Approfondimenti e rassegna stampa - Mike Bongiorno
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39 domande a Mike Bongiorno
Mike Bongiorno presentatore alla TV. E’ nato a New York da genitori italiani. Ha compiuto gli studi medi in Italia e si è laureato all’Università di giornalismo negli Stati Uniti. Durante la guerra ha partecipato al movimento della Resistenza. Imprigionato e condannato a morte in un campo di concentramento tedesco e graziato. Annunciatore da varie stazioni americane per conto della RAI. Tornato nel 1953 in Italia ha presentato numerose trasmissioni televisive: "Arrivi e Partenze”, "Fortunatissimo”, e infine "Lascia o raddoppia" cui deve la maggiore popolarità.
Domanda. - Signor Bongiorno: vuol dirmi qual è la sua reazione più immediata trovandosi a essere una volta tanto lei che deve rispondere e non interrogare?
Risposta. - Di tanto in tanto fa bene anche a me trovarmi ”dall’altra parte”, in modo da non dimenticare quali sono le sensazioni che si provano quando si viene messi in imbarazzo, come mi sembra nel caso presente,
D. - Se dovesse reintitolare il gioco quiz "Lascia o raddoppia”, come lo chiamerebbe?
R. - «II concorrente ha sempre ragione».
D. - Ammesso che tutti gli uomini dovessero disegnare il proprio stemma, che cosa vi inscriverebbe?
R. - La sigla della TV trafitta dagli occhiali.
D. - Se un comunicato radio annunziasse l’improvvisa invasione dei marziani sulla Terra, quale sarebbe la sua prima e più spontanea reazione?
R. - Chiederei se a bordo del primo razzo si trova una marziana.
D. - Quale delle cadute di "Lascia o raddoppia” le ha procurato maggior dispiacere?
R. - Quella di Attilio Zago perchè era il più umano e ”faceva spettacolo”.
D. - A che cosa attribuisce la sua straordinaria popolarità nel campo femminile?
R. - E’ quello che mi chiedo ogni mattina davanti allo specchio.
D. - Qual è secondo lei il segreto del successo di un uomo?
R, - Volerlo ad ogni costo cercando possibilmente di rimanere se stessi.
D. - La stessa risposta vale anche per ciò che la concerne?
R, - Sì, e per quello che mi riguarda, intendo uso della massima semplicità.
D, - Qual è secondo lei il colmo dell'infelicità umana?
R. - Non avere amici.
D. - Se le rimanesse mezz’ora di vita che cosa farebbe?
R. - Mi farei scrivere una lettera di raccomandazione per il Paradiso.
D. - Se le fosse concesso un atto di potenza assoluta, come lo esplicherebbe?
R. - Darei le ali all’uomo.
D. - Preferisce i vinti o i vincitori della vita?
R. - I vincitori perchè ammiro il successo.
D. - Dovendo raccontare una favola ad un bambino quale sceglierebbe?
R. - «C'era una volta un signore che si presentò a "Lascia o raddoppia". Venne sconfitto e se ne andò, a mani vuote, senza protestare».
D. - Una delle domande che solitamente si rivolgono a dei bambini è: «Che cosa farai quando sarai grande?». Capovolgendo una volta tanto la proposizione, mi permetta ora di domandarle: «Che cosa farebbe se tornasse ad essere piccolo?».
R. - Il piccolo annunciatore.
D. - Quali colpe errori debolezze umane suscitano in lei maggiore indulgenza?
R. - Quelle dovute a inesperienza.
D. - Costretto a intervenire a un ballo mascherato, quale travestimento sceglierebbe per sè?
R. - Adamo.
D. - I fotografi americani usano raccomandare ai divi e alle dive di pronunciare la parola Cheese onde ottenere una espressione sorridente. Vuole suggerirmi lei un mezzo meno idiota?
