Circoli e censura

Censura


Circoli e censura

Due divieti, susseguitisi a brevissima distanza di tempo l’uno dall’altro, hanno richiamato l’attenzione sul problema dei circoli del cinema, cioè sulla loro funzione nell’ambito della cultura. I fatti, almeno nelle loro linee generali, sono noti. Domenica 22 febbraio funzionari della Presidenza del Consiglio — Direzione generale dello spettacolo — vietavano al circolo di cultura cinematografica “Charlie Chaplin” di Roma la proiezione del film sovietico La vittoria del popolo cinese di Varlamov. Analogo divieto venne fatto l'8 marzo successivo, sempre al medesimo circolo, nei riguardi di Topaze di Marcel Pagnol. Nel primo caso il motivo addotto a giustificazione del provvedimento fu il seguente: «Il film risulta sprovvisto di nulla osta di censura». Per quanto riguarda Topaze, invece, sembra che il divieto fosse dovuto a una mancata comunicazione alla Questura centrale da parte della Presidenza del Consiglio.

I dirigenti del circolo e quelli della FICC, ravvisando nei due provvedimenti citati un attentato alla libertà di cultura sancita dall’art. 17 della Costituzione, hanno immediatamente protestato presso gli organi competenti, ma senza ottenere alcun risultato positivo. Essi, tra l’altro, si sono appellati a quanto il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Giulio Andreotti, ebbe a dichiarare al Senato il 29 aprile 1950, e cioè che i circoli del cinema, avendo un fine positivo di informazione e di formazione della cultura cinematografica, «sono di per sé autorizzati a non sottostare agli obblighi imposti per i pubblici spettacoli ove si mantengano nei precisi limiti che danno loro il carattere di privato organismo». Tali dichiarazioni vennero implicitamente confermate dallo stesso on. Andreotti nella circolare, mai abrogata, del 14 luglio 1951. In essa in fatti si consente ai circoli del cinema di proiettare film sprovvisti di nulla osta di censura purché ne sia trasmessa relativa notifica alla Presidenza del Consiglio.

Stando cosi le cose, il circolo “Charlie Chaplin” ha ritenuto opportuno, per una ulteriore chiarificazione del problema, di promuovere un referendum tra i critici e i giornalisti cinematografici, invitandoli a esprimere il loro parere in proposito. A essi critici sono state poste le seguenti domande:
1) Cosa pensa intorno al divieto di proiezione dei film La vittoria del popolo cinese e Topaze?;
2) Ritiene che esso sia lesivo alla libertà di cultura?;
3) Ritiene che i cineclub abbiano diritto di proiettare tutti quei film che ritengano opportuno, essendo essi enti culturali a carattere privato?;
4) Ritiene che la proiezione di film i quali abbiano valore di informazione e documentazione su persone o avvenimenti storici di interesse generale rientri nell’àmbito di una attività di diffusione della cultura?;
5) Quali azioni ritiene opportune per garantire la libertà della cultura nel campo specifico dei cineclub?

Tra le molte risposte pervenute alla segreteria del circolo, scegliamo alcune tra le più significanti o comunque indicative di una tendenza, una presa di posizione rispetto all’attività stessa dei cineclub. Ovviamente tutti i critici sono per la libertà della cultura, per il rispetto dei diritti del cittadino garantiti dalla Costituzione. I contrasti nascono quando si tratta di interpretare, cioè di rendere viva e operante questa libertà. A esempio per i critici marxisti Ugo Casiraghi e Lorenzo Quaglietti i due divieti non hanno giustificazione di sorta, sono nient’altro che un attentato odioso alla libertà della cultura. Scrive il Casiraghi : «Vietare a un cineclub di proiettare un film è come proibire a un museo di esporre un quadro o a una biblioteca di tenere un libro. E’ un controsenso, una cosa contro natura». Non meno esplicito è il Quaglietti : «A mio parere non esiste libertà se non quando di tale suo inalienabile diritto l’uomo possa usufruire nella pratica. Nel campo della cultura il godimento effettivo della libertà si identifica ovviamente con la possibilità di informazione e di documentazione».

Nessun dubbio sull’ingiustizia del provvedimento ha Callisto Cosulich il quale ritiene «che i cineclub abbiano il diritto di proiettare qualsiasi film qualora tengano fede ai principi fondamentali sanciti dallo statuto-tipo adottato dai circoli del cinema della FICC». Dello stesso parere è anche Giulio Cesare Castello : «Penso, ovviamente, che il divieto costituisca una violazione dei diritti da tempo riconosciuti ai circoli del cinema e, in senso più largo, una spiacevole menomazione della libertà della cultura». Di diverso avviso si dimostra invece Nino Ghelli. Egli, dopo aver precisato che il divieto riguardante Topaze «è da attribuirsi a un disguido meramente burocratico» afferma che una questione d’ordine generale si pone soltanto per La vittoria del popolo cinese. Arturo Lanocita evita di pronunziarsi perché non ha visto i due film. Secondo lui il provvedimento è ingiusto se essi «hanno valori culturali». Perciò conclude con una domanda: “Ma ne hanno?” Infine ecco il parere di Gaetano Carancini: «Non scuso ma posso spiegarmi il divieto di proiezione del film La vittoria del popolo cinese, ma quello che riguarda Topaze è assurdo oltre che ridicolo».

Il problema principale, dunque, è il seguente: hanno i cineclub il diritto di proiettare tutti i film, siano essi provvisti o no di nulla osta? A questa domanda logicamente ne segue un’altra: chi deve stabilire se un film è di interesse culturale? La Presidenza del Consiglio — Direzione generale dello spettacolo, — o i cineclub? Perché, evidentemente, quando si parla di tutti i film si intende i film di interesse culturale «altrimenti», come scrive il Lanocita, «sarebbe lecita anche la presentazione dei film “cochon” ». La citata circolare dell’on. Andreotti pareva concedere tale facoltà ai circoli. I due divieti di cui è stato oggetto il “Charlie Chaplin”, invece, fanno sorgere il sospetto che si voglia pratica-mente sabotare quella concessione. Questo stato di cose, e gli equivoci che ne sono la naturale conseguenza, fanno sentire più che mai viva la necessità di una definitiva regolamentazione dello status giuridico dei circoli. Perché fino a quando si va avanti a furia di circolari e di concessioni si lascia libero il campo a tutti gli arbitri. Occorre perciò che la questione venga portata in Parlamento per una sua definitiva e chiara sistemazione. Su tale punto tutti i critici interpellati si sono dimostrati sostanzialmente d’accordo.

«Cinema Nuovo», 1 giugno 1953, pagg.327-328


Cinema Nuovo
«Cinema Nuovo», 1 giugno 1953, pagg.327-328