Antonella Luladi e Franco Interlenghi: «non amiamo più l'avventura»
Per questa ragione Antonella Lualdi e Franco Interlenghi rinunciano talvolta a qualche buona occasione. Pur vivendo nel mondo del cinema vogliono preservare l’integrità del loro matrimonio e della loro famiglia
«Si, è vero — dice Antonella Lualdi — se avessi avuto un marito amministratore, a quest’ora forse sarei a Hollywood, ma ho un marito attore; l’ho voluto e lo preferisco così...». Dà un’occhiata verso Franco che è immerso, ma sente benissimo, nella lettura di
un giornale; egli non batte ciglio. «Un marito come Milko?», le domando; Antonella scuote la testa. «Non facciamo nomi — aggiunge allarmata — non sta bene...». E poi, rivolgendosi di nuovo a suo marito: «Ma che cosa leggi di così interessante?...». Questa volta Interlenghi alza gli occhi e con aria trionfante e sardonica: «Stai tranquilla — risponde — tanto qui non si parla di te...». La battuta, almeno così sembra, è gratuita e un po’ maligna: Antonella, invece, riceve e rilancia con una naturalezza che denota una lunga pratica. «Figurati — dice alzandosi e sventolandogli la gonna sul giornale — io credevo che parlasse di te...».
Antonella Lualdi e Franco Interlenghi costituiscono una "coppia" ormai proverbiale tra gli attori del cinema
«Ah, ah» ride Interlenghi, mentre Antonella si allontana, ma non sa che dire, e la partita è di nuovo pari: tre per Franco e tre per Antonella. Da quando sono entrato, i due attori non hanno fatto altro che beccarsi, darsi addosso l’un l’altro, pigliando spunto da qualsiasi argomento o parola. Con una puntigliosità così costante e così scoperta, che si capisce che è il loro modo usuale quotidiano, di vivere e di parlare. Franco è probabilmente geloso dei successi di sua moglie; al tempo stesso, però si fa uno scrupolo di coscienza se, per colpa sua, essa rinuncia a qualche occasione di lavoro. Antonella è stanca delle sue arie sufficienti, ma non può fare a meno nè delle sue critiche nè dei suoi consigli. Se lei si allontana un momento: «Ecco — dice — ti lascio il campo libero, puoi parlare di te»; ma se resta sola, subito corre da lui a chiedergli consiglio.
«Domani — comincia — andiamo a Parigi». «Ah, senta questa — la interrompe Franco — Antonella vuole andare a Parigi in treno... Ma te l’immagini — e allarga melodrammaticamente le braccia — la tristezza della stazione Termini, la malinconia della Gare de Lyon». «Ho paura», ribatte Antonella. «Di che? Di morire forse?». «Ho paura — spiega — perchè una volta ho preso uno spavento...». Franco; racconta, veniva da Zurigo, lei l’aspettava all’areoporto di Belgrado; l’aereo venne colpito dal fulmine, e questa fu l’ultima notizia: colpito dal fulmine. Passarono due ore prima che si sapesse che era atterrato a Zagabria. Due ore d’angoscia. «Beh — conclude Franco — che significa? Allora sarei io che dovrei aver paura»; e poi, passando dal tono cinico a quello lirico, «Oh, Antonella, partiamo domattina alle 9; all'una, pensa, pranziamo da Fouquet». E Antonella, trascinata: «O da Boccardì». «No, magari è pieno di turisti». «Beh, così finiamo in una brasserie».
L’ATTRICE E’ PARTITA in questi giorni per Parigi dove interpreterà il personaggio di Mercedes nel film ”Il conte di Montecristo” diretto da Autant Lara; avrà accanto Louis Jourdan. I coniugi Interlenghi desidererebbero quest’anno veder aumentata la famiglia: vorrebbero un maschio.
