e senza tregua. Non ha avuto nemmeno il tempo di vedere i giornali e di Interessarsi delle polemiche che si sono susseguito dopo il Festival sanremese e dopo quello di Cannes. A Mimmo la polemica non Interessa; e non amando la polemica egli non ama nemmeno le esagerazioni. Molti hanno esagerato in questi ultimi giorni. Anche i giornali e le firme più autorevoli si sono lasciati andare un po' troppo parlando di «catastrofe» della musica leggera italiana e, qualcuno addirittura di «Caporetto» a proposito delie disavventure di Cannes. Mimmo, invece, con quello spirito sportivo che è nella sua più vera natura, non ha drammatizzato ed ha dato ai risultati di Cannes un valore episodico e nulla più. La dimostrazione più palese che Piove è la canzone dell'anno, è che orinai la cantano in tutti i paesi del Mondo. Qui a Caracas, per esempio, i dischi di Ciao Ciao bambina, incisi da Domenico Modugno, non sono ancora arrivati; però tutti i segritos e gli indios venezuelani già la fischiettano. Le più importanti stazioni radio venezuelane, Radio Libertador, Onda Populares, Radio Caracas, trasmettono continuamente le più note e le più belle canzoni del nostro Mimmo nazionale. Abbiamo la fortuna di seguirlo durante tutta la tournée nelle Americhe, e racconteremo quindi ai nostri lettori tutto quello che avverrà durante questo meraviglioso viaggio. Alla partenza da Ciampino molti amici, parenti, fans e giornalisti hanno voluto salutare questo simpatico guascone nostrano, che va per tu terza volta In America per raccogliere applausi da sterminate platee in delirio.
Appena l'aereo ha decollato, Mimmo si è agganciata la cintura di sicurezza e si è assopito. Tra un sonno ed uno spuntino si è improvvisamente trovati» in una stranissima isola, di fronte all'Africa Equatoriale Francese, l'isola del Sule. Qui fanno scalo tutte le linee aeree per il sud America. E' una isola piatta, di un bianco accecante ecl abitata da pochi pescatori negri e da qualche italiano addetto all'aereoporto.
D’accordo con la hostess, Enrico Polito, il pianista ed arrangiatore di Modugno, che mai lo segue in tutti i viaggi traverso il mondo, decidemmo di combinare uno scherzo un po' per attenuare la noia delle lunghe ore di viaggio ed un po' per cercare di mettere. in imbarazzo Mimmo. Qualche minuto prima dell'atterraggio dell'aereo all'Isola del Sale, gli facemmo credere che appena sbarcati, avremmo passato l'ora di sosta in uno strano e caratteristico night-club di tipo tropicale. Qui meravigliose ragazze negre e mulatte si sarebbero esibite in danze tipiche equatoriali. Anzi lo convinceremo spiegandogli che era un'usanza della compagnia di navigazione intrattenere gli ospiti nel night club durante la sosta dell'aereo. Naturalmente il «Ragno Verde», questa era il nome dell'ipotetico ed esotico locale, non esiste altro che nella fantasia delle hostess della compagnia aerea.
Mimmo era commosso
Mimmo che dapprincipio era molto entusiasta dell'idea di rinunciare al sonno, acconsentì. Arrivati davanti ad una capanna di bambù, Mimmo aspettò fuori e noi entrammo. Ridendo come pazzi riuscimmo da un'altra porta e lo lasciammo ad aspettare per una ventina di minuti con i capelli scapigliati dal caldo vento africano. All'arrivo a Maiquetia, l’aereoporto di Caracas, numerosi giornalisti europei e di colore ci attendevano.
In Sudamerica i successi di Modugno avevano preceduto lo stesso autore e, quando Mimmo è sbarcato, ha trovato una folla di ammiratori d'ogni razza e colore che lo hanno accolto trionfalmente cantando «Volare» e «Piove».
Appena Mimmo scese dall'aereo, una variopinta folla di italiani, di negrìtos e di venezuelani, a stento trattenuta dalla polizia, applaudì calorosamente e attaccò in coro Volare. Di sottecchi guardai Mimmo e mi accorsi che era visibilmente commosso. In una terra così lontana da noi, e direi quasi ancora selvaggia e primitiva, fa veramente piacere vedere che la gente si entusiasma e si interessa di tutto quello che accade in Italia. La parola «Sanremo» è sulla bocca di tutti, ed il successo di Modugno è stato da tutti favorevolmente accolto.
La perquisizione
All'aereoporto, un giornalista ha pregato Modugno di parlare alla radio attraverso un apparecchio telefonico collegato con l'emittente. Con una piccola radio portatile abbiamo così udito la prima intervista radiofonica venezuelana; dopo questa ve ne sono state moltissime altre anche per televisione. Prima di lasciare l’aeroporto, la polizia doganale, pur avendo riconosciuto Domenico Modugno, lo ha perquisito da capo a fondo: è uno strano paese questo: nessuno si fida di nessuno. Da un momento all’altro può scoppiare una rivoluzione che in un baleno può sconvolgere l’attuale ordinamento governativo. Non poche volte, di giorno e di notte. Mimmo è stato fermato dalla polizia, e con lui anche noi. Anzi una volta ci hanno sorpreso senza passaporti, ed è stato un miracolo se non ci hanno messo in prigione. Fortunatamente intervenne un tenente della polizia che lo aveva sentito cantare e fummo immediatamente rilasciati.
Il cantante è sceso nel più elegante albergo di Caracas l'«Hotel Tamanaco». Tamanaco è il nome di un leggendario capo indio, ucciso, proprio sulla collina dove è stato costruito l’albergo durante la conquista spagnola.
