Fred Buscaglione teme di svegliarsi con la voce limpida

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Tra gorgheggiatori all’italiana e “urlatori”, Fred Buscagliene è arrivato al successo cantando storie folli di manovali rubacuori e ragazze infernali dalla pistola facile.
Cinque anni fa. Gino Latilla girava per le redazioni dei giornali con un pacco di fotografie e qualche disco. «Fate qualcosa per il mio amico Fred», pregava e non potete immaginare quanto è bravo e quanto è simpatico.» Per non apparire sgarbati, tutti gli promettevano di ascoltare quei dischi e davano un’occhiata a quelle foto, che riproducevano un uomo dalla faccia stravolta, i capelli sugli occhi ed i baffi da rivoluzionario messicano. Ma nessuno era disposto a far qualcosa per il suo amico Fred.

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Paziente, Latilla spiegava perché si occupava tanto dell'amico Fred. Una sera, in un locale notturno di Torino aveva bevuto tanto da non saper più contare correttamente fino a dieci. Uno sconosciuto lo aveva accompagnato a casa e, poiché Latilla. come capita, era diventato tristissimo, gli aveva detto: «Adesso ti faccio sentire qualcosa che ti tirerà su di morale, fratello». Si era messo al pianoforte ed aveva incominciato a cantare con una voce impossibile da alcoolizzato all’ultimo stadio: «Son Tchùmbala-bey - l’illuso, il folle Tchùmbala-bey -il folle cavaliere - che per la steppa va». Di colpo a Latilla era passata la sbronza. Chiese che canzone fosse. «Ah, è roba mia», disse lo sconosciuto, «cioè mia è la musica, le parole sono di un avvocato che conosco.»

Era l’epoca d’oro di Ballata selvaggia, la gente aveva appena scoperto Frankie Laine, il pioniere degli «urlatori». Latilla inserì Tchumbula-bey nel suo repertorio, la cantò o meglio la urlò alla Frankie Laine e in pochi mesi ne foce un successo. Nessuno faceva caso agli autori, il cantante-fantasista Fred Buscaglione e l’avvocato commercialista Leo Chiosso. Solo Latilla sapeva che quella curiosa coppia aveva composto anche altre canzoni, motivi folli tra il jazz e la banda di paese, con parole incredibili: «Porfirio Villarosa, manovale alla Viscosa, ovvero drammatica storia di un rubacuori periferico» e «Signora, mi parli del petrolio, onero dichiarazione d’amore a matura miliardaria in possesso di pozzi e raffinerie».

Ma c’era una sola persona capace di interpretare quelle incredibili stornellate: Fred Buscagliene, con la sua voce arrochita. Lui la chiama addirittura «non voce». Nei locali notturni, dove si esibiva con un complessino, si azzardava timidamente a cantarle verso le due di notte. I clienti applaudivano entusiasti, ma Fred non sapeva se fosse l’euforia dell’ora e degli alcòlici o autentico successo. Forse non era successo: Latilla riuscì a fargli avere delle trasmissioni alla radio, a metà pomeriggio, nelle ore di minore ascolto. Le canzoni pazze di Fred non ebbero nessuna eco.

Adesso, cinque anni dopo, sono bastati due spettacoli alla televisione, perché il pubblico scoprisse Fred Buscagliene. Un successo così clamoroso lo aveva avuto soltanto Renato Carosone. Eri piccola cosi, Ho il whisky facile e Teresa non sparare sono tra i dischi più venduti del momento.

Buscaglione è nato a Torino trentotto anni fa. Ha cominciato a studiare il violino a sci anni, ma ha dovuto smettere a quindici per guadagnai si da vivere. Ha fatto di tutto, il pellettiere, il decoratore. l’odontotecnico. Durante la guerra, in Sardegna, per farsi esonerare dal servizio dr guardia, formò un complessino di militari: fu cosi che trovò la sua vera strada. Finito il conflitto, cominciò a girare l’Europa, suonando un po’ dappertutto. Il suo sogno era andare in America, ma non ci riuscì mai: la somma per il viaggio era sempre proibitiva per lui. Nel ’48, a Casablanca, conobbe una giovane trapezista araba, Fatima Robin’s, che si esibiva in un circo. La rapi come nei romanzi e scappò con lei, inseguito dal padre e dagli agenti dell’Interpol. Quando lo agguantarono era tardi: l’aveva già regolarmente sposata. Fred è un uomo pacifico, innamorato della moglie, incline alla malinconia. Ma in pubblico deve apparire tutto diverso: «bruciato», perverso, dedito all’alcool e magari a qualcosa di peggio. Prigioniero del suo personaggio, deve fumare in continuazione sigarette Caporal per «tenersi la gola rovinata». Il suo terrore è svegliarsi una mattina con la voce bella, fresca e limpida.

Giorgio Berti, «Epoca», anno X, 12 aprile 1959


Epoca
Giorgio Berti, «Epoca», anno X, 12 aprile 1959