Sophia sul fiume

1953 Silvana Pampanini 1000

Epoca-Sofia-Loren

Il regista Mario Soldati ha girato a Comacchio il suo primo film a colori per mostrarci paesaggi e uomini di una zona suggestiva e fra le meno conosciute d'Italia.

Comacchio, novembre

Nel vasto e arroventato capannone per la marinatura delle anguille, Mario Soldati sta girando l’ultima scena del suo primo film a colori, La donna del fiume. I dodici forni sono incandescenti. Sette tonnellate di anguille, infilzate ancora vive negli spiedi, guizzano e friggono. Odore acuto di grasso bruciato, di fumo. I riflettori illuminano un forno. Seduta su uno sgabello, davanti al fuoco, Sophia Loren gocciola sudore. Parrucchieri e truccatori si affannano ad asciugarla, a ritoccare le labbra, a spettinare con arte i capelli; la costumista le tira su la sottana perché l’attrice sia più provocante. Intanto le vere operaie, indifferenti al «cinema», continuano ad infilzare anguille, a metterle sul fuoco, a portare i lunghi spiedi sui tavoloni perché scoli l’unto. Soldati, tutto avvolto in un lenzuolo di spugna, è rannicchiato su una seggiola nell'angolo più riparato. «Non è il .caldo che mi spaventa» dice ai suoi assistenti. «È il freddo. Sono questi spifferi gelidi che entrano dalle finestre e dalle porte. Sembrano tante coltellate.» Il regista ha ordinàto due bottiglie di whisky per incoraggiare l'operatore, gli «aiuti», i carellisti. Con il caldo dentro il corpo si sente meno l’aria infuocata.

La scena da girare è breve. Prima un lungo carrello davanti ai forni e poi un particolare della protagonista. Sophia Loren finge di lavorare, sudata e spettinata. Le si avvicina un giovanotto e fa il gesto "di toccarla. Sophia, indignata, si ribella e per poco non lascia andare uno schiaffo al bellimbusto. Questa scena, lasciata per ultima, gli spettatori la vedranno per prima. È l’inizio de La donna del fiume: Sophia, nella parte di Nives, entra in azione. È una bella ragazza che vive in una capanna ai margini di un bosco, sul canale. Per guadagnarsi da vivere viene a lavorare a Comacchio, alla marinatura delle anguille. E nel capannone, lei così bella al confronto delle smunte e infagottate donne del paese, deve resistere alle insistenti attenzioni di un dongiovanni da strapazzo, Gino Lodi, al quale le ragazze, o affascinate o impaurite, non sanno resistere. Sophia resiste, almeno in questa scena. Negli occhi riesce persino ad avere lampi di indignazione.

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Nel film di Soldati la Loren interpreta per la prima volta un personaggio drammatico senza rinunciare agli attributi che l’hanno resa famosa.

Quando Soldati grida che il lavoro è finito, l’attrice si avvolge in una pesante vestaglia. Una cameriera le cambia le calze, un’altra le avvolge premurosamente una sciarpa intorno al collo; l’autista è già pronto con il motore acceso per riaccompagnare la diva in albergo. Prima di abbandonare il capannone la Loren si sfoga con un amico: «Caro mio, se mi dicevano che c’era da sudare tanto chiedevo più di venti milioni». L’amico dice di si, che avrebbe fatto davvero bene a chiederli; poi aggiunge, forse per calmare la sdegnata ribellione di Sophia: «Pensa che tutte queste donne fanno per dieci ore il giorno il lavoro che tu hai fatto per un’ora e guadagnano milleduecento lire. Eppure queste comacchiesi son felici quando arriva la stagione delle anguille». Sophia si allontana cupa. Arrivata in albergo evita di cenare, per non perdere la linea, e si addormenta.

Soldati, chino su un piatto di lepre in salmi che gli appanna gli occhiali, racconta il seguito del film. «Una sera» dice «dopo aver ballato, stanca ed eccitata, Nives cede a Gino. In breve: mette al mondo un figlio. Il giovanotto non vuol riconoscerlo e allora la ragazza lo denuncia per contrabbando. Gino finisce in carcere e Nives cambia casa. La ritroviamo due anni dopo alla foce del Po Gino scappa e la polizia, convinta che voglia vendicarsi, tien d’occhio la casa di Nives, alla quale, intanto, muore il figlio annegato. Gino, pentito, segue i funerali e poi si costituisce. C’è da immaginare che una volta scontata la pena tornerà per sposare la ragazza.» Con La donna del fiume, Sophia Loren affronta per la prima volta una parto di protagonista drammatica. Forse, per lei. è finito il tempo della cover-girl, della ragazza che non sa che farsene di un volto espressivo, tanto gli spettatori guardano il resto.

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Se Mario Soldati voleva offrire alla Loren l’occasione che Silvana Mangano ebbe con Riso amaro, nessun soggetto e nessun ambiente naturale andava meglio di questo. Non che il film di Soldati sia una ripetizione di quello di De Santis; tuttavia gli elementi delle due pellicole hanno una rassomiglianza evidente: un paesaggio inedito e una stuzzicante protagonista. Ne La donna del fiume esordisce Rik Battaglia, attore per la prima volta. «Rik è nato da queste parti» si lascia andare Soldati «faceva il barcaiolo su questi canali; poi andò a Milano, a lavorare come barman. Me l’han presentato Ercole Patti e Bompiani e non credeva di poter fare il cinema. Quando gli dissi che c’era da guadagnar milioni abbandonò bottiglie e bicchieri, ma era sempre incerto se davvero gli conveniva lasciare il postò che aveva, con uno stipendio fisso. Ha una maschera interessante. Farà strada.»

Alfredo Panicucci, «Epoca», anno V, n.214, 1 novembre 1954


Epoca
Alfredo Panicucci, «Epoca», anno V, n.214, 1 novembre 1954