Approfondimenti e rassegna stampa - Isa Barzizza

Isa-Barzizza


La rassegna stampa


Isa Barzizza, raccolta di articoli di stampa

Bada che ti mangio 50 milioni

Bada che ti mangio 50 milioni Immaginiamo un pomeriggio qualunque dell’estate 1950. Remigio Paone, accompagnando pei viali della sua villa alcuni ospiti, arriverà un certo momento a una grande vasca, zampillante al cielo spruzzate di dieci colori…
Ivo Chiesa, «Settimana Incom Illustrata», anno II, n. 11, 12 maggio 1949
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Totò contro l'onorevole napoletano

Totò contro l'onorevole napoletano Il dileggio che il teatro della rivista rivolge agli “onorevoli” ha dato origine a una nuovissima sfida. Ma i rivali, accortisi d’essere entrambi napoletani, fraternizzarono. Roma, giugno Tra le quinte, proprio…
Benny Lai, «Tempo», anno XI, n.24, 11-18 giugno 1949
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1948 03 19 Stampa Barzizza Toto intr

Passa Totò tra le gambe delle ballerine come uno scarafaggio. Una di quelle tornite colonne parie sta per schiacciarlo, ma eccolo ritto come una molla incatramato nel suo fiocchetto nero davanti all'orchestra, uomo-tubo, dittatore o profeta contraffatto, dal gesti d'automa e dall'occhio svampito. E' un comico, forse il solo che fa ridere con cose che non fanno ridere. Il successo della sua battuta non sta nella battuta ma nel tempo scelto e Impiegato per dirla: come i colpi di grancassa in orchestra. La mimica ha la parte maggiore In questo innocuo e tremendo congegno che inchioda lo spettatore alla sedia quasi nell'incubo. Paura di svegliarsi il mattino dopo con quella faccia di pesce morto, con quelle giunture a stantuffo, con quel cappello a staio Inalienabile. E allora? Allora lo spettatore, per dimenticare si frega gli occhi e li posa sulla vellutata Isa. In quel sorriso di pesco ia fiore c'è tanta fiducia nella vita che ognuno ne può strappare per sè quanta ne vuole. E' giusto che quando chiedo alla signorina Barzizza un pensiero per i lettori ella mi dica con ingenua grazia: «Ma io pensieri non ne ho nessuno».

Chicco, «Nuova Stampa Sera», 18-19 marzo 1948


1948 07 23 La Stampa Isa Barzizza intro

«La Stampa», 23 luglio 1948 - Isa Barzizza


Luisita (in arte Isa) Barzizza, che sentiremo presto anche alla radio, è nata a San Remo pochissimi anni or sono. È, indubbiamente, il capolavoro di Pippo Barzizza. Da bimba ancora in fasce, modulava gli strilli ritmicamente, accompagnata al piano dal padre. Le prime sillabe da lei pronunziate, anziché « ma-ma » e « pa-pa ». furono « do-re-mi ». Aveva da poco smesso il biberon, quando, nel 1946, convinta di aver già raggiunto l’età della ragione, volle intraprendere la carriera di « soubrette », verso la quale si sentiva irresistibilmente attratta. Debuttò a Milano nell’agosto di quell’anno, con Macario, in « Follie d'Amleto », e in quello stesso anno girò due films comici : « I due orfanelli » con Totò e « Dove sta Zazà » con Taranto.

Nella stagione 1947-48 andò con Totò, riscuotendo in « C’era una volta il mondo » il successo che tutti ricordano, e nell’estate seguente girò con lo stesso Totò, sotto la regia di Mattoli, altri due fìlms: « Fifa e arena » e « Totò al Giro d'Italia ».

Nell'attuale stagione lavora ancora con la Compagnia di Totò in « Bada che ti mangio ». Come premio per la sua attività, ottenne due « maschere d’argento » nel '47 e nel ’48 per la migliore « soubrette » di quelle due stagioni teatrali. Tre caratteristiche la distinguono nettamente dal babbo Pippo: è una bellissima figliola, ha una superba chioma bionda e non fuma la pipa.

Indirizzo stabile : Torino, Piazza Cavour, 10.

«Assi e stelle della Radio», 1949


Isa Barzizza ferita in uno scontro automobilistico

Roma,25 giugno.

La «soubrette» Isa Barzizza é rimasta ferita fortunatamente in modo non grave, mentre viaggiava a bordo di un’automobile guidata dal proprietario del teatro Adriano, Nino Amato. L’Incidente è avvenuto tra Formia e Fondi e i due passeggeri erano diretti a Roma provenienti da Napoli. Improvvisamente. per cause non ancora precisate, la macchina dell’Amato é cozzata contro una grossa automobile di marca americana guidata da un brasiliano. Per effetto del violento scontro, i due veicoli hanno paurosamente sbandato: la macchina del due italiani é finita proprio sull’orlo di un burrone.

Nell’incidente, la «soubrette» e il suo accompagnatore sono rimasti lievemente feriti.

«Corriere della Sera», 25 giugno 1949


Per favore, vorrei sapere tutto il possibile su Isa Barzizza: quanti anni ha, se preferisce il cinema, la rivista o la radio, gli uomini biondi o bruni, se è sposata, come è « giunta », se è soddisfatta della sua carriera e di essere una bella ragazza.

(ERMINIO O. PINTI, ROMA)

Se preferisco gli uomini biondi o bruni? Veramente il particolare non ha nessuna importanza per me e credo non ne abbia nessuna per qualsiasi donna che cerchi nell'uomo qualcosa di più delle qualità fisiche o esteriori. Ho 22 anni e sebbene sul palcoscenico possa anche apparire alquanto sofisticata, mi sento ancora sostanzialmente una ragazza semplice, legata alla famiglia, al suo tepore e alle sue tradizioni; perciò dell’uomo mi interessa soprattutto la capacità affettiva e l’educazione.

