Mina vuole vincere a Sanremo

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1961 01 28 Tempo Mina intro

Questi due anni di urli e di canzoni non hanno mutato Mina. La cantante è proprio come se l'immaginano gii italiani: una diva e insieme una ragazza pazzesca, assurda e nervosa, piena di tenerezza e di poesia

L’Italia del dopoguerra ha finalmente trovato la sua diva: Anna Maria Mazzini detta Mina. Divo è quel personaggio che resta tale anche al di fuori del palcoscenico, come Adelina Patti e Maria Mali-bran nell'Ottocento. Tanto per intenderci, divi sono oggi Marilyn Monroe e Marion Brando, per la loro carica vitale che li fa agire come figure da romanzo anche fuori dal teatro di posa: non lo sono invece il bonario William Holden e la casalinga Audrey Hepburn, nonostante il successo e la popolarità che li circonda.

Negli ultimi trent’anni, l’unico vero grande divo che gli italiani hanno avuto è stato Benito Mussolini. Di fronte ai suoi atteggiamenti, alla sua sincera smania di esibizionismo, alla sua vanità prorompente, impallidiscono e scompaiono le Alide Valli, le Sofie Loren e le Gine Lollobrigida. Un tentativo rimarchevole, anche se limitato alla sola parte centro-settentrionale del paese, è stato quello di Maria Callas che spesso è riuscita a comportarsi, anche fuori dalle quinte, come un personaggio d’opera.

Mina invece è la diva nazionale, l’argomento che supera il pregiudizio etnico e unisce le due Italie: la ricca e la povera, la settentrionale e la meridionale, la rossa e la biancofiorata. Nei salotti del nostro paese, ormai, affermare di conoscere Mina è un mezzo sicuro per far convergere l’attenzione su se stessi. Nella stessa maniera, infilare un gettone in un juke-box di periferia e scegliere tre dischi della cantante provoca spesso una salve di sguardi riconoscenti da parte di un gruppo di bambine che trascorrono lì il pomeriggio in attesa che si verifichi un miracolo del genere.

Ogni giorno gli italiani comprano cinquemila dischi incisi da Mina. La sua quotazione, che un anno fa era di settanta-cinquemila lire per serata e questa estate di trecentomila, sfiora oggi le ottocentomila. A Ostia, la notte di Capodanno una sua esibizione di meno di mezz’ora è stata pagata un milione e mezzo.

Ora, io non voglio indagare perchè questo succede. Può darsi che gli italiani abbiano bisogno di sfogare il loro amore su un divo, in un momento in cui quasi tutti i santi sembrano tentennare. Personalmente, però, ho una grande stima di Mina, che conosco da oltre due anni, da quando cioè non aveva ancora inciso il primo disco e non aveva mai cantato con un’orchestra. Allora, Mina mi sembrava una ragazza piena di una simpatia istintiva e di una intelligenza vivace: la sua qualità migliore era però una sincerità assoluta, verso se stessa e verso gli altri, in ogni momento della vita. Non c’era un gesto o una parola, in lei, che suonassero falsi. Negli ultimi tempi, invece (non la vedevo dal Festival di Sanremo dello scorso anno), m’è capitato di leggere sui giornali parecchi fatti che la riguardavano e che erano in aperta contraddizione con la ragazza che avevo conosciuto: Mina avida di danaro. Mina avara, Mina che passa da un fidanzato all’altro... Certo, il successo, specialmente se unito al danaro, diventa un corrosivo capace di segnare e trasformare delle personalità integre; e ad una ragazza di vent’anni basta un decimo di quel che ha ottenuto Mina negli ultimi tempi per darle alla testa ed ubriacarla.

1961 01 28 Tempo Mina f1Mina sta provando in questi giorni le due canzoni che presenterà a Sanremo: "Io amo, tu ami”, un motivo melodico di Redi che sarà inserito nel film che il regista Alessandro Nasetti sta ultimando: si tratta di un’inchiesta sull’amore nel mondo. La seconda canzone che l’orlatrice cremonese interpreterà al Festival sarà ”Mille bolle blu”, un motivo del maestro Rossi

Così, tanto per rendermi conto di come stavano le cose veramente, ho chiamato Mina al telefono nel suo albergo romano e il mattino dopo ci siamo visti. Avevo con me un registratore che ha trascritto fedelmente i nostri venti minuti di dialogo.

