Approfondimenti e rassegna stampa - Gianna Maria Canale
La rassegna stampa
Aveva appena tre anni e già faceva smorfie avanti allo specchio, smorfie che avrebbero fatto impazzire, oggi, un regista neorealista, smorfie che, allora, preoccupavano mamma e papà austeri e borghesi. Zarah Leander la convinse al gran passo; fu un muto colloquio tra la bambina di sei anni e la grande, fatalissima protagonista di Abanera. Quel film, il fascino di quella interpretazione convinsero la bambina che sentì di essere nata per il cinerea; lo disse a papà e quella sera andò a letto senza cena.
Il periodo eroico della vita di Gianna Maria Canale va dai sei ai diciassette anni, quando vinse un concorso di bellezza a Firenze. L’attrice ricorda con una certa amarezza la sua prima giovinezza, l’incomprensione dei genitori e dell'ambiente che la circondava, i suoi desideri e i suoi sogni e la realtà di una vita troppo modesta, incolore.
A Roma, i suoi sogni dovevano diventare realtà. Aveva accompagnato una cuginetta la quale, notata da un regista a Firenze, doveva fare un provino per partecipare a un film. Il provino andò male. la cugina riparti. Gianna Maria restò; in famiglia fu un vero scandalo, i genitori calabresi non potevano concepire che una ragazza potesse onorevolmente rimanere sola in una grande città tentacolare e peccaminosa. Ma anche Gianna era calabrese, tenace e fiera, ansiosa di realizzare le sue aspirazioni.
Ogni mattina, quando usciva, una lunga macchina la seguiva; poi le telefonò con insistenza un regista, ma Gianna pensava che fosse uno scherzo; non dava peso alle parole di quel signore che, al telefono, le chiedeva un appuntamento per poterle conoscere meglio, visto che la giudicava il personaggio ideale di un film che stava preparando.
Quel signore era Riccardo Freda che, a un certo punto, fece chiamare l’indomabile ragazza dalla Lux per poterle finalmente parlare. Quando Gianna vide «quel signore», quel signore al quale per la strade, al telefono, aveva detto «gli appuntamenti li dia a sua sorella» ed altre frasi di un calore e di una forza non comuni, ebbene, le prese un classico colpo: davanti a lei era un vero regista. un vero regista che le proponeva di interpretare, come protagonista, Il cavaliere misterioso con Vittorio Gassman. Finalmente, il suo sogno diveniva realtà, ma il pensiero, l’incubo della riprovazione paterna le impedì di saltare di gioia ed accettare subito la parte. Si diede tono e disse che avrebbe dato una risposta nei prossimi giorni. Per le prima volta, Riccardo Freda rise di quella contegnosa ragazzina dai meravigliosi occhi verde-azzurri, occhi che nel giro di una settimana avevano mirabilmente espresso diffidenza, indignazione, sorpresa, gioia e imbarazzo.
Il secondo film fu Guarani, in Brasile; in questa terra ricce ed emotiva, Gianna ebbe modo di constatare che la sua bellezza aveva un effetto internazionale; in Brasile volevano creare per lei una casa di produzione, volevano organizzare grandi film, ma sembra che in Brasile non vi siano le campane e questo fatto, apparentemente trascurabile, unito ad una acuta nostalgia dell'Italia provocò un ritorno in orario.
In Italia, Gianna interpretò, a ritmo serrato, Il bacio di una morta, Totò le Mokò, Il figlio di D’Artagnan e Il conte Ugolino. Poi venne un contratto con la M.G.M. per un film con Van Johnson. Durante il suo soggiorno ad Hollywood, Gianna si convinse che per lei, la vita lontana dall’Italia era più che una sofferenza.
Incontrò a Hollywood Boulevard Susan Heyward che comprava seni finti come si comprano mele: ebbe modo di constatare che durante i «party» della «haute» cinematografica il sesso forte, se sufficientemente indebolito dall’alcool, poteva impunemente baciare il sesso debole, se opportunamente fortificato dal wisky; considerò, con vero senso di orrore, quegli interminabili grattacieli e tutte quelle immensità di pietra, di metallo, di cartone, e convenne che alla vita «verticale», così come è concepita ed attuata dagli americani, è da preferirsi la vita orizzontale, come è concepita ed attuata in Italia ove gli uomini e le cose sono, se Dio vuole, a misura di uomo.
Di alcuni americani Gianna Maria Canale ha quel che si suol dire un grato ricordo; il cortesissimo Sam Goldwyn la simpaticissima Ginger Rogers, allora in letargo amoroso nella sua bellissima casa a Beverly Hills, Lana Turner Spencer Tracy. In tre mesi di permanenze in America, Gianna Maria Canale ebbe modo di porre i lati più significativi del carattere calabrese
Durante un garden-party ad un attrice che si lamentava delle alte tasse che doveva pagare per colpa degli europei eternamente bisognosi di aiuto. Gianna disse tranquillamente che se pagavano, voleva dire che vi era una convenienza, «del resto — aggiunse — è anche giusto, perchè vi abbiamo scoperto noi».