Se col passare degli anni mi venisse il pallino dell’uomo biondo, o bruno, e quello da me « eletto » non avesse i capelli che prediligessi, lo pregherei di tuffarli in una bigoncia di acqua ossigenata o di inchiostro di china, a seconda dei casi. Ma se egli acconsentisse, mi troverei poi imbarazzata: che farmene di un uomo che si adattasse a cambiare il colore dei capelli per compiacere una donna capricciosa? L’uomo che accetterò come marito dovrà inoltre amare i bambini come li amerò io, dovrà occuparsi con me della loro educazione a cui io stessa dedicherò le mie forze migliori. Ma per ora non penso a un marito. Forse un imprevedibile coup de foudre: ma il teatro assorbe ora talmente la mia attenzione e mi dà tali soddisfazioni, che sarà diffìcile che la folgore mi colpisca... salvo che io stessa mi esponga volontariamente al temporale.

Cosa improbabile tuttavia, giacché, se si eccettui qualche piccolo battibecco con papà Barzizza circa la scelta della mia carriera, io sono « giunta » senza difficoltà, per elezione naturale secondata dal benevolo destino - fu nel 1946 che Macario mi vide e mi portò per la prima volta sulla « passerella » senza esserne deluso - e ora mi sento formicolare in testa una piccola ambizione: la commedia, una bella parte in unà commedia brillante dove la protagonista (io), dopo aver preso magari una formidabile cotta per un giovinastro che non vuole saperne di lei, mette a posto un mucchio di guai compreso il giovinastro, lo seduce, lo sposa e se ne va a vivere con lui in una bella casetta in riva al mare. Che felicità!

I miei passatempi preferiti a cui dedico il tempo che il teatro mi lascia sono l'automobilismo e la lettura: prima di addormentarmi leggo sempre qualche pagina. Tra i classici il mio autore preferito è Balzac, tra i moderni Stein-beck. Mi piace viaggiare, guardare i fiori, occuparmi dei miei abiti. Mi piacciono anche le faccende di casa, soprattutto la cucina. Un po’ meno lavare la biancheria, però con la lavatrice elettrica sì : quando posso schiacciare i bottoni e girare le manovelle della macchina mi diverto un mondo.

Se so di essere una bella ragazza? Be’, direi una bugia se dicessi di no. Se ne sono contenta? Naturalmente. Che cosa mi piace di più di me stessa? Che razza di domande! Facciamo gli occhi, anzi, gli occhioni, come mi dicono gli ammiratori. Perché sono contenta di essere una bella ragazza? Perché...

Isa Barzizza, «Epoca», 1951

1951 Epoca Isa Barzizza intro

Seduta sulla panchetta del moscone Isa Barzizza guarda lontano. Si affacciò alla vita teatrale qualche anno fa, come Ofelia in una parodia dell’Amleto fatta da Macario. Aveva diciassette anni e la figlia di un generale le faceva la guardia in camerino e per le strade, per tenere lontano l’entusiasmo degli ammiratori. Isa passò poi nella compagnia di Totò; rappresentava la seduzione che mette in pericolo il diavolo stesso. E con Totò Isa Barzizza passò al cinema; protagonista leggera e svagata, e sempre seducente, di tanti film comici. Doveva tornare alla rivista in autunno, con Elsa Merlini e Viarisio, ma ha preferito continuare un film con Tino Scotti. Candidamente ha corso il pericolo di pagare una penale di 154 milioni a un impresario, per rottura di contratto. Un brutto momento che Isa dimentica stendendosi al sole. Dalla rivista al cinema; dal film comico, forse, al film drammatico. Ma intanto sta al sole. Senza ombrello.

«Epoca», 1951


1952 09 24 Film d Oggi Isa Barzizza intro

Capri, settembre 

Era Assunta Bragaglia, moglie di Carlo. «Vittò, è arrivato Carlo» disse. «E’ per domani sera, quindi, alla solita ora». E riabbassò il microfono del telefono. Ho già detto, altra volta, che Carlo Bragaglia — il regista — è proprietario di una villa, a Capri, cui ha posto nome La Cammerella, E, ora, debbo dire ch’egli se l'è costruita, pietra per pietra, su disegno dell’architetto Mazzocca, con amore e passione, con entusiasmo e diletto, già chiaro essendo in lui, quando i muratori erano appena alle fondamenta, di farne il suo rifugio. E’ il più piacevole luogo di convegno per i molti suoi amici. Per ciò, non pensò soltanto ai vasti «soggiorni» del pianoterra e del primo piano, alle luminose sale da pranzo, al patio, al forno ove si cuociono pizze prelibatissime, alle camere da letto per gli ospiti; ma pensò, anche, ai fichi e all’uva, ai carciofi e alle pere, alle ciliegie e agli ulivi, alla lattughella e alla scarola, ai latticini e via dicendo. Si che, oggigiorno, le squisitezze della «cucina» di Assunta — padrona di casa tutta gaiezze — sono basate su quel che produce l'orto di Carlo, il vigneto di Carlo, il frutteto di Carlo. Poteva, poi, La Cammerella, esser priva di fiori? Essi sono un'altra passione di Carlo. I rosai più rari, le buganviglie più delicate, le ortensie più vivaci, le violette più profumate son qui, tutt’intorno alla villa bianca.

Man mano che la bellissima dimora s'elevava nelle mura e si precisava nella architettura, Carlo Bragaglia — Carletto, per noi intimi — andava ficcanasando nelle botteghe degli antiquari di Firenze, di Roma, di Napoli scovando fuori, con sapienza di intenditore, le preziose stampe, i mobili del più puro Settecento, i finissimi drappeggi le statuine barocche e quanto altro oggi fa de La Cammerella la più accogliente casa caprese. Accogliente, perchè alla tanta grazia di Assunta e di Carletto s'aggiunge il privilegio, piacevolissimo, di non dover parlare di cinematografia.

Come al solito, sono salito a La Cammerella — ch’è sull'alto di Tiberio — nelle prime ore del pomeriggio. La mia età avanzata più non mi consente giungere, come un tempo, à la dernière minute. La camera azzurra era già approntata. E, sul basso tavolino d’antico legno di Hercolanum, era, anche, la caraffa con il biondo vino ghiacciato: golosità di me, vecchietto. La biondissima fanciulla russa che a La Cammerella dà un tono di romanticismo, alle sette e mezza in punto, venne a destarmi. E soggiunse, a bassa voce: «C’è, anche, Isa Barzizza».