Domanda - Dunque: sei diventata un brutto tipo, una ragazza che si occupa solo di fare quattrini?

Risposta - Guarda, ho letto un articolo su un giornale che concludeva così: «Mina ha rifiutato trenta milioni per cantare una canzone, ne voleva sessanta. La sera quando lei canta, ci sono dei bambini, davanti alla televisione che la stanno a guardare, che le vogliono bene e che hanno appena finito di mangiare un magro caffelatte con un tozzo di pane». Si tratta di un’affermazione assurda, di una vera e propria stupidaggine. Eppure quando l’ho letto, il primo effetto è stato di gelo assoluto, mi sono sentita ghiacciare e mi venivano le lacrime agli occhi, come se tutto fosse vero e io fossi proprio il mostro che lì era descritto. Mia madre stava con gli occhi spalancati come se mi domandasse: «Ma che succede, sono tutti impazziti?». La verità è che io non so quello che guadagno. Te lo giuro, sai.

D. - E chi lo sa allora?

R. - Io non conosco il contratto, non so niente: io non mi occupo di queste cose, se ne occupa Gigante, il mio manager oppure mio padre. E’ giusto che sia così, no? Perchè io sono una ragazza che non capisce niente di queste cose, anzi per la verità non capisce niente di niente. Se fosse per me, a questo punto sarei già a chiedere l’elemosina. Dunque è assurdo dire che Mina chiede trenta milioni il che, tra parentesi, non è poi vero, come è assurdo scrivere (e l’hanno scritto) che mi sono lamentata perchè ho preso un milione e mezzo per la notte dell’ultimo dell’anno.

D. - E’ vero però che hai avuto un milione e mezzo?

R. - Non lo so.

D. - Mentre invece non è vero che ti sei lamentata.

R. - Ma no, che storie sono queste? Ti giuro, io non conosco niente dei contratti che ho, dei compensi, delle questioni economiche. Anche perchè sono un po’ svanitella (anzi, parecchio: ma questo è meglio non scriverlo, non ti pare?), comunque quello che devo fare lo faccio ugualmente, anche senza sapere quale è il compenso. In fondo io potrei ad un certo punto piantare tutto lì ed andarmene in campagna, no?

D. - E il cinema ti piace?

R. - Mah. Beh il cinema... Non so... Forse il cinema che ho fatto fino ad ora non era il più adatto per me. Almeno io voglio spiegare così il fatto che io non riesca a trovarmi bene in questo ambiente Ci vuole una freddezza tale...

D. - Una freddezza?

R. - Sì, perchè, per esempio; una scena la giri un giorno, la scena immediatamente dopo magari la fai un mese più tardi e non hai quindi lo stesso stato d’animo. Io, almeno, non ne sono capace. Insomma, non so recitare.

D. - Questo non lo puoi sapere...

R. - Ti giuro, ti giuro che non so recitare...

D. - Come fai a esserne cosi sicura?

R. - Ne sono certa perchè vedo gli altri miei compagni che sono bravi, mentre io non sono capace di fare quello che a loro riesce naturale.

D. - E le canzoni vanno bene?

R. - Sì, vanno bene, vanno bene... Adesso cercano di buttarmi giù, non ho capito bene perchè. Comunque prima tutti scrivevano bene, adesso invece sembra che tutti debbano scrivere male... Mi dispiace perchè potrebbero scrivere che canto male: d'accordo; che sono stonata: d’accordo; che ho gli occhi storti: d’accordo...

D. - Hai gli occhi storti?

R. - Non li vedi? Un pochino, un pochino...

D. - In questi ultimi tempi hai lavorato molto?

R. - Sì ho lavorato parecchio.

D. - Oltre a faticare davanti ai microfoni, e teatri di posa, cosa hai fatto? Hai letto?

R. - Oltre al lavoro non ho fatto niente... niente...

D. - Niente? Quanti anni hai?

R. - Venti. Sì, lo so, tu hai ragione. Ma devi capire che io sono stata trasportata in questo mondo quando ancora mi chiedevo che cosa avrei fatto da grande... Praticamente io sono ferma con la mia vita: mi sono fermata ai diciott’anni e non sono più andata avanti. Debbo ancora continuare, debbo ancora avere diciannove anni, il ventesimo... Quando smetterò di fare questo lavoro da pazzi, allora potrò cominciare e godermi le mie età perdute.