Il caldo è molto forte, nonostante stia iniziando l'invemo tropicale. Mimmo però lo sopporta bene : passa le giornate nella piscina dell’albergo, facendo moltissimi bagni e prendendo molto sole. Ha fatto amicizia con tutti ormai, tutti vogliono fotografie con dedica. Con il suo carattere sempre allegro e scanzonato si è accattivata la simpatia di tutti. Caracas ha una popolazione molto eterogenea; spagnoli, statunitensi, italiani, francesi, cubani, argentini. Sulla bocca di tutti, anche qui, e con gli accenti più diversi è lo slogan «Domenico Volare, Piove Modugno».
Mimmo ha dimostrato un’abilità veramente eccezionale nel riuscire, pur non conoscendo una parola di spagnolo, a conquistare questo strano ed effervescente pubblico sudamericano. Durante gli spettacoli presenta le sue canzoni in un italiano inframmezzato da parole spagnole mal pronunziate, per cui il pubblico applaude, ride e batte i piedi per terra!
A Modugno piace il caldo
Ecco: la platea è già affascinata dalla personalità del cantante : si spengono le luci, si fa silenzio e Mimmo comincia. Ho notato che le reazioni del pubblico venezuelano sono le stesse di quello italiano: ad ogni stop e ad ogni ripresa applausi o risate. Mimmo fa tre spettacoli ogni sera in teatri e night-clubs più la radio e la televisione di mattina. Il maggior successo lo riscuote al Coney Island di fronte ad un pubblico tipicamente sudamericano, una specie di parco di divertimenti con un enorme teatro all'aperto.
E' inutile parlare dei successi che qui riscuote, basta una fotografia per illustrarlo sufficientemente. Mimmo è entusiasta di Caracas e della vita che qui si conduce.
«Caracas è proprio la mia città; il caldo è quello che fa per me. E poi c'è un'aria strana che ti riempie la testa di farfalle, di "mariposas" anzi!» Così mi disse una sera ammiccando gli occhi. Se non fosse per la lontananza della sua famiglia, il cantante sarebbe qui l’uomo più felice del mondo.
Sergio Manna, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.14, 5 aprile 1959
«Non ho dimenticato il freddo e la fame»
Per avere successo ci vuole: primo fortuna, secondo fortuna, terzo fortuna.» Domenico Modugno adora i paradossi, è una sua maniera per difendersi, e anche questo è un paradosso. Lui per il primo smentisce, con la sua eccezionale carriera, la leggenda della fortuna. Anche nel suo caso, infatti, quella che comunemente è chiamata fortuna, non è stata che la somma di diversi fattori positivi, che si sono combinati con la precisione e l'inevitabilità della matematica. Il mondo della canzone naufragava in un mare di miele e Modugno raccontava delle storie quanto meno verosimili, fatte spesso di poesia vera e sempre di intelligenza. Si aggiunga che. prima di lui, la canzone italiana era quasi esclusivamente gorgheggio, trillo, ricamo. Che la gente, per ritrovare una voce da uomo, doveva tornare indietro con nostalgia fino alla vecchia Zarah Leander. In questa situazione, evidentemente, erano maturi i tempi per un cantare nuovo, sobrio, virile. Domenico Modugno è consapevole di tutto questo, ma non vuol dirlo, e parla di fortuna. Però, subito dopo, ci dice: «Certo è necessario saper aspettare, anche se costa sacrificio». Quanto tempo ha aspettato e quanti sacrifici ha fatto Modugno, prima di diventare una celebrità internazionale, un cantante che, in un anno, ha messo insieme oltre un miliardo di lire? Il tempo, in fondo, non è stato molto. Ma i sacrifici sono stati duri, terribilmente duri. Figlio del capoguardia di Polignano a Mare, un paesetto in provincia di Bari, Domenico Modugno ha avuto un’infanzia difficile e soffocata. Ancor oggi egli ricorda come il maggiore dei suoi divertimenti fosse quello di andare sul ciglio della strada provinciale a veder passare gli autocarri. «Mi veniva voglia di attaccarmi al rimorchio e di andar via. «Ma dove? In casa Modugno, una casa con cinque figli, quattro maschi e una femmina, non c’era certamente l’atmosfera adatta per le aperture di orizzonte. C’era il problema di quadrare il bilancio e di tirar grandi i figli, nulla di più, in eterno.
Il cantante che sta compiendo una tournée nei principali teatri argentini, ha detto nel corso di una conferenza stampa di aver guadagnato nel 1958, oltre un miliardo di lire.
Pure qualche cosa comincia a muoversi, ad aprire una speranza. Il padre di Modugno suona la chitarra e il bambino lo osserva, incantato. Quando il padre se ne va, furtivamente, il piccolo stacca lo strumento dalla parete e tenta un accordo. Quando lo trova tenta di accompagnarlo ad un canto: vorrebbe cantare le canzoni in voga, ma non ci riesce e per questo le inventa. «Ancora oggi io non conosco una sola nota di musica» dice Modugno, e anche questo è uno dei suoi paradossi: ma certamente allora non ne conosceva. In breve le qualità musicali del ragazzo lo rendono prezioso ai giovanotti del paese, dove vige l’usanza delle serenate su commissione. Ed ecco Domenico Modugno presentarsi puntualmente sotto le finestre di questa o di quella bellezza paesana, in un’atmosfera da primo atto del Barbiere di Siviglia. Con questo sistema raccoglie un po’ di soldi, ma è un'inezia. L'amore, in provincia, non ha molte disponibilità soprattutto per i terzi. Domenico cerca di integrare andando a pestare l’uva, ma purtroppo questa opportunità si verifica raramente. E intanto il padre, pur sapendo a quali sacrifici vada incontro, decide di farlo studiare da ragioniere. Il ragazzo obbedisce, ma a questo punto succede un guaio, si innamora della professoressa. È un amore improvviso, violento, mediterraneo, con prospettive ora radiose come il sole di marzo, ora tetre come un cimitero d’autunno. Lei ha alcuni anni più di lui, ma anche a parte questo, con la miseria che c’è non si può neanche parlare di sposarsi. Domenico è disperato. E come spesso accade ai disperati per amore, crede che la soluzione migliore sia quella di fuggire. Va a Brindisi, dice a uno zio che suo padre ha bisogno di 10.000 lire. Il dabben uomo casca nella trappola, glie le dà e il ragazzo scappa a Torino. Qui fa il cameriere, il gommista, patisce freddo e fame a non finire. Battuto, torna a casa, ma scappa di nuovo e va a Roma. Lo mantengono dei frati, pietosamente, mentre batte ogni giorno alla porta di Cinecittà per diventare un attore. Modugno non è diventato attore, ma si è affermato come cantante. Questo perché la sua vocazione era cantare e perché non si è mai arreso, nemmeno quando forse tutti gli altri avrebbero gettato la spugna. Ora Modugno parla di fortuna, e certamente sa che è qualche cosa di molto diverso dalla tenacia; ma è un ragazzo modesto e preferisce far finta di non saperlo.