Cosi, poco dopo, discesi nel patio, già colmo di ospiti, mentre nell'attiguo forno — ch'è, in sostanza, un piccolo edificio — i cuochi in berretta bianca altissima e le giovani fantesche in bianconero erano in gran faccende. Feci appena a tempo ad ascoltar le eleganti signore e i giovanotti in celeste parlar, tra loro, in sei lingue diverse, che Carletto mi prese sottobraccio, mi condusse a un tavolo posto tra la fontana e l’angolo del forno, e, volgendosi a una bella fanciulla bionda, disse: «Non t’impressionare, Isa, per i suoi capelli bianchi e per i suoi baffoni che gli coprono il labbro. E‘ meno cadente di quanto appaia. Disse proprio così, Carletto. E come non gli bastasse la malizia di quella presentazione, mi tolse, lesto di mano, il bastone caprese che m'è di sostegno. 

Ecco com'io mi ritrovai, impensatamente, accanto a quei fiore di ragazza che, finora, avevo visto soltanto nelle fotografie dei settimanali di rotocalco, e che, dai giornali, so esser celebre, di già, e ricca; e della quale, a far di conto in modo spiccio, potrei esser nonno, per lo meno. Era tutta in nero; la bella ragazza. Ben le si addiceva la maglietta nera di leggerissima lana del Cachemir, di sotto cui si profilava, pudico, il fresco seno. E sulla maglietta faceva spicco una lunghissima carena d'oro, sette volte girata attorno al collo, che reggeva una grossa moneta d'oro zecchino: più grossa d'un di quei palanconi che i sovrani dispensavano in epoca remota. Neri, e stretti come una guaina, i pantaloni di gabardine di finissima tessitura portoghese. Stretti e lunghi sino alla caviglia, che spuntava fuori lievemente abbronzata. Calzava sandali marocchini bianchi e neri, che svelavano la mano dell'artigiano di Marrakesch. Non v’era maquillage sul bel volto, tutto allegrezze per via dei chiari occhi ridenti. Un tocco di geranio appena sulle labbra. I capelli, tagliati corti un po' alla sbarazzina, avevano riflessi biondocupo.

Accanto a Isa era un giovanotto estremamente simpatico, in maglietta canario e pantaloni celeste Capri; e, poi, il piccolo Imperatore di Capri Guglielmo Sonnino Sorasio, e poi un armatore nonno di molti nipoti, e poi l'elegante Renata Parisi. Io chiudevo il giro di quella «piccola tavola». A piccole tavole, infatti, si sarebbe svolto il succulento pranzo che ha inizio, sempre, di rigore, con la pizza alla Carletto. Non stupì Isa Barzizza ch’io non le rivolgessi complimento alcuno e, mentre m'aiutava, invece, amabilmente, a tagliar la mia pizza a piccole fette (e ugual cosa fece, dipoi, con il vitello freddo) fu lei a parlarmi della sua «scoperta» di Capri. Già, perchè è la prima volta ch'essa viene a Capri e, incauta, ha scelto il peggior momento, quando l'Isola è un frastornante carosello di brutta gente, si che ogni sua bellezza dispare nel crogiolarsi della moltitudine e nel più orrido bailamme delle fogge di cattivo gusto. 

«D’altra parte», disse, «non avevo che questa settimana libera, Doman l'altro dovrò, di nuovo, pormi al lavoro, con Gallone. E dovrò, anche, recarmi fuori d'Italia per alcune scene del nuovo film». Non stupì nemmeno quando, detto questo, io non replicassi — cosi, per certo, avrebbe l'atto chiunque altro, al mio posto! — chiedendole notizie  ragguagli sul suo lavoro e dimostrandole, più o meno ipocritamente, chi sa quale interesse. «Sa?» continuò «Ho imparato a nuotare anche sott'acqua! Con la maschera, s'intende. ,. dapprima, mi sembrava ch'io dovessi andare a fondo. E’ bellissimo».

Io già sapevo che Isa Barzizza non s’era confusa tra gli snob» della «Carbone del Mare», ma, sin dal primo giorno, aveva preferito e le calette e le minuscole spiaggette solitarie, meta preferita del veri appassionati del mare. Ma tacqui, anche a queste sue parole. Perchè seguitasse a narrare, inconsapevole, essa, di parlare con un vecchio giornalista che grandemente si divertiva nel trovarsi a tu per tu con la bella e celebre ragazza, in vena di sincerità.

Proseguì: «E ho scoperto anche il sandolino. Già, non le sembri buffo, ma soltanto qui mi sono accorta quanto sia divertente andare lungo la costa dell’isola in cerca delle acque più care. E mi son fatta i muscoli, sa?». Stese il braccio sinistro. Tirò su la manica della leggera maglietta. Il suo braccio cosi ben tornito e, anch’esso, lievemente abbronzato, lasciò vedere la muscolatura elastica. 

Proseguì ancora: «Proprio peccato che lo debba partire domani. Ma, in questi giorni, m’è venuta idea di costruirmi, anch’io, una casetta qui e qui venire a rifugiarmi nello pause del mio lavoro. Perchè questo, si, che è un vivere delizio! Mare, sandolino e pesca subacquea». «Oh!» dissi «se lei si dedicherà alla pesca subacquea, qui, in specie verso la Cala di Rio, c'è da scoprire gran copia di reliquie in bronzo, in argento, dell’epoca romana».

Si voltò, a quelle parole, verso il simpatico giovanotto in maglietta canario, disse: «Hai sentito? Bisogna proprio tornare, allora». In quella s’avvicinò Carletto reggendo un piatto, ove era la pizza — specialissima — che fanno soltanto per lui. Ne tagliò una fetta, disse, volgendosi a Isa: «Assaggia questa! Sentirai che delizia!». Era il piccolo onore che, ad ogni convegno d’amici, Carletto usa alla più bella. Come avviene, ad un dipresso, alla caccia della volpe, con gli onori della coda. 

