1898-1998: Cento anni di Totò - La stampa, le immagini, gli eventi

1998 Centenario Stampa


Così la stampa dell'epoca

Cent'anni da Totò

24 Mar 2024 Massimo De Forti, Goffredo Fofi, Roberto D'Agostino, Enrico Vanzina, Fabio Ferzetti, «Il Messaggero», 14 gennaio 1998
Cent'anni da Totò «Perchè ridiamo? Forse perchè l'umanità è cattiva...» Un secolo fa, il 15 febbraio 1898, nasceva Antonio De Curtis. Si sarebbe scoperto nobilissimo principe, anche della…
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Caro Totò, sei diventato il santo della risata

02 Gen 2022 Luciano Giannini, Renzo Arbore, Letizia Riccio, Franco De Ciuceis, «Il Mattino», 14 febbraio 1998
Caro Totò, sei diventato il santo della risata PRIMO PIANO CENTENARIO Festa per il caro amico Totò con polemiche in... mostra L’OMAGGIO AL PRINCIPE - Iniziative La Regione istituisce un…
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Le poesie di Totò - Approfondimenti e Stampa

14 Dic 2021 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Le poesie di Totò - Approfondimenti e Stampa La necessità della poesia: le liriche di Totò «'A livella» e le altre... Non ho hobby, non vado a pescare e non raccolgo francobolli. In quanto…
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Totò. Che secolo...

28 Dic 2020 Goffredo Fofi, «Il Mattino», 9 febbraio 1998
Totò. Che secolo... Nato cent’anni fa alla Sanità, conservò l’humus del suo quartiere lasciando capolavori in cui s’intrecciano comico e patetico Totò morì a Roma all’alba del 15 aprile del…
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Totò e lo sport: siamo campioni o caporali?

15 Dic 2020 Vincenzo Cito, «La Gazzetta dello Sport magazine», anno IV, n.7, febbraio 1998
Totò e lo sport: siamo campioni o caporali? Il 15 febbraio ricorrono i 100 anni dalla nascita dell'attore napoletano. L'abbiamo voluto ricordare con le parole e le immagini dei suoi film…
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15 febbraio 1998: Totò cento

28 Nov 2020 Roberta Pasero, «Film TV», anno VI, n.7, 15-21 febbraio 1998
15 febbraio 1998: Totò cento Totò 100 - A un secolo dalla nascita del principe della risata Il 15 febbraio 1898, alle ore 7.30, nel Rione Sanità di Napoli, in via Santa Maria Antesaecula,…
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L'enigma Totò

24 Nov 2020 «Specchio della Stampa», n.108, 14 febbraio 1998
L'enigma Totò Principe del Sacro Romano Impero e plebeo del Rione Sanità. Divo adorato dalle platee teatrali e cinematografiche, ma selvaggiamente sfruttato dai meccanismi commerciali. Uomo…
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1898-1998: Totò cento

23 Nov 2020 Andreina De Tomassi, «Il Venerdi di Repubblica», 5 dicembre 1997
1898-1998: Totò cento Il 15 febbraio 1898 nasce a Napoli il principe della risata. Per i cento anni di Totò si preparano grandi festeggiamenti. Intanto, la figlia Liliana sta realizzando,…
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Totò introvabile, Totò classico

In rassegna 25 film

Antonio Maria Giuseppe de Curtis-Gagliardi Grillo Focas, principe di Bisanzio, ma anche duca di Drivasto e di Durazzo, nato ovviamente a Napoli, quartiere Sanità. In arte Totò. «Quisquilie, pinzellacchere» e giù ineguagliabili movenze e smorfie, con il volto che si allunga, si accorcia, muove a destra e poi a sinistra. Come uno Stradivari, capace di impareggiabili virtuosismi. Sono passati trent'anni dalla scomparsa del grande attore; i suoi film, spariti totalmente dalle sale, sono esplosi sul piccolo schermo, con un Totò clonato per mille reti, canali e video-cassette. Oggi, la Cineteca italiana lo riporta sul grande schermo, con una rassegna di 25 film, interpretati tra il 1937 e il 1965, presentati nella sala di Via Oxilia 10 (zona Stazione Centrale), per un mese intero, da oggi a venerdì 13 giugno. Proiezioni alle 20 e alle 22, eccezione fatta per la giornata inaugurale che annuncia una sola proiezione alle 21, con «Totò, Peppino e i fuorilegge» di Camillo Mastrocinque, e dell'episodio «Il guappo» da «L’oro di Napoli» di Vittorio De Sica, che disse dell’attore: «Clown come lui ne nasce uno ogni cento anni». 

Totò da lassù sta aspettando, il secolo scade proprio l’anno prossimo. Intanto, lo ritrovi sul sagrato rifatto del Duomo, con l’amico Peppino De Filippo, a chiedere spaesato: «Per andare dove dobbiamo andare, da che parte dobbiamo andare?». Ma oggi, il «ghisa» gli indicherebbe davvero la nuova «via Totò», un po’ fuori mano a dire il vero, dopo le vie Trenno e Natta. Ultimo regalo (gradito) della giunta Formentini. 

In locandina, si ritrovano «I soliti ignoti» di Mario Monicelli, «Guardie e ladri- di Steno. «47 morto che parla» di Carlo Bragaglia, «Napoli milionaria» di Eduardo De Filippo, tanto per citare alla rinfusa. La produzione è sterminata: nei dizionari dei film, solo le pellicole che hanno il nome Totò nel titolo occupano sei, sette pagine. Totò «contro Maciste», «contro il pirata nero», «al giro d’Italia», «all’inferno», «a colori», «sexy», «sceicco», «Tarzan»... Quasi cento film in vent’anni, con molti capolavori di comicità e qualche splendido ruolo «impegnato» («Dov’è la libertà» di Rossellini, «Uccellacci uccellini» di Pasolini). 

Sullo schermo aveva esordito nel '37, con «Fermo con le mani» di Gero Zambuto (in proiezione venerdì 30 maggio, insieme a «Carosello di varietà» del ’55), dopo l'avanspettacolo, osannato capocomico nel classico teatro di rivista. Con «spalla», orchestra, ballerine e soubrettes, fino al '56. Poi, solo il cinema. Amatissimo dalla gente, un po’ meno dai critici, che consideravano il principe della risata un bravo guitto e nulla più. Invece nell’albero genealogico di Totò ci sono Pulcinella e Sciosciammocca, Arlecchino e Pierrot, Capitan Fracassa. C’è la Commedia dell’arte e la provocazione geniale delle parole che bisticciano con la logica: «parli come badi», «a prescindere-, «ogni limite ha la sua pazienza», «ho fatto il militare a Cuneo».. E la mascella che deraglia in una smorfia. 

Arte della comicità; riscoperta in ritardo e su cui si è scritto molto. Dal bellissimo testo di Franca Faldini (moglie di Totò) e Goffredo Fofi, «Totò: l’uomo e la maschera» Edizioni Feltrinelli (1977) all’ultimo «Il cinema di Totò 1930-1945. L’estro funambolo e l’ameno spettro- di Alberto Anile (ed. Le Mani, 1997), che sarà presentato il 14 e 30 maggio. Sono passati trentanni, «Totò torna. Totò cerca cinema- come dice il titolo di un’indispensabile rassegna. 

Giuseppe Tesorio, «Corriere della Sera», 13 maggio 1997


Le guerre stellari di Totò

MASSENZIO / Il grande comico protagonista della rassegna che si aprirà con la trilogia di Lucas. La figlia: «In scena all’Arco di Costantino, di cui rivendicava il possesso»

Dice la figlia Liliana De Curtis: «Papà sarà sicuramente contento di trovarsi al Celio. Non solo godrà della vicinanza all’Arco di Costantino. di cui rivendicava sempre il possesso perché vantava una discendenza diretta dall’imperatore Bisanzio, ma anche perché era talmente legato al nome di Massenzio da averlo scelto per il figlio, purtroppo morto prematuramente, che aspettava da Franca Faldini». Gli organizzatori di Massenzio, che si svolgerà da venerdì 11 luglio al 31 agosto, sulla collina del Parco del Celio, affermano: «Se la ventesima edizione dello scorso anno è stata la celebrazione della storia di Massenzio, questa, la prima di un nuovo ciclo, sarà l’edizione del rinnovamento. La novità più rilevante è rappresentata dalla diversa concezione dei servizi e dalle offerte collaterali, nei villaggio di Massenzio» [...]. 

Giovanna Grassi, «Corriere della Sera», 9 luglio 1997


L'onore del restauro tocca ora a due suoi film: prima volta per i capolavori di un comico Già fervono grandi preparativi per l'anniversario. La figlia: «Fa parte della storia d'Italia»

ROMA.

Restaurate, ringiovanite, tirate a lucido. E quindi pronte per affrontare il grande schermo cinematografico e provocare nuove ondate di risate: dopo Fellini, Visconti, Rossellini, l'onore del restauro tocca a due famosissime pellicole di Totò, «Siamo uomini o caporali?» e «Totò, Peppino e la malafemmina». «Il recupero di questi due film è un fatto molto importante, dal punto di vista culturale - dice la figlia del grande interprete Liliana De Curtis -: per troppo tempo si è detto che il cinema di papà era un cinema di serie B, ora, scegliendo di riportarlo in vita come è stato già fatto con autori importanti, lo si colloca, finalmente, al posto giusto. Totò è un personaggio che attraversa le generazioni e che fa parte della storia d'Italia. Vorrà dire qualcosa se ancora oggi le sue battute sono sulla bocca di chiunque, degli anziani come dei giovani che vanno in discoteca e dei bambini piccoli». 