R. - Annunciare l’abolizione del fisco sui loro redditi.
D. - Condannato all’Inferno, per quale colpa ritiene potrebbe esservi destinato.
R. - Vanità (con la speranza di finire in Purgatorio).
D. - Qual è la sua eroina nella vita reale?
R. - Non lo dico a nessuno.
D. - Ospite di uno dei suoi amici viene fatto oggetto di una profferta amorosa della di lui moglie, bella, affascinante e trascurata. Accoglierebbe lei questo invito?
R. - Non lo so, chiederei consiglio al notaio.
D. - In quale misura, secondo lei, la fortuna incide sul successo di un indivìduo?
R. - Tutto sta a intendersi che cosa si vuol dire con "fortuna”. Io direi piuttosto il "caso”. Per dò che riguarda il mio successo, esso deriva da una serie di coincidenze sfortunate.
D. - Ritiene che gli italiani abbiano, nei confronti degli stranieri, un complesso di superiorità ovvero di inferiorità?
R. - Ritengo che gli italiani
abbiano in genere un complesso di superiorità verso ciò che di straniero conoscono e di inferiorità verso ciò che di straniero ignorano.
D. - Nei giochi infantili quale parte le piaceva riservare per sè?
R. - Essendo molto timido, da bambino, accettavo le parti che mi venivano assegnate e che erano quelle meno appariscenti.
D. - In quale modo ritiene possibile, cosi a prima vista, riconoscere un gentleman da chi non lo è?
R. - Dal modo di tossire.
D. - Qual è in società la situazione che la imbarazza maggiormente?
R. - Quando mi dicono che ho trovato l'America in Italia.
D. - Secondo quale particolarità psicologica sarebbe in grado di riconoscere un italiano da un americano?
R. - Gli americani credono nella felicità collettiva, gli italiani nella felicità di pochi raccomandati.
D. - Qual è la differenza del pubblico milanese da quello romano?
R. - La stessa che passa tra la moglie e l’amante.
D. - Una subrettina in mal di pubblicità decide dì far parlare un poco di sè inscenando un suicidio. A tale scopo assorbe una certa quantità di sonnifero ma sbaglia dose e muore. Vuol dettarmi un’epigrafe per la sua tomba?
R. - Sbagliando non imparò.
D. - Trovandosi in una città sconosciuta, senza amici e senza denaro, in quale modo penserebbe di sopperire alle necessità quotidiane?
R. - Venderei i miei autografi.
D. - Qual è, secondo lei, la più importante istituzione italiana?
R. - La mancia.
D. - Quale è, nella storia, la sua eroina preferita?
R. - Èva. Senza di lei...
D. - Se le chiedessi di rivolgermi una volta tanto una domanda, quale mi formulerebbe?
R. - Tutte quelle che lei mi ha rivolto. Ho anch’io il diritto di ridere un po’.
D. - Nel corso di un’intervista, qual è la cosa che ia spaventa di più?
R. - Gli intervistati.
D. - Costretto a scrivere una lettera di condoglianze ad una signora, per la perdita del suo cane, come la incomincerebbe?
R. - «Cara signora, a nome di Peter (il mio boxer) le invio le più sentite espressioni ecc.».
D. - Se venisse bandito un concorso per l’undecimo co-mandamento, avrebbe qualche proposta da fare?
R. - Non "sfottere”.
D. - Costrettovi, con quale slogan propaganderebbe la virtù?
R. - Un "buono” per ogni "buona" azione.
D. - In ima intervista, qual è la domanda che la imbarazza maggiormente?
R. - Tutte quelle che mi fa lei.
D. - Dovendo organizzare un pranzo fra attrici in modo da non creare una situazione imbarazzante, chi inviterebbe (5 nomi)?