La conversazione prese gli altri commensali, uno del quali accennò al mal di mare. Fu, allora, gran discutere di monsoni, di Golfo di Leone, di Golfo di Biscaglia e delle tempeste nel Golfo di Napoli. Fu quando venne servilo il gelato — una Testa di Moro — che Isa Barzizza tacque. I gelati sono la sua passione. Ma, dopo due cucchiaiate, diede un un piccolo grido. «E’ il dente del giudizio!» disse a mo’ di spiegazione, E soggiunse: «Mi sta spuntando e, quando mangio il gelato, mi fa male. Però, questa Testa di Moro è troppo buona!». Concluse: «Al diavolo il giudizio e il suo dente!».

Terminato il primo gelalo, si volse verso Gianni — figlio di Assunta — che passava accanto a noi, disse: «E, a me, niente gelato?». Gianni guardò il piattino, vuoto, dinanzi a Isa, disse: «Ci marci, tu, col gelato!». Ma, subito, tornò con un gelatone doppio. In quella s’appressò al nostro tavolo un signore in pantaloni blu, in maniche di camicia. dal ventre pronunciato e mal rattenuto da una cinta di cuoio marrone che, volgendosi a Isa, disse: «A ottobre, che fai?». Isa Barzizza rimase col cucchiaino a mezz’aria, disse: «A ottobre, nulla». Replicò quel tipo di industrialone: «Potremmo, allora, combinare qualche cosuccia. Magari un film con Chiari».

A quelle parole, io m'alzai, m'inchinai alla bella ragazza, m’inchinai alla elegante Renata e, lemme, m'allontanai da quel tavolo. Mai e poi mai io infrangerei la tradizione de La Cammerella.

Vittorio Foschini, «Film d'Oggi», 24 settembre 1952


1952 10 01 Film d Oggi Isa Barzizza intro

NAPOLI, ottobre 

La troupe si trovava in un ristorante del Borgo Marinaro. Il regista Carmine Gallone disse; «Una sedia per il cane». Un cameriere obbedì, ma fece spallucce e borbottò che non gli era mai capitato di vedere un cane mettersi a sedere a tavola come un cristiano; subito dopo, però, si ricordò che in quel momento stavano facendo del cinema ed allora si convinse: «Può darsi davvero che la cagnetta si sieda e mangi a tavola con gli altri. Nel cinema può succedere anche l'impossibile». Infatti Pallina — cosi Gallone chiamava il cane — cominciò a divorare carne e riso, una bella porzione, mentre Giuseppe Pontili si contentava di un piatto di prosciutto cotto, che mangiucchiava appena ripassandosi la parte. La sapeva a menadito, tanto che l’aiuto regista Francesco Cirino Pomicino si vedeva costretto a seguire silenziosamente le battute sul copione senza doverlo rimbeccare.

Poco lontano, sul muricciolo che delimita lo spazio riservato al ristorante, due scugnizzi facevano anch'essi colazione. Per osservarli meglio da vicino Carmine Gallone ordinò di sospendere la ripresa e si avvicinò al ragazzetti affamati. «Che cosa mangiate?» chiese loro. Il più grande degli scugnizzi apri a metà il suo grosso cartoccio di pane, vi guardò dentro, lo chiuse, lo riaprì, lo richiuse e disse: «Che mangio, signurì? Non vedete? Pane e fantasia». Carmine Gallone tornò verso la troupe esclamando: «Che bella battuta! Sentite: a Napoli mangiano pane e fantasia. La infiltro senz'altro nel film». E si rimise subito al lavoro. Pochi minuti dopo un altro cameriere venne ad interromperlo per chiedergli se, dopo il prosciutto, doveva servire anche il vino. «Non importa» disse il regista, «Siamo a Napoli, no? Allora si beve fantasia». Il cameriere, quasi mortificato, fece dietrofront e riferì al maitre che» i signori del cinema sono tutti un po’ pazzi».

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Poi un habitué dei ristoranti del Borgo Marinaro domandò all’assistente Dragone: «Che film state girando?». Dragone rispose: Senza veli, — «Lo vedo bene che non ci sono veli davanti alla macchina da presa», bofonchiò quel signore. «Voglio sapere il titolo del film». — Senza veli ripetè l'assistente alla regìa. — «In Gevacolor» aggiunse M. A. Habenalt, il regista tedesco. — «Ah, Senza veli in Gevacolor, ho capito» fece soddisfatto l'intruso,

«Che titolo strano, però». Gallone non si curò di lui e continuò la ripresa mentre la segretaria di edizione tedesca seguiva il lavoro voltando le spalle agli attori e alla macchina da presa, (Vuol dire che in Germania fanno cosi). Il regista, che indossava una camicetta alla Duello al sole, cominciò a parlare in francese quando arrivò il giovane Conte Giorgio Mekerì cpn il suo seguito di «bella gente» napoletana. Erano arrivate finalmente le comparse d’eccezione, come quelle reclutate, pardon invitate, da Vittorio De Sica per la scena della Scala di Miracolo a Milano. Insamma anche Gallone è del parere che le comparse devono essere vere: cioè le stesse persone dell’ambiente in cui viene effettuata una ripresa. «Per la finzione» dice «bastano gli attori».

Tuttavia Isa Barzizza sembrava smentirlo: in quel momento la finzione non le si addiceva; infatti era visibile che tutto il suo interesse convergeva sulla cagnetta piuttosto che sul film. Preoccupata iorse della voracità del grazioso animale, ella lo prese fra le braccia e lo carezzò. «Beata Pallina» commentò Dante Maggio. «Vorrei essere al suo posto». La bionda Isa lo freddò con un tagliente sguardo di rimprovero, «Non ci potresti essere al posto di Pinky, perchè non vali quanto lei». Il buon Dante s’immalinconì e «Chi è Pinky?» chiese. Cosi la Barzizza rivelò:» E' la mia cagnetta: Pinky per me e Pallina per Gallone che ama scherzare sulle cose femminili».