Presentati in questi giorni per la prima volta nell'ambito della «Mostra Internazionale del cinema restaurato» che si svolge a S. Marco di Castellatate, in provincia di Salerno, i due film sono stati restaurati grazie all'impegno di Ente Cinema e Cinecittà. «Ancora una volta conferma Gerolamo Marzano, responsabile della manifestazione - si è avuta la prova dell'enorme amore che lega il pubblico a Totò: i due film restaurati sono stati accolti come se venissero proiettati per la prima volta, e questo anche se erano in tanti quelli che conoscevano le battute a memoria». Sia «Siamo uomini o caporali?» che «Totò, Peppino e la malafemmina» portano la firma di Camillo Mastrocinque che li girò a un anno di distanza, il primo nel '55, il secondo nel '56. Dai «totologi» sono considerati titoli cruciali: la distinzione nelle due categorie di «uomini» e «caporali» è infatti un assunto base nella filosofia di Totò, non a caso l'artista scomparso, autore del soggetto, considerava la pellicola un po' come il suo testamento ideologico.

La storia descrive l'infelice esistenza di Totò Esposito, costretto da quando è nato ad avere che fare con il «caporale» di turno che ricompare ciclicamente nelle diverse fasi della sua vita: l'odioso personaggio è affidato a Paolo Stoppa, mentre Sylva Koscina ha la parte di una giornalista e Franca Faldini quella di un'aspirante attrice. Il secondo titolo, ispirato alla canzone «Malafemmina» scritta da Totò sull'onda dell'infelice passione per Silvana Pampanini (e interpretata nel film da Teddy Reno) contiene due fra le scene più celebri dell'intera filmografia del principe della risata: innanzitutto quella della lettera scritta a quattro mani con Peppino (chi non ricorda passaggi come: «Punto! Due punti! Ma sì, fai vedere che abbondiamo. Abbondantis in abbondandum»?) poi l'esilarante sequenza dell'arrivo alla stazione di Milano dove i due sbarcano completi di lanterne, colbacchi e valigie cariche di provviste. «Mi è difficile - confessa Liliana De Curtis - dire qual è il film di mio padre che preferisco: forse da un punto di vista artistico il più completo è "Guardie e ladri" per l'umanità drammatica che lo contraddistingue, ma poi c'è "Totò truffa", per non parlare di "Miseria e nobiltà". In ogni lavoro di mio padre c'è qualcosa di valido, destinato a restare nel tempo».

Impegnata in numerose attività che hanno l'obiettivo di tenere viva la memoria di Totò, Liliana De Curtis si augura di poter rivedere presto sul grande schermo una tra le pellicole meno note del padre, girata in tre dimensioni e intitolata «Il più comico spettacolo del mondo» per fare il verso al «Più grande spettacolo del mondo» di De Mille. Il film propone una carrellata dei numeri più famosi del grande attore, davanti a una platea di cui fanno parte, tra gli altri, Aldo Fabrizi, Silvana Mangano, Peppino De Filippo, Carlo Croccolo, Carlo Campanini e Anthony Quinn. «E' stato il primo film girato in tridimensionale in Italia - dice la De Curtis - sarebbe bellissimo poterlo rivedere restaurato. Ora che su Totò è stato scritto e detto quasi tutto, è importante lasciar parlare i destinatari del suo lavoro, il suo pubblico che non si esaurisce mai.

E' incredibile, ma dovunque vado trovo sempre gente che lo ricorda con affetto e ammirazione grandissimi». Il recupero del film in tre dimensioni potrebbe rientrare nella valanga di festeggiamenti in preparazione per il centenario della nascita di Totò che cade l'anno prossimo. Intanto, la «Mostra del cinema restaurato» va avanti, e nei prossimi giorni sono previste altre rinascite importanti come quella de «Lo spettro», firmato dal maestro del cinema horror italiano Riccardo Freda, di «The merry wi- dow» di Ernst Lubitsch e di «Davanti a lui tremava tutta Roma», film di Carmine Gallone, offerto dal Museo del Cinema di Torino, fresco di un «restyling» avvenuto con l'aiuto di apparecchiature particolarmente sofisticate. Protagonisti della storia, un intreccio ambientato nel clima della resistenza antinazista, Tito Gobbi e Anna Magnani. 

Fulvia Caprara, «La Stampa», 13 agosto 1997


Portofino rende omaggio al genio di Totò

Continua il programma degli appuntamenti di spettacolo e cultura nel borgo marinaro. Il 15 settembre la cerimonia al Teatrino con la figlia Liliana

PORTOFINO

«Io sono parte nopeo e parte napoletano», amava puntualizzare il grande Totò a chi gli poneva domande sulle sue origini, accompagnando magari il tutto da un salutale «Poffarbacco!». E chissà come commenterà oggi, dal Paradiso dei Principi, la notizia che sua figlia Liliana, tra una ventina di giorni, verrà a Portofino a ritirare il Premio Gardenia d'Oro, quasi un riconoscimento di cittadinanza onoraria. Forse, pensando al celebre borgo marinaro meta di molti Vip, il principe della risata rispolvererebbe un'altra sua famosa battuta: «Sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo!», tanto per restare in tema geografico.

La cerimonia, preceduta da un incontro nella Terrazza del Teatrino condotto dal giornalista Vincenzo Mollica, è in programma venerdì 5 settembre e a già tutta l'aria di trasformarsi in un evento cultural-mondano in piazzetta.

Di Totò, giustamente, si continua a parlare anche quest'estate lungo la penisola, dove sono diverse le iniziative dedicate al grande attore scomparso. Proprio nei giorni scorsi, alla Mostra internazionale del Cinema Restaurato a San Marco di Castellabate, nel Salernitano sono state presentate due pellicole di Totò completamente rimesse a nuovo: Totò, Peppino e la malafemmina e Siamo uomini o caporali, realizzate e dirette dal regista Camillo Mastrocinque oltre quarant'anni fa. [...]

[m. b.], «La Stampa», 17 agosto 1997



Anche Belli si ispira all’attore

Esplode la Totò-mania Tre canzoni per il principe

Totò attore, principe e poeta. E ora anche «musa ispiratrice» di brani musicali. Giovani artisti hanno pensato a lui e due canzoni, dedicate al grande comico napoletano, sono già diventate dischi, mentre una e ancora nel cassetto: se ne era innamorata Mia Martini e poco prima di morire aveva deciso che l’avrebbe cantata.

«Uomini o caporali / che gran genio Totò / non è vero che siam tutti uguali / c’e chi e uno str.. e chi no...»: così canta Paolo Belli, (ex componente del gruppo «Ladri di biciclette») toto-logo doc che spiega: «Impazzisco per Totò, da ragazzino sono scappato di casa per andare a vedere la sua tomba. È un genio. Vorrei essere stato suo figlio. Ho intitolato il mio brano "Uomini o caporali" (omonimo film del ’55, nonché battuta abituale di Totò, ndr) perché è grandiosa la sua teoria: non siamo affatti tutti uguali. Ma la differenza non sta tra nord e sud, tra bianchi e neri, ma tra stupidi e intelligenti. Ho voluto farne un inno: un testo serio e una musica divertente, dai ritmi cubani. Un contrasto, come amava Totò».

E se Belli è un bolognese che «adora i napoletani», i «Giallocromo» ovvero Marco Del Freo e Nicky Costanti, sono due toscani doc che adorano il grande attore. E per lui hanno scritto «Ci vorrebbe Totò». Più che per lui — come recita il testo — per «i comici fuori allenamento / per le battute fuori tempo / per i cuori chiusi nei paltò / Ci vorrebbe Totò per le lacrime telecomandate / per le risate programmate». Insomma, secondo i Giallocromo, solo lui potrebbe rialzare il livello di un certo appiattimento. Commentano: «È una frase che dicevamo fin da bambini per sdrammatizzare le situazioni. Perché se ci fosse lui, si saprebbe sorridere».

E c’è anche chi ha scelto Antonio De Curtis come confidente. È Lorenzo Zecchino (vincitore di Castrocaro nell’89) che ha scritto «Antò», ma non è mai riuscita a inciderla. È un brano triste, melanconico, uno sfogo amaro, bocciato l'anno scorso al Festival di Sanremo. «Mimì ne era rimasta incantata — racconta Zecchino — poi quel maledetto 14 maggio, quando è morta, mi è crollato il mondo addosso. Ora la canzone ce l’ha in mano Renato Zero. Speriamo». Dice: «Antò è ancora tanta l'ignoranza, la disonestà.../ Antò io qualche volta mi vergogno di essere nato qua. / Napoli sogna ancora uomini come te, principi della strada / e vuo’ sappè pecché / siamo mediterraneo miseria e nobiltà / un grido di speranza in miezz a st’infamità».

Maria Volpe, «Corriere della Sera», 22 agosto 1997


La figlia Liliana apre la rassegna su Totò. In mostra inediti e cimeli degli anni '30

REGGIO EMILIA

«Da piccolo ho avuto la meningite e con la meningite o si muore o si diventa scemi. Io non sono morto». È il 1930 e Totò sbuca per la prima volta da uno schermo cinematografico, presentato in cinegiornale come uno dei comici italiani più promettenti. Si tratta di un vero e proprio inedito, ritrovato negli archivi dell'Istituto Luce. Lo si può vedere (insieme ai primi film degli anni Trenta, a cominciare da "Fermo con le mani" del 1937) nel padiglione della Festa nazionale de l'Unità che ospita la mostra del principe della risata, Antonio De Curtis. Sono passati trent'anni dalla sua morte e dopo un'iniziale periodo di oblio, Totò è tornato da diverso tempo al centro dell'attenzione non solo della critica: le nuove generazioni hanno ri-scoperto le grandi doti artistiche.