Giuseppe Grazzini, «Epoca», anno X, 23 agosto 1959
«Il Musichiere», 7 gennaio 1960 - Domenico Modugno
Domenico Modugno è morto a 66 anni
Si è spenta la voce di «Mister Volare»
Se n'è andato «Mister Volare», ci ha lasciato soli con la memoria piena della sua voce e delle sue musiche. E' morto a Lampedusa, davanti al mare che amava tanto, sotto il cielo blu con il quale aveva colorato la sua rivoluzione musicale. Domenico Modugno è stato in un certo senso il padre di tutti i cantautori, e soprattutto è stato l'uomo che ha cancellato decenni di retorica musicale, facendo volare l'Italia e poi il mondo dal palcoscenico di Sanremo. Era il 1958 e il Festival regalava melodie e strofe zuccherose. Si cantava con i piedi ben piantati a terra, le braccia composte, tutt'al più la mano sul cuore, quando, stravolgendo ogni abitudine canzonettistica, arrivò quell'aitante pugliese che allargò le braccia come ali spiegate e intonò il suo «Volare», trascinando con sé una platea impazzita, tutta in piedi. Una strana canzone, «Nel blu dipinto di blu»: ispirata a un quadro di Chagall, come si disse, o a un sogno sognato davvero, oppure ancora simbolo di una sessualità finalmente dichiarata, seppur attraverso una simbologia quasi freudiana. Comunque una grande canzone, che tradotta ed esportata fece vendere oltre venti milioni di dischi, il secondo posto di tutti i tempi, dopo «White Christmas». Non era arrivata dal nulla «Volare», come fu immediatamente ribattezzata «Nel blu dipinto di blu»: prima c'erano state «Lu pisci spada», «Strada 'nfosa», «Un uomo in frac», scritta dopo l'inspiegabile suicidio del principe Raimondo Lanza di Trabìa, marito di Olga Villi. E poi ancora «Lazzarella» e «Musetto». Dopo ci furono «Piove», «Libero», «Tu si 'na cosa grande». Artista completo, Modugno aveva frequentato il Centro sperimentale di cinematografia e interpretato alcuni film. Esuberante e fascinoso, è stato un trascinante «Rinaldo in campo», un simpatico «Scaramouche» televisivo, un sanguigno «Liolà». Ma per tutti, e sempre, resterà «Mister Volare».
LAMPEDUSA (Agrigento).
Domenico Modugno, 66 anni, è morto ieri sera alle 20,30 nella sua villa della baia dell'Isola dei Conigli a Lampedusa, colpito da un infarto mentre si trovava in giardino. E' stata la moglie, Franca Gandolfi, a darne l'annuncio e a raccontare le ultime ore di vita di «Mister Volare». Modugno nel pomeriggio aveva partecipato con alcuni operatori del Wwf alla rimessa in mare di una tartaruga che era stata curata nei giorni scorsi. Aveva comunque manifestato il suo disappunto per non avere potuto lui stesso materialmente deporre in mare l'animale. Il cantante infatti portava ancora i segni dell'ictus che lo aveva colpito, nel giugno del 1984, mentre stava registrando negli studi di Canale 5 il programma «La luna nel pozzo», il suo esordio come presentatore televisivo.
Era tornato a cantare nel 1991, a Caracalla, davanti a 5500 spettatori, poi a New York e infine proprio l'anno scorso, il 28 agosto, Domenico Modugno aveva celebrato la «riappacificazione» con il suo paese natale, Polignano sul mare, che non gli aveva perdonato, per quarant'anni, di aver tradito le origini pugliesi, fingendosi, soprattutto nelle prime canzoni, siciliano. «Non mi hanno mai capito - si era giustificato Modugno -, Negli Anni Cinquanta alla radio mi dissero: o canti in siciliano o non lavori. Ovviamente cantai, dovevo mangiare. A Polignano la presero male, ovviamente, ma io Polignano ce l'ho nel cuore». Quel 28 agosto era stata una giornata memorabile, culminata con l'interpretazione di «Volare», ovvero «Nel blu dipinto di blu» con il coro di tutto il paese e di migliaia di spettatori arrivati da tutta la Puglia.
L'ultimo attestato della sua straordinaria popolarità è recentissimo: la sua «Nel blu dipinto di blu» è stata inserita da un'agenzia pubblicitaria di Milano tra i brani candidati a diventare il nuovo inno nazionale italiano. La salma di Modugno è stata ricomposta nella villa e con molta probabilità verrà trasportata a Roma già oggi. «Mio marito - ha detto affranta la signora Franca - è morto tra il verde e davanti al suo mare che tanto amava».