D. - Senti, sei superstiziosa?

R. - Certe volte. Per esempio, quando torno a casa devo assolutamente leggere tutte le insegne scritte in rosso che incontro lungo la mia strada. Se non ci riesco divento triste come se dovesse accadere qualche cosa di tragico...

D. - Tragico? Hai avuto parecchi incidenti con la macchina?

R. - Qualcuno, ma tutti lievi. Eccetto una volta quando un tram entrò nella mia automobile senza chiedere il permesso.

D. - Senti, cos'è che ti piacerebbe di più fare nella vita?

R. - Che domanda! Non lo so: se lo sapessi sarebbe tutto risolto.

D. - E l’amore?

R. - Innamorarsi è la cosa più bella che d sia. Ma veramente non lo so quello che vorrei fare.-, Ormai d sono tante storie intorno a me! Sono talmente impegnata con televisione, radio, cinema, dischi e tanta altra -roba pazzesca dello stesso genere che ormai non capisco niente di quello che mi riguarda direttamente: ti rendi conto?

D. - Già, vai avanti come un automa...

R. - Più o meno. Vorrei dosarmi... vorrei rallentare il lavoro... Ma sono troppo incosciente per poter fare un piano professionale. Son troppo cretina. E’ così: non ridere.

D. - Un saggio diceva che essere coscienti della propria coscienza significa essere veramente coscienti.

R. - Sì, può darsi ma ciò non toglie che anche se sei cosciente della tua incoscienza continui a fare delle cose assoluta-mente ingiuste e assurde.

D. - Per esempio?

R. - Per esempio: rifiutare contratti favolosi e preferirne altri assai meno compensati, nello stesso periodo, con la stessa fatica, e magari molto più cretini.

D. - E perchè queste preferenze? Per simpatie personali?

R. - Ma no. Magari solo perchè la mattina che mi vengono a proporre un contratto favoloso mi sono alzata col piede storto. E poi, magari, anche un po’ di simpatia, ci può entrare. Quando vedo una faccia per la prima volta, se mi è antipatica già so che mi sarà antipatica tutta la vita. Non c’è niente da fare. Se una persona mi è antipatica, ti assicuro, mi spavento e cerco di scappare. Certe volte soffro molto perchè m’accorgo che il mio è un atteggiamento ingiusto.

D. - In fondo, non ne devi aver molte di sofferenze. La tua fetta di felicità ce l’hai già. La cosa che più t’importava nella vita era cantare e adesso non solo canti e strilli quanto ti pare, ma la gente ti segue e ti vuole bene. Dovresti sentirti molto libera.

R. - Mah... sarà...

D. - Lo dici con aria molto scoraggiata.

R. - Non mi sento affatto libera. Sono una schiava...

D. - Una schiava?

R. - Una schiavetta...

D. - E adesso vai a Sanremo?

R. - Guarda, ci vado, voglio vincere, ma già so che se vinco dicono: «Eh, già, ha vinto, naturalmente, ormai ha tutti gli appoggi, le avranno anche dato la canzone migliore...», se perdo, invece, diranno: «Però, guarda un po’: la Mina ha perso... Allora è vero che è un bluff, che è questo e quell’altro e badabum e badabam». Ma io ci vado lo stesso.

1961 01 28 Tempo Mina f2Alcuni scrittori sono attualmente impegnati nella composizione dei testi delle canzoni che Mina canterà in uno "show” televisivo di dieci puntate in programma per il mese di marzo. In aprile Mina farà una "tournée” in Estremo Oriente. Recentemente Alfredo, che per fortuna è l’unico fratello dell’urlatrice, ha esordito anche lui come cantante con il nome di Geronimo.

D. - E poi? E se perdi?

R. - Si vedrà. Canto una canzone abbastanza interessante. Sai, penso che sia talmente commerciale... Come un pugnetto nello stomaco. Non l’hai mai sentita? Sai, è una di quelle canzoncine con la trovatina... Si chiama ”Le mille bolle blu”...

