Una vecchietta decretò il successo di Yvonne Sanson
L’attrice che migliaia di ammiratori in lagrime hanno chiamato figlia, madre, sorella, da due anni sta scrivendo la sua biografia che, dice, “conterrà molto amore”
Roma, ottobre
Rientrata a Roma dopo un viaggio di un mese nella sua patria, la Grecia, Yvonne Sanson si è rinchiusa nella sua villa, al decimo chilometro della via Appia Nuova, cinta d’alberi, di prati e di silenzio, ed ora aspetta che passino gli ultimi mesi del 1956: agli inizi del ’57 scadrà il contratto che la lega a una Casa produttrice, contratto vantaggioso ma ferreo, e sarà di nuovo libera e padrona di sè. La Sanson aspetta questa data con ansia. «Io non sono contraria ai contratti», ella dice, «ma solo se i produttori ti fanno lavorare sul serio». L’impegno era per due film all’anno; e invece l’ultimo film che ha interpretato risale ad un anno fa. Se da qualche tempo, da quando rifiutò di fare una parte nel primo film della serie Pane, amore, i rapporti con il suo produttore erano divenuti tesi, adesso da circa un anno è la guerra, «Mi hanno rinchiusa qua dentro», conclude con aria avvilita l’attrice, «senza che io potessi far nulla per ribellarmi»; e le sue parole, nel grande soggiorno di 40 metri per 20, sfarzosamente arredato, acquistano senza volere un significato leggermente umoristico.
YVONNE SANSON è stata una delle ultime bagnanti di Ostia, dove ancora pochi giorni fa la si è vista fare il bagno, sotto gli occhi esterrefatti di due ritardatari turisti tedeschi.
Molti sono i progetti e le idee che le passano per la mente per dopo, per quando sarà libera. Il più ambizioso è quello cui pensa da vari anni e che adesso è tornato di attualità: diventare la produttrice dei suoi stessi film. Ma le difficoltà che vi si oppongono non sono poche e non sa ancora se deciderà di attuare questo progetto in Italia o in Grecia. L’idea di ritornare nella sua patria infatti l'attira molto. Durante il suo recente viaggio, ha acquistato un terreno a Ki-fisià, nei pressi di Atene, e vi farà costruire una villa, più piccola ma in tutto uguale a quella che possiede a Roma; così, quando la prenderà la nostalgia, basterà che essa chiuda la finestra e le sembrerà di essere a Roma. Non esclude nemmeno, quando la villa sarà pronta, di andarci a vivere per sempre e di abbandonare, dopo dieci anni di cinema e dopo circa trentacinque film, la carriera di attrice. Fra tante incertezze e fra tante possibilità contraddittorie, cui si abbandona con ingenua titubanza e quasi aspettando un consiglio dal suo interlocutore, Yvonne Sanson possiede una sola certezza: non interpreterà mai più film lacrimosi, tipo Catene e Tormento, non vestirà più i panni della ragazza buona, vittima dei fieri colpi del destino e oggetto della universale pietà dei cuori semplici.
Su questo punto non è disposta a transigere: per troppo tempo le sono pesate l’ironia dei critici e le parole che, immancabilmente, servivano a definire il genere dei suoi film di maggior successo: «Sembra un fumetto». E quindi le folte schiere dei suoi ammiratori dovranno rassegnarsi, o a non vederla più sullo schermo o a vederla in parti diverse da quelle predilette. Ironia, a volte, del destino. Il primo film di questa serie. Catene, fu proposto in un primo tempo alla Lollobrigida, che doveva fare coppia con Leonardo Cortese; la Lollobrigida ci pensò un po’, poi, consigliata dal marito, rifiutò. L’offerta allora passò alla Sanson, la quale non seppe dire di no. Chissà se nel caso in cui la Lollobrigida avesse accettato, non sarebbe toccato a lei il ruolo che poi è toccato alla Sanson.
L'attrice non ama la vita mondana disdegna la folla. Per questo. Al suo ritorno dalla grecia dove ma trascorso l'estate, non si è fatta vedere sulle spiagge alla moda. Ad esse ha preferito l’ormai deserto arenile di Ostia. Negli ultimi anni la Sanson ha interpretato all'estero tre film: due in Francia e uno in Inghilterra.
