Liana Orfei ama il cinema ma non rinnega il circo

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“Perchè dovrei vergognarmi delle mie origini?" risponde Liana Orfei a chi le rimprovera la sua fedeltà al circo. “Se sono rimasta una ragazza semplice che è riuscita a salvare il proprio matrimonio anche tra le tentazioni di Cinecittà, lo devo appunto al tirocinio compiuto nell'arena”

Roma, gennaio

Erano appena passate le nove di sera, e già il cancelletto d’ingresso della casa dove abita Liana Orfei era chiuso. Di tutte le disposizioni che li riguardano, quella che ha anticipato la chiusura dei portoni dalle 22 alle 21 è senz’altro la più rigorosamente attuata dai portieri romani. Sono certo che se venisse anticipata di un’altra ora, essi si armerebbero tutti d’un cronometro e Roma diventerebbe la città più puntuale del mondo. Invano cercavo il bottone per aprire il cancello; se i portoni chiudono all’ora esatta, i bottoni che li aprono sono pressoché introvabili. Per fortuna sulla strada era apparso il garzone d’un lattaio, il quale mi disse che fra poco sarei potuto uscire perchè la signora Orfei stava scendendo. Infatti di lì a un minuto la porta si aprì e apparve l’attrice, già più domestica di come mi era apparsa poco prima; con un pullover da casa e i lunghi capelli sciolti sulle spalle.

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Appena mi vide. «Che sciocca...». disse, corse a premere il bottone (che era accuratamente nascosto fra le aiuole), e mentre mi salutava sollevò in aria, come un trofeo, il fagotto del lattaio annunciando allegramente: «Ecco, vedi, questa sera gli faccio le uova...». Quel ”gli” era rivolto a suo marito, e proseguiva una piccola polemica familiare aperta da una telefonata di lui che (mentre Liana mi parlava del suo lavoro, dei tre film che deve fare quest’anno, di cui uno in Brasile, e soprattutto della prossima trasmissione televisiva di Kramer: Leggerissimo, di cui lei sarà la primadonna e dovrà cantare, ballare, recitare, presentare: insomma esserne un po’ il sale e il pepe, il factotum) aveva chiamato da fuori raccomandandosi che, per carità, quella sera per cena non gli facesse trovare le solite uova; e Liana, sorridendo mentre abbassava il microfono: «E invece proprio le uova gli faccio».

Le lezioni di Kramer

Poi (riempiendo con la sua morbida silhouette la poltrona Ottocento coperta di fresco, col velluto di lino beige nuovo nuovo, appena uscita dalla bottega dell’antiquario), era tornata a sedersi e con un tono confidenziale: «Sai — mi aveva detto — che cosa dice mio marito? "Ho girato tutto il mondo e proprio con una matta come te dovevo capitare...”»; e così da Kramer, la TV, il Brasile, ecc., il discorso era subito scivolato sui temi familiari, quelli di cui Liana preferisce parlare: la casa nuova, il marito di sempre, la figlia Cristina, la balia eterna e inamovibile (è stata anche la balia di suo marito), il fratello giocoliere, lo zio domatore, il circo, il mondo dei suoi affetti insomma, quel mondo che costituisce il rovescio di quest’attrice dal fisico piccante, emblema bonario ma appetitoso del sexy "storico", di quest’attrice scandalosamente seria.

E’ scandaloso (così almeno le dicono certi amici) che dopo tre anni di cinema il suo "ménage” matrimoniale sia ancora in piedi; è negativo e scandaloso che dopo ventun film essa non cerchi di far dimenticare le proprie origini, l’odore di segatura, lo schiocco della frusta del domatore, il che l’aiuterebbe (così dicono) a scendere dai suoi cavalli "mitologici", e ad interpretare ruoli più probabili, in film moderni; è scandalosa la sua modestia, la sua semplicità. E se alla prima osservazione Liana neppure risponde, la seconda le dispiace, la turba. «Perchè — si domanda — dovrei far dimenticare che vengo dal circo? Che c’è di disonorevole in questo spettacolo? Non è forse vero, anzi, che molti lo trovano affascinante, romantico?...».

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Non le viene forse da lì, dal suo precoce tirocinio tra i clown, le ballerine e gli acrobati, quella disinvolta sicurezza per cui (mentre attori notissimi ne sono terrorizzati) essa affronta le telecamere senza il più piccolo trac, anzi è come se quella lucetta rossa, simbolo dell’immensa platea televisiva, le infondesse un’energia che nella vita assolutamente non possiede... E perchè tante cose nuove le riescono faci-
li, le impara subito, come se per lei non fossero tali, ma le avesse già sentite un’altra volta, tante volte? In questi giorni, per esempio (oltre che rifare il fiato e sciogliere le gambe), deve imparare a suonare la chitarra per la trasmissione di Kramer; e il suo maestro è stupefatto dalla rapidità con la quale mette in pratica i suoi insegnamenti, non riesce a capacitarsi del fatto che prima d’oggi non aveva mai preso in mano una chitarra. Ma se lei non l’aveva mai suonata, in compenso nella sua famiglia la suonano tutti.

Suo fratello, suo zio; e anche suo padre era bravissimo. «Ci sono dei motivi — dice con nostalgico orgoglio — che ci tramandiamo da sempre...». Suo fratello, per esempio, ne suona uno, che fu scritto da uno zingaro, Belardo, vissuto nell’Ottocento, e che è passato di padre in figlio arrivando fino a lui. «E’ una cosa bellissima, dolce e appassionata; ti dà i brividi a sentirla...». Nelle gambe, nelle dita, nelle orecchie di Liana Orfei è dunque la voce del sangue che parla; quella voce che adesso (e la madre ne è felicissima) ha cominciato a parlare anche nella piccola Cristina. Ha soltanto cinque anni ma già sgambetta in tutù; si arrampica sulla madre, fingendo che sia un trapezio; i pianti che si è fatta il giorno in cui (durante la trasmissione dei circhi alla TV) la mamma non ha potuto farla salire sul cavallo, imbizzarrito dai piatti dell’orchestra. E’ l’unica "nipote" degli Orfei.