Ma il lavoro è di genere maschile: quindi Gallone lo prende molto sul serio. Senza veli è la prima di una serie di pellicole che il campione dei grandi film storici girerà entro quest’anno. «I miei prossimi film saranno tutti a colori» ha dichiarato Gallone. «Ho ripudiato il bianco e nero, chè non si addice più al mio «genere». Dopo Senza veli egli girerà Vissi d'arte e d'amore, la vita di Puccini in technicolor, una grande produzione Rizzoli realizzata da Luigi Rovere. Ne saranno autori: Bizzarri, Benvenuti e Pellegrini. Inoltre Gallone ha in preparazione altri due grossi film, due epopee: Le figlie di Babilonia (l'epopea di una razza) ed Epopea napoletana (la storia di un popolo e di una città). Dal film storici, dunque, e da quelli tratti da opere liriche — attraverso la vivace parentesi di film-rivista — Gallone passerà alle colossali narrazioni cinematografiche alla maniera di Cecil B. De Mille. Il film-rivista, naturalmente, è proprio Senza veli, ora in lavorazione, prodotto da Rizzoli, dallo stesso Gallone e dall'Allfram. Gli esterni sono stati girati a Napoli, in alcuni quartieri caratteristici, a Pompei e a Monaco di Baviera.

Senza veli, la prima produzione italo-tedesca, è la storia ai una compagnia di varietà formatasi in Germania che, trovandosi a Napoli, prova una rivista italiana elaborata a Napoli con l’intenzione di portarla sui teatri tedeschi, La rivista è intitolata Danziamo sull’arcobaJeno. «Questo» dice Gallone «doveva essere, secondo me, il titolo del film». Nella suddetta storia cinematografica musicale igli sceneggiatori Cataldo, Zatterin, lo stesso regista, Clifford, Dortenwald e Titina De Filippo hanno inserito una doppia storia d'amore fra Isa Barzizza e il noto cantante Gino Mattera (fanno loro da «spalla» Ave Ninchi e Dante Maggio) e tra Inge Egger e Sigfried Breuer. Completano il cast Karl Schomboeck e Giuseppe Varili. Operatori: Kostantln Tschet e Giovanni Pucci, Distribuzione: per l’Italia Dear Film e per la Germania Allianz Film.

Dopo una scorpacciata di «cinepasserelle» fra fra Napol e Monaco, Isa Barzizza ha intenzione di riposare; perciò gii afìcionados del palcoscenico minore non potranno, almeno in questa stagione, ammirarla col naso all’insù. All’ingiù, invece, stava il morale dell’aiuto-regista Pomicino, che pure lavora da due anni con Gallone, quando quest'ultimo lo ha pregato ai «pescargli» tre tipi quasi introvabili, contrastanti fra loro: un pianista col tic nervoso, un grassone con la voce di contralto ed uno spilungone con la voce di basso. Pomicino, che non si era perso di coraggio neanche quando aveva dovuto trovare i tassi di notte e un migliaio di Camicie rosse per Alessandrini, questa volta non sapeva proprio a quale santo votarsi. Per fortuna incontrò un vero santone in fatto di organizzazione cinematografica partenopea: Pino Serpe, direttore del Centro Cinematografico Meridionale. Ci pensò lui, e in un batter d’occhio i tre tipi eccezionali furono al cospetto del comandante Gallone. Già, comandante: ormai se li è ben guadagnati, i galloni dorati di generale del cinema.

Sergio Lori, «Film d'Oggi», 1 ottobre 1952


1953 05 23 Stampa Sera Isa Barzizza intro

«Stampa Sera», 23 maggio 1953


1953 06 08 La Stampa Isa Barzizza intro

«La Stampa», 8 giugno 1953


Un sequestro conservativo sui beni di Isa Barzizza

L'attrice si ritira dalla compagnia che doveva rappresentare la rivista « Siamo tutti dottori »

L’impresario teatrale Remigio Paone per tramite del suo legale avv. Vigevano ha fatto istanza al presidente del Tribunale di Milano per ottenere il sequestro conservativo fino alla concorrenza di 50 milioni nei confronti di Isa Barzizza. L'attrice scritturata per gli spettacoli «Errepi» in compagnia di Riccardo Billi e di Mario Riva avrebbe dovuto recitare nella rivista dal titolo "Siamo tutti dottori" che doveva andare in scena il 15 ottobre nel teatro Quattro Fontane di Roma. Ma il 29 settembre durante le prove ebbe luogo un incidente di cui furono protagonisti la Barzizza e il Riva, e in seguito al quale Isa Barzizza scriveva in data 30 settembre una lettera a Remigio Paone annunciando la sua decisione di! uscire dalla compagnia. L’impresario che era assolutamente estraneo all’incidente interpose i suoi buoni uffici per appianare la vertenza, ma senza risultato. e ieri mattina si è risolto a chiedere al presidente del Tribunale il sequestro conservativo sul beni della Barzizza a Milano, a Sanremo, al Forte dei Marmi ed a Roma, sequestro che è stato accordato. La causa di convalida sarà fissata prossimamente.

«Corriere della Sera», 5 ottobre 1954


"Siparietto" di ufficiali giudiziari per la rivista "Siamo tutti dottori"

Isa Barzizza litiga con Mario Riva durante le prove e abbandona la compagnia - Il Tribunale ordina un sequestro di 50 milioni sui beni dell'attrice

Tre telegrammi sono stati spediti, ieri, dalla cancelleria del Tribunale civile di Milano, destinazione Roma, Forte dei Marmi e Sanremo. Il testo del dispacci era identico: si chiedeva all'ufficiale giudiziario competente per territorio di «procedere al sequestro conservativo sul beni della signora Isa Barzizza maritata Chiesa».

Isa Barzizza, contro la quale è stato preso il grave provvedimento del sequestro conservativo, era stata scritturata da Remigio Paone per una delle compagnie che portano quest'anno l'insegna degli spettacoli «Errepi», la compagnia imperniata sul due comici romani, Riccardo Billi e Mario Riva. Particolari condizioni erano state fatte all'attrice, che avrebbe anche avuto «il nome in ditta».

La compagnia era stata riunita a Mnano, e a Milano aveva cominciato le prove, sul piccolo palcoscenico del teatrino dell'A.T.M. in via Conservatorio. Al principio del mese scorso, l'intera troupe s'era trasferita a Roma, dóve avrebbe debuttato al teatro «Quattro Fontane», il 15 ottobre. All'improvviso, invece, tutto il programma subiva un brusco arresto. Il 30 settembre, Isa Barzizza scriveva a Remigio Paone, annunciando che abbandonava la compagnia, ormai assai avanti con le prove della rivista intitolata « Siamo tutti dottori ».