La discussione continua. E’ cominciata una settimana fa, quando Autant Lara ha telefonato da Parigi alla Lualdi, offrendole un ruolo nel film il conte di Montecristo, e continuerà fino a domani, fino a due ore, fino a mezz’ora, prima della partenza. Nessuno, prima di allora, saprà se prenderà il treno o l’aereo; alla fine, però, come succede sempre, la spunterà Franco. Egli è come un ragazzino. Vuol sempre dire la prima e l’ultima parola, «L’altra sera — dice, per esempio — eravamo in sei: Interlenghi, Sordi, Monicelli». E la storia della musica è significativa. Appena sposata, Antonella adorava la musica, il jazz, le canzoni; Franco la odiava. «Roba per signorine — diceva — per gente smidollata». «Me l’ha ripetuto tante volte — dice Antonella — che sono arrivata al punto da non poterla soffrire. — E oggi che succede? Adesso piace a lui, e la casa, vede, Dalida, Bechet, Aznavour, è piena di dischi»
Un matrimonio borghese, dove invece dei soliti quattro argomenti di discussione o di conversazione, ce ne sono molti di più, (un film, un contratto, uri successo, un viaggio, una separazione, un incontro dopo una separazione, una "prima", ecc.), e dove la gelosia è accuratamente coltivata con i cento pretesti offerti dalle distanze, dal telefono, dalle coproduzioni: questo è il matrimonio Lualdi-Interlenghi all’inizio dell’anno settimo. Un matrimonio tutto sommato felice, perchè se da un lato i due coniugi hanno l’aria di due giocatori incalliti nel medesimo giuoco e ripetono sempre le stesse mosse, dall’altro fa tenerezza quel loro insistere a star seduti al medesimo tavolo, quel loro sorvegliarsi a vicenda — che denota interesse, quel pensare la loro vita in termini privati, più che pubblici, di carriera e di successo.
Dei due, chi ha sacrificato di più a questa moderata ma concreta felicità, è senza dubbio Antonella. Anche di recente, due mesi fa. la Paramount è tornata alla carica, offrendole un contratto di 5 anni, e, tanto per cominciare, un grosso film; ma lei ha rifiutato. «Se accettavo» dice «avrei dovuto cambiare vita, completamente». Andare ad Hollywood per un film, infatti, non significa nulla; andarci per tentare di conquistare il mercato americano, come ha fatto la Lollobrigida, significa dire addio a via dei Monti Parioli, pensare unicamente al lavoro, è, soprattutto, significa allontanarsi chissà per quanto tempo da Franco» Una volta — dice Antonella — l’avrei fatto. Una volta — (e c’è appena una sfumatura di malinconia nella sua voce) — avevo il gusto dell’avventura; oggi non .ce l’ho più». «E poi — aggiunge ravvivandosi tutta — nel 1961 io e Franco vogliamo un maschietto».
LE PIU' RECENTI TAPPE dell’attività di Antonella Lualdi sono state ”I delfini”, ”Via Margutta” e ”I mongoli”, quest’ultimo in costume. Quando possono i coniugi Interlenghi cercano di abbinare le loro attività in modo da poter stare insieme, anche se i loro rapporti sono intessuti da una continua polemica scherzosa. Franco Interlenghi, che fu scoperto da De Sica, comparirà tra breve tempo sul palcoscenico del Piccolo Teatro di Milano in una commedia tratta da un racconto di Pavese.
E’ un desiderio che forse è già una promessa, ma su questo punto nè lui nè lei vogliono dire di più. «Magari — dice Franco scherzando — fai come Dany Robin, che arrivò a sette mesi senza che nessuno ne sapesse nulla, e due mesi dopo partorì». E Antonella sorride, mettendosi un dito sulle labbra. «E’ rimasto un caso storico — insiste invece Franco — ne parlò tutta Parigi». E forse proprio per non creare un nuovo "caso storico”, Antonella non si fermerà a Parigi, («eppure mi piacerebbe girare un altro film con Autant Lara, lui mi conosce bene e mi fa fare tutto quello che vuole»), e seguirà invece Franco a Milano. Fra pochi giorni, al ”Piccolo”, cominciano le prove della ”Storia di Pablo”, una commedia tratta dal ”Compa-gno” di Pavese. «Lo sa? dice Antonella orgogliosa — Franco farà Pablo». E Franco: «E tu, magari, intanto fai qualche "Carosello”... Perchè non ti piacerebbe?». «Oh, si», risponde Antonella Lualdi, attrice rassegnata, moglie devota.
