Nino Manfredi: «io nudo davanti ai figli»

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Un’esauriente intervista con Nino Manfredi: “la mia vita e i miei problemi di padre”. «Cerco di far crescere i miei ragazzi senza complessi», spiega l’attore e regista del film «Per grazia ricevuta», «ma che fatica! Per esempio, a farmi vedere nudo da loro proprio non ci riesco. È un problema: perché per questo mio complesso i ragazzi mi prendono in giro» • «Il film che ho fatto è autobiografico: anch’io come il protagonista di ”Per grazia ricevuta” ho avuto un’educazione sbagliata» • «Perché il mio matrimonio va a gonfie vele? Perché mia moglie e io non siamo sposati nel senso classico della parola» • «Vi racconto cosa accadde quando per due volte mi han dato l’estrema unzione»

Roma, marzo

Forse è perché si è affermato come attor comico che Nino Manfredi non ride quasi ' mal. Tanto che, chi non lo conoscesse, incontrandolo nella vita normale lo crederebbe piuttosto un attore tragico, per sua natura pieno di angosce e di paure. Bene. Manfredi è l’una e l'altra cosa. E se nei film prima maniera, quelli «comico-svaccati» (come dice lui stesso), Manfredi si sentiva un poco alienato, cioè estraniato dalla sua vera indole, oggi invece si sente più soddisfatto perché ha realizzato, contemporaneamente come regista e come attore, un film autobiografico: Per grazia ricevuta.

Autobiografico non perché racconti la storia della sua vita, ma perché, riallacciandosi anche a qualche episodio reale, tragico, grottesco, comico, trasferisce sullo schermo le sue inquietudini, il suo senso dell’umorismo nell'affrontare anche le situazioni più drammatiche o più sconcertanti Quando accetta un’Intervista, a differenza di tanti altri attori, raramente Manfredi acconsente a parlare della sua vita privata, della sua famiglia. Ma stavolta è stato al gioco, perché del resto è stato lui stesso il primo a render pubblica la sua vita privata, trasferendola sullo schermo, almeno come sentimenti e sensazioni.

1971 04 05 Oggi Nino Manfredi f1UNA BRUTTA AVVENTURA Roma- La figlia di Nino Manfredi, Roberta, sconvolta fra le braccia della madre, Erminia, dopo la bratta avventura che ha vissuto recentemente: tornando a casa dalla scuola, è stata aggredita da due ragazzi. Per fortuna, persone accorse in suo aiuto hanno impedito che l’episodio si concludesse in maniera drammatica. Nino ha altri due figli, oltre Roberta: Luca, dodici anni, e Giovanna, nove, che vediamo a destra nella foto.

Abbiamo incontrato Manfredi negli stabilimenti cinematografici sul colle Celio. È con lui la moglie, Erminia, che nel viso ricorda la protagonista del film. Della Boccardo. Una circostanza che fa sorgere spontanea la prima domanda.

Manfredi, è vero che lei ha scelto per il ano racconto la Boccardo proprio perché assomiglia a sua moglie?

«È vero», ammette, «in un primo tempo avevo anzi pensato di affidare addirittura la parte a mia moglie, ma poi...». «ma poi sono stata io a rinunciare», interviene Erminia, «perché so di essere negata come attrice. E so pure che lui sul set ha un caratteraccio, è troppo esigente: cosi non volevo fare un fiasco e poi perdere anche il marito».

Ma nel film la Boccardo si presenta come una Erminia trasposta stillo schermo? E viene raccontata la storia della vostra vita in comune?

«La protagonista», risponde Manfredi, «è Erminia, come sensibilità, intelligenza, umanità. Ma il film non è la storia della nostra vita, anche se non mancano riferimenti a noi. Ad esempio, io e Delia siamo fidanzati e arriviamo fino in chiesa per sposarci. E io dinanzi all’altare trovo la forza per dire di no al prete, anche se a lei voglio bene, e lei comprende e giustifica perfettamente questa mia decisione, proprio perché conosce 1 miei sentimenti di anarchico e miscredente. Bene, così facemmo io ed Erminia, sedici anni fa. Intendiamoci, nella vita reale, io risposi di sì alla domanda rituale del prete, ma appena uscii di chiesa presi Erminia da una parte, le restituii la mia vera e le dissi: "Sappi che questa cerimonia per me non ha alcun significato. Ho accettato di parteciparvi perché ci troviamo in una società che costringe ad adempiere a certe formalità per poter vivere assieme senza essere additati come esempio di scandalo. E quindi ho acconsentito, perché ti amo e voglio vivere serenamente con te. Ma sappi che se un giorno l’amore dovesse finire io me ne andrei senza dare alcun peso al fatto che siamo sposati. Perché io adesso voglio essere libero come lo ero prima"».