R. - Ascolterei il suo suggerimento, e poi mi comporterei tutto al contrario.
D. - Quale epigrafe vorrebbe avere sulla sua tomba?
R. - Conobbe il Nabucco.
Nella più recente edizione di "Lascia o raddoppia", Mike Bongiorno pretese che il candidato (a cinque milioni) desse la risposta alla domanda che gli era stata rivolta così come gli esperti avevano indicato sulla cartella che si trovava in suo possesso. Non Nabucco, quindi, ma come diceva la lezione ufficiale, Nabuccodonosor. Ciò fece sorgere qualche scherzoso commento a proposito del più popolare dei presentatori della televisione italiana. Ho ritenuto necessaria tale precisazione, sia allo scopo di chiarire, ai pochissimi che in Italia non seguono questa trasmissione il senso della sua risposta all’ultima domanda da me postagli, sia perchè questo è uno dei pochissimi esempi in cui Mike Bongiorno fa deliberatamente (e perfino senza ragione, in quanto a rigor di termini era suo dovere esigere dal candidato la risposta esattamente come era stata scritta dagli esperti) dell’ironia su se stesso. Troviamo altri esempi nel corso della intervista, benché non molto numerosi, in cui Bongiorno sorride del proprio personaggio. Direi però che tanto in questi, quanto nel caso che ho citato per primo, la ironia in Mike Bongiorno è un fatto di carattere professionale, esterno e rivolto al pubblico, un dovere diciamolo pure di cortesia. Ora se Mike Bongiorno facesse sinceramente dell’ironia su se stesso non solo non sarebbe quel l’eccellente presentatore che è, ma non avrebbe ottenuto il successo di cui gode attualmente. Dove egli maggiormente dà la misura di se stesso è quando parla, con una franchezza ammirevole (e direi perfino con umiltà) delle ragioni del suo successo, quando dice che "bisogna volerlo", cercando di rimanere se stessi e, nel suo caso specifico di raggiungerlo e conservarlo con "la massima semplicità". Mike Bongiorno (e il successo con lui) è la semplicità portata a un grado di raffinatezza, quale soltanto un lungo e diligente impegno possono far conseguire. Nel segreto del silo successo c’è, ritengo, anche quello della sua più intima personalità.
Enrico Roda, «Tempo», 1956
«Gazzetta del Popolo», 8 aprile 1956
Biografia di Mike: vita, amori, successi
Non scherziamo. Perfino una altissima Personalità segue, con vivo interesse, « Lascia o raddoppia? ». Anzi: ho letto da qualche parte che una funzione religiosa è stata spostata perché coincideva esattamente con l'apparizione di Edy Campagnoli. Anche i fedeli hanno le loro esigenze. Del resto, San Paolo diceva che « il sano divertimento avvicina al Signore ». Non sempre, per la verità, la citata rubrica è divertente, ma sana lo è senz’altro. Tutt'al più disturba, ma male non fa. Molti addirittura sostengono che è cuna potente arma educativa ».
Guardate quel bambino di sei anni che, l'altra sera, ci ha spiegato cosa disse Pia de' Tolomei a Dante, dove finisce un certo fiume del Congo e come si chiama la capitale dell'Honduras. Il piccolo, sbalorditivo, insopportabile personaggio, nell'età felice in cui noi, trascurando le repubbliche americane e i più importanti corsi d'acqua, ci cazzottavamo per le figurine della Perugina, si diverte invece a studiare i poeti classici, l’atlante De Agostini, i sommari di storia, in attesa di passare, il prossimo inverno, a più serie e impegnative letture filosofiche. Adesso non ci rimane che vedere sul palcoscenico della Fiera la signora Rossi, anni 105, già maestra di Mario Missiroli, e poi, per la parte fenomeni, siamo quasi a posto.
