Galileo fa ancora paura

1968 Censura j8

Nostra intervista con Liliana Cavani sulla censura che vorrebbe vietare il suo film "Galileo" ai minori di 18 anni

ROMA, settembre

«Vuol sapere con quale motivazione la censura ha vietato il «Galileo» ai minori di 18 anni? Perché nella scena di Giordano Bruno al rogo c'è un urlo... Un urlo di dolore, di disperazione, l'urlo insomma di un uomo che si sente arrivare le fiamme addosso. Certo un rogo losi può fare anche in altri modi La Giovanna d’Arco di Dreyer sul rogo guarda il cielo e s'ispira... Non si sa se Giovanna guardò il cielo in quel momento, o cos'altro fece, ma Dreyer la scena l'ha sentita così... lo ho pensato che uno quando si sente arrivare le fiamme ai piedi. prima di svenire, urla. Non mi possono accusare di sadismo per ché faccio sentire un urlo... nella scena non c'è violenza gratuita, non c'è compiacimento... Eppoi se mi vengono a dire che Giordano Bruno non urlò io posso dimostrare che non è vero: Bruno urlò. Un testimone lo ha lasciato scritto... Insomma il pretesto della censura è addirittura pietoso».

Liliana Cavani è indignata. C'era d'aspettarselo, del resto. Ha scelto per il suo debutto In cinema un tema difficile: la vita di Galileo Galilei. l'atteggiamento della chiesa nei suoi confronti, i personaggi più significativi dell'epoca, come Giordano Bruno; ha lavorato intorno al suo film per due anni coscienziosamente. l'ha portato in porto ed ha avuto l'approvazione quasi unanime del pubblico del Lido di Venezia, e adesso che dovrebbe passare sugli schermi arriva la censura a vietarne la visione ai minori di 18 anni. Escludere dalle sale cinematografiche ii pubblico dei giovani è un'ingiustizia che Liliana Cavani non riesce a mandar giù. Farà ricorso alla commissione d'appello?

1968 09 21 Noi Donne Censura f1

«Si, certo, faremo ricorso, ma se questo è il livello dei censori a quali conclusioni si può arrivare? Stanno circolando film di lesbiche, di omossuali, di violenza, film che non sono fatti certo per educare il pubblico, e bloccano «Galileo» per un urlo, lo sono contro la censura (una volta mi hanno invitato a far parte della commissione, ma ho rifiutato) : è un'istituzione priva di senso, lascia passare film orrendi, veri e propri mercati del sesso e si accanisce contro film tipo "La battaglia d’Algeri". Qui non si tratta più di vedere se la censura debba essere più o meno severa, la censura non deve esistere, perché accetta le aberrazioni sessuali ma non accetta il discorso ideologico. A questo punto debbo pensare che Giordano Bruno è ancora un tabù nella mente delle vecchie generazioni; altrimenti non vedo perché un giovane debba restare impressionato dal rogo di Giordano Bruno, solo perché il rogo, invece d'essere fatto dai nazisti o dai banditi, è fatto dai preti».

E' reduce da Venezia dove il suo film è stato presentato in un clima di rivolta: ma lei si è mantenuta un po' nell'ombra; i Festival non le piacciono, mi confida, non ama la mondanità, la vanità, detesta mettersi in mostra, non le place cercare alleanze propiziatorie, come altri fanno in simili occasioni. Sì. ammette. ci sono cose che non vanno nel cinema, ma al momento, secondo lei. il problema più urgente è quello della censura.

«E' chiaro che dovremmo fare un'azione tutti insieme, ci siamo agitati per molto meno, dovremmo svolgere un'azione reale, concreta. Non possiamo continuare ad accettare questa situazione: si educano i giovani alla violenza gratuita (non alia violenza motivata, sulla quale si può ragionare) e ci si rifiuta di dare loro le Idee».

Non basta a rasserenarla il fatto che i critici siano stati quasi tutti concordi nel lodare la sua fatica? Anche su questo punto è polemica.

«Del film hanno parlato tutti, più o meno. bene... Alcuni però hanno fatto riferimenti faciloni ai fatti cecoslovacchi. paragonando Galileo alla Cecoslovacchia e attribuendo al film intenzioni che io non ho mai avuto...»

Riproponendo al pubblico dopo tanti secoli la storia di Galileo che cosa si era proposta di dire di nuovo, quindi?