A.D., «Tempo», anno XXIII, n.5, 4 febbraio 1961 - Fotografie di Chiara Samugheo
Imputata di: a] pratiche illecite, e precisamente "magiche", riguardanti l'elisir di lunga vita, essendo rimasta estranea al naturale processo di invecchiamento; b] oltraggio alla sopportazione, per aver fornito, con il proprio idillio coniugale, continua materia ai settimanali femminili superando ogni limite del sopportabile; c] sofisticazioni di generi, per aver esportato la propria bellezza come italiana, pur essendo nata a Beiruth da madre greca
Domanda - La cosa più urtante, dai punto di vista giornalistico, è che lei e suo marito veniate sempre intervistati insieme si da risultare immancabilmente che le risposte deil’una condizionano quelle dell’altro e viceversa.
Risposta - Mi piace quel condizionano. Lei parla delle mie risposte che sarebbero condizionate a quelle di mio marito e viceversa. Ma la condizione sussiste non tra due risposte ma tra una domanda e una risposta: quindi io sono condizionata alla sua domanda. A parte il punto di vista giornalistico, non ha mai sospettato quanto ciò possa essere ”urtante”?
D. - E poi, che cosa risulta da queste interviste? Sempre la stessa cosa: che voi litigate sempre, ma che non potete stare lontani l’uno dall’altra. Sembra la storia di ”Lucy ed io”. Ma quella poi, come ognuno sa, andò a finire male.
R. - Certamente esiste un mezzo più semplice per non litigare: quello di stare il più possibile lontani l’uno dall’altra. A quanto mi è sembrato di capire, questo deve essere il suo ideale di matrimonio perfetto.
D. - Vede, il mondo del cinema manca soprattutto di originalità, sia nel bene che nel male. Ci sono attrici che fondano la loro pubblicità sullo scandalo e chi sulla assenza assoluta del medesimo. Accordo perfetto e inquietudine perenne sono dei cliché che, anche se veri, finiscono — in quanto tali — per non essere creduti.
R. - E chi le dice che io voglia essere creduta?
D. - Ho letto di lei: « Antonella Lualdi o il fascino dell’Indonesia ». Ci sono dei complimenti che danneggiano più di un insulto. Perchè non ha sporto querela?
R. - Mi scusi, ma non la capisco, perchè dovrei "sporgere querela”? Io sono nata, è vero, nel Libano da padre italiano (meridionale) e da madre greca. Quindi si può parlare di Indonesia nel senso orientale della parola. Comunque mi pare che nella definizione manchi il dolo, ovvero intenzione di nuocermi. Semmai, visto che lei ragiona ormai in termini giudiziari, è la geografia che potrebbe comparire come parte lesa.
D. - Lei, dal giorno che l’ho conosciuta, è sempre uguale a se stessa. Non invecchia mai come la sua felicità. Ma la vita è mutamento.
R. - Timeo Roda et dona ferentem. Traduco: se lei fa un complimento — come quello che testé mi ha fatto — una ragione c’è sempre: pretendere di conoscere in base a elementi superficiali ciò che sfugge persino a noi stessi, ossia l’ ”indice” della nostra felicità. Dalla sua domanda si può soltanto concludere non quanto grande sia la mia felicità, ma quanto smisurata sia la sua presunzione
D. - Può darsi, ma intanto non ha risposto alla mia domanda.
R. - Allora, signor Roda, le risponderò seriamente. Vede: in realtà sono pochi gli anni da che lei mi conosce, e nonostante la mia buona volontà non sono riuscita ancora ad invecchiare. Il tempo non rispetta nessuno. Abbia dunque un po’ di pazienza!
D. - Dice il poeta: « Il pensiero ha per confine la follia e l’amore è legato al tradimento ». Non c’è speranza, dunque, per lei.
R. - Lei è poco informato. C’è un altro poeta, cinese, che dice che il pensiero è legato al tradimento e l’amore ha per confine la follia.
D. - Lei, quando non c’è suo marito, è molto più semplice e spontanea. Lo stesso, in fondo, avviene per lui. Ben strano amore, il vostro!
R. - Lei è schiavo del concetto giornalistico di poco prima. Ogni conversazione si tramuta, ai suoi occhi, in una intervista. Evidentemente non concepisce di avere altri rapporti con la gente. Come la compiango!
D. - Ancora una volta non ha risposto alla mia domanda.
R. - E va bene, può darsi. Siccome nelle interviste, come sostiene lei, spesso mi si rivolgono domande su mio marito e viceversa, niente di più naturale che si sia entrambi impacciati.