La mostra ripercorre gli anni che vanno dal varietà alle prime interpretazioni cinematografiche. Ci sono immagini e cimeli, compresa la famosa bombetta che usava in scena. C'è l'originale dattiloscritto della canzone "Malafemmena". Con la dedica autografa alla moglie Diana Bandini Rogliani. «E non come spesso si sente dire a Silvana Pampanini» precisa Giovanni Graia, uno dei coordinatori della mostra e dell'Associazione Antonio De Curtis che raccoglie i tanti e famosi (da Sordi a Monica Vitti, Da Riccardo Muti ad Enzo Biagi) «totomani» d'Italia. C'è molto anche della vita di Totò, delle sue molte donne, compresa la celebre chanteuse Liliana Castagnola che per amore del Principe si suicidò nel 1930.

E proprio in ricordo della cantante, Totò darà il nome di Liliana alla figlia che nascerà alcuni anni dopo. «Mio padre diceva che la donna non è un vizio ma una necessità» ricorda la figlia, presente alla Festa per l'inaugurazione della mostra. Conferma insomma la fama di «sciupafemmine» del grande comico napoletano. «Ne ebbe effettivamente tante, ma le trattava tutte con molto rispetto. Al punto che la Castagnola è sepolta nella tomba di famiglia» dice Liliana De Curtis. Ma certo alla figlia piace soprattutto ricordare l'artista, «il suo straordinario rapporto con il pubblico, specie a teatro». Era sul palcoscenico che egli dava il meglio di sè. «Chi non l'ha visto a teatro non può immaginare che cos'era. Un fuoco d'artifìcio con una capacità di improvvisare che preoccupava sempre chi lavorava con lui perchè quando andava in scena non sapeva mai cosa aspettarsi». Non meno caro, naturalmente, è il ricordo dell'uomo, del padre. «Totò era dolcissimo, certo non si lasciava andare a molte smancerie e coccole, ma è sempre stato molto presente». Preziosi gli insegnamenti. «Era un uomo onesto, retto, con un grande senso della giustizia. Lavorava molto. Diceva che qualsiasi lavoro è onorevole purché si faccia. Aveva grande umiltà e rispetto per gli altri. Non viveva solo per sè stesso, ma guardandosi intorno e cercando di dare una mano a chi aveva bisogno». Le generosità era del resto un altro dei tratti distintivi dell'uomo Totò.

«Si dichiarava monarchico e socialista» dice Graia. E Liliana De Curtis conferma: «Mio padre non era un uomo politico, come non può esserlo un uomo di spettacolo, ma era molto vicino alla gente». Nessun problema quindi anche per questa presenza alla Festa dell'Unità ? «Certo che no - afferma la signora De Curtis - è anzi una ulteriore occasione per fare conosce l'arte di Totò». La mostra della Festa peraltro è soltanto lo sviluppo di un lavoro di ricerca e documentazione iniziato alcuni anni fa dall'Associazione e che troverà il suo culmine l'anno prossimo, quando ricorre il centenario della nascita. Graia ricorda di avere già discusso con il ministro dei Beni culturali Walter Veltroni un programma di iniziative, tra cui una grande mostra da tenere al Palazzo delle esposizioni di Roma. Ma si sta lavorando anche alla realizzazione del museo dedicato a Totò, in allestimento al Palazzo dello Spagnolo nel rione Sanità il quartiere di Napoli dove nacque. «Sarà un museo vivo, non solo da guardare - spiega Liliana De Curtis - dotato di una sezione informatica che consentirà al pubblico di interagire con la documentazione. E avrà anche un teatro di un centinaio di posti dove potranno essere ospitate rappresentazioni e spettacoli».

Walter Dondi, «L'Unità», 29 agosto 1997


Totò: 3 canzoni inedite scoperte dalla figlia

Tre canzoni inedite di Totò sono state trovate dalla figlia Liliana De Curtis fra i manoscritti del padre. «Dincello mamma mia», «Me diciste ’na sera» e «Me so’ scurdato e te» saranno pubblicati dalla Sony il prossimo dicembre.

«Corriere della Sera», 20 novembre 1997


Totò, ritrovate tre canzoni

Presto un disco di inediti. Liliana De Curtis: «Le ha incise Mariangela D’Abbraccio, papà amava le belle donne». Il 15 febbraio galà su RaiUno

Tre canzoni inedite di Totò, «parole e mosica», assicura Liliana De Curtis, che le ha trovate mettendo ordine tra le carte del padre, catalogando autografi e fotografie destinati all’ atteso museo dedicato al principe della risata che sorgerà, chissà quando, al Palazzo dello Spagnuolo, alla Sanità. Dopo il colossale lavoro svolto da Vincenzo Mollica con i cofanetti della Fonit Cetra sulle «Canzoni di Totò», nessuno si aspettava altre novità canore del grande comico, e invece... Eccole qui, tre canzoni romantiche: la triste «Dincello mamma mia», «Me diciste ’na sera» e la più allegra «Me sò scurdato ’e te», che Liliana ha affidato alla voce di Mariangela D’Abbraccio, attrice napoletana che l’anno scorso ha portato in giro per l’Italia un recital dedicato al Totò autore e poeta.

«Mariangela è affascinante e bravissima», racconta la De Curtis, «l’ho conosciuta in occasione del suo spettacolo e sono rimasta conquistata dalla sua arte e dalla sua grazia. Quando mi sono capitate per le mani quelle canzoni, dopo aver scoperto in Siae che non erano nemmeno state depositate, ho deciso di farle uscire, al più presto possibile, su disco, come inizio delle celebrazioni per il centenario della nascita di papà, che festeggeremo alla grande l’anno prossimo. E ho pensato a lei. Con un sorriso sulle labbra: a mio padre un’operazione così sarebbe piaciuta anche perchè la D’Abbraccio è una bella donna, di quelle che lui sapeva apprezzare».

Considerata, probabilmente non a torto, una delle voci minori della produzione di Totò, la canzone era una delle passioni dell'artista: «Non c’è nessuna discrepanza tra la mia professione che adoro», dichiarò una volta, «e il fatto che ho composto canzoni e butti giù qualche verso pieno di malinconia. Sono napoletano e i napoletani sono bravissimi nel passare dal riso al pianto».

Ma torniamo al centenario di Totò, nato il 15 febbraio 1898: «Oltre al museo, che non so se sarà pronto per quella data, ci sono un sacco di iniziative che bollono in pentola», racconta la De Curtis. «Innanzitutto una serata di gala, anzi un Premio Totò, che si svolgerà il 15 febbraio a Napoli, sotto le telecamere di RaiUno, anche se non ho avuto ancora la conferma della messa in onda in diretta, bisogna controllare il palinsesto. E non abbiamo ancora deciso dove fare questo show, probabilmente in teatro, in quel periodo forse fa troppo freddo per puntare su piazza del Plebiscito, che pure sarebbe perfetta per rendere omaggio a papà: sarebbe uno spettacolo mai visto. Poi c’è il disco di canzoni e poesie interpretate dalla D’Abbraccio, che sarà pubblicato dalla Sony, e una grande mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma: è quella già vista a Napoli, ma ampliata. E queste sono soltanto le cose certe, sapesse quanti progetti ho...».

[f.v.], «Il Mattino», 20 novembre 1997


«Mio padre Totò cantava l'amore sofferto»

Lo figlia trova 3 brani: come Malafemmena. Arbore: geniale dilettante

Chissà se fu il giudizio del fedele autista, a cui faceva ascoltare in anteprima ogni sua composizione, a convincere Totò a lasciare nel cassetto quelle tre canzoni ritrovate per caso, tempo fa, dalla figlia Liliana De Curtis. «Dincello mamma», «Me so’ scurdate ’e te», «Me diciste na sera» ora diventeranno il nucleo portante dell’album «Il cuore di Totò» interpretato dall’attrice napoletana Mariangela D’Abbraccio, in uscita il 4 dicembre.

«Tutto è nato dallo spettacolo di Mariangela — racconta la figlia Liliana —. Dopo aver portato in scena un anno fa le canzoni di mio padre, Mariangela ha deciso di incidere un disco. Siamo andati a cercare tra i tanti documenti che conservo e le abbiamo trovate: scritte su fogli di carta da musica, mai incise, né depositate alla Siae». Canzoni di cui Liliana De Curtis non aveva mai sentito parlare. «Riflettono la sua vena più seria, malinconica. Non ricordo che ce le abbia mai fatte ascoltare. In genere mio padre chiedeva il nostro giudizio, oltre a quello del suo autista. Di che anno sono? Non posso dirlo con certezza, ma direi che appartengono al periodo 1950-51, lo stesso di "Malafemmena"» «Dincello mamma mia / c’a voglio sempe bene / c'a porto dint’o core / c’a tengo dint’e vene / è tutta a vita mia / nun ma pozzo scurda ’ / sta femmena è la mia / essa'adda ritumà» recita «Dincello mamma mia». «Me so' scurdate 'e te I e vuo’ sape' pecché / mo voglio bbene a n'ata / eh 'è assale cchiù meglio ’e te» è il ritornello di «Me so’ scurdate ’e te».

