Storia del Varietà. La grande seduttrice

Varieta


E’ la rivista. Ultima incarnazione dello spettacolo gaio musicale rubò volti gambe voci e penne all’operetta e alla commedia mescolando satira a parodia.

L’anno scolastico era cominciato si e no da un paio di settimane, ma in tutte le scuole di Napoli non un solo professore, non uno studente o un bidello ignoravano il nome dello studentino poeta, un tredicenne che nell'autunno del 1890 faceva parlare di sè come di un curioso fenomeno: in qualunque materia fosse interrogato (era indifferente che si trattasse di storia, di geografìa, di matematica, ecc.) egli non solo rispondeva a tono, ma, quel che stupiva, rispondeva con prontezza e disinvoltura in poesia. Nè l'estemporaneità influiva sfavorevolmente sull’eleganza dei suoi versi, che raggiungevano anzi la perfezione sotto il duplice profilo della metrica e del la musicalità. Spesso egli svolgeva in delicati versi anche i temi d’italiano, che, a quante si ricorda, risultavano piccoli gioielli.

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Il ragazzetto, che rispondeva al nome di Rocco Galdieri non aveva ancora quindici anni quando cominciò a bussare timidamente alla porta di qualche compositore per pregarlo di rivestire di note i propri versi. Ma assai presto i più noti autori di melodie napoletane di allora dovevano contendersi le sue poesie per farne indimenticabili canzoni. La sorte non fu larga di anni, con Rocco Galdieri: egli morì poco più che quarantenne. Fu forse un sinistro presentimento che lo spinse a bruciare le tappe? Certo che nella sua breve esistenza tutto appare in anticipo: si manifesta in anticipo la sua felice vena poetica, in anticipo egli si afferma come giornalista (a ventidue anni fondò a Napoli una scuola di giornalismo), in anticipo colse i primi e significativi successi teatrali, in anticipo morì. Nella storia del varietà ha un suo preminente posto Rocco Galdieri (che fu noto al pubblico come Rambaldo) precursore della attuale rivista satirica: a lui il teatro gaio musicale deve molti copioni che presentarono per la prima volta in Italia il genere satirico e parodistico applicato all’attualità. «L'ommo che vola i presentava una garbata caricatura dei primi tentativi aviatorii e parodiava in modo divertente D’Annunzio. Riviste satiriche di grande successo furono «Ullèro ullèro», «Cielo e terra», «Chiocchiò paparacchiò», «Visi e maschere», e molte altre.

Più tardi il comico Marchetti applicava limitatamente, ma con successo, la satira all’operetta: in altri termini, egli non faceva che inserire poche battute con riferimento ad argomenti di attualità assai noti al pubblico. La famosa «Turlupineide» di Simoni è erroneamente considerata come il primo saggio di rivista satirica: ma la verità è che la via (e anche la «Gran via») fu aperta da Rocco Galdieri. La «Turlupineide» nacque come una rivista studentesca, ma ebbe fortuna e fu poi rappresentata da una regolare formazione rivistaiola, la «Citià di Milano». Il successo tenta altri grossi calibri del teatro, come Gioacchino Forzano, che sforna un paio di riviste prima del 1915. «C’era una volta un lupo», che si valeva della già collaudata comicità di Nicola Maldacea e di Peppino Villani, ebbe vivo successo. Intanto a Milano il vecchio «Eden» diventa «Taverna rossa»: vi pianta le tende Carlo Rota e con lui le riviste non si contano più.

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L’operetta non ha ancora avvertito il pericolo e resiste impavida; anzi, raggiunge il pieno splendore quando la sua rivale, la rivista, ha già registrato qualche successo clamoroso. Per qualche anno, dunque, il teatro gaio musicale ha due volti. E' il «café-chantant», invece, che agonizza. Sono i tempi in cui l’elettrizzante caffè-concerto si trasforma nel malinconico «tabarin ». Sono i tempi delle cene dopo teatro, della vita notturna e dei duelli all’alba. E sono i tempi di un altro clamoroso debutto: è di scena la cocaina.

Autori sempre in coppia

Il sipario è calato sulla prima guerra mondiale. La rivista si fa sempre più invadente. Ruba belle gambe al varietà, belle voci all’operetta, e comincia a far carriera. Fra le prime a voltar le spalle all'operetta, vi fu Isa Bluette, per la quale scrissero non pochi copioni Rip e Bei Ami. Ma alla seduzione della rivista non seppero resistere neppure i «grandi» del varietà: Petrolini si cimentò in una rivista satirica, «Venite a sentire», in cui si produceva in una gustosa parodia di Francesco Giuseppe. Anna Fougez formerà compagnia di rivista più di una volta: forse la più felice fu quella che vide al suo fianco Spadaro.

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I giornali reclamizzarono i «De Filippo Frères» che, con la sorella, presentarono alcune riviste di un certo successo. Tutti i palcoscenici d’Italia vennero invasi dalle riviste. Un’altra coppia di autori. Fiorita e Carbone, si lancia risolutamente nell’agone rivistaiolo; Mazzuccato presenta uno spettacolo, «Pupo giallo», in cui forse per la prima volta si mette in luce una divetta che appare destinata al successo: una certa Wanda Osiris. Dalle rivistine di avanspettacolo arriva ai grandi palcoscenici, con un balzo sorprendente, un comico piemontese che anche sembra nato sotto i segni della più lieta fortuna teatrale: Erminio Macario. Dall’avanspettacolo e dal varietà in genere, del resto, verranno tutti i «grandi »,

Vincenzo Rovi, «Tempo», anno XIII, n.10, 10-17 marzo 1951


Tempo
Vincenzo Rovi, «Tempo», anno XIII, n.10, 10-17 marzo 1951