Giovanna Ralli: la mia carriera va a gonfie vele
Dopo aver interpretato “Era notte a Roma", Giovanna Ralli ha iniziato "Viva l'Italia", un nuovo film di Rossellini di cui sembra diventata l’attrice prediletta. È forse questo il più chiaro segno del successe che corona, dopo dieci duri anni, la sua camera
Perchè ha scelto la carriera d'attrice?
Per bisogno. Almeno in principio è stato cosi. Erano tempi molto difficili: la mia famiglia attraversava allora un momento terribile, mia .madre era gravemente ammalata, mio padre era sull'orlo della miseria, io cercavo affannosamente un lavoro. MI offrirono di recitare e mi dettero in cambio dei soldi. Accettai senza entusiasmo solo perché non conoscevo un altro mezzo per procurarmi del denaro. La vocazione, la fiamma divina dell’arte sono tutte storie, secondo me. L'entusiasmo per me è venuto dopo, quando ho ottenuto i primi modestissimi successi, quando il cinema ha perduto il sapore di una fuggevole avventura e si è trasformato ih un lavoro molto serio, che impegnava a fondo tutte le mie risorse. Ora non saprei più farne a meno. Se mi offrissero un ruolo interessante in un film sprovvisto di capitali, mi permetterei il lusso di interpretarlo gratis.
Quanto ha guadagnato con la sua prima interpretazione?
Cinquanta lire. Ma si trattava di una prestazione- occasionale, che non aveva niente a che vedere con gli inizi della mia carriera. I tempi difficili erano ancora lontani! La mia famiglia godeva ancora di una discreta agiatezza. Il negozio di generi alimentari gestito da mio padre nel quartiere di San Giovanni era una piccola miniera d’oro. Io avevo cinque anni e frequentavo l’asilo infantile di Sant’Alessio, quando ebbi occasione di conoscere Vittorio De Sica. Egli stava realizzando uno. del suoi primi film come regista, I bambini ci guardano, e mi scelse con altre mie compagne per una particina secondaria che mi avrebbe impegnata per tre giorni. Non mi dettero un costume da scena, come avevo sperato, ma mi chiesero di indossare il mio solito vestito: gonna e pullover blu,, e camicetta bianca. Per girare, mi truccarono con uno spesso strato di cerone, che avrei dovuto togliere al termine delle riprese. Ma io preferivo tornare a casa con la faccia impiastricciata per darmi le arie da diva e fare invidia alle mie amiche. Il primo e il secondo giorno andò tutto bene: Poi la mia sottana, a pieghe si macchiò e fui costretta a portarla in tintoria. Al mattino successivo non era ancora .pronta e dovetti presentarmi sul ”set” con un abito diverso. Non avevo pensato che si doveva ripetere la scena dei due giorni precedenti, e che questo cambiamento non era ammissibile. Così venni cancellata da "cast" e rimandata a casa. Naturalmente in lacrime. E' fu questa, all’età di cinque anni, la prima avvilente umiliazione. della mia carriera.
Qual è stato il periodo più, difficile della sua vita?
Verso i tredici anni, quando sono passata da un’infanzia serena ad un’adolescenza irta di preoccupazioni e assillata dal bisogno di denaro. Erano gli anni del dopoguerra. Il negozio di mio padre era affollato di clienti assai modesti: gente del popolò, che aveva le case distrutte, dai bombardamenti, i parenti prigionieri o dispersi. Ogni massaia che faceva spesa da noi era un caso umano che ispirava pietà! Venne l’abitudine di ‘'segnare sul libretto” anziché pagare in contanti, e i crediti si accumulavano. Ma i fornitori dovevamo pagarli, si entrò così nel giro di cambiali che ben presto ci portò al fallimento. Molti esercenti fallivano per salvare, dal disastro almeno una parte del loro capitale; mio padre abbassò le saracinesche senza prelevare dal negozio nemmeno un dillo di fagioli secchi. É, proprio in quel periodo, mia madre, si ammalò. Doveva essere operata, ma prima bisognava curarla, e le medicine prescritte erano molto costose perché si vendevano soltanto a borsa nera. Vedevo papà che piangeva di nascosto e non potevo farci niente. All’età in cui ima ragazza sogna il primo amore, sognavo flaconi di penicillina.