«L’atmosfera — continua la De Curtis — mi ricorda molto "Malafemmena", ci ritrovo il riferimento a quella sofferenza d’amore, quando mia madre (Diana Rogliani, n.d.r.) decise di separarsi da lui».

Per amore di leggenda si narra che «Malafemmena» fu ispirata al principe De Curtis dalla passione per Silvana Pampanini, conosciuta sul set di «47 morto che parla», mentre la donna che Totò dice di non potere scordare era proprio la madre di Liliana, che, quando già il loro amore era finito, volle mettere fine al loro matrimonio.

«Credo che "Me diciste 'na sera" — si sbilancia Mariangela D'Abbraccio — sia anche superiore a "Malafemmena". È la storia di un uomo abbandonato che si ritrova solo di notte per la strada e ripensa a tutte le promesse mancate della sua donna. È ancora la donna portatrice di dolore che si ritrova in tanta parte della sua produzione musicale. Questi inediti saranno una conferma della capacità di Totò di rispecchiarsi nella grande melodia napoletana». Nel disco, oltre alle tre canzoni, compariranno dei classici di Totò, da «Carme’ Carme’», a «Miss mia cara miss».

«Musicalmente è stato un grandissimo dilettante — commenta Renzo Arbore, estimatore di Totò — toccato in varie occasioni da una profonda ispirazione. E’ stato l’erede di Salvatore Gambardella, che come lui la musica non la conosceva, lasciava prevalere l’istinto sulla preparazione. Certo, "Malafemmena" resta il punto più alto della produzione di Totò, così misteriosamente affascinante, basata sulla semplicità, una canzone che non finisce mai di stupirti». Arbore si felicita della scoperta. «Sono molto curioso di ascoltare questi brani. Grazie al lavoro di Vincenzo Mollica, all’antologia uscita qualche anno fa, la sua opera era stata ricostruita quasi in toto. Alcune canzoni sono banali, altre sono ricche di magia».

Edoardo Bennato, che con la tradizione melodica napoletana ha poco a che spartire, sottolinea il valore dei testi di Totò: «Come nei suoi film, anche nelle canzoni è sempre riuscito a essere elegante, raffinato, passionale ma mai volgare. Nel suo modo di esprimere le emozioni c’è sempre un grande pudore. Anche in questo e stato un maestro. D’altronde a Napoli, quando si dice maestro, si pensa a lui».

Stefania Ulivi, «Corriere della Sera», 21 novembre 1997


“Mi è sembrato di sentire ancora la voce di Totò”

Liliana de Curtis racconta la scoperta degli inediti, ora affidati alla voce della D'Abbraccio. Un piccolo tesoro tra le carte dell’artista

“Me so'scurdato’e te e vuó sapé perché? Mo’ voglio bbene a nata ch’è assaie cchiù meglio ’e te, ’ na bella ’nnammuratache pensa solo a me. Io cchiù nun penzo a te, però quarmo chell’ata me vase, io veco a te” è una strofa degli inediti. 

Le prime strofe di “Me diciste ’na sera”, musicata daTotò. Comme sò triste ’e penziere, quanno sò mute ’e pparole! Ecomme è friddo chistu sole ’a quanno manche tu... comme sò triste ’e penziere! 

Me diciste ’na sera, Dincello mamma mia, Me sò scurdato ’e te, tre titoli «nuovissimi, anche se sono stati scritti nei primi anni Cinquanta». Sono i titoli di tre canzoni inedite firmate da Antonio de Curtis, ritrovate dalla figlia Liliana che le ha «affidate» alla voce di Mariangela D’Abbraccio.

«È un po’ come un regalo di Natale, il regalo di Natale che mi ha fatto mio padre», Liliana De Curtis ha trovato le tre nuove canzoni ed ora le rende pubbliche, le offre agli ammiratori del grande attore, scomparso da tanto tempo e mai come ora presente nella sua città. Cento anni, «il prossimo anno si festeggiano i cento anni dalla sua nascita. Il 15 febbraio si farà festa, a Napoli ed in altre città italiane, con tante iniziative, anche spontanee, che vedranno impegnati personaggi dello spettacolo e della cultura e semplici ammiratori di mio padre», dice Liliana anticipando le giornate che già la vedono impegnata, con l’Associazione Antonio de Curtis, ad organizzare ed a promuovere «ma anche a difendere» il ricordo del grande Totò.

Come ha trovato queste nuove canzoni?

«Mettendo in ordine le sue carte, sono tre canzoni melodiche, una più allegra, due più malinconiche. Ho trovato questi spartiti non stampati, scritti a mano, ho capito che non dovevano essere cose note, ne ho letto le parole, la musica, non la ricordavo ed allora ho capito di trovarmi davanti una piccola dolce scoperta».

Una scoperta emozionante...

«Molto, mio padre raccoglieva tutto ciò che lo riguardava, era molto meticoloso, addirittura pignolo, e quindi credevamo davvero i avere visto già tutto, di conoscere ogni cosa. E invece ecco il suo regalo, improvviso, inatteso, è stato come se avessi sentito ancora la sua voce sussurrare, cantare come una volta la canzone appena composta».

Perché Totò era solito farle conoscere quel che scriveva?

«Sempre, ci leggeva le sue poesie, ci canticchiava i nuovi motivi. Era insicuro e voleva sempre una conferma, e poi il nostro parere era molto importante per lui».

Quando pensa che suo padre abbia composto queste canzoni?

«Credo tra il ’51 e il '52, erano quelli gli anni in cui mio padre dava libero sfogo a certi suoi pensieri, a certe malinconie, attraverso le canzoni. Le canzoni, le poesie, erano per lui come un diario neppure tanto segreto perché ce le leggeva subito. Erano il momento di riposo, l'occasione per fermare il pensiero e le ansie, il divertimento più intimo e personale».

Cosa ha fatto quando ha capito di aver trovato degli inediti di Antonio de Curtis?

«Innanzitutto ho esaminato bene gli spartiti, poi ho verificato alla Siae e non ho trovato alcuna traccia di questi componimenti. Allora sono stata certa che si trattava di canzoni mai eseguite, mai offerte all’attenzione deisuo pubblico. Così le ho depositate e poi ho incominciato a pensare a come fare per renderle pubbliche».

Ed ha incontrato la D’ Abbraccio...

«Una persona splendida, un'attrice sensibile e brava, è la protagonista di imo spettacolo costruito su mio padre, quando l'ho vista in teatro ho pensato che fosse la persona giusta per interpretare per la prima volta le tre canzoni che avevo trovato, il mio piccolo tesoro segreto. E così le ho proposto di incidere un disco, pubblicato dalla Sony, da far uscire subito, tanto per incominciare a preparare le celebrazioni che verranno il prossimo anno. Ed avevo ragione, quando ho ascoltato in sala d'incisione le tre canzoni mi sono veramente commossa».

Come celebrerà il centenario della nascita di Totò?

«Abbiamo molte idee, molte proposte, dovremo scegliere, sono tante e non ci potrà certo fare tutto. Napoli naturalmente sarà una delle città dove dovrà essere celebrato, e non soltanto con l’inaugurazione del museo a lui dedicato a cui stiamo lavorando, ma anche con uno spettacolo, un avvenimento adeguato. Poi ci sarà una grande mostra, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e tante altre iniziative che ci vengono suggerite da ogni parte d'Italia. Mi sembra che Totò non invecchi, era amatissimo e lo è ancora di più anche dai più giovani, che l’hanno conosciuto solo attraverso il ricordo dei genitori o i tanti film di cui è stato protagonista».

Giulio Baffi, «Il Mattino», 21 novembre 1997


Ecco Totò, il principe della canzone

I tre brani inediti in un cd con poesie e altri pezzi famosi. Mariangela D'Abbraccio propone la versione discografica dello spettacolo dedicato al Principe de Curtis.

Ma chi l'ha detto che Totò era solo varietà, cinema e battute (geniali)? Il disco appena uscito, Mariangela D'Abbraccio canta il cuore di Totò sta a dimostrare, per chi avesse ancora qualche dubbio, che Totò era molto altro ancora. Molta musica, per esempio. «La sua vera passione, quello che amava di più era comporre canzoni», racconta la figlia Liliana De Curtis. È stato grazie al suo permesso che tra le carte del padre sono stati scovati tre brani inediti, subito inseriti nel disco.

Ma andiamo con ordine. Il cuore di Totò nasce come spettacolo teatrale che la D'Abbraccio, diretta da Marco Mattolini, ha portato in numerosi teatri italiani. «Nello spettacolo canto venti canzoni - racconta l'attrice - Più che teatro è un vero e proprio concerto. Quindi l'idea di farne un disco è stata piuttosto naturale». Un giovane produttore, Marco Patrignani, ha creduto nel progetto e con gli arrangiamenti di Francesco Tavassi e Giacomo Zumpano si è dato il via alle registrazioni. Non senza prima aver dato un'occhiata tra i manoscritti del Principe De Curtis. «A notte fonda, dopo aver passato in rassegna fogli su fogli, parti, parole, parti senza partiture e quan'altro - dice Zumpano - abbiamo capito di avere in mano tre canzoni di cui non si sapeva niente».