Intanto (un po' di sincerità: se ne sentiva la mancanza) è uscito un opuscolo dedicato al presentatore dei quiz televisivi. Si intitola: Mike Bongiomo. La sua vita. I suoi amori, i suoi successi. Il sereno biografo narra, « con assoluta fedeltà storica », « le emozionanti vicende del popolare divo della TV ». Ecco la descrizione del protagonista da un punto di
vista, diciamo cosi, intellettuale: « È Mike e basta. Come davanti a Dante è scomparso il casato degli Alighieri, davanti a Michelangelo quello dei Buonarroti, così del biondo divo della televisione le folle cominciano a dimenticare Bongiorno. Lo chiamano Mike e gli danno del tu quando, favoriti dalla sorte, riescono a incontrarsi con lui, o quando gli indirizzano le loro lettere cariche di ammirazione e di amore ».
Tralasciamo i capitoletti dedicati alla adolescenza. Anche gli uomini famosi, con qualche rara eccezione - Giacomino, ed esempio (trascuriamo il casato: Leopardi) -da ragazzi non facevano cose straordinarie. I brani « i pantaloni lunghi », « al liceo », « la bionda studentessa », « la guerra », non dicono nulla di eccezionale. Bisogna arrivare al pezzo « la tortura ». Non vi sfiori il pensiero che le sventure altrui suscitino in noi ironici sentimenti, ma quando leggiamo che « Bongiorno, tra gli spasimi delle sue carni martoriate, vibrava come una corda di violino », rimaniamo colpiti non solo dallo sdegno ma anche da quelle insospettabili qualità musicali. Questo naturalmente spiega come l'Italia gli abbia insegnato « i segreti della vita, il fascino della morte e l'incanto dell’amore », senza peraltro insinuargli il sospetto che anche le storie vere e crudeli, quando sono narrate con il linguaggio del suo biografo, diventano di un’irresistibile comicità. Va bene che il motto di Mike (pagina 15 dell’opera citata) è « il pubblico è il mio padrone e la stampa è la mia regina », ma di fronte a prosette come quella che narra il suo « appassionante romanzo », Mike farebbe bene a sentirsi un po’ repubblicano.
Enzo Biagi, «Epoca», anno VII, 1956
Mike in bikini
L’obby estivo di Mike Bongiorno è lo sci d’acqua. Mike è un ragazzo che fa ogni cosa sul serio, hobbies compresi. D’inverno, ad ogni venerdì mattina, pianta in asso ogni sua faccenda, — a volte rinunzia anche a vantaggiose scritture — per raggiungere a Cervinia o al Sestriere il suo maestro di sci, Besson. Bongiorno si allena come i veri campioni. A Cervinia ha percorso fino a otto-nove Plateau Rosà al giorno: quattro durante la mattinata e altrettanti fino al calar del sole. Il Plateau o il Furgèen, non sono piste da poco.
La prima è piuttosto « facile », ma è lunga sui dieci chilometri, la seconda è altrettanto lunga ma assai più accidentata. Mike ci dà dentro che è un piacere, ed è diventato bravissimo. Lo sci d’acqua, il presentatore di «Lascia o raddoppia», ha cominciato a praticarlo all’inizio dell’estate. Di solito va ad allenarsi sul lago Maggiore ospite del suo amico Aldo Simonetta, un industriale milanese. Alla quarta lezione Mike ha tenuto col monosci stabilendo un record in materia.
«Le Ore», anno V, n.222, 10 agosto 1957
Questi giochi di cultura li faccio per voi
Mike Bongiorno spiega perchè ripropone un gioco a quiz. “E’ un modo piacevole per apprendere cose che non si sanno”. “Bisogna pensare ai giovani così ansiosi di imparare”. Così è proprio dalla sua bocca che tutti hanno scoperto come una nota poesia di Carducci può diventare “Fratelli d’Italia” di Mameli
Roma, febbraio
E' sempre il Mike che adoravamo quindici anni fa: esperto in gaffe, pignolo nella spiegazione, felice davanti al concorrente spaventato, gloriosamente e sanamente ignorante. A Moustaki ha chiesto se i peli bianchi della sua barba erano bianchi "perchè faceva una vita dissipata". Agli spettatori ha spiegato che Sabina Ciuffìni sì che era in gamba, addirittura matricola a filosofìa: «Credete sia una valletta qualunque? Nossignori, è una studiosa di filosofia, capito? Una vailetta filosofa, colta, istruita... Non come una volta», dando così delle bestie alle sue antiche collaboratrici. Ha introdotto il pubblico ai misteri di un quiz da asilo d’infanzia come se si fosse trattato della Divina Commedia ridotta in puntata per il video. Nel corso del gioco, fatta una domanda importante, ha preceduto il concorrente che stava per aprire bocca e ha letto trionfalmente la risposta, brontolando: «...nessuno al mondo è perfetto». Poi nella prima puntata non puntata, quella di prova, ha confuso — lui e i suoi esperti — una poesia di Carducci, "Piemonte”, con l’inno di Mameli: voleva che si trattasse di "Fratelli d’Italia" a tutti i costi.