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NON CI SENTIAMO SPOSATI. Roma. Nino Manfredi con la moglie Erminia e, sotto, nelle vesti di regista del film «Per grazia ricevuta», di cui è anche protagonista. Nino ed Erminia, che sono sposati da sedici anni, dicono: «Tutti e due, anche adesso, ci sentiamo liberi come prima delle nozze. Se l’amore finisse, ognuno andrebbe per la sua strada. Il matrimonio in se stesso non ha mai avuto alcun valore per noi. Ci sposammo solo perché la nostra società ti obbliga ad adempiere certe formalità».

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E sua moglie? Che rispose?

«Ero perfettamente d'accordo con lui», interviene Erminia, «perché anch’io volevo continuare a sentirmi lìbera».

«E proprio perché abbiamo continuato a sentirci liberi», riprende Nino, «oggi ci vogliamo bene come il primo giorno e ci sentiamo uniti più che mai. La famiglia certo non è solo gioia; è anche fatica, sacrifìcio. Ma è una libera scelta, e per questo va difesa».

E lei come si rispecchia nel protagonista del film?

«Io da piccolo mi trovavo nella stessa situazione del protagonista quand'è bambino. Ho avuto un’educazione religiosa rigida; e ogni momento, per ogni cosa che facevo, mi davano una botta in testa e mi dicevano; "Questo Gesù non lo vuole, questo è vietato, è opera di Satana”. E io allora borbottavo tra me: "Possibile che tutto quello che mi piace non va bene, e tutto quello che va bene non mi piace? Allora io sono assatanato. E allora io rovescio tutto, e metto il diavolo al posto di Dio e così sto tranquillo”. Perché vede, tutti noi, per l’educazione che ci hanno dato, anche se abbiamo i genitori, siamo un po’ orfani; o almeno, sotto certi aspetti, è meglio che lo fossimo».

Lei sta rimproverando sua madre. Che, se non sbaglio, vive con lei.

Mia madre è una santa donna, che vive con me, sì, a periodi, e a periodi con mio fratello. Una santa donna che, quando mi vede, mi saluta sempre benedicendomi nel nome di san Francesco. Prima ho detto che sarebbe forse meglio essere orfani perché a tutti noi hanno propinato un’educazione unilaterale, esclusiva, sbagliata. Io ricordo, in un film che ho fatto, l’episodio di un padre che rimproverava il figlio perché beveva il brodo portandosi la fondina alla bocca e facendo rumore. "No, non si fa così, è da maleducati”, spiegava il vecchio. E, per dar lezione di galateo, si portava lui pure la fondina alla bocca, però bevendo il brodo senza far rumore. Anche quel padre dava un'educazione al figlio; e gliela dava sbagliata. Così io risento ancora di tutto quello che mi dicevano, di tutte le paure che mi inculcavano. Perché se allora non mi avessero mandato giù a forza tutte ’ste storie della religione, io poi non le avrei negate con rabbia, per sentirmi in-sicuro come prima. E cosi, anche adesso, qualche volta dico; "Signore, se ci sei e sei onnipotente, domani fammi svegliare con la fede e cosi sto tranquillo". Ma quel domani non viene mai».

E lei, allora, come si è comportato coi figli?

«Uh, è stato difficilissimo. Perché lo non sono un osservante; ma le radici piantate nell’infanzia mi sono rimaste. Ho cercato di non sollevare nei miei figli nessun problema religioso, di non dare loro nessuna risposta. "Se imo sente il bisogno di qualcosa di sovrannaturale", è un mio principio, "lo deve cercare da solo". Certo la nonna ha un’influenza deleteria perché parla di paradiso e inferno. Però i miei figli, che pure sono giovanissimi (Roberta, la maggiore, ha 14 anni, poi c’è Luca di 12 e Giovanna di 9), non le credono più. Ma nemmeno la deridono; solo sorridono con tenerezza. Perché loro non hanno avuto l'educazione angosciosa che ho avuto lo. Certo, io con loro non nego Dio del tut-to. Anzi, dico loro; "Guardate come vostra madre e io ci vogliamo bene. E questo per me forse è una manifestazione di Dio. Piccola, perché siamo piccoli. Ma è una manifestazione di Dio. Perché Dio è amore, deve essere amore"».