Me diciste 'na sera, Mammarella 'e chistu core e Me so'scurdato 'e te sono un impasto classico, emotivamente coinvolgente di temi e accordi cari a Totò. Il quartetto musicale (Giacomo Zumpano pianoforte, Illir Bakiu violoncello, Jean Marie Ferry chitarra, Vito Ercole batteria e percussioni) che accompagna l'attrice anche nella versione teatrale, avvolge in un'atmosfera di grande pathos la voce recitante: nelle canzoni, infatti, l'interpretazione entra con quella «irruenza» tipica da palco-scenico che sicuramente rappresenta la cifra stilistica della D'Abbraccio. Ma quando e come componeva Totò? «La notte - risponde la figlia - Un po' al pianoforte, che suonava male ma suonava, e un po' fischiettando. Poi le faceva ascoltare a noi della famiglia ma soprattutto a Cafiero, l'autista. Non ha mai pensato di sfruttare economicamente le sue composizioni. Le faceva prima di tutto per se stesso. Amava talmente tanto la sua parte musicale che quando poteva cercava di inserire una sua canzone nei film».

Antonio De Curtis, dunque, come artista a tutto tondo e poeta (la sua 'A livella ha venduto milioni di copie). «Eppure la televisione non sembra interessata a promuovere quest'altra anima di Totò, quella più intima, più seria. Abbiamo trovato difficoltà alla promozione del disco, per esempio da Costanzo e a Domenica In», dicono in coro i produttori e Liliana De Curtis. Interesse invece dimostrato da Rai International che per prima ha fatto ascoltare - in tutto il mondo - i brani inediti. Nel frattempo fervono i preparativi per il centenario (febbraio 1998). Tra gli eventi previsti spicca l'apertura, a Napoli, del Museo dedicato a Totò. «Abbiamo moltissimo materiale - ha detto Paola Agostini della Fondazione De Curtis - e lo stiamo catalogando. Liliana ogni tanto ci porta qualche pezzo venuto fuori inaspettatamente. Sarà un grande museo, collegato con tutti i musei di cinema del mondo anche attraverso le nuove tecnologie». Tra i pezzi rari c'è un vecchio registratore Geloso su cui Totò incideva.... Che cosa? Non si sa. Non è ancora stato ascoltato il nastro inserito, probabilmente datato 1967 o poco prima. Motivi fischiettati, idee, poesie? Chissà. Certamente altre testimonianze della fervidissima fantasia ed intelligenza del nostro Principe, non solo della risata.

Antonella Marrone, «L'Unità», 5 dicembre 1997



Castellitto sarà il principe per la televisione

ROMA.

Un film tv sulla vita di Totò, sugli anni giovanili, e poi sulla grande e tragica passione che lo legò a Liliana Castagnola, la celebre «chanteuse» del caffè-concerto che non seppe reggere alla prospettiva dell'abbandono dell'attore e si tolse la vita ingoiando una manciata di sonniferi nel marzo del 1930. A interpretare la parte del protagonista dovrebbe essere Sergio Castellitto. Spiega Liliana De Curtis, che per volere del padre porta il nome della soubrette: «Insieme con Matilde Amorosi ho scritto una scaletta per la sceneggiatura, inizialmente il progetto aveva risvegliato l'interesse della Rai e si era fatto il nome di Castellitto. Adesso spero che, in occasione del centenario, l'idea venga ripresa. Oltre che essere un film su Totò, sarebbe un affresco sulla Napoli del primo Novecento». 

L'altra impresa importante che nel prossimo anno dovrebbe essere realizzata riguarda l'inaugurazione del Museo di Totò, collocato nel Palazzo dello Spagnuolo, due piani nel cuore del quartiere Sanità, quello dove Totò nacque. «A settembre - spiega Liliana De Curtis - cominceranno, con l'aiuto del Comune, i lavori di ristrutturazione. Abbiamo intenzione di mettere in piedi una struttura multimediale, un museo "attivo" dove, oltre alle mostre di fotografie, costumi, carteggi, documenti, troverà spazio una scuola di recitazione. Siamo aperti a qualunque tipo di contributo esterno, quindi se ci sono altre idee siamo contenti di accettarle». 

[f. c], «La Stampa», 13 agosto 1997


In compagnia di Totò

L'INTERVISTA / Aldo Giuffrè, in questi giorni al Teatro Ghione con «Il medico dei pazzi», ricorda il grande comico. «Per il suo centenario prepariamo una mostra»

Il 15 febbraio prossimo cadono i cento anni dalla nascita di Totò, e Aldo Giuffrè, suo compagno di campanile e di avventure (sono almeno una decina i film girati insieme), è pronto a commemorarlo. Intanto è in scena in questi giorni al Teatro Ghione, dove rimarrà fino all'11 di questo mese, un applaudito allestimento de «Il medico dei pazzi» di Scarpetta, di cui Giuffrè fu interprete assieme al grande comico anche al cinema. Oggi è lui a vestire i panni dello zio in visita al nipote che gli ha spillato denaro per anni, raccontandogli di essersi laureato in Medicina e di aver aperto una clinica psichiatrica, e cerca di convincerlo che quest'ultima sia la pensione di Napoli in cui risiede.

Oltre a recitare, qui Aldo Giuffrè ha curato un adattamento del testo: «Anche Scarpetta è un’attrazione di passaggio, nel grande viaggio del teatro che parte dalla Commedia dell’Arte. Ha dunque bisogno di essere oliato, aggiornato, senza per questo ricorrere a jeans, minigonne o altre forzature», spiega. «All'idea principale, quella della pazzia, sono comunque rimasto fedele. Sulla follia non si può scherzare, ma giocare sì. E attraverso l’ironia un po’ trapela, in fondo, anche il dolore. L’assunto vuole che i pazzi veri siano quelli più insospettabili. quelli che non sono qualificati come tali. Su questo inciampa la credulità del protagonista, quel Felice Sciosciammocca nato per ridere della borghesia (laddove i lazzi di Pulcinella erano indirizzati al popolo)».

In questo momento il sipario del Ghione consiste in un’immensa fotografia di Aldo Giuffrè e Totò insieme tratta dal film «Il medico dei pazzi», e dalla medesima fonte provengono le voci registrate che introducono la commedia, commentata da musiche di Strauss. Il giorno del centenario, quando la pièce raggiungerà Napoli, il foyer del Politeama sarà occupato da una mostra curata da Orio Caldiron, che raggiungerà Roma nel corso della prossima stagione (quando Aldo Giuffrè proporrà al pubblico una nuova edizione di «Miseria e nobiltà»).

«Allestita dal nostro scenografo Toni Stefanucci. l’esposizione sarà ricca di carte. Immagini, oggetti personali e costumi. Dal baule di scena di Totò con i tight, le bombette e le scarpe sformate, fino alla dichiarazione del suo cardiologo che imponeva gli orari di lavoro da rispettare sul set: non prima delle 14, mai oltre le 20», racconta Giuffrè, che così riassume la grande lezione del comico scomparso: «I miei tre maestri sono stati Eduardo, che mi ha insegnato il mestiere. Strehler, dal cui ho appreso il rigore e Baseggio, dal quale ho imparato la semplicità con cui va usato il mezzo. Totò aveva in sé il germe di tutte queste indicazioni e ne era un esempio straordinario».

Direttore artistico dell’Ente Antonio De Curtis, Giuffrè dice ancora: «Totò non è mai morto, anche il suo cinema non si può definire davvero cinema; se cosi fosse ce ne restituirebbe un’ombra, invece qualcosa nel suo genio continua a vivere e rinnovarsi. Sono persino contrario a che gli si eriga un monumento, come ai caduti: Totò invece è sempre fra noi».

Margherita d’Amico, «Corriere della Sera», 6 gennaio 1998


Totò, l'omaggio negato. La figlia: «compie cent'anni e lo trascurano»

Il comico sarà ricordato in Parlamento. In dubbio la serata Rai. La grande mostra a Roma: «Dove, quando?» Il film scomparso. Quindici febbraio ’98: cent’ anni dalla nascita. Un evento. Ma «il più amato dagli italiani», in arte Totò, rischia di ricevere un omaggio parziale, confuso, disattento. «Siamo molto amareggiati»: la denuncia, dura, arriva dalla figlia del principe Antonio de Curtis, che ieri a Cagliari ha inaugurato la mostra itinerante «Totò dal varietà al cinema», una delle iniziative organizzate dall’Associazione de Curtis per celebrare la nascita dei grande comico.

Ecco il j’accuse di Liliana, che dell’ associazione è presidente: «Sugli omaggi in programma abbiamo poche certezze e molti dubbi. Tra le certezze c’è la celebrazione che Luciano Violante, presidente della Camera, farà in Parlamento il 18 febbraio, invitando anche molti attori che hanno lavorato con mio pad re». Il resto? È buio. «Non sappiamo nulla dell’omaggio promesso dalla Rai. Ancora meno della grande mostra "Totò, l’uomo, l’artista, il principe"». «Il progetto - spiega Giovanni Graia, consigliere dell’associazione - è già pronto da luglio. Abbiamo chiesto spazi, tempi e finanziamenti al Comune di Roma. Ci avevano promesso il Palazzo delle Esposizioni, all’Eur. Non abbiamo saputo più nulla, tranne che la sede scelta è già occupata da altre rassegne».