D’altra parte, questo è Mike Bongiomo. Se non fosse così non sarebbe più lui. E forse proprio per questo, alla gente sotto sotto piace ancora. Inutilmente Achille Campanile dice una delle sue geniali battute: ormai Bongiomo è soltanto una forma di saluto. Il Mike ha ancora le sue quotazioni, perfino tra i collezionisti di autografi che danno tre Mike per un Riva, dicci Mike per un Morandi, venti Mike per una Mina.
Siamo andati a trovarlo e gli abbiamo fatto una serie di domande. Signor Bongiorno, perchè questa trasmissione? Come pensa che questo tipo di divertimento possa di nuovo fare centro sul pubblico?
Sia chiaro che non abbiamo affatto l’intenzione di rinverdire le glorie di "Lascia o raddoppia?”. Quello è stato un caso a sè, qualcosa che non toma più. Adesso ci presentiamo con una formula abbastanza rinnovata, ma che nella sostanza è sempre gioco informativo, occasione per cimentarsi e imparare insieme, un modo piacevole per apprendere cose che non si sapevano o non si ricordavano più.
lo ero scettico, veramente, sul possibile successo di un gioco a quiz. Ma ora non più. Anzi, sono preoccupato dalla risonanza che sta avendo. Vede i titoli dei giornali? Vede la posta che già mi arriva? Stiamo andando incontro a un boom pazzesco. Insomma, mi sembra che se ne stia parlando anche troppo. Le mode cambiano. I gusti del pubblico hanno dei cicli. Passano vent’anni, e tornano a piacere le cose di una volta. Adesso è passata la piccola follia, la superficialità, la smania di divertirsi col semplice varietà o con i quizzini da quattro soldi. La gente ora vuole qualcosa di più impegnato. Guardi anche le canzonette, che testi più seri e riflessivi si scrivono.
«Potrei fare il regista»
Anche i giovani, che sono quelli che dettano legge in fatto di gusti, non sono mica strani, superficiali e disinteressati come si crede, sa. Sono loro che hanno dimostrato un incredibile interesse per la trasmissione. Scrivono, vengono, si offrono come concorrenti. Tutti i provini fatti finora sono di giovani. Il professore, il signore di mezz'età, che sono i classici concorrenti e i più affezionati spettatori dei giochi a quiz, facciamo fatica a trovarli. Ed è bello sentir parlare questi giovani, fa piacere sentirgli dire cose incredibili. Ad esempio, i soldi che possono guadagnare. Una volta volevano vincerli per comprarsi la macchina. Adesso magari per potersi pagare un viaggio in Sud-America. dove hanno interessi politici o artistici. Non è straordinario?
Lei è stato il primo divo televisivo italiano. E’ sulla breccia da oltre quindici anni. La sua fortuna è legata alla fortuna dei giochi a quiz. Se il successo dei quiz tramonta, lei cosa fa?
