Silvana Mangano diventa dolce

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La proverbiale angolosità del carattere di Silvana Mangano si è smussata: l’attrice, che ha ripreso a lavorare e sta interpretando due film d’impegno, ha imparato perfino a ridere

Roma, luglio

«Con De Sica — dice Silvana Mangano prendendo l’iniziativa del discorso (è la prima volta che mi capita, una volta bisognava cavarle le parole di bocca) — si lavora bene; non si ha l’aria di voler combinare un’opera d’arte, si lavora e ci si diverte...». Sarà che lei riesce a capirlo bene, o lui a capire lei; insomma, vi è un rapporto giusto, il cinema si dovrebbe sempre fare così... «De Sica — aggiunge — sostiene che non bisogna mai scegliere le cose facili; è vero, sono d’accordo con lui; quando uno affronta di proposito una difficoltà e la supera, la sua soddisfazione è doppia, perchè è riuscito a far bene una cosa difficile». Nell’Oro di Napoli, per esempio, («credo che sia stato uno dei miei migliori film»), aveva una parte terribilmente difficile; e così nello sketch del Giudizio universale.

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L’ha interpretato pochi giorni fa, a Napoli, un mese dopo la nascita del suo quarto figlio. «Si tratta — precisa — di una donna che, travolta dalla paura, perde il controllo e rinfaccia al marito le sue colpe: i furti, le malversazioni, le furfanterie commesse nella sua vita». Un personaggio vero («può capitare a tutti di perdere il controllo...»), ma grottesco: la donna entra ed esce da una porta, sputando addosso al marito (Jack Palance) le sue colpe; questo atteggiamento è divertente, ma le cose che dice sono drammatiche: la paura di lei fa ridere e fa pena, gli estremi si toccano. «Un po’ Shakespeare» le dico, e la attrice: «Shakespeare oggi...», sussurra con una punta d’ironia verso l’ ”oggi”. E poi: «Sono convinta — aggiunge — che sarà un bel film».

Andrà al Festival di Venezia quando lo presenteranno? Alla parola festival una leggera nube offusca la sua serenità, il tono felice con cui mi ha parlato finora del suo lavoro (anche di quello che sta facendo in questo momento, a due passi da qui, sul ”set” di Barabba), e lì per lì cerca di difendersi: «E' meglio che non ne parliamo», dice; ma poi lei stessa , riprende l’argomento con disinvoltura, anzi con il proposito evidente di chiarire gli equivoci accumulatisi sui suoi rapporti con il cinema e con il pubblico. E' un atteggiamento nuovo, perchè fino a poco tempo fa la Mangano aveva preferito essere accettata o rifiutata per quella che era, senza curarsi delle reazioni del prossimo. «Avevo giurato — spiega —- di non recarmi più a nessun festival; poi, due anni fa, andai a Cannes e mi combinarono lo scherzetto di Sordi...».

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Mi aspetto che concluda: «...e così ho chiuso di nuovo con i festival...», e invece aggiunge con filosofia: «Certo, ai festival s’incontrano persone che si eviterebbero volentieri, succedono talvolta cose spiacevoli, ma tutto sommato non vale la pena di prendersela...».

E’ il punto cui le premeva di arrivare. L’equivoco più grosso che si è creato intorno al suo nome, è quello secondo cui alla Mangano non piacerebbe di fare l’attrice, reciterebbe controvoglia se non addirittura per forza. Si tratta di una storia vecchia «che non era vera neppure agli inizi», si accalora la Mangano; ma, nonostante tutte le sue smentite, viene ancora ripetuta, tale e quale. «E’ irritante, ingiusto», continua; lei ha sempre detto che non le piaceva recitare quando una parte non la convinceva, ma sono due cose diverse, no? Invece... «Senta questa — mi dice. — Arrivo a Nizza e mi chiedono: è venuta per recitare? No, rispondo, per riposarmi. E il giorno dopo cosa leggo sui giornali? La Mangano non farà più l’attrice...».

«Sì — aggiunge — lo fanno perchè sono antipatica. Lo so», continua dopo ima pausa e abbozzando un sorriso non privo di tristezza e d’orgoglio, «non mi possono vedere perchè do poca confidenza, a causa dei miei sguardi d’odio...». Il tono è volutamente caricato ma il suo dispiacere per l’equivoco che si perpetua intorno a lei appare sincero; senza dubbio
essa raccoglie i frutti di qualcosa che, magari senza volere, ha seminato, ma quello che sta dicendo ha tutto l’aspetto di ima pubblica autocritica. Che sta succedendo a Silvana Mangano? E’ chiaro: essa si è appassionata al proprio lavoro, ciò che fa ora la soddisfa, non vuole che fra lei e il pubblico si frappongano schermi artificiosi, vi siano motivi di diffidenza; e poi, raggiunto un maggiore equilibrio interiore, sta diventando più dolce, più tollerante.

