Il diavolo nel cinematografo

Censura


L’83% dei film giudicato immorale dalla commissione ecclesiastica.

Roma, marzo

I cattolici hanno deciso di muoversi anche sul terreno pratico e organizzative per moralizzare il cinematografo. Secondo essi, particolarmente in questi ultimi tempi, il cinema ha segnato un grave regresso dal punto di vista della morale, cioè della morale cattolica. La Commissione ecclesiastica di revisione dei film ha esaminato nei primi sei mesi del 1949 duecentosettantasette pellicole di varia nazionalità; su tale cifra ben duecentodiciassette film, vaie a dire l’ottantatrè per cento, sono stati giudicati «pericolosi e cattivi». Questa definizione fa data nel 1936 da Pio XI nell'Enciclica «Vigilanti Cura», ove dice: «L'efficacia delle nostre scuole, delle nostre associazioni cattoliche ed anche delle nostre stesse chiese viene menomata e messa in pericolo dalla piaga delle cinematografie pericolose e cattive».

Fino ad oggi i cattolici avevano cercato di correggere e guidare in senso morale la produzione dei film attraverso segnalazioni, conferenze, articoli, convegni e istituti come quello americano della Legione della Decenza; ma tutte queste cose, che senza dubbio hanno dato i loro frutti, non bastano più da sole a far avanzare il cinema sulla strada della moralizzazione. La prova è appunto nella statistica che abbiamo citata. La guerra e tanti altri motivi hanno certamente influito al regresso morale dei film, e i cattolici ritengono che il momento di passare ad un’azione più efficace e pratica sia arrivato. Perciò hanno costituito in questi giorni un’associazione presieduta da Igino Giordani e che si chiama precisamente Unione cinematografica internazionale fra cattolici.

Il programma di questa Unione è già indicato nella Enciclica di Pio XI. «E’ una delle necessità supreme dei nostro tempo vigilare e lavorare perchè il cinematografo non sia più scuola di corruzione, ma si trasformi. Il problema delle pellicole morali sarebbe risolto alle radici, se si potesse avere una produzione cinematografica pienamente informata ai principi della morale cristiana». Su queste e altre indicazioni dell’Enciclica, l’UCIC si è preventivamente procurati tutti gli appoggi e gli aiuti necessari allo svolgimento graduale del suo programma, che è così formulato:

  • 1) Pubblicazione di un bollettino di informazioni cinematografiche redatto in tre lingue e che uscirà tre volte al mese.
  • 2) Costituzione delle seguenti associazioni cinematografiche internazionali fra cattolici:
     a) editori, giornalisti e critici;
     b) produttori, registi, attori e tecnici;
     c) noleggiatori e gestori di sale cinematografiche;
     d) industriali e commercianti apparecchiature cinematografiche e affini;
     e) Cineamatori.
  • 3) Preparazione di un centro di studi e propaganda cinematografica cattolica e di un centro sperimentale di cinematografia cattolica.
  • 4) Cooperazione con tutti i suoi organi, allo scopo di promuovere attività intese a realizzare concretamente i principi dell’Unione, nonché assistere quelle imprese commerciali, industriali o  editoriali già esistenti, che, nello svolgimento del loro lavoro, intendessero affiancare l'opera dell’UCIC.

Non avremmo dati per intero gli articoli e i commi del programma di moralizzazione cattolica del cinema se l’Unione avesse avuto il carattere generico o platonico della maggior parte delle associazioni in ogni campo. Siamo invece di fronte a qualcosa di diverso, e del resto tutti sanno quanto fervore, quanta tenacia e combattività i cattolici mettono da alcuni anni nelle loro organizzazioni. Benché l’enunciazione dello statuto e del programma di questo nuovo ente moralizzatore sia avvenuta, con l’intervento di ministri, deputati e senatori della Democrazia Cristiana, in una nuova trattoria romana di stile tirolese, l’iniziativa è di quelle che potranno far sentire il loro peso nella vita cinematografica. I cattolici hanno preso gusto a queste cose, sia nel campo politico come, adesso, in quello industriale. Essi intendono ormai influire sulla stessa produzione dei film, non più soltanto sul
pubblico che va a vederli.

La difesa della morale nel cinema è stato sempre per i cattolici un problema preoccupante, perchè si tratta di un genere di spettacolo che interessa milioni di persone ogni giorno. Centinaia di milioni di persone frequentano le centomila e più sale cinematografiche attualmente esistenti nel mondo cristiano e i cui incassi annuali si calcolano in centinaia di miliardi. Aiutato dal grande sviluppo della televisione, il cinema entrerà presto nell’interno stesso delle famiglie. I tecnici americani della Commissione federale per le comunicazioni assicurano per il ’52 l’esistenza nei soli Stati Uniti di oltre trecentocinquanta stazioni trasmittenti televisive, con oltre sette milioni di apparecchi riceventi. La forza di espansione del cinema si va dunque sviluppando in proporzioni sempre maggiori e con essa anche una forza di suggestione psicologica che non può lasciare indifferenti i custodi della morale cattolica. La Commissione ecclesiastica ha stabilito che oltre il sessantacinque per cento dei film revisionati in dieci anni è da considerarsi del tutto immorale o moralmente pericoloso.

Con la istituzione dell’UCIC i cattolici vogliono affrontare concretamente il problema, cercando di inserirsi nel meccanismo della produzione industriale dei film. Da questo punto di vista la parte del programma che riguarda i noleggiatori e i gestori di sale cinematografiche, i quali praticamente orientano la maggior parte della fabbricazione dei film, assume una importanza non trascurabile. Tuttavia l’ultima parola spetta sempre al pubblico. La moralizzazione dei film va benissimo in linea di principio; in pratica bisogna vedere come si risolve. Potrebbe risolversi malissimo agli effetti artistici e spettacolari, o comunque in modo da allontanare il pubblico, ciò che non sarebbe gradito nè ai noleggiatori nè ai gestori, per quanto cattolici. Se su duecentosettantasette film la Commissione ecclesiastica ne ha passati per buoni solo sessanta, come dicevano, non pare molto facile poter applicare alla produzione cinematografica una morale tanto severa.

Gino Visentini, «L'Europeo», anno VI, n.12, 19 marzo 1950


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Gino Visentini, «L'Europeo», anno VI, n.12, 19 marzo 1950