Quali sono state le sue esperienze scolastiche?
La scuola non mi ha insegnato niente. Tutte le lezioni le ho avute dalla vita. Molte delle mie compagne che avevano continuato gli studi vivevano sotto l’incubo degli esami di maturità. Ne parlavano come di uno choc che affiora anche dopo molto tempo nei momenti di particolare depressione, con crisi di angoscia. Per me quell’incubo era semplicemente un lusso che non potevo concedermi. La mia crisi di angoscia, era la ricerca dì un lavoro che mi consentisse di quadrare il nostro bilancio disastroso. Venni assunta come "piccinina” dalla sarta che abitava di fronte a casa mia. La paga era una miseria, cento lire al giorno, ma in compenso imparai le basi di un mestiere che mi fu .molto utile in seguito. Per anni riuscii a sfoggiare una discreta eleganza confezionando da sola i miei vestiti con degli scampoletti d’occasione o con vecchi indumenti rimodernati. Ma poi la sarta dovette ridurre il personale, e restai di nuovo senza lavoro. Cominciai a rispondere agli annunci economici dei giornali, ma le mie lettere restavano senza risposta perché non possedevo un titolo di studio sufficiente per essere presa in considerazione. Una volta lessi che un certo locale del centrò cercava una ragazza con mansioni di guardarobiera. Mi presentai e venni subito assunta. Ma non in guardaroba. Dovevo girare per la sala vendendo sigarette. Cinque lire. Mi fornirono anche una divisa: grembiule celeste polsi e collettino di piquet inamidato. Mi vergognavo da morire a girare fra i tavoli dei clienti e così rimanevo sempre nascosta dietro una colonna e mi rifugiavo in cucina dove il cuoco, impietosito, mi regalava dei sandwiches. Papà veniva a riprendermi ogni sera, ma era sempre di cattivo umore perché non gli piaceva affatto il mio lavorò e detestava quell’ambiente. Così per accontentarlo, presentai la domanda per un posto di operaia in una grande e notissima fabbrica di dentifrici. Ma la risposta favorevole in cui avevo tanto sperato arrivò troppo tardi, quando ero già entrata come generica nella compagnia di Peppino De Filippo. Se avesse anticipato di una sola settimana, tutta la mia vita sarebbe stata diversa.
Giovanna Ralli all’età di tredici anni, quando, in seguito a varie traversie familiari, era stata costretta a cercarsi lavoro presso una sartoria, come ''piccinina" a cento lire al giorno. Lanciata da Peppino De Filippo, Giovanna Ralli è oggi uria delle nostre più affermate attrici. Nel '58 ha vinto la "Grolla d'oro".
Ritiene che la bellezza abbia influito in modo decisivo nella sua carriera d'attrice?
Prima di tutto non sono uno splendore. Non ho le curve aggressive di una vamp, la mia statura è abbastanza modesta, le mie misure sono alquanto scarse. Ritengo di essere una ragazza bellina e ben proporzionata come ce ne sono tante. Quando venni eletta Miss Latina, e poi Miss Lario, all'età di quindici anni, fui io stessa la prima a meravigliarmene. Ma si tratta di due episodi isolali che non ebbero mal un seguito e che non influenzarono minimamente la mia carriera.
Come è entrata nell'ambiente del cinema?