Alessandra Pieracci, «La Stampa», 7 agosto 1994
Attore, cantante, politico, una vita sempre alla ribalta
«Nel blu dipinto di blu» fu una rivoluzione che di colpo spazzò via decenni di retorica e conquistò il mondo
Non mancavano certo il coraggio e lo grinta, a Domenico Modugno. Nel novembre del '91, qualche sera dopo il debutto statunitense alla Carnegie Hall, era in coda sulla carrozzella al check-in dell'aeroporto La Guardia: doveva partire per Chicago, dove avrebbe cantato la sera successiva, e c'erano problemi d'imbarco a causa del suo grave ritardo; appena capì che era una questione di fretta, lo vidi scrollare la testa come se avesse ancora la criniera riccioluta di giovane leone e dire all'accompagnatore: «Posso venire anche a piedi». Tentò d'alzarsi, di scatto, come se le gambe gli dovessero obbedire per forza, e contratto dall'inutile sforzo ricadde sulla sedia, con una smorfia non di dolore ma di rabbia dura. Senza quella sua volontà ferrea, senza il sogno di farcela comunque, senza il puntiglio della riconquista a tutti i costi d'una fetta almeno di vita e di arte, non ci sarebbe stato il ritorno di Modugno alla musica, il suo debutto in politica nelle file del partito radicale, né la battaglia per condizioni più umane al manicomio di Agrigento che lo vide in prima fila nell'87: tutto questo, da handicappato, colpito gravemente da un ictus che nel giugno dell'84 aveva troncato una delle sue innumerevoli esperienze nel mondo dello spettacolo, quella d'intrattenitore televisivo per l'allora emergente Canale 5.
Mimmo Modugno è stato non solo il primo cantautore italiano, ma anche un caso raro di talento eclettico. Diplomato all'Accademia d'Arte Drammmatica dove aveva vinto una borsa di studio nel '53, passò per tre decenni con disinvoltura dalla canzone al cinema («Anni difficili» di Zampa, «Filumena Marturano» con Eduardo, «Carica eroica», «Lo scopone scientifico» di Comencini) al teatro (le commedie musicali «Rinaldo in campo» e «Tommaso d'Amalfi», «Cyrano» con la Spaak), alla tv («Scaramouche»); è però vero che la canzone rimaneva sempre il primo e il più profondo amore, e gli altri settori dello spettacolo gli servivano, per così dire, a ricaricarsi nei momenti più fragili, di più debole creatività, tutte le volte che la sua stella sembrava sul punto di declinare nel capriccioso mondo della canzone italiana. Della quale diventò l'indiscusso innovatore, partendo dalla tradizione dei cantastorie nella quale d'inserì per esempio fin da «Lu pisci spada» del '54: raccontava Modugno che, per ispirarsi, leggeva gli articoli dei giornali; e da uno di essi era nata questa come un'altra delle canzoni più amate del suo repertorio, «Un uomo in frac», del '55, una delle sue prime in italiano. Il 30 novembre del '54, il principe Raimondo Lanza di Trabìa si era ucciso gettandosi dalla finestra del suo palazzo in via Sistina a Roma; Modugno stesso mi raccontò lo scorso agosto: «Era il marito di Olga Villi, una donna bellissima ed elegante lei, un uomo giovane e bello lui. E uno così apre la finestra e si butta giù; nessuno mai ha saputo perché. Questa vicenda mi ha emozionato, mi sono chiesto il perché di quel gesto: forse il principe si era ammazzato perché un'epoca era finita per sempre. Poiché lui era nobile, ho visto nella mia mente questo frac che galleggiava: in fondo, la canzone è la storia di un suicidio dolce».
Una sorta di magico intuito surrogava in Modugno la mancanza di studi regolari. Dal suo paese Polignano a Mare in provincia di Brindisi, dov'era nato il 9 gennaio del '28, scappò presto verso Roma lasciando gli studi di ragioneria, con la chitarra che il padre gli aveva insegnato a suonare. E visse una gioventù bohémienne, in una pensione a piazza del Gesù, finché l'occasione di una trasmissione radiofonica, «Ammuri ammuri», lo costrinse ad inventare nuove canzoni: «La sveglietta», «La donna riccia», «Resta cu'mme», «Strada 'nfosa». Sulla sua strada era già comparsa Franca Gandolfi, conosciuta all'Accademia, promettente attrice che sposò e che gli ha dato tre figli: Marco, Marcello, Massimo, anche lui cantante. «'U pisce spada», «Un uomo in frac», più tardi «Lazzarella» che vinse il festival di Napoli nel '57, anticiparono in qualche modo i tempi con la loro elegante struttura narrativa; e Modugno poi aveva dalla sua una vocalità aperta e di schietta tradizione popolare che dava grande immediatezza al suo modo di porgere e lo rafforzava con l'esperienza della scuola di recitazione: cantautore ante litteram, si offriva inconsapevolmente come erede di una tradizione, ma era già un grande innovatore. La sua carta più forte e non ancora giocata era quella della dimensione fantastica, che si aprì in pieno nel '58, al Festival di Sanremo, con «Nel blu dipinto di blu», per tutti «Volare», che spazzò d'un colpo la polvere della retorica e delle convenzioni dalla canzone all'italiana ancora dominante e, unico caso mai avvenuto, fu esportata con grandissimo successo e tradotta in tutto il mondo, vendendo quasi 40 milioni di copie. A New York, nel corso del tour conclusosi con il malore che lo colse sull'aereo, Modugno raccontò che gli americani cercarono invano di scritturarlo per ben tre anni di tournée. Prigioniero ormai di «Volare», Modugno ripetè il successo a Sanremo l'anno successivo con «Piove», ribattezzata a furor di popolo «Ciao ciao bambina» e anch'essa ancora assai popolare in tutto il mondo anche se non d'impatto come la precedente.