D. - La sua "eterna giovinezza” finisce col ritorcersi a suo danno. E sa perchè? Perchè le cose eterne si accompagnano al concetto di immobile.
R. - Si, ha ragione. Seguirò un corso per invecchiare rapidamente.
D. - In fondo, il suo migliore film resta ”A doppia mandata”. Lei scompare al momento giusto.
R. - Aspetti a dirlo. Sta per uscire un film dove sparisco nei titoli di testa.
D. - Una delle più gravi accuse a suo carico è che il suo ménage fornisce sempre un eccellente materiale per i giornali femminili.
R. - Non rispondo. La risposta potrebbe inimicarmi tutti gli altri settimanali non femminili.
D. - Lei è moderatamente gelosa, moderatamente ribelle, moderatamente annoiata. Moderatamente tutto.
R. - Ma non moderatamente paziente.
D. - L’accusa più grave che le rivolgo è questa: di vivere sempre in funzione di qualcosa o qualcuno, di non essere mai soltanto se stessa.
R. - Mi pare che sia esattamente il contrario: ciascuna è tanto più se stesso in quanto vive in funzione di qualcuno o qualcosa. Il suo, è l’atteggiamento tipico dell’egoista.
D. - L’equilibrio, la quiete, le regole di vita sono, alla fine, una prigione altrettanto stretta quanto lo scandalo, il disordine, ecc.
R. - La vita è una prigione stretta in entrambi i casi: l’unica differenza è che con lo scandalo, il disordine, ecc., ci si va dentro più in fretta.
D. - Se è vero che lei è pigra, lei — come tutti i pigri — subisce. E quindi ciò non le avrebbe potuto impedire di scegliere indifferentemente sia una via che l’altra.
R. - Per esempio, quella di rispondere alle sue domande oppure no.
D. - Lei ha molta fortuna all’estero e ciò dipende dalla sua bellezza italiana. La quale è sempre rappresentata da attrici che italiane non sono. Io le rimprovero, quindi, di avere contribuito ad esportare un ideale di bellezza femminile che non è il nostro.
R. - Che vuole mai? Questa è una epoca dì contrabbando.
D. - E poi, si può seguire il marito dappertutto, tranne che alle partite di calcio!
R. - Dal momento che ci vado perchè mi piace, che cosa posso rispondere?
D. - Lei è una donna perbene, ma senza sforzo. E quindi, in definitiva, senza merito.
R. - Secondo la sua morale si, perché secondo lei non possono esistere donne "naturalmente perbene”, come uomini naturalmente buoni. Si rende conto che lei non salva nessuno?
D. - Quali testimoni ha da citare a suo discarico?
R. - Tutti, tranne mio marito.
D. - Si ritiene colpevole o innocente?
R. - Colpevole soltanto per la risposta circa la "donna perbene". Potrebbe provocare una sommossa contro di lei, al grido di: donne perbene di tutto il mondo, unitevi!
D. - A lei l’ultima parola.
R. - Mi pare che questa volta lei ci ha rimesso un po’ le penne. Il pezzo lo chiamerei piuttosto "Procedimento a carico di Enrico Roda”.
Signori della giuria, noi qui ci troviamo di fronte ad un grave quanto inusitato caso di stregoneria moderna. L’imputata, di fronte alle nostre reiterate sollecitazioni a precisare la fonte della sua immutabile giovinezza, ha preferito irridere alle nostre domande, senza darsi minimamente pena della gravità della sua situazione. Noi, tuttavia, non possiamo tollerare che in pieno ventesimo secolo siano riabilitate in dispetto al progresso scientifico, le arti magiche. Inoltre, ognuno di voi può vedere, qualora l’imputata venisse assolta, quale grave pregiudizio verrebbe arrecato alla fiorente industria delle creme di bellezza e affini, che tanto prospera nel nostro paese. Noi non possiamo, o signori, correre quest’alea. E’ quindi con sommo rincrescimento che vi chie-i diamo che l’imputata venga, secondo il trattamento riservato alle maghe, sottoposta alla prova del rogo.
Enrico Roda «Tempo», anno XXIII, n.5, 4 febbraio 1961
![]() |
A.D., Enrico Roda, «Tempo», anno XXIII, n.5, 4 febbraio 1961 - Fotografie di Chiara Samugheo |