Sul motivo della rottura esiste, naturalmente, più d'una versione. Cerchiamo di sintetizzare quelle del due protagonisti dell'urto. Isa Barzizza. Ero in scena a provare uno scketch. Il testo m'era stato consegnato la sera prima. Non avevo avuto il tempo di mandarlo a memoria. Avevamo cominciato a provare, quando Riva m'invitava a lasciare il copione, per recitare affidandomi unicamente alle imbeccate del suggeritore. Ho risposto dicendo che preferivo seguire le battute sul copione. Riva, tutto d un tratto, se n'è andato sbattendo la porta, e gridando».

Mario Riva. Non è affatto vero che io abbia abbandonato il palcoscenico. Non è vero nemmeno che io abbia, comunque, trasceso. C'erano in scena, in quel momento altri dodici attori, che possono provare la bontà delle mie ragioni. Ad andarsene, e non certo con buone maniere, è stata la signora Barzizza. Il più sorpreso, e, naturalmente, il più addolorato di questa storia, è Remigio Paone, assolutamente estraneo all'incidente. Da Milano, Paone ha cercato, in tutti i modi, di riportare la pace nella compagnia. Con due telegrammi, il 30 settembre e il 1° ottobre, Paone ha invitato la signora Barzizza a riprendere le prove. «Ho cercato di farle capire — ha detto l'impresario — che il contratto la impegnava con la mia organizzazione, non con Mario Riva, e che, quindi, quello screzio non poteva essere una causa valida per allontanarsi dalla formazione».

Tutto è stato inutile. Cosi si è arrivati alla richiesta del sequestro conservativo «fino alla concorrenza di cinquanta milioni». Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda di Remigio Paone, presentata dall avvocato Vigevani, ed ha accordato il sequestro, riservandosi di fissare la data per la discussione della convalida. E sono entrati in scena, inattesi attori, gli ufficiali giudiziari.

«Corriere d'Informazione», 5 ottobre 1954


Attrice: "ho esercitato il mio diritto". Impresario: "si è fatta giustizia da sè"

Dialogo polemico Barzizza-Paone. I due protagonisti della vertenza spiegano le proprie posizioni

Mentre gli ufficiali giudiziari stanno svolgendo il loro compito fra Roma, Forte dei Marmi e Sanremo per procedere al «sequestro conservativo fino alla concorrenza di cinquanta milioni », ordinato dai Tribunale civile di Milano nei riguardi di Isa Barzizza, In sèguito alla vertenza sorta tra essa e la « Spettacoli Errepi », l’attrice, accusata di avere piantato in asso la compagnia di Riccardo Bill! e Mario Riva il cui esordio era fissato al 15 ottobre al teatro Quattro Fontane di Roma, ha voluto fare conoscere i motivi della sua improvvisa decisione.

« Nella prima quindicina dello scorso maggio — dice Isa Barzizza — avevo convenuto con la "Errepi" un contratto per l’intcrpretazione di una commedia musicale. Giustamente interessata a che tale spettacolo fosse allestito in modo da assicurargli tutte le condizioni di qualità e dignità cui ha diritto sia il pubblico sia rartista, avevo chiesto ripetutamente di prendere conoscenza del copione. Avrei potuto in tal modo sincerarmi se potesse considerarsi rispondente quantomeno alle esigenze artistiche fondamentali, tanto nell’insieme quanto, in specie, per quello che riguardava, la mia parte. Tale copione non ho mai potuto avere neppure dopo la data fissata per la riunione della compagnia, nè in sede di prove.

Queste si svolgevano, perciò, in base a qualche improvvisazione o a qualche abbozzo di cui neppure potevo vedere la connessione con l’intero spettacolo. Tutto ciò a distanza di cinque mesi dalla firma del contratto e quando, secondo i programmi, lo spettacolo sarebbe già dovuto andare in scena. In tale stato di disagio, avvenne un episodio che non potevo non considerare per me ingiurioso e lesivo. Feci allora quello che ritenevo un mio preciso diritto: dichiarare l’impossibilità di una mia partecipazione a uno spettacolo per il quale mancavano le condizioni essenziali ».

L'episodio cui accenna Isa Barzizza è un litigio avvenuto in scena, durante una prova, con il comico Mario Riva. Remigio Paone, che, assolutamente estraneo all'incidente, ne è il più amareggiato e addolorato, ha dichiarato a sua volta:

«Nulla, finora, può autorizzare Isa Barzizza a ritenere che lo spettacolo che si sta allestendo per mio conto a Roma non sia una commedia musicale. Confermo che lo è, e che in tale veste venne registrato dalla Società degli autori, la quale avrebbe certo respinto una denunzia non corrispondente al vero se non avesse constatate tutte le caratteristiche della commedia musicale. Contrattualmente, Isa Barzizza non aveva diritto di conoscere il copione, ma soltanto le sue parti, di preminenza assoluta per il ruolo femminile: gli autori gliene hanno ripetutamente fatto prendere visione. Per quanto riguarda l’incidente Barzizza-Riva, esso esula, comunque, dai rapporti contrattuali fra l’attrice e la "Errepi".

Mario Riva, interpellato sulle cause del litigio, nega di aver mai trattato male Isa Barzizza, e tanto meno di essere uscito di scena, ammette dì aver fatto notare all’attrice di essere mal preparata nella sua parte, ma conferma di avere mantenuto questa osservazione nei limiti dell’educazione. Cita anche numerosi attori, che allora erano in scena, come testimoni.

«Corriere d'Informazione», 6 ottobre 1954


Taranto, 17 febbraio.

