Mina: è un fenomeno? È un bluff? Dove arriverà?
La sera di Capodanno, la cantante Mina ha percepito il compenso di un milione e trecentomila lire per interpretare tre sole canzoni nel corso di una serata danzante, organizzata in un grande albergo di Ostia. Tenuto presente che l’esecuzione di ogni canzone ha una durata media di tre minuti, Mina ha dunque guadagnato centocinquantamila lire per ogni minuto di effettivo «lavoro». Tra gli artisti, i cantanti di musica leggera sono in questo momento coloro che guadagnano di più, in rapporto al tempo di lavoro impiegato, ma nessuno di essi è mai riuscito ad ottenere un compenso così alto: né Domenico Modugno nel momento del suo maggior splendore, cioè dopo aver trionfato per due anni consecutivi al Festival di Sanremo con Volare e con Piove, né Caterina Valente, che gode di un'alta quotazione intemazionale e chiede (ed ottiene) due milioni di lire per ogni serata, ma rimane sulla scena per quarantacinque minuti abbondanti.
La festa di Capodanno è stata un’eccezione anche per Mina, tuttavia le sue richieste «normali» sono ugualmente astronomiche: dopo il suo personale successo a Canzonissima, il compenso che chiede per una serata oscilla intorno alle ottocentomila lire. Se, come molti pronosticano, sarà lei a vincere il prossimo Festival di Sanremo con la canzone Le mille bolle blu di Carlo Alberto Rossi è probabile che [...] cantare ad una festa organizzata in piazza da un partito di sinistra: compenso, mezzo milione. Rimase sul palco diciotto minuti esatti. Al termine dell’interpretazione della sesta canzone, disse «ora basta» e andò via. Mentre la folla, superato il primo attimo di stupore, reclamava disperata-mente un «bis», gli organizzatori la supplicarono, giunsero persino a minacciarla, facendole chiaramente capire che i loro attivisti erano teste calde e che, sentendosi imbrogliati, avrebbero anche potuto sfasciarle la macchina. Non ci fu niente da fare, Mina non tornò sul palco.
Le sue bizze sono accettate come un male necessario: la sua popolarità ormai è tale, piace tanto a tutti, che la sua sola presenza basta a salvare anche il più brutto degli spettacoli. L’anno scorso, la trasmissione Sentimentale è stata uno dei più grossi fiaschi della nostra televisione, ma benché il programma venisse irradiato a tarda ora, la gente restava alzata a guardarlo perché ci cantava la Mina. Per un altro spettacolo, Canzonissima, conclusasi con poco lustro la settimana scorsa, è accaduto di più: si sentiva dire «questa sera non guardo la televisione, tanto non c’è la Mina».
Il Festival di Sanremo è una manifestazione collaudata da dieci anni di successi: senza discussione è il più importante spettacolo di musica leggera dell'anno. Lo scorso gennaio, uno dei presentatori disse che in quel momento quasi tutta l’Italia era in ascolto alle radio o ai televisori, e nessuno osò contraddirlo o rimproverargli l’esagerazione, perché probabilmente esagerazione non era. Ma, malgrado tutto questo, gli organizzatori del Festival hanno tremato quando, giorni fa, Mina ha fatto sapere che non sarebbe andata a Sanremo. Si è saputo poi che era solo un’accorta manovra della cantante per avere il privilegio - negato normalmente agli altri cantanti - di scegliersi a suo piacimento le canzoni da interpretare.
Difatti, Mina ha già fatto la sua scelta, ed agli organizzatori non è rimasto che prenderne atto: canterà due canzoni, Le mille bolle blu e Io amo, tu ami. La prima perché, dopo avere ascoltato attentamente tutte e ventiquattro le canzoni finaliste, Mina stessa ritiene abbia le maggiori probabilità di successo; la seconda perché le offre, in cambio, i maggiori vantaggi. Io amo, tu ami è una canzone di proprietà della casa cinematografica De Laurentiis e sarà il motivo conduttore di un film diretto da Blasetti, che porta lo stesso titolo della canzone e che sarà lanciato subito dopo il Festival di Sanremo. Per ottenere che Mina gliela interpretasse, De Laurentiis le ha offerto una parte in un suo film di prossima produzione, in cui la ragazza non canterà ma farà l’attrice soltanto (è il sogno di ogni cantante, ad imitazione di Frank Sinatra). Inoltre, Mina canterà il motivo conduttore di Io amo, tu ami all’inizio e al termine del film, sullo sfondo di un’orchestra di cento elementi, in schermo panoramico e in technicolor. Per queste due prestazioni, riceverà un compenso di trenta milioni di lire.
La casa cinematografica «Titanus», che ha anch’essa ima canzone finalista a Sanremo, Lady Luna di Trovajoli, e che naturalmente voleva fosse Mina ad interpretarla, pare non se la sia sentita di rilanciare un’offerta maggiore. Ma fino al 26 gennaio, data d’inizio del Festival, non è detta l’ultima parola.
