Sofia Loren è contenta ma piange

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Giunta finalmente al grande viaggio verso Hollywood la Loren si sente immensamente triste. Quella che ora l’attende è una prova tutt’altro che facile e dovrà affrontarla da sola

Roma, aprile

Il grande viaggio di Sofia Loren comincerà alle 11 di mattina del 4 aprile, dall’aeroporto di Ciampino. Vi saranno, a salutarla, poche persone: la madre, Alessandro Blasetti, il regista Basilio Franchina, la sua truccatrice, e pochi altri intimi. Sarà una partenza condita di molte lacrime e i fotografi potranno immortalare una scena certamente patetica. Giunta all’agognato traguardo. Sofia si sente immensamente triste. «Mi dispiace», dice, «lasciare l’Italia, i miei familiari, gli amici, Cinecittà; non provare più quella meravigliosa sensazione che provo quando vengo a Cinecittà e sento parlare romano...». Come tutti i napoletani. Sofìa è una sentimentale ed è fortemente legata al suo passato; ma a tutto ciò si aggiunge ora la tristezza che provocano talvolta le cose nuove e sconosciute, l’importanza del passo che sta per compiere e che, questa volta, dovrà compiere da sola.

L’attrice partirà, infatti, insieme alla sorella, ma Basilio Franchina, che, dal tempo del film La donna del fiume non l’ha mai lasciata sola un momento, rimarrà a Roma. Per alcuni anni, questo regista è stato il suo amico, il suo consigliere, il suo maestro. Le ha insegnato i segreti del mestiere; hanno letto insieme i copioni: l’ha confortata con i suoi consigli, dopo ogni scena, e nei momenti di crisi. Apparentemente spavalda e sicura di sè, Sofìa è in realtà una ragazzina che crede ai portafortuna, che in un albergo non può dormire senza tenere la luce accesa, che quando lavora ha bisogno di sentirsi circondata da una calda atmosfera di benevolenza. «Altrimenti», dice, «non so lavorare».

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La presenza e l’amicizia di Basilio Franchina facevano parte integrante di questa atmosfera. Ma arriva per tutti il momento di diventare grandi. E Hollywood, oltre che il punto più alto della sua carriera, costituirà per Sofia Loren la prova che essa è diventata grande. Sarà una prova tutt’altro che facile. L’attrice vi dovrà affrontare, oltre che un ambiente affatto nuovo, che, per esempio, ha delle esigenze di mondanità alle quali in Italia ha sempre cercato di sottrarsi, un lavoro molto impegnativo: il primo film che la aspetta sarà diretto da Daniel Mann, uno dei registi più intellettuali di Hollywood, ed è tratto da un dramma di O’Neill, Desiderio sotto gli olmi. E’ un film che, da dieci anni, tutti i produttori americani hanno avuto in mente di realizzare, che più volte hanno messo in cantiere, ma al quale hanno puntualmente rinunciato, perchè non trovavano l’attrice adatta.

Quello della protagonista è, infatti, un ruolo che richiede un temperamento eccezionale, altrimenti rischia di apparire improbabile. Si tratta di una donna che va sposa ad un anziano e ricco proprietario di terre, e che si innamora del figlio di lui. Da questo amore nasce un bambino. Ma siccome il giovane è accecato . dal sospetto che la donna abbia finto di amarlo, per interesse, essa gli dà la prova suprema del suo amore: uccide il figlio. Ir-vin Shaw, che ha sceneggiato il dramma, ha apportato qualche mutamento. Ha trasformato, per esempio, il personaggio della donna in napoletana, per adattarla al temperamento e al tipo fisico della Loren. Ma il resto della storia è rimasto pressoché identico, e la sceneggiatura conserva il pathos, l’alta temperatura del testo originale.

Sono circa tre mesi che Daniel Mann ha inviato alla Loren il copione del film. In questi tre mesi l’attrice se l’è riletto decine di volte; ne ha discusso con gli amici; durante le pause del suo lavoro, quando si sentiva insoddisfatta lo riprendeva in mano. L’ha provato tutto, scena per scena. Non senza difficoltà, talvolta. La prima volta, il suo istinto di ragazza meridionale si ribellava alla scena in cui la protagonista soffoca con un guanciale il suo bambino; era più forte di lei, le sembrava impossibile immedesimarsi con la "sublime” mostruosità di quel gesto. Ma poi se ne è fatta una ragione, collocandola nelle ragioni artistiche del testo. E del testo si è imparata a memoria, fin da ora, tutte le battute; cosicché essa arriverà in America perfettamente preparata e non dovrà fare altro, sul posto, che rileggersi il copione per rinfrescarsi la memoria.

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Questa sequenza dell'asinello libico che ripara dai nostri sguardi Sofia, sarà certamente una delle scene più bizzarre e anche più piccanti del film "La leggenda di Timbuctu", girato in Africa.

