Anna Magnani, l'egiziana che parla il romanesco

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Giorni fa, in una di quelle colazioni che capitano a Roma, ci trovammo tra una marchesa della più ortodossa aristocrazia nera e Anna Magnani. La nobildonna dimostrava il suo compiacimento chiedendo ad alta voce all'attrice un’infinità di particolari sulla vita del teatro. La Magnani rispondeva con molta pazienza, prestandosi al gioco d’esibizione dell’altra. Alla fine si stancò, e allora disse semplicemente: «Ma, cara marchesa, perchè mi fa tante domande se a lei di queste cose non gliene frega niente?».

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Rare sono le attrici che, fuori delle scene siano personaggi a se. In genere si trascinano dietro ombre di parti e brandelli di battute, fanno con salse artificiali i più tremendi pasticci fra teatro e vita, e la loro frequentazione umana del de. Non così Anna Magnani. La quale nasce, come grande attrice, da cinque anni di rigorosa astinenza dalle scene dopo il matrimonio, mentre il suo teatro è frutto d’una applicazione cosciente che la porta a salire il palcoscenico per essere in un certo voluto modo e a scenderne per tornare la persona che è, dai tratti naturalmente marcati, conte un personaggio. Per questo le sue parti sono tanto vere. L’arte della Magnani, come ogni cosa autentica, si fonda e si modella sul segno del distinguere. Questo è certo.

Accade così che quest’attrice « romana», che ha avuto in omaggio la famosa cassetta del trucco di Ettore Petrotini e ha ereditato parte dello spirito di lui; che non può traversare Trastevere o Testaccio senza tirarsi dietro « regazzini» ammiranti, non sia affatto di Roma. E’ romagnola d’origine e ha vissuto Ano a sedici anni in Egitto, dove è stata educata in un ambiente di lusso internazionale, che non ha niente a che vedere con la parlata romanesca e col « popolo». (Il quale, però, non la sente meno sua. Tant’è vero* che l’estate scorsa, quando lei stava per morire e ci voleva una trasfusione del sangue, fu proprio un operaio romano a presentarsi per primo alla clinica, ancora in tuta di lavoro.

Offri il braccio, ma voltava gli occhi dall’altra parte, intimidito.

E così questo Petrolini in gonnella, che sulle scene «dice le parolacce», è donna castigatissima e sentimentale; ama gli abiti dell’800 e quando è sola in casa suona sul suo Beckstein da concerto Scarlatti e Beethoven. Nel tempo stesso è capace di cucire un paio di pantaloni e far bene le pulizie domestiche, senza scomodare per questo i fotografi delle pagine di varietà.

Non si vorrebbe tuttavia accreditare un clichè opposto. Perchè la Magnani, per esser femminile, è non meno impetuosa e lingua pronta, senza che nessuno possa metterla in soggezione. Tempo fa fu invitata, insieme a Fabrizi, al Quirinale per assistere a una visione del suo film Roma, città aperta. Il pensiero di chi invitava era certo gentile, ma la proiezione si dimostrava scadente, fatta con un vecchio apparecchio da campo traverso il quale la colonna sonora rumoreggiava stranamente. La Magnani trovò la cosa insopportabile e a un certo punto lo disse cosi al Luogo-tenente, aggiungendo che non c’era ragione che continuassero tutti a sacrificarsi per assistere a quello strazio; piuttosto, se ne aveva piacere, lo avrebbe fatto invitar lei altrove. Così fece, e il Luogotenente, si recò a vedere il film nello studio della «Fono Roma».

«Andiamo a vedere la rivista con la Magnani», si dice. Quale sia la rivista, non importa. C’è lei che la tiene su. Sembra tutta roba sua e lei tagliata per quello. Eppure si rivelò prima attrice con la prosa e con opere di gusto letterario quali La foresta pietrificata e Anna Christie. E al teatro di prosa pensa sempre, appena può lo fa, comunque lo studia, convinta di poter imporre un giorno i suoi gusti.

Ma per il momento deve fare la rivista, perchè troppa gente vuole così. Ma sempre teatro è, e va fatta sul serio : l’ho veduta in veste di capocomica con Enrico Viarisio e Camillo Pilotto alle prove di Sono le dieci e tutto va bene, che va in scena a Roma in questi giorni, e posso dire che fa il capocomico davvero, senza troppi riguardi per i suoi celebri compagni, ma neanche per se stessa. Tanto che il debutto è stato rinviato di due giorni per prove supplementari.

Infine il cinema: il successo di Anna Magnani in Roma, città aperta è stato tale, che ha risuonato in Francia, in Inghilterra e in America. Di là isono arrivate offerte ma, diversa dalle altre, lei non ci s’è buttata sopra. Forse andrà oltreoceano, ma solo per fare una parte in un determinato film, tratto da un romanzo americano che le piace molto. Più prossimo è il suo viaggio a Milano. Non so se verrà con o senza accento romanesco; certo con la sua giovane bassotta di pelo lungo, che si chiama Ma va', le va sempre dietro e non abbaia mai.

Ne ha anche un’altra, Lula (i bassotti della Magnani sono famosi a Roma almeno come quelli di Manlio Lupinacci), ma è vecchia, tutta bianca e sta sempre in casa.

Anna Magnani è una delle pochissime donne che stanno bene spettinate, coi capelli sugli occhi. Ma non ce li mette lei: ci vanno da soli. appena esce dal parrucchiere.

Aldo Bizzarri, «L'Europeo», anno II, n.13, 31 marzo 1946


L'Europeo
Aldo Bizzarri, «L'Europeo», anno II, n.13, 31 marzo 1946