Frequentavo fin da bambina i teatri di posa romani perché mia sorella Patrizia, che ha due anni più di me, sosteneva saltuariamente dei ruoli come generica. Ebbe anche una particina di un certo rilievo nel film Senza pietà, insieme ad Aldo Fabrizi. Fu appunto Fabrizi che mi notò e volle presentarmi a Peppino De Filippo, il quale mi propose di entrare in compagnia con una particina di poche battute. Recitai così ne Piccolo caffè, col ruolo di una giovane fioraia. Durante le prove, vennero in teatro Alberto Lattuada e Federico Fellini. Stavano curando la preparazione del film Luci del varietà e cercavano otto ragazze piuttosto attraenti per un piccolo corpo di ballo. I due registi mi scritturarono con un compenso fisso di sessantamila lire; una cifra sbalorditiva, per me. Cominciammo subito le prove sotto i riflettori. Io avevo una paura dannata che mi scartassero perché ero bassina di statura, e facevo degli sforzi disperati per distendere i muscoli e allungare il collo. La ragazza che avevano messa al mio fianco era di altezza superiore alla media, e faceva sforzi ancora più disperati per rattrappirsi un po', stando con le spalle curve, il collo contratto. Capii subito che era a terra come me, e che quelle sessantamila lire rappresentavano anche per lei un colpo di fortuna. MI piacque proprio per questo e diventammo amiche. Si chiamava, a quel tempi, Sofia Scicolone.
È stata fidanzala almeno una volta? Ha intenzione di sposarsi?
Ho avuto un grande amore che mi ha dato gioie e stormenti, ma che valeva comunque la pena di vivere. Ora non ne resta che il ricordo. A distanza di anni mi sono innamorata di nuovo, e questa volta senza ansie e incertezze. Si tratta di un uomo meraviglioso. Certo ci sposeremo, ma dovrà passare del tempo. Su. questo argomento preferisco comunque mantenere il riserbo.
Come vive attualmente la sua famiglia?
Come una qualsiasi famiglia borghese. I miei sono persone di buon senso, semplici, tranquille, attaccate alle tradizioni. Mia sorella Patrizia si è sposata ed ha una bella bambina, Simona, Mia sorella Maria è studentessa dì lingue e, appena conseguita la laurea, si sposerà. Mio fratello Massimo è ancora studente di liceo. La mamma si occupa personalmente della casa. Papà si sveglia ogni mattina alle sei per recarsi ai lavoro. Non guadagna molto. Gli ho offerto tante volte la cifra corrispondente al suo stipendio, a condizione che abbandonasse l'Impiego, ma non ha voluto saperne.
Perché l'anno scorso ha accettato di interpretare la commedia musicale "Un palo d'ali”? Il cinema l'aveva forse delusa?
Non si tratta di questo. Garinei e Giovannini avevano creato per me il personaggio di "Sgaramaglia" ispirandosi direttamente alla tipica ragazza romanesca, spavalda ed impulsiva, che avevo interpretato tante volte sullo schermo. Quel personaggio mi piaceva immensamente, e mi somigliava un po'. In un certo senso, anche passando dal teatro di posa al palcoscenico, restavo sempre fedele al mio ruolo: fu un’esperienza molto interessante, per me. Se non altro, perché dovetti rivedere tutte le mie idee sul mondo torbido e peccaminoso del varietà! Quando tomai a casa al termine della tournée, mi sembrò di uscire da un educandato per fanciulle minorenni.
Ricorda l'episodio più imbarazzante della sua carriera?
Certo che lo ricordo. È accaduto l'inverno scorso, mentre lavoravo nel film i di Rossellini Era notte a Roma. Giravamo alcune scene in esterni nel vecchio, popolare quartiere di Tor Di Nona. Il regista e i suoi collaboratori, al centro della piazza, stavano eseguendo le prove delle luci inquadrando la, mia controfigura nel raggio del riflettori. Io stavo dentro la roulotte aspettando che venisse il mio turno: ero vestita da suora, come, richiedeva il personaggio, e ripassavo tranquillamente il copione. Devo premettere che per tutte le riprese di questo film Rossellini evitò di truccarmi, per dare al mio viso un’espressione di umana verità. Poco prima di essere chiamata sul set io scesi dalla roulotte e, con la sigaretta accesa tra le labbra, attraversai la piazza verso il bar di fronte, dove pensavo di ristorarmi con una tazza di caffè. Ero quasi sulla foglia del bar quando vidi pararmisi davanti un austero sacerdote, Il quale mi scrutò a lungo con aria perplessa o alla fino mi apostrofò severamente: « Sorella, sorella, in nome del cielo, un po' di modestia... Fumare così per la strada, in pubblico... non so cosa pensare, inaudito, Inaudito », E continuò por la sua strada scuotendo il capo, mentre io mi rifugiavo dentro il, bar con le guance avvampate dal rossore.