Essi ne sono fieri, la vorrebbero sempre presso di sè: Liana gliela manda appena può, l’estate, e durante le vacanze di scuola. Nel circo (dove sopravvive ancora questa forma di gerarchia) la chiamano "la signorina”: e Cristina prende tanto sul serio questo appellativo che non solo, in groppa al suo pony, passa in rivista le gabbie ripetendo: «Questi sono i miei leoni, le mie scimmie, i miei elefanti, i miei cavalli...», ma ha trasferito questo infantile sentimento di proprietà anche sulla casa di Roma e giorni fa ha sbalordito i suoi genitori affermando con perentorietà: «Questa casa è mia e voi siete i miei ospiti...». Com’è possibile, dunque (veramente una madornale sciocchezza), che Liana Orfei dimentichi le proprie origini, quando lì si alimentano già i sogni, le fantasie di sua figlia? Ma il circo è oltretutto per lei una scuola di moralità, una tavola di valori.

Lo si capisce (ed è intercalare abbastanza frequente in lei) quando essa dice, contrapponendolo ad altri ambienti: ”Il nostro mondo...”. Tre anni e mezzo fa Fellini la strappò con una mezza promessa da questo mondo; e oggi Liana gli è grata, perchè in questi anni il cinema le ha dato senza dubbio notorietà, gioie, soddisfazioni: il bilancio è senz’altro positivo, ma vi sono anche delle cose del cinema che l’hanno profondamente delusa, addolorata. Essere candidata ad una certa parte, e poi vedersela soffiare all’ultimo momento da un’altra, il cui principale merito era quello d’essere raccomandata, l’amica di qualcuno... «Nel nostro mondo — dice — queste cose non succedono...».

1963 02 02 Tempo Liana Liana Orfei f3SPOSATA DA SEI ANNI, Liana Orfei è madre di Cristina, una bambina di cinque anni (eccole nella foto) che ha ereditato da lei la passione per il circo. Liana sarà la presentatrice. con Mario Carotenuto, della trasmissione televisiva "Leggerissimo". E’ già impegnata per tre film, di cui uno racconta la storia di una giovane europea che trova l’amore in Brasile.

E’ anche per questo motivo che negli ultimi tempi la Orfei (un po’ delusa dal cliché di "amazzone" in cui il cinema l’ha confinata) si è andata avvicinando alla TV: uno spettacolo che (come essa dice) ha qualcosa del cinema e del circo. Come e più del cinema, dà notorietà e successo; come il circo richiede spirito di sacrificio, pazienza, prove su prove (per raggiungere un certo rendimento) che le ricordano gli esercizi del trapezio; e poi anche fuori del lavoro c’è qualcosa di quello spirito di fraternità che anima gli artisti della carovana. Gli ultimi tre sketches di ”Èva e io", nei quali cantava delle canzoni «molto sexy e faceva delle cose molto pazze» (e tanto per dirne una, prima d’allora non aveva mai cantato, neppure in bagno), sono stati il suo esame d’ammissione; e la commedia 80 gradi all'ombra con Emma Gramatica il suo primo diploma.

Un esordio fortunato

L’idea di darle una parte nella commedia (altra cosa nuova per lei) è stata del regista Marcello Sartarelli; e si è rivelata, contro le previsioni di molti, un’idea brillante. Liana Orfei ha i capelli castano-chiari, che alla TV risultano biondi, e il biondo sul "video” è un coefficiente di successo. Di lei in questa occasione hanno parlato bene tutti: i critici, i dirigenti della TV di Napoli, i suoi amici; un gruppo dei quali ha dovuto discutere a lungo con certe persone le quali non volevano credere che quell’attrice che parlava con accento straniero fosse la Orfei. «Macché, quella è tedesca — dicevano;—scommettiamo quello che volete...». E poiché una cosa chiama l’altra, ecco che adesso fino a tutto marzo è impegnata con Kramer, e sulle sue spalle pesa una responsabilità, che le fa tremare le vene e i polsi. «Questa volta — dice — è veramente un bell’azzardo...».

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Ma lo dice in un modo così poco convinto, fingendo d’aver paura, che si capisce che non ce n’ha per nulla. Anche se le difficoltà sono tante, sa già che riuscirà a cavarsela con onore. Dovunque si applichi, riesce. Sa fare di tutto un po’. E infatti il suo problema non è più questo, quanto di riuscire un giorno (e così dicendo abbandona la testa sulla spalliera della poltrona) a far bene una cosa sola; ma a farla bene veramente; per esempio riuscire a recitare in un modo naturale vero autentico, così come adesso sta parlando con me, dicendo le stesse cose, con le stesse pause, lo stesso tono di voce, come se parlasse... E vorrebbe aggiungere qualcos’ altro, ma un rumore di chiavi le annuncia che suo marito sta ritornando. «Riuscire un giorno — soggiunge sorridendo — a dire: "Ora preparo le uova..." nello stesso modo come lo dico adesso: "Ora preparo le uova...”».

M. S., «Tempo», anno XXV, n.5, 2 febbraio 1963 - Fotografie di Chiara Samugheo


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M. S., «Tempo», anno XXV, n.5, 2 febbraio 1963 - Fotografie di Chiara Samugheo