A Hollywood, del resto, gliene sarebbe mancato il tempo. Appena giunta, dovrà girare alcune scene supplementari di Orgoglio e passione (il film girato in Spagna l’estate scorsa); subito dopo entrerà negli studi della Paramount. Finito Desiderio sotto gli olmi, inizierà un altro film, House boat, diretto da Mankiewicz. Un programma da togliere il fiato. Ma la Loren, al ritmo degli americani ormai ci è abituata. Da quando, nell'aprile del ’56, cominciò a lavorare con Stanley Kramer, ha girato tre film con soli dieci giorni di intervallo, impiegati per provare i costumi. E sono stati film tutti in esterni, cioè uno più faticoso dell’altro, con alzate antelucane, lunghi spostamenti, e uno di questi girato nel Sahara, con tutto ciò che il deserto comporta, di inverno.

1957 04 11 Tempo Sophia Loren f3ED ECCO, FUORI FILM, come si conclude la scena del bagno: siamo in Africa, e precisamente sul lago di Gadames, tuttavia l’acqua è fredda e l’attrice napoletana chiede una immediata assistenza. Il film è stato diretto da Hathaway.

Un freddo tremendo, per esempio. A Gadames, la sera dell'arrivo, per ripararsi da questo freddo Sofia si mise a letto con un sacco di coperte e due stufe e un lume a petrolio accesi. Era molto stanca e si addormentò presto, ma presto si risvegliò, con una forte emicrania. Cercò di riaddormentarsi. ma si risvegliò ancora, due, tre. quattro volte; ogni volta l’emicrania era più acuta e l'ultima volta cercò di prendere sul comodino un tubetto di cachets. Non ci riuscì. Le mani le tremavano. Faticosamente si calò dal letto, ma non si reggeva in piedi; carponi, cercò di raggiungere la vestaglia. La raggiunse ma non riuscì a staccarla. Bagnata di sudore gelido, andò, tentoni, verso la porta, riaprì, chiamò aiuto, e cadde a terra, svenuta.

A parte questo pericoloso incidente, l’esperienza di lavoro con gli americani è stata per Sofia Loren molto interessante, ricca di insegnamenti. E la attrice ne ha fatto tesoro. «Io sono come una spugna», dice. Non per nulla ha avvicinato tre registi, ognuno dei quali mette nel modo di dirigere il proprio personalissimo carattere: Stanley Kramer la timidezza, Jean Negulesco la dinamicità. Henry Hathaway una focosa rabbiosità. The quiet American, essa lo chiama, per prenderlo in giro. E non per nulla ha lavorato con attori famosi, come Grant, Sinatra. Wayne, da ognuno dei quali c’era qualcosa da imparare. Quello con il quale ha simpatizzato di più, al di fuori del lavoro, è stato Cary Grant; egli fu molto gentile con lei e prodigo di consigli, quando girava in Spagna il suo primo film in inglese. Sofia pensa, con simpatia, che lavoreranno ancora insieme, a Hollywood, in Honseboat.

1957 04 11 Tempo Sophia Loren f4ANCHE ROSSANO BRAZZI si china premuroso su Sofia Loren, ridente ma raggelata. Il freddo è stato, paradossalmente, il peggior nemico della nostra attrice, che rimpiangeva Napoli, durante la lavorazione del film. In effetti il Nord Africa, specie all’interno e di notte, ha un clima invernale relativamente rigido.

1957 04 11 Tempo Sophia Loren f5IL VENTO DEL DESERTO fa rabbrividire Sofia. Ma ormai tutto questo è passato e l’attrice deve pensare ad affrontare i primi intensi calori estivi della California. La partenza da Ciampino per gli Stati Uniti è fissata per il 4 aprile; l’assenza dall’Italia è prevista di un anno; tre i film da girare.

Dopo il film di Mankiewicz, andrà in Inghilterra, per interpretare un terzo film, e quindi, a primavera, tornerà in Italia. Starà dunque lontana da Roma un anno circa; e un anno è lungo. Perciò questi sono, per Sofìa Loren, giorni di affrettati preparativi, e di grande malinconia. Ogni tanto, a casa sua, squilla il telefono e la voce accorata di uno sconosciuto le domanda: «Ma perchè se ne va?». Il più dispiaciuto, fra i suoi amici, è Alessandro Blasetti. Blasetti è il regista che l’ha lanciata, e Sofia non se l’è dimenticato: a lui riserberà il prossimo anno, quando tornerà in Italia, il privilegio di dirigere una Sofia Loren assai più esperta e ben altrimenti famosa. «Io verso tutto dentro» dice «non dimentico nulla».

Stelio Martini, «Tempo», anno XIX, n.15, 11 aprile 1957


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Stelio Martini, «Tempo», anno XIX, n.15, 11 aprile 1957