La bella Isa Barzizza è stata ieri sera al centro di un arroventato «fuori programma» i cui echi confusi sono giunti dal palcoscenico alle prime file di poltrone. La commedia musicale «Valentina» dove Isa Barazizza sostiene la parte di una sposina alla quale il malizioso e benevolo mago Saturnino concede di superare in un «flat» gli anni difficili del suo matrimonio, era giunta felicemente nel porto del secondo tempo. Da pochi minuti era ricominciato lo spettacolo quando dietro le quinte è scoppiato un putiferio che aveva per protagonisti il regista Carlo Alberto Chiesa, marito, secondo la legge, di Isa, e l'attore Renzo Giovampietro, marito secondo il copione e la finzione scenica, della stessa. Il sortilegio del mago Saturnino questa volta non è valso a far superare il momento difficile che si è sviluppato e concluso secondo tutte le regole che presiedono alle scenate del genere. Dopo un primo scontro iniziale in mezzo a quinte, fondali, «tiri» e «cantinelle», la colluttazione fra il regista e l’attore si è spostata nel camerino di quest'ultimo dove Chiesa era riuscito a sospingere l'avversario.

Invano gli altri attori, le attrici e le ballerine battevano i pugni sull’uscio e scongiuravano i due di finirla: dal camerino giungevano colpi sordi e brevi grida soffocate, mentre nella «buca» il maestro incitava i suonatori a suonare più forte per coprire la eco di quel frastuono. E Isa? Sfuggita, sembra, alle ire del marito che in un primo tempo parevano riversarsi anche su di lei, si era chiusa a singhiozzare nel suo camerino dove è rimasta fino alla fine dello spettacolo. E' toccato al sorridente Viarisio venire alla ribalta e spiegare che un lieve malore impediva alla bionda «soubrette» di apparire ancora davanti al pubblico. Che deluso e immusonito ha assistito al fiacco trascinarsi dello spettacolo nulla sospettando dell’altro piccante spettacolo che stava svolgendosi dietro alle quinte.

«Corriere della Sera», 18 febbraio 1956


1960 06 03 Corriere della Sera Isa Barzizza intro

«Corriere d'Informazione», 3 giugno 1960


Isa Barzizza: «io ero maliarda e lui un principe»

«Corriere della Sera», 16 luglio 1981 «Totò Tredici»


In visone invece della guepière, ma Totò non c'è più

«Se non ci tosse stato quel pesce democristiano!...» esclamava Totò e lasciava in sospeso la frase, maliziosamente. Il pesce «democristiano» era ospite di un acquario dietro il quale si era nascosto Totò per spiare Isa Barzizza in procinto di spogliarsi. Sul più bello però il pesce passava davanti allo sguardo bramoso di Totò che lo accusava di essere un «democristiano», come dire — allora — un censore, un bigotto. Il film era «Fifa e arena» del 1949 e Totò, incontrando poco dopo la Barzizza in un altro film, «I pompieri di Viggiù» del 1950, le diceva: «Lei non mi conosce, ma io si. Anzi, la conoscerei benissimo se non ci fosse stato quel pesce democristiano!...».

Ecco, Isa Barzizza era la partner ideale di Totò, luminoso oggetto del desiderio e insieme capace — e scusate se era poco! — di tenere testa ai formidabili tempi comici del Principe. Basterebbe la sua presenza, in guépière, nel mitico sketch del «Vagone letto» (nella rivista «C’era una volta il mondo» della stagione 1947-’48, poi filmato in «Totò a colori» del 1952), insieme a Totò e a Mario Castellani, per assicurare un posto nella storia dello spettacolo alla Barzizza, anche più che per la sua partecipazione alla «Dodicesima notte» di Shakespeare messa in scena nel 1954 da Renato Castellani.

Ora Isa Barzizza è tornata sulle scene ma, ahimè, accanto a lei non c’è più non dico Totò ma neppure Mario Castellani. Il suo partner adesso è soltanto Enzo Garinei (insieme a Anna Teresa Eugeni, Sofia Amendola, Antonella Rendina, Marcella Candeloro, Massimo Pizzirani) e non deve recitare le sublimi scioccherie che scrivevano Galdieri o Metz e Marchesi ma una vecchia e stolta commedia boulevardier di tale Peter Coke, attore e autore inglese, intitolata «Visone di primavera», messa in scena da Massimo Milazzo al Teatro Manzoni, dove si racconta di un gruppo di signore bene, guidate da un generale a riposo, che si dedicano al furto di pellicce pregiate, ma solo per beneficienza.

Alla prima la regia era sgangherata, la recitazione esagitata, le papere e gli incidenti tecnici abbondavano, in compenso non si rideva. L’autore, presente in sala, ha preferito ignorare l’invito di una delle attrici a presentarsi alla ribalta per i ringraziamenti. Ce ne dispiace sinceramente per la signora Barzizza, davvero meritava (e anche noi) una migliore rentrée.

Pietro Favari, «Corriere della Sera», 15 maggio 1987


La partner Isa Barzizza: «con la scena del pesce spostammo un po' il senso del pudore»

RICORDI Il 15 aprile 1967 moriva Antonio De Curtis e la sua partner artistica per eccellenza ricorda: «Dal nord al sud, stendeva sempre il pubblico dalle risate. Per lo sketch del wagon-lits a teatro la gente si sentiva letteralmente male dal ridere»

La più brava? La più bella? La più simpatica? La più spiritosa? Chissà, il dibattito è aperto e comunque la risposta di Isa Barzizza sarebbe «no», perché è una signora modesta, che non se la tira anche se potrebbe farlo. Ma sicuramente «la», senza ulteriori aggettivi: «la» partner femminile di Totò per eccellenza, semplicemente perfetta, perché accanto al principe reggeva le sue battute e le sue improvvisazione come un'autentica principessa. Con Totò, Isa Barzizza ha girato 11 film e ha interpretato numerose riviste sui palcoscenici di tutta Italia. Ha stregato molti cuori, ricevuto numerose proposte di matrimonio («Da qualche grande industriale, e da qualche aristocratico» - ma non da Totò), gestito con classe un'eredità ingombrante (è la figlia di Pippo Barzizza, sommo musicista e direttore d'orchestra della musica leggera italiana) e mostrato le proprie grazie con un'ironia che le ha permesso di superare le censure del tempo, molto «occhiute» quando c'era di mezzo qualche centimetro di pelle di troppo («Ero terribilmente ingenua, ma facevo tutto con un'innocenza educata che forse mi rendeva accettabile. Non ero una bonazza, ero piena di complessi ma in palcoscenico, o sul set, passava tutto: la prima volta credevo di morire, dalla seconda in poi sono diventata serenamente impudica»).