Poi la Rai: «E nulla si sa - insistono Liliana e Graia - a proposito della serata monografica inizialmente prevista per il 15 febbraio sulla prima rete, in diretta da Napoli, condotta da Proietti e Milly Carlucci, in cui si sarebbe dovuto assegnare il primo Premio Totò a un artista di rilievo internazionale e a un comico emergente. Forse il programma si farà in aprile, e da piazza del Plebiscito». Ma al Comune di Napoli fanno sapere che la Rai non ha mai chiesto l’uso della piazza e si è invece parlato di uno show tv da organizzare ai Vergini, quartiere natale di loto. «Insomma, una grande incertezza», incalza Liliana. E Graia: «la Rai ci ha risposto che il programma è stato rinviato per problemi di budget e di palinsesto. Ma è scandaloso che non riesca ad adempiere la sua funzione di servizio pubblico celebrando un comico così amato da tutti».

La sera del 15, al posto dello show, sarebbe dovuto andare in onda l’unico film di Totò mai trasmesso dalla tv, «Sette ore di guai», del '52, liberamente ispirato a una commedia di Scarpetta, con la Barzizza e due debuttanti doc, Giulietta Masina e Bice Valori. Il negativo del film andò perduto, fu ritrovato e venduto alla Rai. E ora non si capisce perché la messa in onda è stata cancellata. Nel corso del '98, però, Rai Uno proporrà altre iniziative. Il 13 e il 20 febbraio trasmetterà le due puntate dello special «Totò cento» curato da Giancarlo Governi, sottotitolo «Vita, opere, amori e immortalità del principe de Curtis». Per l'estate è prevista un’ampia retrospettiva dei suoi film. Per renderla storicamente completa, però, la tv pubblica, titolare dei diritti di 60 film del comico e dei dieci telefilm di «Tutto Totò», realizzati nel '67, è in trattative con Mediaset, che possiede i diritti dei rimanenti 20 film.

Infine, il museo, quello che dovrebbe sorgere nei locali messi a disposizione dalla Regione Campania a Napoli, nel Palazzo dello Spagnuolo (i lavori di restauro sono stati da poco affidati al Comune): «Là, in autunno - precisa Graia - dovrebbe approdare la mostra "Totò, l’uomo, l'artista, il principe", come atto di buon auspicio in vista dell’apertura del museo. Ma anche qui altre difficoltà, burocratiche questa volta».

Luciano Giannini, «Il Mattino», 8 febbraio 1998


E il principe va in discoteca

LE INIZIATIVE A NAPOLI. SHOW, COMMEDIE, RASSEGNE

E' «totomania». Domenica prossima, a cent’ anni giusti dalla nascita (15 febbraio 1898), il principe della risata sarà celebrato tra l’altro con due manifestazioni teatrali e con l’inzio dei lavori per il museoa lui dedicato (ma riusciranno ad aprirlo entro l’anno?). Sabato Franca Faldini, la moglie, inaugurerà al Politeama la mostra «Dal baule di Totò» organizzata dall’ente autonomo Antonio de Curtis: una raccolta di oggetti personali e abiti tratti dal suo guardaroba, come il costume da Pinocchio e quello da Otello che indossò nella sua ultima rivista, «A prescindere», nel 1957.

Sempre al Politeama, tra parrucche, pantaloni e altri cimeli, sabato 14 e domenica 15 tornerà in scena, con Aldo Giuffrè, «Il medico dei pazzi», la commedia di Eduardo Scarpetta che Totò interpretò per il cinema negli anni '50.

Il teatro Bellini ricorderà Totò lunedì 16 con un spettacolo dedicato alle sue canzoni: «Malafemmena» e altri brani celebri saranno interpretati da Roberto Murolo, Teddy Reno, Fausto Cigliano.

Sempre sabato, una singolare iniziativa, una festa di giovani artisti per celebrare il grande comico, ideata dal fotografo Sergio Siano, si svolgerà al «Centro Incontri delle Arti», alle rampe Pizzofalcone al Chiatamone per iniziativa di Legambiente Campania, col patrocinio del Comune, e la partecipazione di «Napolimania» per la stampa d’un catalogò elaborato dà Giànni Somma con una introduzione di Pasquale Esposito: 35 artisti (pittura, scultura, fotografia, disegno, cyberspazio, grafica) renderanno omaggio al grande attore, la festa si protrarrà fino alla mezzanotte quando saranno spente cento candeline sulla torta (è stata invitata a farlo Liliana de Curtis).

La novità più curiosa, però, è forse la festa in discoteca: ieri lo «Chez-moi» ha dedicato una serata a Totò tra modernità e tradizione, con foto e manifesti d’epoca, ma anche con una collezione di t-shirt e dipinti che rivisitano il profilo del principe della risata in stile Andy Warhol.

«Il Mattino», 8 febbraio 1998



«Io, la sua voce segreta»

Croccolo dall'ospedale: «mi sposo»

Molti lo ricorderanno come il maggiordomo di Totò in «Signori si nasce», eppure lui, con il Principe de Curtis ha un rapporto più intimo. Carlo Croccolo è stato, infatti, la «sua» voce in decine di film, come doppiatore per gli esterni. Una voce ora stanca e provata dalla malattia, che mette i brividi tanto assomiglia a quella a noi nota di Totò, in una stanza stanza del II Policlinico, a Napoli, dove l'attore è ricoverato da una settimana, in attesa di subire un intervento per applicargli quattro by-pass dopo essere stato colto da malore a Palermo, poco dopo la fine di una delle repliche di «Una bomba in ambasciata», di Woody Alien, con Gleijeses.

Croccolo, come sta?

«Sono un po' preoccupato, devo subire una operazione abbastanza seria, non sono mica pinzellciccherè, avrebbe detto Totò».

Che cosa più la lega al principe della risata?

«Beh, sono stato la sua voce per tanto tempo... era un segreto tra me e lui, ma poi qualcuno lo ha scoperto e il segreto è stato svelato».

Cento anni fa nasceva Totò, cosa ricorda in particolare di lui?

«Proprio in questi giorni difficili per me ho pensato a una frase che lui diceva spesso durante gli ultimi mesi della sua vita. Ormai cieco, mi ripeteva: "Carlo, ricordati che quando sei al buio devi aver pazienza, e se sai aspettare un poco, anche al buio viene la luce.,.". Ecco... in questi giorni, forse perché anche io da un occhio non ci vedo quasi più, sto pensando spesso a quella frase e quasi mi pare di sentirmi come Totò; del resto ho quasi avuto i suoi stessi guai, ma non la sua grandezza infinita».

Ha ottenuto riconoscimenti tardivi...

«Stanno facendo scempio della sua immagine, ormai è inflazionata e ci sono tantissimi suoi pallidi epigoni che tentano di imitarlo, non hanno inventato nulla e hanno preso tutto da lui. Era un grandissimo attore e mi ha insegnato tantissimo, non solo sul palcoscenico».

E del centenario, che cosa pensa?

«Vorrei esser presente nel giorno del centenario, non vorrei fare la fine di Totò ed essere ricordato solo dopo. Ma prima vorrei darvi una notizia...».

Dica...

«Ho deciso, prima dell'intervento chirurgico sposerò Daniela, Daniela Cenciotti, la mia compagna, che non mi lascia un attimo».

r.s., «Il Mattino», 8 febbraio 1998


«Mio padre Totò, sfruttato e dimenticato»

IL CASO Uno show annullato e due commemorazioni sfumate generano amarezze e polemica attorno al celebre attore scomparso nel 1967. La figlia Liliana accusa TV e politici: non onorate il centenario della sua nascita, Limiti è già troppo sul video.

Quando nell’aprile del 1967 fu colpito dall’infarto, disse sul letto di morte: «Chi mi ha sparato questa fucilata al cuore? Adesso basta, lasciatemi morire». Chissà cosa direbbe Totò, al secolo principe Antonio de Curtis, delle polemiche che ora si addensano sulle celebrazioni per il centenario della sua nascita. È proprio la figlia Liliana, presidente dell’associazionc intitolata al padre, a sollevarle. Tra un inaugurazione di una mostra («Dal varietà al cinema», ieri inaugurata a Cagliari) e una conferenza, tra un convegno e una tavola rotonda per parlare del celebre genitore, Liliana de Curtis avanza molti dubbi e poche certezze sulla reale attenzione riservata soprattutto dalle istituzioni pubbliche al particolare anniversario: «Sono amareggiata. Su esplicita richiesta, ho presentato tanti progetti a due città simbolo della vita e del lavoro di Totò, Roma e Milano, ma non ho avuto indicazioni su luoghi e date, e neanche sui fondi da destinare alle iniziative».

Sotto accusa prima di tutto la Rai: «La Tv pubblica è latitante — continua Liliana —. Aveva prima promesso per il 15 febbraio su Raiuno in diretta da Napoli una serata monografica, condotta da Gigi Proietti e Milly Cariucci, in occasione del primo premio Totò. Ma poi tutto e stato rimandato a data da destinarsi. Il fatto è che finché si tratta di sfruttare i film di Totò, la Rai li trasmette a ripetizione, quando poi bisogna costruire bene un programma che lo ricordi, e non operazioni di basso profilo, come spesso è accaduto, non se ne occupa».

Gigi Proietti conferma il progetto di Raiuno: «Circa un mese fa fui chiamato, ma io risposi che non potevo impegnarmi per la conduzione, perché troppo preso da altri lavori. Mi ero comunque reso disponibile per una partecipazione estemporanea alla serata. Ma non ne ho saputo più niente».