Mina ha esordito come cantante professionista esattamente due anni fa, in maniera molto fortunosa. Non è possibile fare un calcolo esatto di quanto abbia guadagnato questa ragazza non ancora maggiorenne (lo sarà appena a Ferragosto) in ventiquattro mesi di attività: ma, volendo fare una cifra ragionevolmente approssimativa, bisogna superare i cento milioni. Questa cifra riguarda le interpretazioni cinematogràfiche, gli spettacoli, gli sketches pubblicitari e in minor misura la televisione e la radio, i cui compensi sono bassissimi anche per i «divi» più affermati. La cifra non comprende quella che è una delle «voci» più importanti nei guadagni dei cantanti: le percentuali spettanti sulla vendita dei dischi. In questo momento Mina è la cantante che vende più dischi di tutti: gli esperti parlano di almeno cinquemila dischi al giorno di media, una quota mai raggiunta in Italia. Eppure Mina ricava dai dischi meno di un cantante mediocre: un contratto ferreo, siglato agli inizi della carriera, quando il suo nome non valeva un soldo alla borsa della musica leggera, la' tiene legata a condizioni svantaggiose ad una piccola casa discografica.
Le grandi case hanno ripetutamente chiesto a Mina di rompere questo contratto, offrendosi di pagare qualsiasi penale. Ma Mina è minorenne e non può decidere da sola. Suo padre, che appartiene a quella solida schiatta di industriali lombardi per i quali la parola data è sacra, non vuole neppure sentir parlare di rottura di contratto: Mina ha preso un impegno e lo manterrà, costi quel che costi, fino al termine, cioè fino al dicembre del 1961. C’è chi dice che, allora, le grandi case discografiche se la disputeranno con premi d’ingaggio che, da soli, saranno più sostanziosi di tutto quel che ha guadagnato finora.
A scuola la chiamavano "la cavallona"
Ma chi è dunque Mina, questo curioso fenomeno nostrano che, nata come paladina degli esagitati giovanotti in blue-jeans, oggi riesce a commuovere ed entusiasmare la gente di tutte le età, sia che strilli Fólle banderuola, sia che interpreti una canzone «classica» come ’Na sera ’e maggio ?
Annamaria Mazzini - questo è il suo vero nome - è nata a Busto Arsizio «per caso», dicono laconicamente le sue biografie. Infatti la sua famiglia è di Cremona, ed è questa la città dove la cantante è cresciuta e che essa considera sua. Il padre, Giacomo, è un uomo aitante, vigoroso, dall’aspetto giovanile, che dirige con energia uno stabilimento di olii a Gallarate ed uno di prodotti chimici a Reggio Emilia. La madre, Gina, è una di quelle bellissime, tranquille donne di provincia, che sembrano nate per governare la casa e mettere al mondo dei figli: da due anni segue come un’ombra la figlia di trionfo in trionfo, ma non s’è abituata all’ambiente «pazzo» degli artisti, e nei suoi grandi occhi dolci si legge lo smarrimento per il cataclisma che è costretta a vivere. In famiglia c’è anche Alfredo, il figlio minore, che fa lo studente e che un giorno succederà al padre «in fabbrica», come tutti i figli degli industriali padani. Intanto, però, s’è messo anche lui «sulla brutta strada», e, col precedente della sorella, non gli possono dire niente. Qualche mese fa s’è portata in casa una vecchia batteria, e ha cominciato a picchiarci sopra dalla mattina alla sera. Adesso, con un gruppo di amici, ha formato un complessino, e canta, anche lui.
Infine c’è lei, Annamaria o, sé preferite, Mina la matta, la Tigre di Cremona, la Pantera dell’urlo, la Vendicatrice del rock and roll, la ragazza che guadagna centocinquantamila lire al minuto. Ad analizzarla a pezzo a pezzo non è bella, anzi. È troppo alta per una donna (un metro e 78), le gambe dal ginocchio in giù sono imperfette, i fianchi sono stretti, il naso è impossibile, la zazzera metterebbe in crisi il più paziente dei parrucchieri, e le mani, le famose mani che in scena sa muovere con maestria stupefacente, sono grandi e irregolari. Veste in modo goffo, indossando abitini che sembrano ereditati da una sorellina più piccola. Eppure, appena è in scena, acquista una carica di fascino che donne mille volte ù belle di lei non riusciranno mai ad avere, come se emanasse un fluido magnetico: riesce ad avere una sua armonia, uno stile che non offende il buon gusto anche quando interpreta quelle canzoni sgraziate, fatte di urli e di insulti al bel parlare ed al buon cantare, che le hanno aperto le porte della celebrità.
A scuola la chiamavano «la cavallona». Preferiva la compagnia dei maschi, non perché si sentisse precocemente donna, ma al contrario perché si considerava un maschiaccio anche lei. Cominciò a cantare «per sfottere» i cantanti. Era un modo come un altro, un gioco nuovo per rompere la monotonia della vita da delfini di provincia che lei e i suoi amici vivevano. La sua esistenza sembrava segnata: si sarebbe diplomata in ragioneria e sarebbe «entrata in fabbrica» col padre. Poi avrebbe sposato qualche giovane del suo rango, possibilmente a sua volta erede di qualche stabilimento, «tanto per mettere insieme le industrie». In alta Italia, tra figli di industriali è di prammatica. Su queste abitudini, Maselli ha costruito di recente un film, di cui Annamaria Mazzini sarebbe senz’altro pc/tuta essere uno dei protagonisti «veri».
Giorgio Berti, «Epoca», anno XII, n.537, 15 gennaio 1961
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Giorgio Berti, «Epoca», anno XII, n.537, 15 gennaio 1961 |