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E quanto a educazione sessuale? So che per lei è un pallino, una questione da porsi seriamente. Cosa ha fatto coi suoi figli? E ci sono addentellati nel film?

«Al ragazzo nel film insegnano che il sesso è peccato, è tabù. C’è un episodio, all’inizio, in cui il piccolo entra per caso nella camera di una zia e la sorprende con l’amante. E la donna spiega prontamente al nipotino che l’uomo è l’angelo custode. In seguito, il bimbo deve fare la prima comunione. E allora scrive una letterina per l’angelo custode, chiedendogli il dono di un pallone come ricompensa se si accosterà bene al sacramento. E va a depositare la letterina nell'armadio, che crede sia la normale dimora dell'"angelo". Mentre è là. fa zia arriva in camera, si spoglia per fare un bagno. Quando entra nuda nella tinozza, si accorge del nipotino. E, pensando che sia lì per spiarla, rimprovera aspramente il bambino, lo chiama dannato peccatore e gli dice che li prete non gli darà mal l’assoluzione per una colpa così infernale. Cosi il piccolo, al momento della confessione. non ha il coraggio di raccontare il "peccato”; e poi, alla comunione, per il pensiero di commettere sacrilegio, si sente come strozzare e bloccare l'ostia In gola. Allora fugge dalla chiesa, corre su un muro e precipita da un’altezza di venti metri. Ma non si fa nulla. Gli va bene per caso, si sa che i bambini sono di gomma. Però in paese lo prendono per un miracolo, lo dedicano ai santi e gli mettono il saio da fraticello. E lui cresce cosi, concependo il sesso come dannazione e la vita come espiazione della "colpa" commessa. Bene, un episodio come questo, tranne la parte Anale dal salto del muro in poi. è capitato veramente. A un cuginetto che viveva con me. E nello stesso clima sono cresciuto io. Perciò coi miei Agli ho voluto che tutto fosse diverso. Fin da quando erano piccoli, io e mia moglie li abbiamo voluti abituare a vedere i genitori nudi. Mia moglie ci riusciva bene, e ci riesce bene tuttora. Quando fa il bagno lascia che anche il maschietto le giri tranquillamente attorno. E i Agli non hanno mai provato nessun imbarazzo. Ma che fatica mi costa farmi vedere nudo da loro! Una vergogna! Una vergogna che non sono mai riuscito a superare. Comunque, quand'erano piccoli piccoli, li lasciavo entrare liberamente quand’ero in bagno. Ma adesso che sono cresciuti non ce la faccio più. Così, quando entro nella vasca, prima tergiverso e sollevo una gran schiuma. Soltanto allora li lascio entrare. E loro arrivano, mi guardano, capiscono la mia debolezza e mi prendono in giro, dicendo: "Papà, ma tu ti nascondi!"».

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E alle loro domande sul sesso, lei rispondeva?

«Si, a suo tempo ho spiegato loro tutto. Ricordo, ad esempio, che Luca, quando aveva 9 anni, un giorno venne da me e mi chiese: "Papà, cos’è un frocio?”. Io rimasi un attimo interdetto. Va bene spiegare la normalità sessuale, mi dicevo, ma alle anomalie non c'ero ancora arrivato. Cosi, con una scusa andai in un’altra stanza, mi concentrai per un quarto d'ora sul tipo di risposta da dare, poi tornai da luL E gli parlai apertamente. Gli dissi. "Guarda come tua madre e io siamo felici, perché ci vogliamo bene e abbiamo tre bei bambini. Bene, è cosi perché noi siamo normali Un frocio invece è un uomo incapace di amare una donna. Si innamora di un altro uomo. E sarà quindi sempre un infelice, perché non potrà avere Agli. Luca mi ascoltò seriamente, e capi».

Lei parla di una cattiva educazione sessuale. Come quella che riceve il ragazzo del film.