Faccio qualcosa d’altro. Il mio mestiere non è improvvisato, l’ho imparato per bene in America e ho imparato tante cose. So fare il giornalista. il regista, l’intervistatore. Come regista, anzi, sono molto adatto, perchè sono preciso e pignolo. Ma non mi interessa. Mi piace il mio mestiere e non vedo perchè dovrei smettere. Il quiz non tramonta mai, perchè il desiderio di sapere non può tramontare mai.
«Piaccio ai ragazzi»
E’ un’epoca, questa, in cui rapidamente si bruciano i miti, le mode, i divi. Lei è rimasto sempre uguale. Non è pericoloso?
Essere un divo mi piace, e a mantenere intatto il mio successo presso il pubblico sto attento. So benissimo che sono stato fortunato, e cerco di meritarmi questa fortuna, di non diventare antipatico, di non dire o fare cose che al pubblico possano dispiacere, di non cambiare insomma. Nel successo io ci sono cascato dentro senza accorgermene, e quando me ne sono reso conto non facevo più in tempo a cambiare faccia e a mettermi a recitare una parte. Così sono rimasto quello che ero, cioè me stesso. E’ stata la mia fortuna.
Però mi sono aggiornato. I vestiti, ad esempio. Quando ho esordito in TV avevo giacche lunghe e larghe, all'americana, un po’ pacchiane. Col tempo ho imparato anch’io a distinguere ciò che era elegante da quello che non lo era. Poi ho incontrato mia moglie, che mi ha aiutato a scoprire i colori, a vestirmi in modo moderno, divertente, giovane. Guardi questa collana qui. Una volta mi sarei vergognato come un matto a portarla al collo. Adesso lo faccio e mi piace. Sui giovani fa colpo questo.
Quando arrivo a una manifestazione, loro sono i più prevenuti. Ma poi vedono questa bella moglie che ho, i vestiti che indosso, e mi accettano come uno dei loro.
Sono importanti i giovani, è a loro che bisogna piacere. Io ci riesco, perchè di mentalità non sono invecchiato. E poi faccio sport, mi aggiorno, cerco di rinnovarmi. Funziona, questo, sa. Altro che se funziona! Infatti l'Italia è piena di personaggi. La concorrenza esiste. Ma la pubblicità — che è il metro di misura delle quotazioni di un individuo — mi utilizza in continuazione. Questo significa che io so vendere, la gente mi ascolta e mi segue: lo sfruttamento di me stesso è appena cominciato. Di calo — per ora — non se ne parla nemmeno.
Sergio Battaglia, «Tempo», 21 febbraio 1970
Mike Bongiorno tu sei la mia Patria
Una volta dissero a Mina che se si fosse messa una torre in testa sarebbe stata identica all'Italia dei francobolli: e avrebbe potuto rappresentare nel nostro cuore il nostro Paese con maggior verità e maggior lirismo di quella signora un po' corrucciata. Io. se potessi, il torrione che simboleggia l’Italia guerriera («Vedo le mura e gli archi e le colonne e l’erme torri degli avi nostri ») lo metterei in testa a Mike Bongiorno. Forse non farebbe un* gran bel vedere, sospeso in bilico sopra gli occhiali a mezz’asta e il sorriso fuligginoso di Mike. Ma non so immaginare, tirato il bilancio di un ventennio «rosa ». un personaggio che ci rappresenti con maggior fedeltà, maggior coerenza e anche con maggior, commozione di questo. Se dovessi allineare una galleria di italiani-italiani, ci metterei Amedeo Nazzari e Claudio Villa. Ma nessuno, neppure loro. ci fotografa c ci riassume come quest’uomo che in fondo italiano lo è per tre quarti.