Paolo Limiti, conduttore su Raidue di «Ci vediamo in tv», programma improntato sui grandi personaggi del passato, spiega: «Con il direttore di rete, Carlo Freccero, abbiamo scartato l'idea di una puntata monografica su Totò, perché il suo repertorio è stato, e continua a essere talmente saccheggiato, che non ci potrebbe essere nulla di nuovo da dire, nessuna curiosità inedita sul personaggio: basta vedere la Tv, lo inseriscono anche negli intervalli. Quanto poi alla trascuratezza della Rai, non sono troppo d’accordo. Ricordo bellissimi programmi, come "Tutto Totò" di Giancarlo Governi. E, con tutto il rispetto per l’intramontabile Antonio de Curtis, devo ammettere che molti altri comici, altrettanto bravi, sono stati trascurati. Ugo To-gnazzi, per esempio».

Ma la figlia del grande attore punta il dito anche contro l’amministrazione capitolina, sottolineando che naviga nell’incertezza anche la grande mostra che doveva essere ospitata prima al Palazzo delle Esposizioni di Roma e poi trasferirsi a Napoli, in coincidenza dell'apertura del Musco Totò al Palazzo dello Spagnuolo. Riprende Liliana: «Sul Museo di Napoli, tutto è a posto e concordato. Da Roma, invece, non abbiamo risposte».

Ma Liliana de Curtis può contare anche su qualche certezza: «Il 18 febbraio — annuncia — il presidente della Camera Luciano Violante farà una manifestazione in Parlamento alla quale ha invitato anche attori che hanno lavorato con mio padre. Inoltre un contributo essenziale viene dal ministero dei Beni culturali, con cui stiamo preparando un’esposizione sull’attività letteraria di mio padre che sarà ospitata a Roma».

Un attore, Carlo Croccolo, vecchio compagno di Totò, entra nel vivo delle polemiche: «Stanno facendo scempio della sua immagine, l’hanno inflazionata. Ci sono tanti pallidi epigoni che tentano di imitarlo: non hanno inventato nulla, hanno preso tutto da lui».

Emilia Costantini, «Corriere della Sera», 8 febbraio 1998


La provocazione: per festeggiarlo, ignoratelo. E cercate qualcuno che parli male di lui

Visto il ritardo dei pubblici poteri e della Rai nell'impegno di celebrare il centenario di Totò, e in attesa che i progetti prendano corpo, per non far passare la data del 15 febbraio senza risalto avanzerei due proposte. La prima, rivolta a tutte le reti tv, è di rinunciare a mandare in onda per un giorno qualsiasi film di Totò. Sarà un modo per differenziare la programmazione rispetto a ciò che succede normalmente; e così i telespettatori, privati dei prediletti lazzi del Principe, potranno riprendere con nuovo entusiasmo il giorno 16 a godersi l'ininterrotto videofestival che l'Italia dedica da anni al suo beniamino.

A prescindere, mi pare che Totò non abbia davvero bisogno di commemorazioni particolari: è sempre fra noi, presente, insostituibile. Ed ecco la seconda proposta. Istituiamo un premio per chi riuscirà ad allestire un dossier, magari smilzo, di critiche che abbiano messo in discussione il talento di Totò. Sarà una ricerca difficile perché Antonio de Curtis fu un attore comico adorato dagli intellettuali e perenne oggetto di peana esaltanti Perciò sarebbe ora di smetterla con la sciocchezza che «la critica non lo apprezzò». La critica non apprezzò i suoi film, ma quelli non piacevano neanche a lui: infatti li considerava una galera, avrebbe preferito fare cose all'altezza del suo talento. Lo ricorderò sempre a Urbino, nel saio di frate Timoteo durante le riprese di «La mandragola», mentre mi chiedeva con l’ansia di un debuttante: «Cosa dice Lattuada? È contento di me?».

Tullio Kezich, «Corriere della Sera», 8 febbraio 1998


Totò, principe ignorato

La figlia Liliana: «Tanti i progetti, pochissime le certezze». Per il centenario della nascita dell’attore slitta la diretta su Raiuno, in forse mostre e rassegne. Rinviata la mostra di marzo al Palazzo delle Esposizioni Solo Napoli celebra il suo eroe e impazza la Totomania.

Fra una settimana, il 15 febbraio, si celebrerà il centenario della nascita di Totò. Che fine hanno fatto le tante occasioni che il 1998 avrebbe dovuto offrire al grande attore scomparso trentanni fa? Prima di Natale si parlava di rassegne e proiezioni, una pioggia dei suoi film in tv, la prima edizione del premio Totò (si svolgerà il 15 nella galleria di Napoli e doveva andare in onda su Raiuno presentata da Gigi Proietti e Milly Carlucci), l'inaugurazione del museo a lui dedicato (in allestimento al Palazzo dello Spagnuolo nel rione Sanità, a due passi dalla casa di via Santa Maria Antesaecula dov'è nato), una mostra piena di memorabilia che in marzo sarebbe dovuta approdare al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e tante altre cose.

Di tutto questo, a sette giorni dall’evento, scarse tracce. «Ci sono stati tanti annunci, ma le certezze sono pochissime - dice la figlia Liliana De Curtis. — Su richiesta abbiamo presentato diversi progetti ma ancora aspettiamo luoghi, date e fondi da destinare alle principali iniziative del centenario. La Rai aveva promesso la serata del 15 in diretta da Napoli, ma è stata rinviata a data da destinarsi. Lo stesso per la mostra al Palazzo delle Esposizioni, che in autunno, quando sarà inaugurato il museo, si sarebbe trasferita a Napoli». «Siamo scoraggiati - spiega Giovanni Graia, consulente culturale dell’Associazione De Curtis - perché nessun progetto è stato definito. E poi è uno scandalo che la Rai non riesca a adempiere la sua funzione di servizio pubblico celebrando un artista che, dai sondaggi, risulta essere il più amato dagli italiani».

Gli appuntamenti Rai? Venerdì 13 e venerdì 20 Raiuno proporrà in seconda serata le due puntate di 100 anni, programma celebrativo curato da Giancarlo Governi e già trasmesso. Il 15 niente, tranne i probabili servizi dei Tg. Il 16 mattina, alle 9.35, andrà in onda su Raiuno Totò sulla Luna. In aprile ci sarà una «prima serata», in estate una retrospettiva dei suoi film intitolata Totò Opera Omnia. Nient’altro.

Povero Totò, che quand’era in vita scherzava sul fatto che i suoi film, considerati di serie B, venivano sempre recensiti dallo stesso critico, «un certo Vice che neanche conosco». Quarant'anni dopo sta succedendo quasi la stessa cosa, e anche se lui la liquiderebbe con un semplice e ironico «quisquilie, pinzillacchere», è davvero una vergogna.

Le poche certezze: il 18 febbraio il presidente della camera Luciano Violante lo celebrerà in Parlamento; il ministero dei Beni Culturali darà un contributo per una mostra sulla sua attività letteraria, con poesie, testi teatrali, canzoni e altro materiale raro, il tutto esposto al teatro dei Dioscuri. A parte una serata omaggio in programma al musco del cinema di José Pantieri (tra l’altro verrà proiettata più volte la sequenza di Tototruffa nella quale l’attore vende la fontana di Trevi) e una conferenza stampa, martedì, per presentare un cd sul mondo poetico e musicale di Totò. Roma, città dove fattore ha vissuto metà della sua vita, si ferma qui.

Napoli farà molto di più. Già ieri un locale gli ha dedicato una retrospettiva di foto e registrazioni con l’intervento di mimi vestiti coi suoi abiti. E la «Totomania» cresce in vista del 15, giorno in cui verranno inaugurati i lavori di realizzazione del museo: Franca Faldini, la sua ultima compagna, aprirà la mostra «Il baule di Totò» (vari oggetti personali e costumi, come quello di Pinocchio dei suoi primi varietà o quello di Otello della sua ultima rivista A prescindere), il Politeama ripropone la commedia di Scarpetta Il medico dei pazzi, il Bellini ospita un musical con le sue canzoni, da Malafemmena in poi, interpretate da Roberto Murolo, Fausto Cigliano e altri. Ieri una discoteca gli ha dedicato una serata e ha esposto una collezione di t-shirt con le sue immagini, una delle quali lo raffigura truccato da Blues Brother insieme a Peppino De Filippo.

Ma forse l'appuntamento più intenso sarà la Messa che verrà celebrata il 15 nel cimitero di Napoli, dove la cappella che Totò fece costruire nel 1951, nella quale è stato poi sepolto, è sempre sommersa di fiori, lettere c preghiere delle migliaia di persone che specie in questi giorni vanno a trovarlo. «Nella sua città - dice Liliana - Totò è come san Gennaro». E' verissimo, e allora adesso serve un suo miracolo che faccia svegliare tutti. Lui, lo sappiamo, può farlo.

Fabrizio Zampa, «Il Messaggero», 8 febbraio 1998


Convegni, mostre spettacoli videocassette ed T-shirt. Perfino una commemorazione alla Camera. E, in autunno, un museo tutto per lui nella sua Napoli. Nell'incombere del fatidico 15 febbraio l'agenda delle iniziative per il centenario di Totò si infittisce minacciosamente. Eppure la figlia, Liliana De Curtis, lamenta disattenzioni pubbliche e private. Legittima sollecitudine, ma siamo sicuri che tanto fervore celebrativo renda davvero giustizia al celebrato (a ciò che rappresenta, anche al di là delle intenzioni)? Che il Genio Comico si possa ingabbiare nel rituale un po' mesto degli anniversari? Che lo si possa irrigidire in un monumento, imbalsamare in una teca, inchiodare a una forma (per sempre) definita, lui che è motilità straripante, invenzione fisica e verbale che scardina le regole?