«Appunto, che per questo infatti rischia di diventare impotente. "Dedicato” ai santi come miracolato, cresce indossando il saio in un convento di frati. E aspetta un segno della vocazione definitiva. Finché conosce una maestrina. E sente nascere per lei uno strano turbamento. E un giorno, giocando con lei e con i ragazzi a saltacavalla, le dà una pacca sul sedere. Che è poi ima pratica normale nel gioco. Ma lui si sente scosso. E va a confessarsi da un frate anziano. "Fratello”, gli dice, "ho giocato a saltacavalla con la maestrina e le ho dato una sberla sul sedere. Ho peccato”. "Macché peccato", dice il vecchio frate, che è uomo di buonsenso, "che saltacavalla sarebbe senza pacche sul sedere?". "Il fatto è che a me della saltacavalla non importava proprio niente. Io volevo solo toccare la maestra. È il segno che devo pentirmi e dedicarmi definitivamente a Dio?”. ”È solo il segno che la maestra ci ha un bel sedere”. Poco convinto sullo svolgimento della confessione, il ragazzo se ne va. La sua infatuazione per la maestra cresce. E un giorno, mentre la segue spiandola per un bosco, lei viene morsa da una serpe alla gamba. E lui le corre In soccorso, le succhia la ferita, è questo il suo primo contatto carnale con una donna. E ha una polluzione involontaria. Sconvolto da questo fatto, corre dal frati gridando che il "segno" è arrivato. Ma quelli capiscono come stanno invece le cose e lo mandano via dal convento. "Devi andare nel mondo”, gli dicono».

E lei, Manfredi, i suoi figli li manda per il mondo?

«Mamma mia, che pericolo! Io avevo abituato mia figlia Roberta, che ha 14 anni, a recarsi a scuola da sola. Lei frequenta un liceo vicino a piazza Venezia, noi stiamo sull'Aventino. Mi dicevo: "Saranno un paio di chilometri, camminare fa bene. Bisogna abituarli, ’sti figli, ad andare in giro da soli". Bene, un po’ di giorni fa, vicino a casa, Roberta è stata aggredita da due ragazzotti. Uno l’ha presa per la gola per impedirle di gridare, mentre l’altro le strappava i vestiti. L’Aventino, anche di giorno, è un luogo solitario, c’è poca gente in giro. Ma quando è avvenuta l’aggressione era pieno di coppiette. E tutti hanno visto. Ma nessuno s’è mosso. Finché Roberta è riuscita a divincolarsi. E a scappare urlando. Allora è accorsa gente, è arrivata anche mia moglie. Uno dei due mascalzoni è stato preso. Ma con mia moglie faceva lo strafottente. Finché lei gli ha gridato: "Io ti faccio mettere in galera a vita!". Allora lui sì è acquetato. Si è messo a piagnucolare».

Ma sua figlia è già donna fatta?

«Eh sì, si è sviluppata già da quando aveva 11 anni. Oggi son tutti così i ragazzi. Io che sono un vecchietto, a volte me ne dimentico. Così, anche durante la preparazione del film, magari dicevo: "Per questa parte ci vorrebbe una ragazzina di 12 anni”. E pensavo alle ragazzine della mia infanzia. Invece poi arrivavano a offrirsi per la parte delie sventole di ragazze ben formate con tutte le cose a posto. E avevano 12 anni per l'anagrafe».

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Sarà effetto dell’educazione sessuale.

«Eh già, chissà. Però l’educazione sessuale ha molti lati positivi. Pensi se mia figlia non avesse capito cosa volevano da lei ì due ragazzotti! Pensi che dramma più grave, che choc! Invece così ha superato abbastanza bene la disavventura. Anche se ho dovuto stare tutta notte a consolarla. perché piangeva. E intanto la più piccola, Giovanna, che aveva sentito usare la parola "violentare", voleva che le spiegassimo il significato. "Cosa vuol dire?”, brontolava, "che forse volevano strattonarti?". Giovanna ha 9 anni; stavolta non ho avuto il coraggio di parlare chiaramente, spiegarle cosa stava per succedere alla sorella».
Insomma, i figli bisogna farli crescere senza paure. Perché sappiano affrontare il mondo.

«L’ha detto, senza paure. Proprio così. Ricordo che quand’ero bambino avevo una gran paura del buio, del lupo mannaro, del diavolo e così via. E dormivo in una soffitta che era piena di scricchiolìi. Avevo gli incubi. Una situazione che ho fatto rivivere col ragazzino del film. Per questo, quando i miei figli erano piccoli, andavo in bestia se qualcuno, familiari o no, cercava di farli star buoni spaventandoli con le storie del lupo, delle streghe o simili».