A prima vista Bongiorno sembrerebbe l’antitesi del nostro mondo. Che cos’ha in comune con noi? È un rigoroso professionista in un Paese di improvvisatori; è quasi totalmente privo di fantasia in una terra di estrosi genialoidi; si impose, intorno al 1954. con una rubrica Arrivi e partenze, perché (data la sua origine americana) sapeva l’inglese, lingua che da noi spesso non sanno neppure coloro che traducono dall’inglese. Questo giovane presentatore portava un bagaglio di preparazione. di mestiere, di serietà sul lavoro del tutto estranei alla nostra cultura e si sarebbe detto perciò che il pubblico dovesse preferirgli i tanti volonterosi ragazzi che sparavano mitragliate di gaie sciocchezze e usavano il microfono con la disinvoltura che sfoggia l’incantatore indiano quando maneggia il suo serpentone. E invece Bongiorno ha battuto tutti: è diventato un fenomeno nazionale, ha condizionato le nostre vite e. se non vi scandalizzate, io lo metterei, sempre con gli occhiali a mezz’asta e il ciuffo, nel Pantheon delle patrie glorie, accanto ai baffoni di Vittorio Emanuele II e al poncho di Garibaldi. Ma perché dunque?
Perché Bongiorno siamo noi. Con un'astuzia che sembra travalicare il personaggio. forse grazie all’istinto di un vigoroso animale da palcoscenico. Bongiorno ha capito ch’egli doveva offrire al pubblico un’immagine speculare del pubblico stesso. E da sedici anni Bongiorno gaio, festoso, patetico, indifeso, stupefatto, ignorante, angosciato, costernato, come lo siamo noi di fronte alla vita di tutti giorni. Lascia o raddoppia e il Rischiatutto sono un solo lunghissimo romanzo d’appendce a puntate, in cui sono passai tutte le sfumature dell’italiane dell’Italia: un Decameron bonario, una Commedia umana senza graffi, un Cuore a cui nei momenti di maggior patetismo, con imprevista scaltrezza Bongiorno imprime il colpo di timone di una trovata ironica. Chi volesse raccontare gli italiani dagli anni Cinquanta agli anni Settanta farebbe bene a sobbarcarsi l'immane fatica e di rivedere quelle due o trecento puntate: come fanno gli studiosi che vanno a scoprire nei particolari dell’abbigliamento, nei modi di mangiare, nelle borchie dei mobili i segreti delle epoche passate. In quelle centinaia di trasmissioni punteggiate da cabine, segnali luminosi, pupazzetti dai capelli dritti, colpi di scena c’è l’Italia che abbiamo vissuta, un ritratto più fedele forse di quello della politica e della letteratura. Non a caso i personaggi come la Bolognani, Degoli, Marianini, Inardi, Marilena Buttafarro sono rimasti famosi. Erano i pupi di questa inimitabile opera di Bongiorno dove la vittoria spetta sempre al più forte e al più leale, come nelle canzoni di gesta vere, se voi ci state attenti, in questi personaggi ci scoprirete quello che siamo stati e quello siamo: il brivido di motorizzarli con la prima «600 », le corse alle spiagge negli anni del boom, i capelloni, i viveurs e le ingenue, la maliziosa provincia e la tentatrice città. Quando quindici anni fa fu rivelato che la campionessa Bolognani era una figlia illegittima, l’Italia fu sconvolta da un dramma analogo alle due orfanelle.
Di questo immenso romanzo feuilleton, di questo magnifico fumettone che riabilita l’arte popolare in un Paese di avari, elzeviri, dobbiamo essere grati a Bongiorno. Lui è il cantore di questa epopea, lui il demiurgo, lui è noi: lui è l'Italia, anche se ha la colpa di sapere l'inglese. Mike Bongiorno, tu sei la mia Patria.
Guido Gerosa, «Epoca», anno XXIII, n.1153, 5 novembre 1972
Riferimenti e bibliografie:
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Enrico Roda, «Tempo», 1956
- «Gazzetta del Popolo», 8 aprile 1956
- Enzo Biagi, «Epoca», anno VII, 1956
- «Le Ore», anno V, n.222, 10 agosto 1957
- Sergio Battaglia, «Tempo», 21 febbraio 1970
- Guido Gerosa, «Epoca», anno XXIII, n.1153, 5 novembre 1972