Dal suo ritorno in Italia, una mattina di Natale del 1950, ad oggi Gianna Maria ha interpretato altri sette film: Tradimento con Nazzari, L’eterna catena, La leggenda del Piave, Vedi Napoli e poi muori, La vendetta di Aquila Nera, Spartaco con Girotti e Missione al Cairo con George Raft. Ora è a Parigi per prendere parte a due film in technicolor Allarme al Sud e Lo Sparviero di Cranada che saranno realizzati parte in Francia, parte in Marocco e parte in Spagna.
In aprile, Gianna Maria farà di nuovo in Italia per interpretare Teodora di Bisanzio, un grande film a colori diretto da Riccardo Freda. La Canale non ha ancora compiuto 26 anni ed ha incontrato anche il vero amore, il regista Riccardo Freda, al quale presto si unirà in matrimonio. A Monte Mario, Gianna Maria ha una bella villa con un’ampia veranda che raccoglie l‘immagine della città ed oltre ancona, dalla pianura fino ai monti; è una visione di pace, d'infinita serenità.
Nella casa, la donna dimentica l’attrice e nella dolcezza del caminetto, nella saggezza della fiamma, ricerca le ragioni delle ansie, delle gioie e dei dolori che fanno della vita il bene più meraviglioso.
Califano, «Film d'oggi», 25 marzo 1953
Gianna Maria Canale, che in alcuni recenti film italiani da lei interpretati abbiamo visto apparire nello sfarzo di Corti imperiali e regali, è una delle attrici che meno amano la vita mondana. Lontana dai teatri di posa, si dedica all’arredamento della sua nuova casa, dove la fantasia del progettista si è sbizzarrita per combattere la monotonia.
«Tempo», anno XVII, n.6, 10 febbraio 1955
Gianna Maria, stella fuori orbita ha il complesso dell'alta statura
Per la sua bellezza statuaria è scelta volentieri a impersonare imperatrici e regine; avrebbe bisogno di un regista che la guidi
Il nome che il commediografo Philip Mackie ha dato a un suo personaggio femminile, nella commedia «The whole truth», contiene un’allusione al passato e una al presente. Il personaggio è una diva cinematografica italiana, e si chiama Gina Bertini; Gina come la Lollobrigida e Bertini come la nostra indimenticata Francesca. Le due allusioni sono state fatte magari inconsciamente (o magari no) ; ma saltano agli occhi. Ora la commedia, che è stata recitata un po' dovunque, e ha avuto anche una trasposizione televisiva, è stata trasferita sullo schermo, divenendo un film, che in Italia si chiama «Tutta la verità». Il personaggio di Gina Bertini è stato affidato, per il film, a Gianna Maria Canale, la sola italiana accanto ad attori stranieri di buon nome, da Stewart Granger a George Sanders.
Di nuovo accade che Gianna Maria Canale sia adoperata dal cinema straniero più accortamente che da quello nostro. Strano destino, quello della Canale. Nella Via lattea delle stelle italiane, resta fuori orbita, fa storia a sè; è una isolata e tende sempre ad appartarsi, forse più per riserbo o per timidezza che per sdegno.
Eppure, noi siamo del parere di molti che, senza esitazione, la giudicano la più perfetta bellezza fra le tante che si contendono il primato. Il suo torto, che è anche il suo merito, è quello di non scendere mai in lizza, e di lasciarsi vincere dai «complessi»: per esempio, quello della sua alta statura. Misura un metro e settantasei; la stessa Ingrid Bergman ha due o tre centimetri di meno. Ma è questo un difetto?
Nata in Calabria ed allevata a Firenze, Gianna Maria Canale è stata sempre coinvolta, in Italia, nei film di volgare fumettismo; dal «Cavaliere misterioso» alla «Vendetta dell’Aquila nera», da «Tradimento» a «Spartaco», dal «Giuramento d’u-na madre» a «Teodora», in cui figurava come l’imperatrice bizantina, le è toccato sempre di addossarsi il peso di parti melodrammatiche in vicende dozzinali. La sua avvenenza è statuaria e la sua recitazione è, purtroppo, gelida: ma resta sempre il sospetto (e la speranza) che, guidata da un buon regista e collocata al centro di pellicole più degne, non le sarebbe impossibile dare ai suoi personaggi vibrazioni più forti, accenti più credibili. Fino ad oggi, in Italia non le è stato chiesto che di ostentarsi, nell’imponenza della sua persona, in cui la maestà prevale sulla grazia, e di indulgere ai modi fatalistici; eppure il regista francese Christian Jaque sapeva ciò che faceva quando le diede una parte più umanamente intensa in «Madame Dubarry», che resta il suo miglior film. Se fosse stata truccata con accortezza, anche nella «Castellana del Libano», altro film francese, avrebbe ben figurato.
In "Tutta la verità", girato in Francia, Gianna Maria Canale è la vittima di un delitto misterioso: qualcuno la uccide. E’ lecito dire, naturalmente, che si tratta di un peccato mortale: ogni assassinio va condannato, ma questo, che spegne una creatura di tanto fascino, è due volte odioso.
L., «La Domenica del Corriere», anno LX, n.44, 2 novembre 1958
Riferimenti e bibliografie:
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Califano, «Film d'oggi», 25 marzo 1953
- «Tempo», anno XVII, n.6, 10 febbraio 1955
- L., «La Domenica del Corriere», anno LX, n.44, 2 novembre 1958