Poi la scintilla creativa si affievolì: nacquero «Libero», la discussa e mai più ascoltata «Nuda»; più tardi il twist «Selene», la polpettosa «Stasera pago io», «Addio Addio» portata al successo a Sanremo nel '62 con Claudio Villa: un'accoppiata che chiudeva emblematicamente anni di rivalità «stilistica» fra i due, facendo rientrare Modugno nel solco della tradizione sotto la spinta del primo dilagare del rock. Non fu certo, quello, il periodo più felice della creatività di Mimmo Modugno, forse troppo ansioso di mantenere il proprio successo. Ma nel '64 arriva un altro capolavoro, «Tu si 'na cosa grande», al Festival di Napoli, e nel '67 «Meraviglioso» costruisce un trascinante inno alla vita: emblematicamente, questa canzone diventa la più applaudita dei concerti di Mimmo Modugno ammalato, negli Anni '90. Gli Anni '70, il rock imperante, vedono la stella di Modugno in declino: un colpo d'ala si ha con «L'anniversario», dedicata dall'artista al referendum per il divorzio nel '74, inno delle coppie irregolari: «Il nostro anniversario non è sul calendario/ ti sposo ogni mattina e tu rispondi sempre sì». La regala al psi rinunciando ai diritti d'autore sul mezzo milione di copie vendute; poi arriva la parentesi miserevole delle canzoni lacrimose, come «Il maestro di violino». E Modugno, in sordina, torna a cercare nuovi spazi in altri settori dello spettacolo, mentre si concede una bellissima casa sul mare a Lampedusa.
Nel giugno del 1984 il gravissimo malore che lo abbatte mentre sta registrando «La luna nel pozzo» per Canale 5. Ma lui non si arrende. Con la moglie vicino lentamente, ma costantemente, recupera la parola e i movimenti. Prima del ritorno alla canzone, c'è l'incontro con la politica. Viene eletto nelle liste del partito radicale e quel seggio a Montecitorio lo vede sempre presente, non per nostalgie di protagonismo, ma per servire veramente a qualcosa. E si deve a lui l'esplosione dello scandalo sulle condizioni dei ricoverati nel manicomio di Agrigento. Quello stesso manicomio dove sceglierà di cantare, per la prima volta in pubblico, dopo la malattia: con sforzo umiliato, vecchio e commosso cantastorie dall'anima, se non dalla voce, trascinante. Poi deve abbandonare il Parlamento: l'impegno radicale impone la rotazione a metà mandato. Gli dispiace, ma obbedisce. Ci sono ancora momenti memorabili, come appunto il concerto americano. Ma ci sono soprattutto la sua famiglia (con il figlio Massimo incide una canzone, «Il delfino») e la sua isola che gli ispira una canzone bellissima, «Luna di Lampedusa», vicina alla sua prima maniera, che egli non ha però mai inciso.
Marinella Venegoni, «La Stampa», 7 agosto 1994
Il motivo che cambiò la musica leggera nato da un battibecco fra Modugno e la moglie
Anno 1970, o giù di lì: al palasport, ci sono i Faces di Rod Stewart., il concerto sta finendo e Rod Stewart e i Faces attaccano «Volare, oh oh, cantare oh oh». Vogliono ringraziare il pubblico e cantano «volare oh oh» perché - da quella sera del '58 al Festival di Sanremo - tutti, in tutto il mondo, considerano massimo segno di stima, per un italiano, cantargli «Volare». Invece, dalle gradinate, qualcuno fischia. In quel periodo, con la contestazione e il resto, ai giovani italiani di Modugno non imporla granché. Rod Stewart non se ne capacita. E' straniero, e gli stranieri hanno curiose idee sull'Italia. Ad esempio, credono che sia un Paese che onora le proprie glorie nazionali.
E Domenico Modugno, per l'inglese Rod Stewart, è la suprema gloria nazionale italiana. «Nel blu dipinto di blu» arrivò in testa alle classifiche americane nel settembre del '58, e ci rimase per tredici settimane. E divenne un classico, un pezzo di repertorio per decine e decine di interpreti, dalla Fitzgerald alle punk band, da Gillespie a David Rowie. Oltre trenta milioni i dischi venduti. Soltanto Eros Ramazzotti, trent'anni dopo, è riuscito a conquistare la popolarità planetaria. Ma il prodotto Ramazzotti ha alle spalle i maghi del marketing, gli strateghi della discografia. Che non inventano nulla: vendono - ben iniìocchetlati - i luoghi comuni della melodia nostrana. Modugno, invece, cambiò tutto. E si prese il successo così, in un soffio. Quasi per gioco. Con una canzone che non è neppure il suo capolavoro: Meglio «Vecchio frac», o «Resta cu 'mme», «La donna riccia», «U pisci spada» che sono gioielli e oggi li definirebbero «world music». Però «Volare» era magia. E i momenti magici, nella vita, non si ripetono. Mai. Neppure Modugno ci riuscì: giganteggiò con Piove», poi fu nobile manierismo e infine decadenza, da «Dio come ti inno» alle miserrime «La lontananza», «Piange il telefono» e «Il maestro di violino».