Signora Barzizza, come ha conosciuto Totò?

«Ero in un camerino del Quirino di Roma per Le educande di San Babila, rivista con Macario. Entrò un signore grasso, con la feccia tonda. Era Mario Mattoli. Mi chiese se volevo fare un film con Totò. Nessuno mi crede quando lo racconto oggi, ma non sapevo chi fosse Totò, però dissi sì, fare un film mi interessava molto. Scoprii solo successivamente che era un «recupero», un film girato in quattro e quattr'otto per ottimizzare i set di Fiacre n.13, un titolo produttivamente molto più ricco... il nostro filmetto si chiamava I due orfanelli e il primo giorno sul set conobbi finalmenteTotò».

Come fu l'incontro? Veramente non l'aveva mai sentito nominare?

«Oggi è difficile crederlo, ma nel 1947 l'Italia era ancora quasi divisa in due: Totò era una leggenda da Roma in giù, ma al Nord non aveva ancora sfondato. In più, senta, io avevo 17-18 anni, e non c'era la tv, e forse non leggevo i giornali... Insomma, no, non lo conoscevo. Al primo ciak mi sembrò un signore molto anziano. In fondo aveva 30 anni più di me. Ero molto intimidita, ma mi passò subito. Girammo I due orfanelli, lui si trovò bene e mi propose di far compagnia con lui in teatro. Così partimmo per la tournée di C'era una volta il mondo, e da lì in poi lavorammo tantissimo insieme».

Lei passò da un capocomico come Macario a uno come Totò. Differenze, somiglianze?

«Come passare da un collegio a una scampagnata. Macario era molto autoritario, lui e sua moglie tenevano insieme la compagnia col pugno di ferro. Totò non si occupava per nulla della disciplina: demandava tutto a Rudy Bauer, un suo direttore di scena tedesco, bravissimo e cattivissimo. Era lui a fere il lavoro "sporco". L'atmosfera era molto rilassata».

Era l'epoca d'oro della rivista...

«Era l'epoca d'oro di tutto il teatro, sia leggero che serio. La compagnia dei Giovani, Visconti, la Osiris, Totò e la Magnani... Grande pubblico dovunque: più «fanciullesco» e pronto a ridere al Nord, più esigente a Roma e soprattutto a Napoli, la piazza più difficile. Ma Totò li stendeva tutti. Guardi, io non ho mai visto ridere come per lo sketch del wagon-lits, quello che poi abbiamo rifatto -Totò, Castellani ed io - in Totò a colori. Dal palcoscenico vedevo la gente sentirsi letteralmente male. Quello sketch, alla «prima», durava 8 minuti. Verso la fine della tournée ne durava 50. Totò aggiungeva qualcosa ogni sera, Castellani gli andava dietro con una sapienza e un tempismo geniali, io stavo lì, mi facevo guardare e cercavo di non scoppiare a ridere. E devo dire che non mi è mai successo. Ero sveglia, e una certa professionalità l'avevo acquisita... e poi, le svelo un segreto: difficilmente noi attori, in scena, ridiamo per una battuta. Chi lo fa, oggi, lo fa apposta: per coinvolgere il pubblico o, peggio, per paura che non rida. Semmai può succedere di ridere per un errore, o per un gesto imprevisto. Ricordo una volta in tv, con Sandra Mondaini: lei doveva aprire una porta e trovarmi impalata sulla soglia, e chissà perché questa cosa, durante le prove, le suscitava un'ilarità irrefrenabile. In diretta, tale fu lo sforzo per rimanere seria che si fece la pipì addosso».

Undici film con Totò: il più bello?

«Forse Fifa e arena e Un turco napoletano, e anche lo sketch di Sette ore di guai».

In «Fifa e arena» c'è la famosa scena del pesce democristiano...

«Se la ricorda? E una di quelle scene che, come suol dirsi, hanno un po' spostato in avanti i confini del comune senso del pudore: Totò mi osserva attraverso un acquario mentre io sto in un bagno turco e quando ne esco, ovviamente senza vestiti, un pesce gli passa davanti e lo «impalla»... un pesce, appunto, «democristiano». Fu una scena faticosissima perché io, chiusa in quel bagno turco, dovevo fumare: a fine riprese avevo fumato 90 sigarette!»

Le piace ancora il cinema?

«Amo tutti i film, tranne i miei. Vado al cinema appena posso. Mi ha molto colpito Alpha Doge non vedo l'ora di vedere Le vite degli altri. Ho appena girato Sette chilometri da Gerusalemme, la storia di un pubblicitario che va in Israele, oggi, e incontra Gesù. È un film strano, un po' pazzo: c’è una scena in cui Gesù beve da una lattina di Coca-Cola e il pubblicitario pensa: però, che testimonial! Chissà se il Vaticano avrà da ridire?...»

Alberto Crespi, «L'Unità», 11 aprile 2007


Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Chicco, «Nuova Stampa Sera», 18-19 marzo 1948
  • «La Stampa», 23 luglio 1948
  • «Assi e stelle della Radio», 1949
  • «Corriere della Sera», 25 giugno 1949
  • Isa Barzizza, «Epoca», 1951
  • «Epoca», 1951
  • Vittorio Foschini, «Film d'Oggi», 24 settembre 1952
  • Sergio Lori, «Film d'Oggi», 1 ottobre 1952
  • «Stampa Sera», 23 maggio 1953
  • «La Stampa», 8 giugno 1953
  • «Corriere della Sera», 5 ottobre 1954
  • «Corriere d'Informazione», 5 ottobre 1954
  • «Corriere d'Informazione», 6 ottobre 1954
  • «Corriere della Sera», 18 febbraio 1956
  • «Corriere d'Informazione», 3 giugno 1960
  • «Corriere della Sera», 16 luglio 1981
  • Pietro Favari, «Corriere della Sera», 15 maggio 1987
  • Alberto Crespi, «L'Unità», 11 aprile 2007