D. - Per me il pugnetto nello stomaco è stato sapere che non leggi mai niente. Ma davvero? Neppure un libro?

R. - Libri? Macché! Qualche poesia, al massimo. Non ho proprio il tempo di leggere un libro. O lo perdo o lo lascio in albergo o devo ricominciare a leggerlo daccapo perchè non ricordo niente.

D. - Fra gli avvenimenti dell’anno scorso quale ti ha colpito di più? .

R. - Guarda: io non so niente di Fidel Castro, non so chi sia, nè da dove venga, nè cosa rappresenti. Però lo adoro, mi piace da morire.

D. - Perchè?

R. - Non lo so perchè. Forse perchè ha la barba, forse perchè è un matto, è un incosciente.

D. - Capisco: tu lo immagini simile a te.

R. - Forse. Mi sembra un irresponsabile. Quest’uomo che fa le conferenze di sei ore alla televisione: è una cosa che mi fa impazzire.

D. - A proposito di pazzie. Ho letto su qualche giornale che stai sempre con il bicchiere dell’whisky in mano. Bevi molto?

R. - Sì. Aranciate. Già, hanno scritto che io mi ubriaco. Come faccio? Con le aranciate? Mi alzo la mattina e faccio colazione con una bottiglietta di aranciata, poi vado a lavorare e bevo un’altra bottiglietta di aranciata. Sempre aranciate, così per tutta la giornata. Non credo che contengono alcoolici.

D. - E la dieta?

R. - Mangio poco, sono dimagrita da morire. Mangio poco perchè faccio una vita talmente sballata...

D. - E il sonno?

R. - Oh, quello sì. Riesco ad addormentarmi in qualunque parte. Sempre e dovunque. Appena ho qualche minuto libero, dormo. Eppure non sono mai tranquilla, io, in fondo, sai? Al punto che mi meraviglia come riesco a dormire così facilmente. Non so... sono sempre così nervosa...

D. - Perchè non provi a fidanzarti?

R. - Ah, ecco una cosa da chiarire! La storia dei fidanzati. Dico: é possibile che nel 1960 si dicano ancora cose del genere! Si facciano di questi pettegolezzi? Dunque: Maurizio Arena era stato l’ospite d’onore ad una trasmissione di "Gran Gala” che io presento alla radio. Dopo la trasmissione mi accompagna all’albergo in macchina. Questo è tutto. Qualche giorno dopo succede la fine del mondo: «Si sposano? non si sposano?», i giornali pieni, mio padre e mia madre che mi fanno gli interrogativi. Insomma: una cosa assurda. E se tu sapessi quanti me ne hanno appioppati di fidanzati, da Umberto Bindi a Walter Chiari...

D. - Forse frequenti troppa gente?

R. - Io non frequento nessuno. Io non posso veder gente, non voglio veder gente, mi dà proprio fastidio. Quando mi trovo insieme a più di tre persone debbo fare una fatica tale per mettermi su un piano sociale, di normalità, di discorsi, di conversazione... E non ci riesco lo stesso.

D. - Hai amiche?

R. - Neanche. Cioè: una sola che adesso è a Londra e che spero torni presto. E’ una ragazza che conosco da quindici anni (che bello poter dire: quindici anni!). Abbiamo fatto gli studi insieme e adesso lei è all’Università. Mi ha aiutato molto nelle cose mie. Mi ha dato dei buoni consigli. Mi piace molto. E poi vuoi sapere quello che mi piace di più? Camminare sotto la pioggia, con l’acqua e il vento in faccia. Sola. Ma camminare. Anche senza pioggia. Ma camminare. Non passeggiare: camminare senza guardare niente. Come un automa. E’ quello che preferisco al mondo.

Questa è Mina, una ragazza che è come gli italiani l’immaginano. Cioè: pazzesca, assurda, nervosa. Ma anche: piena di tenerezza e di poesia. Non ha bisogno di recitare nessun testo per essere la grande diva, quella a cui un tempo venivano staccati i cavalli dalla carrozza. Le basta essere se stessa: imprevedibile e sorprendente anche ai propri occhi. Se possibile, direi che i due anni trascorsi da quando la conosco l’hanno resa più bambina.

Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIII, n.4, 28 gennaio 1961


Tempo
Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIII, n.4, 28 gennaio 1961