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Torniamo al film. Abbiamo lasciato lei protagonista che va via per il mondo. Che le succede?

«Divento un piazzista e un giorno, già verso la maturità, conosco un singolare tipo. Un farmacista che converte me ex-miracolato alle sue idee di anarchico e mangiapreti. Poi conosco sua figlia e me ne innamoro; arriviamo alla cerimonia delle nozze, con il rifiuto sull’altare in coerenza coi nuovi princìpi, suscitando gran gioia nel mancato suocero».

Con gran gioia del mancato suocero?

«Sì, perché anche lui, ateo e libero pensatore, non ha mai voluto sposare la madre della figlia. E vuole che anch’io viva con sua figlia senza sposarla. Ma il vecchio, in punto di morte, sposa la donna e si converte dimante l’estrema unzione. Che è tutto un cerimoniale complesso, barocco. Lei ha mai avuto un'estrema unzione?».

Per fortuna mai.

«Io sì, almeno un paio di volte. E mi ricordo tutta quella allucinante cerimonia, ce l'ho qui stampata in mente. L’ultima volta che mi capitò avevo 16 anni. Soffrivo per una pleurite essudativa doppia e non respiravo più. Ma il medico che mi curava era sordo, così, quando mi auscultava, non capiva che avevo i polmoni compressi da una massa di siero. E una notte che sembravo lì lì per spirare arrivò il prete per darmi l’estrema unzione. Lo vedevo benissimo mentre mi ungeva la bocca, il naso, le orecchie, le mani, anche i piedi. E mi diceva: "Come sei fortunato a morire così giovane, a 16 anni! Ricordati, quando sarai in paradiso, di dire una parola buona per me, perché mi riservino un posto”. E io a questo punto chiamai a raccolta tutte le mie forze e gli urlai: "Ma perché nun te pijì er posto mio!”. Lui se la prese a male, ma non se ne andò. Si sedette a fianco del letto, aspettando che morissi. Ma io non morivo. E le ore passavano e lui si seccava molto perché non mi decidevo a tirare le cuoia. Alla fine se ne andò comunque. E al suo posto arrivò un altro medico, che capì cosa avevo e con una siringa mi svuotò di tutta quell’acqua che avevo nel torace. E così la scampai. Ma chi se la dimentica più, quell’estrema unzione!».

E dopo l’estrema unzione al vecchio e la morte di lui, a lei che succede nel film?

«Io, quando vedo il vecchio convertirsi, mi dico: "Eh no, io non cedo, muoio senza sacramenti”. E mi propongo di dimostrarlo. Vado su una scogliera e mi butto di sotto. E mi risveglio in un letto d'ospedale, con la mia mancata sposa, la figlia del farmacista, al capezzale, che chiede a un medico: ”Si salverà?’’. E lui risponde: "Credo di sì. Ma è un miracolo”. Il medico è un bestemmiatore, uno che al Padre Eterno non ci crede manco per niente, che parla di miracolo, tanto per dir qualcosa. Ma a me quella parola fa riaffiorare alla memoria tutta la mia infanzia di "miracolato dedicato ai santi”, con tutti i patemi e i problemi che mi aveva creato. "Arieccoci", è la morale che si legge nei miei occhi, mentre il film finisce».

In definitiva, Manfredi, con questo film lei ha lasciato il filone del film comico per darsi a quello drammatico.

«No no, assolutamente no. Io non ho fatto un film "da piangere”. La gente non deve dire: "Mo' questo ha fatto i soldi con le farsette e adesso fa er serio". No, io voglio far ridere; e poi far pensare, per questo ho fatto un film comico-grottesco. Che non deve far solo ridere, come tanti film vuoti e gratuiti che ho dovuto fare per far carriera. Io ci ho messo la battuta spiritosa, la situazione umoristica (ne ho messe tante) perché voglio che il pubblico mia stia a sentire, stia attento per quello che ho da dire dopo».

Luigi Bernardi, «Oggi», anno XXVII, n.14, 5 aprile 1971


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Luigi Bernardi, «Oggi», anno XXVII, n.14, 5 aprile 1971