«Intendevo muovere una critica al potere assoluto che si ritiene il depositario della verità per tutti, e che crede che la verità parta solo da lui stesso e non sia possibile un'obiezione dal basso. Questo tipo di potere lo ha avuto la Chiesa fino a ieri e ce l’ha ancora oggi, se ci riferiamo a Paesi come quelli dell'America Latina. Basta pensare al peso che può avere avuto il discorso del Papa in Sud America, fra popoli analfabeti, abituati all'alternar-si delle dittature e dove l'unica autorità reale, costante, l'unico punto stabile è la Chiesa: ogni parola del Papa è stata analizzata, interpretata. sviscerata. Il discorso che io ho inteso fare con il "Galileo" è riferito quindi a un dramma della nostra storia che per certi aspetti non è ancora concluso, e se riguarda l'Est riguarda anche l'Ovest. Oggi nel mondo vi sono problemi enormi, che non vengono risolti: in Africa, in America Latina vi sono popoli sotto-sviluppati. razze offese, ma noi non corriamo ad aiutarli, continuiamo a parlarne, a palleggiarci questi problemi senza farci niente. All'Est stanno succedendo cose dolorose, ma accadono cose altrettanto gravi là come nelle altre parti del mondo.

Se si vogliono quindi trovare delle implicazioni in "Galileo" vanno trovate da una parte e dall'altra».

E' raro, nel mondo dello spettacolo. sentire una donna parlare così. Ma Liliana Cavani è una ragazza particolare: a Bologna, dove si è laureata in lettere, oltre qi suoi studi universitari, amava occuparsi di archeologia, di problemi linguistici, ma soprattutto di cinema. Era un'as sidua frequentatrice delle salette dove si proiettano film d'impegno o d'avanguardia. E scoprì come il cinema — almeno per lei — fosse in quegli anni (alla vigilia del Sessanta) l'unica esperienza culturale che esprimesse inquietudini e problemi del Paese in maniera diretta, vera, responsabile. Al paragone con il cinema. l'Università le sembrava un ambiente ammuffito, con i suoi compartimenti stagni, dove dalle inda gini non si riusciva mai ad approdare a vere esperienze culturali Non riusciva mai a trovare una qual che vitalità nei maestri, che credono solo — come lei dice nei loro vecchi segni, e nemmeno nelle lezioni. La trovava invece nel cinema. Così — presa la laurea — se ne venne a Roma, frequentò il corso per regia al Centro sperimentale e passò presto alle esperienze pratiche: prima come aiuto di Nelo Risi in due documentari, poi alla televisione: inchieste servizi e infine l'opera che le ha dato maggior rilievo: la vita di Francesco d'Assisi.

E' coraggiosa — e fors'anche un po troppo sicura di sé — e quando passa al cinema sceglie un argomento che scotta. Non l'ha spaventata nemmeno il paragone, che viene quasi inevitabile, con il «Galileo» di Bertolt Brecht?

No. Lui ha scritto la sua opera nel 1933 — dice — e io ho fatto il film nel 1968, il suo dramma dura quattro ore. la pellicola due. io sono cresciuta in Italia, paese cattolico, con tutte le caratteristiche che ne conseguono, lui è tedesco ed ha vissuto sotto il nazismo. Da allora ad oggi sono passati 35 anni: sono tanti: ho pensato che si potesse riproporre un discorso su Galileo su un piano diverso. Ouelle di Galileo e di Giordano Bruno sono storie emblematiche, che ciascuno carica delle proprie esperienze, della propria cultura, delle proprie situazioni. Mi sono chiesta: perché non farlo questo Galileo? Perché non trattarlo? Di lui tutti sanno qualcosa, ma quasi nessuno sa niente di preciso. Per molta gente Galileo è quello che disse "Eppur si muove" e basta, ma non sanno perché per tanto tempo per la Chiesa sia stato un tabù, e lo è tutt'ora perché la Chiesa non ha mai avuto il coraggio di fare un'autocritica...».

Liliana Cavani CC

E le ragioni principali per cui vorrebbe che il suo Galileo fosse accessibile anche ai giovani, quali sono?

- Devono imparare che una delle cose di cui l'uomo ha diritto assoluto è avere un'opinione. Ne ha diritto come di mangiare e di bere. E' considerato ancora un fatto traumatico per l'autorità e per la Chiesa che l'uomo della strada possa avere un'opinione; l'opinione è pericolosa. Nel film tratto Giordano Bruno e Galileo, due persone che per avere delle proprie opinioni finirono una sul rogo e l'altro fu bollato d'infamia.

Rivolgiamo a Liliana Cavani un'ultima domanda: è vero che «Galileo» è stato rifiutato dalla TV?

«Il film non è della televisione: è del produttore Pescarolo, della Cineriz e della Bulgaria. La TV aveva solo un'opzione sul film che fu concordata nel 1966. quando si pensava che nel 1968 la nostra TV sarebbe stata a colori. E Invece le cose sono andate diversamente: la TV è ancora in bianco e nero».

Questo dice la regista, ma stavolta mi sembra reticente. A noi viene il sospetto che il suo» Galileo» cosi come fa paura ai censori, faccia paura anche ai dirigenti televisivi. E quella del colore ci sembra solo una scusa. Non era forse stata girata a colori anche l’Odissea che abbiamo visto in bianco e nero?

Maria Maffei, «Noi donne», anno XXIII, 21 settembre 1968


Noi donne
Maria Maffei, «Noi donne», anno XXIII, 21 settembre 1968