Ma quelle - splendide o orribili erano canzoni. «Volare» non è una canzone. Non soltanto. E' un miracolo italiano. Vero. I veri miracoli italiani sono così: non li inventi a tavolino. Arrivano a tradimento, tu non te l'aspetti e magari neanche te ne accorgi, invece è il colpo di genio che cambierà la vita tua e di chissà quant'altra gente. «Dna mattina - raccontava Modugno - mi sveglio e dico a mia moglie: ma guarda che bella giornata! Mimmo, mi fa lei, mi pare che stia piovendo. Io mi sento crescere dentro una grande felicità. Mi metto al pianoforte e comincio a cantare "nel blu, dipinto di blu...". D'improvviso provo l'impulso di andare alla finestra e lancio un grido potente, come chi stia per spiccare il volo: "Voo-laa-ree...". Ecco quello che mancava!».
Chissà se è andata davvero così: Franco Migliacci, il co-autore del testo, assicura che l'idea è nata guardando un quadro di Chagall con un omino sospeso in un cielo blu. Sembra più verosimile. Però è bello immaginarsi una mattina con l'odore del caffé e una moglie che gira per casa assonnata e un po' scettica, come sono le mogli, che se il marito dice che è una bella giornata e invece piove, loro dicono che piove. Perché le donne italiane sanno che in famiglia qualcuno deve pur tenere i piedi ben piantati per terra e a pensare alle cose concrete, così quei matti di mariti italiani possono scrivere «Volare». E «Volare» diventò un simbolo dell'Italia proprio perché matta, insensata, come quasi tutte le cose grandi che escogitano gli italiani, tipo prendere tre caravelle e scoprire un mondo nuovo: «Questa canzone è una pazzia, non ha stile, non esiste», tagliò corto il maestro Gorni Kramer quando la sentì. Kramer non era un bischero: ma non s'era accorto che il mondo era pronto per quella pazzia.
C'è sempre qualcuno che non capisce. Di recente, abbiamo rivisto una remota trasmissione tivù fine Anni Sessanta, figli dei fiori e rock'n'roll - e c'era Domenico Modugno alle prese con un «pubblico di giovani». Già allora andavano di moda i «pubblici di giovani» chiamati a pontificare su questo e su quello. Si alza un ragazzotto e sibila: «Modugno fa pena, è un vecchio cantante che non ha saputo adeguarsi, non s'ispira alla musica di oggi». Mimmo sorride: «Lo considero un complimento. Vuol dire che non ho copiato nessuno. E piuttosto che copiare gli altri, preferisco scrivere anche una sola canzone. Piccola piccola. Però mia». Il ragazzetto - che un giorno diventerà un celebre critico musicale - lo guarda ironico. Sprezzante come sono sprezzanti i giovani.
Gabriele Ferraris, «La Stampa», 8 agosto 1994
Il trionfo di Domenico Modugno coincide con l'acquisto del primo televisore in casa Baudo. Mio padre dopo non pochi tentennamenti si convinse che era giunto il tempo di comprare la tv. Quel primo nostro grande televisore troneggiava al centro del salotto, simbolo del progresso multimediale. Io, allora, ero sanremista, seguivo attraverso la radio i vari festival, mi ricordo di Fio Sandos, Natalino Otto, Giorgio Consolini, Achille Togliani, Gino Latilla e provavo ad immaginare come fossero questi artisti non avendoli mai visti in tv. Ma la vera bomba esplosiva, la deflagrazione, avvenne con Domenico Modugno. Era il tempo in cui i cantanti venivano accompagnati dalle orchestre di Angelini e di Alberto Semprini: la prima rappresentava la tradizione melodica italiana; la seconda era l'espressione della modernità, dei nuovi arrangiamenti.
Toccò a Semprini, naturalmente, accompagnare Modugno: Volare fu una vittoria trascinante, anche se a condividerla c'era Johnny Dorelli. Volare cominciava con dolcezza, poi d'improvviso il salto, l'impeto. Mimmo ha sconvolto la tradizione italiana: ha abolito i canoni tradizionali, ha dettato i temi della nuova musica italiana, ha scritto pagine bellissime, ma Volare rappresenta il carattere estroverso, la gioia di vivere. Ho vissuto con lui momenti incancellabili. Epiche le mangiate a casa sua sull'Appia Antica, dove sua madre cucinava in modo fantastico. Erano pranzi conditi con le sue risate fragorose, che ancora ho nelle orecchie. Un tempo, dopo i trionfi sanremesi, i cantanti si aggregavano a compagnie di giro per raccogliere ciò che I avevano seminato a Sanremo. Fu così che Mimmo conobbe Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Lavorarono insieme nello stesso avanspettacolo, col medesimo sanguigno temperamento che caratterizzava tutte le interpretazioni di Franco Franchi, un altra grossa perdita la sua. Dicevo che Modugno ha rivoluzionato la tradizione italiana. Dopo Volare tutti i cantautori italiani hanno dovuto fare i conti con lui.
Vennero Lucio Battisti, Gino Paoli e tutti gli altri, ma nessuno ha avuto la forza scenica di Mimmo, che resta un trascinatore. Aveva fatto il Centro sperimentale a Roma, ma era un attore naif, che in scena esprimeva spontaneamente tutta la sua anima. Mimmo è stato famosissimo in Italia, ma non ha voluto mai cercare il successo all'estero. «Mister Volare» preferiva rimanere avvinto alle profonde radici della sua terra. Siamo stati profondamente amici, abbiamo avuto anche piccole polemiche in occasione delle ultime edizioni del Festival, ma il nostro legame è sempre stato sincero. Ha scritto la sigla di un mio spettacolo televisivo e sono stati giorni di intense esperienze umane. L'artista aveva una passione in corpo fortissima, la stessa che mise nella sua protesta politica e civile. Comprò una casa a Lampedusa, davanti all'Isola dei Conigli, perché Lampedusa era la sua Itaca, l'approdo a quella bellissima spiaggia, dove si sentiva un isolano fra gli isolani. Il ricordo più bello quando a Sanremo Giovani cantò insieme con il figlio Massimo: «stringimi la mano...» dicevano le parole e vidi Mimmo afferrare la mano del figlio con la rabbia di chi si attacca alla vita.
