Liana Orfei rifiuterà le "cattive occasioni"

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Liana Orfei, che sta per passare dal circo al cinema, ha tutte le doti delle "maggiorate fisiche”. Possiede però un temperamento e un’esperienza di vita ed arte che non le consentiranno di adattarsi a parti puramente decorative

Roma, gennaio

«Cominciarono con le telefonate — dice Liana Orfei. — Mi dicevano: lei è una bellezza, lei deve fare del cinema. Da principio risposi, ma poi non andai più al telefono». Quindi arrivarono delle lettere: in una forma più corretta, ripetevano gli stessi concetti. Ma nemmeno queste Liana prese sul serio. « Sarà Bagonghi — diceva — che si vuol divertire alle mie spalle ». Quella di combinare ogni sorta di scherzi, è un’abitudine degli artisti dei circhi equestri. Uno dei più soliti consiste nel telefonare: « Riservate un palco per l’ambasciatore di... » e poi, quando il palco è pronto, addobbato, il tappeto steso, ecco che si presenta Bagonghi con il seguito dei suoi buffoni. Ma al circo Orfei se ne ricordano di ben più atroci e di dispendiosi; una volta buttarono via fior di quattrini per un ordine, inventato, dell’ufficio d’igiene.

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LIANA ORFEI è nata in Emilia, a San Giovanni in Persiceto. E vi è nata durante una sosta della carovana in uno dei carrozzoni del circo. Liana è nipote del domatore Orlando Orfei.

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Finalmente, dopo le telefonate e le lettere, i registi e i produttori cinematografici cominciarono a farsi vedere di persona. Ognuno veniva con un’offerta, ognuno aveva la pretesa di essere stato il primo a "scoprirla”. E’ stato così che Liana Orfei, figlia di Pippo il famoso clown, nipote di Orlando il domatore, sorella di Nandino, il giocoliere, ha deciso di abbandonare il circo e di tentare la carriera cinematografica.

Con lei, il Circo Orfei perderà uno degli elementi più indiavolati, una specie di factotum, una Scaraniacai autentica. Scaramacai, nel gergo, significa "figlia di piccolo circo”. Dopo aver pronunciato questa parola, di cui va orgogliosa, Liana Orfei se ne pente subito. c Mi raccomando — dice — non la pubblichi sul giornale ». Ha paura che i suoi familiari e i suoi ex-colleghi si possano sentire offesi, ora che il Circo Orfei non è più un piccolo circo ma è diventato un circo importante, un "circo nazionale”, come c’è scritto sulle locandine e sugli affissi. Ma quando nacque lei, circa venti anni la, il telone era retto da una sola antenna, le pareti erano di legno, e suo padre ("tre medaglie, senza sapere una nota di musica”), diffondeva gli acuti prodigiosamente melanconici della sua tromba nell’aria, grigia di nebbia, delle piazze della provincia emiliana.

1959 01 27 Tempo Liana Orfei f3I capelli e qui occhi di Liana sono neri. La sua vivacità ne fa uno dei personaggi più popolari della carovana.

Era un clown "triste”: altissimo e dinoccolato, con un grosso naso rosso e una zazzera grigia. Durante il suo "numero” raccontava al pubblico le sue comiche sventure: diceva che aveva dodici figli, e che questi figli se li trovava dappertutto, perfino dentro alla minestra. Mentre faceva questo racconto, fingeva di sentire un prurito al ginocchio. Allungava una mano e si grattava. Ma il prurito continuava. Allora Pippo infilava il braccio nei pantaloni e ne tirava fuori una bambina piccolissima, nera di capelli, vispa e guizzante come un pesciolino. Quella bambina di due anni appena era sua figlia Liana.

Da allora essa non ha più abbandonato il circo, e i mestieri che una donna vi può Jfare, li ha provati tutti. E’ stata, volta a volta, e anche insieme, nel medesimo spettacolo, danzatrice, acrobata, giocoliere, clown. A cinque anni, quando non entrava più nei pantaloni di suo padre, si mise a studiare danza classica; a 7 possedeva una scioltezza degna di una esperta ballerina. La spaccata era per lei un gioco di tutti i giorni. A nove, si alzava dal letto durante la notte e correva, di nascosto della mamma, ad attaccarsi alle corde del trapezio. Per ore ed ore, provava da sola oscillazioni, piegate e "sirene”.

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LA MADRE DI LIANA non avrebbe voluto che la figlia facesse l’acrobata. Il padre, che era clown, è morto parecchi anni fa. Ma la ragazza non ha saputo sottrarsi alla "vocazione": in ceni spettacoli del circo faceva fin sette numeri. Le accadde una volta a Rossignano Solvay, mentre lavorava al trapezio, che si scatenasse un temporale. Le raffiche di vento piegavano sulla sua testa le antenne del telone, ma Liana, incurante del rischio, volle terminare il numero.

Come acrobata, era una delle più abili e coraggiose: il tourbillon alle corde, con il quale culminava il suo numero, è un esercizio dei più rischiosi. Ma la vera passione di Liana è sempre stata quella di camuffarsi, di recitare. La passione di suo padre: quella del clown. E nel numero che per anni ha rappresentato con successo (l’aveva ideato tutto da sè), compariva appunto in scena camuffata da clown, con un gran naso, i baffi penzoloni, la zucca bianca, pelata, la pancia enorme. E solo alla fine, quando si chinava per ringraziare il pubblico, la zebra, che le faceva da "spalla", le strappava con i denti i pantaloni, e sotto le vesti stracciate del clown appariva una appetitosa e rosea ragazza in costume da bagno.

Alta, fiorente, piena di vita come tutti i membri della "dinastia” Orfei, Liana appartiene senza dubbio alla categoria cinematografica delle "maggiorate fisiche”. Ma su queste, che abbondano di curve e difettano di carattere, ha il vantaggio di una larga esperienza di vita e d’arte. Toccherà ai produttori non utilizzarla in ruoli puramente decorativi; chè altrimenti sprecherebbero un’occasione. Ma Liana ha la testa sulle spalle e un carattere perentorio: i suoi colleghi la chiamavano il "maschiaccio”. E ha intenzione di difendersi dalle cattive occasioni. « Il cinema mi piace molto — dice — ma non m’incanta.

A. D., «Tempo», anno XXI, n.4, 27 gennaio 1959 - Fotografie di Paolo Costa


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A. D., «Tempo», anno XXI, n.4, 27 gennaio 1959 - Fotografie di Paolo Costa