Certamente, prima di allora, nulla era pregiudicato. Yvonne Sanson aveva interpretato alcuni film, ma di genere differentissimo: dal film di Lattuada Il delitto di Giovanni Episcopo, (essa lo considera ancora la sua interpretazione più importante), a Campane a martello di Zampa, a Totò, imperatore di Bisanzio; aveva recitato una piccola parte in un film di Cayatte, era stata Caterina di Russia in Cavalieri misteriosi; in quattro anni, dal giorno in cui, salendo di corsa nel tassì che era venuto a prendere un’amica, era scappata dal collegio di suore in cui suo padre l'aveva mandata perchè si facesse una "grande educazione", aveva fatto strada. La sua bellezza si era imposta anche per un che di misterioso che la distingueva dalle bellezze più lineari e dichiarate delle vamp del tempo. Tutte le possibilità le erano aperte.
Il suo destino, invece, fu deciso da una vecchietta settantenne. Come si fa di solito per saggiare le reazioni del pubblico, la "prima” di Catene venne data in un piccolo paese della Ciociaria; vi assistevano i protagonisti, il produttore, i tecnici della pubblicità; al termine dello spettacolo, vinta dall’emozione, una vecchietta vestita di nero si fece strada fra il pubblico e mormorando fra le lacrime, «figlia, figlia mia!», abbracciò e baciò più volte la Sanson. I tecnici sorrisero compiaciuti, il successo del film poteva considerarsi assicurato, e con esso quello di tanti altri film fatti ad immagine di Catene: Tormento, I figli di nessuno, Toma!, Noi peccatori, ecc. La Sanson diventò l’idolo delle cameriere, delle sartine, dei brigadieri dei carabinieri; il volume della sua corrispondenza aumentò in misura inverosimile e migliaia di ammiratori la invocarono coi titoli di figlia, madre, sorella.
Di carattere un po’ pigra, semplice, timida per via dell'altezza, il successo da un lato e la tranquillità economica assicuratale dal lungo contratto, hanno contribuito ad esasperare via via la sua riservatezza, che a volte viene scambiata per superbia. Ma, per quanto possa sembrare falsa ed inverosimile attribuita ad una attrice famosa per il suo "sguardo sensuale”, l’immagine che dipinge la Sanson come una donna tranquilla, timida, misaqtropa, saggia, è tuttavia la più vicina alla verità della sua vita privata. Le sue concessioni alla mondanità sono state sempre molto rare; il flirt con l’attore Steve Barclay, e la relativa conversione al cattolicesimo, furono una invenzione pubblicitaria escogitata per il film Noi peccatori; tre anni fa partecipò ad un Rallye del cinema perchè la spinsero gli amici; il suo primo viaggio in Grecia, nel ’54, fu dettato dalla nostalgia di rivedere i luoghi dell’infanzia e dal desiderio, umano e provinciale, di fare un trionfale ritorno nella sua patria da cui si era allontanata bambina.
FRA LE ATTRICI, la Sanson è una delle poche che abbia saputo amministrare i suoi guadagni: ha risparmiato, investendo il denaro in case e terreni. Nata a Salonicco da padre francese e da madre greca, ha ventotto anni. Molto spesso, specie ora che la sua figura si è un po’ snellita (è dimagrita di dieci chili), ìs accade di essere scambiata per Maria Felix.
Questo è tutto, almeno ciò che appare; se vi è dell’altro, esso appartiene a quell’intimità che, non essendo affiorata alla cronaca, anche per un’attrice è come se non esistesse. Per conoscerlo, bisognerà forse attendere l’uscita di quel "romanzo" della sua vita, che la Sanson sta scrivendo da un paio di anni e che, più va avanti, meno sembra prossimo alla fine. Lo scrive metà in greco e metà in italiano, un po’ nella sua villa di Roma, un po’ in quella, non meno romita, di Castiglioncello, un po’ in una casa della madre, presso For-mia. Ha riempito finora 200 pagine; da poco ha terminato il "primo tempo". Gli amici, che conoscono il suo carattere tranquillo, dicono che sarà un romanzo "alla camomilla"; l’attrice sorride, fa la misteriosa, promette rivelazioni. «Non sarà come La fiorentina», dice, «ma conterrà molto s’agapò, molto amore».
Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n. 43, 25 ottobre 1956
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Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n. 43, 25 ottobre 1956 (Fotografie di A. Alessandri) |