Qual è l'inconveniente più grave che le è derivato dal successo?
Dover rinunciare ad una vita normale. Dover pagare le grandi gioie e le grandi soddisfazioni di una carriera fortunata, sacrificando le piccole gioie e le piccole soddisfazioni che mi rendevano felice quando ero una ragazza qualsiasi. Io, per esempio, ho sempre tanta, nostalgia per il quartiere di San Giovanni dove sono cresciuta, ed in particolare per la tradizionale festa del rione nel giorno anniversario del santo protettore. Darei non so cosa per mescolarmi a quella gente e passare la serata in allegria cantando stornelli romaneschi. Ma non posso. Sarei immancabilmente seguita da un fotoreporter e la passeggiata sembrerebbe una trovata pubblicitaria.
È vero che ha avuto un flirt con Alberto Sordi? Se non è vero, come è nata questa voce?
Come nascono quasi sempre certe voci: da una fotografia accuratamente ritagliata, e commentata da un giornalista di pochi scrupoli. Nella fotografia, in origine, figurava un gruppo piuttosto numeroso: Fellini, la Masina, lo sceneggiatore Sonego con sua moglie, Sordi, io ed altri amici. Eravamo seduti all’aperto, in un bar di via Veneto, e prendevamo un aperitivo prima di recarci a pranzo insieme in una trattoria di Trastevere. La fotografia capitò in una redazione dove qualcuno si dette la pena di isolare con un colpo di forbici la coppia Ralli-Sordi, sfruttandola per lanciare l’assurda notizia.
Con quale criterio sceglie i suoi vestiti?
Modelli semplicissimi e pratici per il mattino, tolette sfarzose o complicate per la sera. E c’è una ragione: quando mi presento in pubblico sfoggiando un abito di gala sento che devo sostenere, una parte e curo con molta ricercatezza, non solo il vestito, ma il trucco e la pettinatura. Proprio come se fossi su una scena. Quando invece esco a passeggio o vado a lavorare, tengo soprattutto a sentirmi a mio agio, e muovermi con disinvoltura.
Fa ginnastica e segue diete speciali per mantenere la linea?
Ginnastica no. Sono troppo pigra e mi basta il movimento che faccio sul lavoro. Dieta, purtroppo, sì. Devo tenere d’occhio la bilancia e frenare il mio sano appetito. I miei pasti sono molto squallidi: carne ai ferri, verdura condita con solo limone, formaggi magri, succhi di frutta.
Qual è stata la prima soddisfazione che si è tolta da quando ha cominciato a guadagnare somme considerevoli con i suoi film?
Due anni fa ho comperato una splendida pelliccia di visone del valore di sei milioni. Ammetto di non essere stata molto originale, ma quello era il mio sogno. Dopo dieci anni di lavoro, credo di essermela meritata.
Qual è stato il periodo più felice della sua carriera?
Questo, decisamente. Rossellini mi ha chiamata per interpretare il suo terzo film, e una simile prova di fiducia da parte di una persona cosi autorevole mi colma d’orgoglio. In Viva l'Italia ho un ruolo interessante, con sviluppi psicologici molto complessi. Sono Rosa, un’umile contadina calabrese che, spinta dall’amore, abbraccia la causa del Garibaldini o s’infiamma d'entusiasmo fino a fare sacrificio della propria vita. Il personaggio, realmente esistito, appartiene alla storia,
Giovanna Ralli, «Novella», anno XLI, n. 30, 24 luglio 1960 (A cura di Noemi Lucarelli)
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Giovanna Ralli, «Novella», anno XLI, n. 30, 24 luglio 1960 (A cura di Noemi Lucarelli) |