Pippo Baudo, «La Stampa», 8 agosto 1994
Garinei: da amico a maestro
ROMA. Pietro Garinei aveva incontrato spesso Domenico Modugno, soprattutto negli ultimi tempi. «Andavo a casa sua a pranzo - dice il regista che con Sandro Giovannini ha firmato le più importanti commedie musicali italiane -. L'ultima volta è stato circa due mesi fa, perché stiamo lavorando per riportare in scena "Alleluia, brava gente". Volevo l'aiuto e il parere di Mimmo.
L'ho visto in ottima forma, vitale, entusiasta come sempre. Ha voluto che portassi con me. Christian De Sica che avrà il ruolo del protagonista. Voleva sentirlo cantare. Quel personaggio nel 1970 doveva essere suo, poi all'ultimo lo sostituimmo con Gigi Proietti». Si disse che Modugno non stava bene. «Sì, e noi anche. Eravamo disperati, ma Gigi ci salvò la commedia, preso così all'ultimo momento ci salvò la commedia. Modugno con Christian si rammaricò di questo appuntamento mancato: "Ho perso il più bel ruolo della mia vita", gli disse. "Se tornassi indietro ci andrei anche in barella su quel palcoscenico".
Poi ha ascoltato De Sica junior, e gli ha fatto i complimenti dicendogli: "Canti meglio di tuo padre". Ricordo Domenico Modugno così, un artista appassionato ma puntuale, focoso però anche molto gentile, delicato. Nessuno potrà mai dimenticare la sua vitalità e la sua bontà». «Ma ora basta - conclude serio Pietro Garinei -, il ricordo di un amico che scompare così non può essere sciupato dalle parole»,
l. car., «La Stampa», 8 agosto 1994
La sfida di Rinaldo in campo
Con il teatro "rivincita" sul cinema. Dietro la musica l'attore
Domenico Modugno, che attraverso la sua musica sarebbe diventato uno dei pochissimi italiani veramente famosi in tutto il mondo, non riuscì mai a realizzare sino in fondo quella che era stata almeno agli inizi la sua ambizione maggiore, ossia diventare un attore di prima grandezza; e non è facile retrospettivamente vedere il perché. Il mestiere certo non gli mancava, che prima ancora di seguire i corsi del centro sperimentale, agli inizi degli Anni Cinquanta, era comparso dietro alla macchina da presa, in Filumena Marturano; in seguito avrebbe lavorato spesso con registi di buon mestiere come Giorgio Pastina, Guido Brignonc, Carlo Ludovico Bragaglia (Lazzarella), oltre a sfruttare la sua maschera un po' spagnolesca, un po' guascona in una serie di film di cappa e spada di serie B.
Dopo le vittorie a Sanremo, pretese e ottenne parti di maggiore impegno, ma Luigi Comencini, che lo scelse, girava in quel periodo ( 1957, 1958) le sue commedie all'italiana più corrive: Mariti iti città, Mogli pericolose, quest'ultima ispirata da una canzonetta dell'autore di «Volare». Niente di memorabile; se ne dedusse che forse l'obiettivo non voleva bene al viso del cantante, fra l'altro troppo latinamente caratterizzato dai baffi e dai lunghi capelli neri, ai quali egli non sembrava voler rinunciare, come per non separarsi da un'arma di difesa che poi però finiva per sortire l'effetto opposto, dì una dichiarazione di aggressività. A questo punto, tuttavia, Modugno si rivolse al teatro, e vi colse risultati più incoraggianti.
Anzi, dopo un'esperienza in Controcorrente, rivista di Metz e Marchesi con Walter Chiari, Bice Valori, Paolo Panelli (1956), ottenne quello che sarebbe rimasto il suo massimo successo sul palcoscenico non esclusivamente canoro con Rinaldo in rampo, cucitogli addosso da quegli ispirati volponi di Garinei e Giovannini. Nell'anno, 1961, si celebrava il centenario dell'unità d'Italia, e Modugno trionfando sotto le spoglie di un brigante spavaldo e leale che lotta per gli oppressi, oltre a trasferire inalterata sulla ribalta quella carica di energia e di comunicativa grazie alla quale aveva sfondato come cantante, si rivelò come il perfetto esponente di una categoria rara nel teatro italiano, quella dei cantanti-attori da commedia musicale. La sua recitazione poco duttile alle sfumature era magnificamente adeguata alle esigenze dei palcoscenici più grandi; la sua voce era trascinante, melodiosa ma modernamente secca e all'occorrenza persino aspra.
L'accettamento del pubblico fu immediato; sennonché quella ciambella col buco restò inimitabile. In Italia le commedie musicali non esistevano, bisognava scriverle ogni volta; e Modugno non trovò più gli autori adatti. La sua esperienza successiva, malgrado proponesse un altro eroe popolare - Masaniello benché diretta da Eduardo, non riuscì a coinvolgere la gente come Rinaldo; e anche negli anni seguenti i suoi sporadici ritorni nelle vesti di protagonisti un po' spacconi (Liolà, Cyrano, Scaramouche in tv, perfino Mackie Messer nella terza o quarta Opera da tre soldi, diretta da Strehler) rimasero sempre al di sotto delle aspettative. Col che non si vuole affatto dire che lo spettacolo italiano non perda uno dei suoi esponenti più interessanti della seconda metà del secolo. Al contrario: Modugno fu, sul piccolo schermo e nelle serate, sempre, al cinema, mai, e in teatro, qualche volta, un fenomeno: una dinamo di energia e di generosità.