1961 07 15 Tempo Silvana Mangano f3NEL "GIUDIZIO UNIVERSALE", il film che De Sica ha girato a Napoli, Silvana Mangano appare così. Nella foto piccola l’attrice indossa un abito dorato e porta una favolosa corona sul capo. Ma il suo sguardo è fosco e cupo: ha appena avuto un violento alterco con il marito, il "mago di Toledo” - l’attore Jack Palance - al quale ha rimproverato le sue furfanterie, uscendo dallo scontro con un occhio pesto. Nell’altra foto, l’attrice si riposa su un divano drappeggiato come una matrona romana. Il "Giudizio universale” è stato il primo film che Silvana Mangano ha interpretato dopo la nascita della sua quartogenita Francesca.

«Tollerante no — replica lei. — Mi sono rassegnata...»; ma questa precisazione (residuo scatto d’orgoglio) non muta il significato della cosa. Tollerante o rassegnata, oggi Silvana Mangano accetta con maggior realismo la vita e il suo mestiere, sente di contare di più per se stessa, insomma è più felice. Lo si capisce anche dal tono della sua voce, che ha perso l’asprezza dei timidi, dalla facilità con cui si apre, dal tono scanzonato con cui tratta argomenti che un tempo erano per lei quasi drammatici. A Napoli, mi dicono, l’hanno vista ridere di cuore, piegata in due, agli sketches di Sordi, e poi chiacchierare fitto fitto con la suocera, di abiti da sbattere, da riporre in naftalina: mai stata così serena. «E’ vero — mi dice. — I miei suoceri sono napoletani e approfittano di ogni occasione per tornare nella loro città».

Ed è anche vero che a Napoli si è divertita molto. Non solo alle buffonesche esibizioni di Sordi (che ballava con un uomo vestito da donna), ma anche a quelle di Gassman, lungo lungo, che ballava con un uomo piccolo piccolo, come un nano ma non era un nano.,. E Jack Palance, che impressione le ha fatto? «Simpatico da morire...», esclama. «Perchè non parla?». «Già — risponde — perchè apre bocca solo per sapere una cosa, se gli taluna domanda risponde senza esagerare, e poi è capace anche di entusiasmarsi se è necessario...». Palance era uno degli attori che le piacevano di più, anche prima, «perciò — dice — avevo il terrore che, conoscendolo, mi deludesse...». Invece l’ha osservato a lungo (è una sua mania osservare la gente), e non l’ha deluso. E Quinn?

1961 07 15 Tempo Silvana Mangano f4UN ISTANTE DI RILASSAMENTO tra una scena e l’altra. Il cane è sdraiato accanto all’attrice, il bicchiere a terra è semivuoto, Silvana ha un’espressione beata e assente. Queste ultime settimane sono state per lei intense di lavoro: dopo il "Giudizio universale”, la Mangano ha interpretato alcune faticose scene di "Barabba”, il film del regista Richard Fleischer ispirato alla vita del ladrone che si salvò per la condanna di Cristo. L’attrice che aveva smesso gli eleganti abiti del "Giudizio universale” e aveva indossato una tunica di stracci, è stata costretta a subire a lungo la pioggia di finti sassi della folla di Gerusalemme.

«Lo conosco meno...», dice l’attrice con una sfumatura diplomatica nella voce, da cui si capisce che, senza odiarlo, l’attore messicano non è in cima alle sue simpatie. Con Quinn, la Mangano interpreta il Barabba, un grosso film per il quale De Laurentiis ha ricostruito, fra Roma e il mare, un’intera "città”, che ricorda l’Hollywood dei tempi d’oro. Che cosa pensa di questo ampliamento dell’attività di suo marito? «Mi fa paura — dice. «Se prima De Laurentiis lavorava 24 ore su 24, ora ne lavora 36». Confesso d’essermi sbagliato: ero certo che questa volta la Mangano avrebbe chiamato suo marito per nome; ma è prossimo il momento in cui, invece di De Laurentiis, lo chiamerà Dino.

A. D., «Tempo», anno XXIII, n.28, 15 luglio 1961


Tempo
A. D., «Tempo», anno XXIII, n.28, 15 luglio 1961