Al meglio questo si manifestava attraverso la sua musica, dove era irresistibile. Anche come attore: le sue canzoni contengono personaggi e interpretazioni, a cominciare da quelle antichissime, in dialetti meridionali, fra le prime a lanciare da noi il filone folk. Queste interpretazioni per fortuna sopravvivono; e noi che le vedemmo nascere, e che non ci stancammo mai di riascoltarle, non sappiamo immaginare un futuro in cui possano perdere calore ed espressività.
Masolino d'Amico, «La Stampa», 8 agosto 1994
La lite per la tartaruga, poi l'infarto
Una costruzione araba, fatta di rocce, una grande vetrata. Intorno la sabbia fine e pallida della Spiaggia dei conigli. E' questa la casa di Domenico Modugno, ò qui che è morto sabato sera dopo aver dato l'ultimo sguardo al mare, di un azzurro accecante, la sua grande passione. Lampedusa è in lutto, ha perso il suo cittadino più amato, gli abitanti dell'isola hanno sfilato davanti alla casa di Modugno, in silenzio, addolorati. Poi hanno pregato per lui alla chiesa della Madonna di Porto Salvo, patrona di Lampedusa. Tutto il paese si è stretto intorno alla famiglia.
Franca Gandolfi, la moglie di Modugno, ò distrutta. Gli occhi stanchi, accetta le condoglianze come in trance. Ma dice: «Sono serena perché è morto nella terra che amava». Aspetta i figli che arrivano nel pomeriggio, si stringono intorno alla madre, il loro è un dolore composto. Ma il dolore non frena le polemiche che oramai si sono accese: si poteva evitare la fine di Modugno? Una domanda che accende la rabbia dei lampedusani. Salvatore, guardiano, autista, amico della famiglia Modugno non riesce a trattenere lacrime e rabbia. Così pure Enzo, albergatore e gelataio di fiducia di Domenico Modugno. L'accusa è senza appello: «Lo hanno fatto arrabbiare e si è sentito male». Le cose sarebbero andate così.
Il Wwf aveva invitato Modugno alla liberazione in mare, sabato, di una tartaruga Caretta Caretta trovata da un pescatore curata dagli ambientalisti. Il cantante ha accettato: ha percorso i cinquecento metri di strada sterrata che separavano la sua villa dal mare, ma quando ha tentato di alzare la tartaruga un ragazzo del Wwf lo avrebbe preceduto, prendendo l'animale e buttandolo in mare. A questo punto sarebbe scattata l'ira di Modugno: «Ma come, prima mi chiamate e poi mi fate questo? Mi avete preso in giro un'altra volta». Tornato a casa, si è seduto a riposarsi. Poi è uscito in giardino, ha guardato il mare e si è accasciato. «Non gli abbiamo fatto nessun dispetto» si difende Luca, uno dei guardiani delle tartarughe. Non parla volentieri, ha un atteggiamento sfuggente, ripete: «Parlate con la responsabile». «Comunque il fatto è che un uomo malato come Modugno non poteva sollevare una tartaruga che pesa più di 25 chili. Lui ha frainteso le nostre intenzioni». Fra Modugno e il Wwf c'erano già stati degli attriti. La Spiaggia dei conigli e rimasto l'unico posto in Italia dove ancora nidificano le tartarughe Caretta Caretta.
Gli ambientalisti proteggono i nidi, mantenendo sgombra la spiaggia. Non vogliono perciò vedere automobili, motivo di grandi liti con il cantante che ha presentato in passato ben tre denunce perché gli si voleva impedire di raggiungere con la sua jeep la sua villa. Una volta gli è stato sbarrato l'accesso con una catena. «Come sono importanti le tartarughe lo sono anche gli uomini» ripeteva Modugno. I vincoli ambientalisti potrebbero avere anche causato ritardi nei soccorsi. Dalla casa di Modugno sulla Spiaggia dei conigli per arrivare all'ospedale ci vuole del tempo: bisogna salire un pendio ripido, sterrato e pieno di buche. E poi arrivare, attraverso un altro sentiero scosceso, alla strada. Già la scorsa stagione una signora è morta per il ritardo nei soccor¬ si. «Sulla spiaggia non c'è una barca per i soccorsi, né una jeep, né un telefono», si lamentano turisti e gente del luogo. Ma la famiglia per prima chiede serenità e attenua le polemiche. «Cercate di capire - ha detto la vedova in un messaggio ai cronisti -, il mio desiderio è che di Mimmo si parli da vivo, non da morto. Ricordate che cosa è stato per tutti noi».
Prima di morire, sabato mattina, non aveva rinunciato alla sua solita nuotata di tre ore: dalla spiaggia fino allo scoglio della Madonnina - una statuetta a 13 metri di profondità - e ritomo. Unico aiuto una barchetta a remi per appoggio. Ieri, dopo la messa, un aereo privato ha riportato la salma di modugno a Roma. Oggi, nella chiesa di San Sebastiano fuori le Mura, sull'Appia Antica, l'ultimo addio a Mister Volare.
Maria Corbi, «La Stampa», 8 agosto 1994
Riferimenti e bibliografie:
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- C. M., «Noi donne», 1958
- «Il Musichiere», 26 febbraio 1959
- Sergio Manna, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.14, 5 aprile 1959
- Sergio Menno, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.14, 26 aprile 1959
- Giuseppe Grazzini, «Epoca», anno X, 23 agosto 1959
- «Il Musichiere», 7 gennaio 1960
- Marinella Venegoni, Alessandra Pieracci, «La Stampa», 7 agosto 1994
- Maria Corbi, Masolino d'Amico, l. car., Pippo Baudo, Gabriele Ferraris, «La Stampa», 8 agosto 1994