Pirandello, nel saggio sull'Umorismo, ha insegnato che «il comico è avvertimento del contrario»: e Totò ci mostra che la verità non è quella che appare, che c'è sempre una diversa possibilità - o forse che la verità non esiste. E' proprio contro l'ordine stabilito, contro i paludamenti e le sclerosi che il Genio Comico dispiega la sua formidabile potenza eversiva: fluidificando le rigidità, scompaginando, disarticolando, disordinando. E liberando lo spirito. Pensiamo a come aggredisce la «realtà» dell'onorevole Trombetta, disseminandola di micro-cariche esplosive, nella celebre gag del vagone letto: il malcapitato entra in scena sussiegoso, nella ostentata cognizione del proprio rango, e ne esce letteralmente a pezzi, incerto perfino dell'identità personale. Insomma: «un macello».

E tutto torna in discussione. L'operazione comica fa bene alla salute intellettuale. Ma per goderne i benefici non è necessario (non è opportuno) entrare in un museo. I film di Totò passano quasi ogni giorno su qualche tv: è sufficiente un po' di zapping. Oppure basta munirsi di una delle cassette copiosamente disponibili in edicola, infilarla nel videoregistratore: il Genio Comico farà il suo lavoro.

Maurizio Assalto, «La Stampa», 10 febbraio 1998


«Noi sceneggiatori tutti "totoizzati"»

Parla Furio Scarpelli che scrisse per De Curtis vari film. Un artista incredibile, nato più dal non-sense futurista che da Pulcinella. «Aveva una grande anima».

ROMA

«Un'essenza "totoistica" dava una forma naturale al dialoghi che scrivevamo per lui. Si può dire che noi giovani sceneggiatori eravamo "totoizzati", nel senso che a cena o alle riunioni di lavoro si imitava la sua voce, il suo gesticolare, il suo gusto surreale per il non-sense. Furio Scarpelli, alle prese con il copione del nuovo film di Scola (i due tornano a lavorare insieme dopo parecchi anni), accetta volentieri di parlare di Totò. «Non so che cosa possa dire che non sia già stato detto, ma ci provo lo stesso», si scusa lo sceneggiatore, che per il grande comico scrisse una decina di film. «Il primo lo ricordo bene, perché vi lavorai anche da aiutoregista, era Totò le Mokò. Allora lo spirito parodistico andava per la maggiore, era una vera e propria scuola. Si prendeva un titolo di successo, che magari rispecchiava culturalmente un'altra società, e lo si rifaceva in forma burlesca. Nel caso specifico, il divertimento consisteva nel parodiare il codice di virilità e rispetto tipico di un Jean Gabin per adattarlo al fisico e allo spirito burlone di Totò».

Che cosa significava inventare battute e situazioni per Totò?

«In lui c'era una forte arte improvvisatoria, ma è anche vero che tutti noi vivevamo una specie di immedesimazione. Per ispirazione futuristica era una marionetta, però dentro aveva un'anima grossa così. La sua comicità era una stratificazione di molti elementi. Totò possedeva un intuito che, per magia o metafisica o chissà che altro, gli permetteva di percepire cose che non conosceva. Ricordo un film nel quale interpretava un luminare dell'università che dettava una pagina scientifica. Era impressionante. Forse per spiegare il suo talento ci vorrebbe un psicopatologo».

Che cosa le piaceva di lui?

«La sua schizofrenia, culturalmente alta. In lui c'erano due o tre persone. C'era Totò, il principe de Curtis e un signore borghese dal pensiero raffinato. E non combaciavano mai. Sarà perché, dietro l'eleganza del tratto e del gesto, si celava una psicologia complessa, dolorosa, attenta. Si aveva l'impressione di avere di fronte un uomo dal pensiero travagliato. Se Totò e il principe erano pubblici, il terzo - quello domestico e intimo - era difficile da scoprire, ma non impossibile».

Insieme ad Age, nel 1956, lei scrisse per Totò "La banda degli onesti".

«Una commedia divertente ma che sembrava ereditare, sottotraccia, un messaggio vagamente neorealista... Credo che Totò abbia colto benissimo che, sotto la crosta comica, c’era qualcos’altro. Diciamo un piccolo impegno civile stemperato in un certo sentimentalismo, un pezzettino d'animo, un intento polemico. Nel raccontare la disavventura del maldestro falsario Antonio Bonocore e dei suoi complici partimmo da una domandina semplice semplice: “Siamo sicuri che tutti coloro che ci danneggiano non siano degni di attenzione?"».

Ma solo due anni dopo, ne "I soliti ignoti", Totò diventò un maestro scassinatore che dà lezioni sulla terrazza condominiale...

«E chi poteva fare quella particina se non lui? Forse solo Nazzari».

Totò e la critica. Il rapporto non fu proprio buono, per anni. Lui ne soffriva o se ne infischiava?

«Gliene importava, eccome. Come a tutti. Solo che spesso l'essere oggetto di noncuranza si trasforma in amarezza, quando non addirittura in disprezzo. Ricordo articoli su Totò che cominciavano con la frase: "È ora di finirla!". Perché tanta cattiveria? E ora di finirla per chi? Se stava tanto antipatico, bastava non andare a recensire un suo film».

Poi però le cose sono cambiate: rivalutazioni, omaggi, riletture...

«Successe anche a Buster Keaton. E il bello è che la cosiddetta rilettura ha coinvolto non solo Totò attore, ma anche i suol film».

Lei è affezionato a qualcuno di essi in particolare?

«Mi piace "Animali pazzi". Perché è misterioso, quasi un lascito dell'impronta futurista degli inizi. L’essere mimo di Totò non viene da una matrice napoletana. Pulcinella non c’entra. C'entrano invece Bragaglia e Campanile, quel gusto surreale per il movimento meccanizzato, quasi elettrico».

Mai parlato con lui di politica?

«No. Sapevo che era conservatore, ma non esibiva mai le sue idee politiche. E io, per rispetto, non lo stuzzicavo sull’argomento».

Nemmeno quando la censura se la prese con «Totò e Carolina», imponendo tagli ridicoli?

«Che paese stupido era quello».

Boldi & De Sica sono stati ribattezzati da qualcuno «i nuovi Totò e Peppino». Accetta il paragone?

«No comment. Dico solo che in Totò e Peppino c’erano ricchezza umana, cultura dello spettacolo, dimensione interiore. Penso a Peppino. Sullo schermo sapeva essere ottuso e fine, perbene e pronto a farsi tentare dal male. Che potenza interna, che scienza della recitazione. Questi altri, invece...».

Michele Anselmi, «L'Unità», 11 febbraio 1998



Il 15 febbraio del 1898 veniva al mondo Antonio Clemente, maschera comica e surreale che ha segnato i nostri anni.

Se si ha occasione di vedere il baule di Totò - è al centro della mostra organizzata al Teatro Politeama di Napoli perii centenario della nascita - ci si accorge che in questa sorta dì casa viaggiante si trovano tutti insieme disordinatamente i frammenti della sua biografìa privata e della sua particolarissima vicenda artistica. I costumi di scena e la scatola del trucco, il nécessaire per cucire con ago, filo, bottoni e lo stick Max Factor con la scatola di cipria Elizabeth Arden, il fondotinta Hollywood Extra e la scatola delle amate Tourmac Rouge con naso finto, baffi e barba, le foto di famiglia e i pennacchi da bersagliere per il gran finale in passerella, l'attestato della consulta araldica e la camicia avorio con lo stemma imperiale, il ferro di cavallo portafortuna e il guanto di Studio Uno, il prontuario di citazioni latine Regulae Juris e il tascabile con i tre testi di Zavattini da Parliamo tanto di me a I poveri sono matti e Io sono il diavolo, la pergamena di laurea attribuitagli dagli ammiratori e la raccolta di firme degli italiani all'estero.

Prende corpo il sogno di Totò, riappare in tight, bombetta e pantaloni e saltafosso come nel suoi esordi, brandendo una stampella nella folgorante parodia del Tre moschettieri, nelle vesti di Pinocchio, la marionetta disarticolata delle riviste di Galdieri e di Totò a colori, nel piccolo ladro inseguito da Fabrizi di Guardie e ladri, nel pazzariello disperato di L'oro di Napoli, nello sgargiante costume di Otello dell'ultima rivista A prescindere, nella divisa del Comandante alle soglie della pensione, nel padre e figlio di Uccellacci e uccellini. Antonio De Curtis si rivela, o si nasconde?, nelle sue creazioni, sogna anche lui di essere Totò: «Sono un signore napoletano abbastanza triste che sogna di essere Totò». Nessuno più di Totò ci ha dato l'impressione di essere sempre altrove, il principe di un paese misterioso, il contrabbandiere che attraversa le frontiere proibite, il grande down che introduce nella coerenza dell'ordine stabilito la forza dirompente dell'incongruo. Straordinaria incarnazione della zona metafisica della commedia italiana, è l'unico in grado di sterzare nella geometrica astrazione del superburattino: «Siamo tutti burattini/ Senza limiti di età/ Burattini burattini/ Burattini in libertà».

Nel corso dei trent'anni che ci separano dalla sua morte, Totò è diventato un personaggio quotidiano e familiare per milioni di italiani dopo che per molto tempo si era continuato a disapprovare la volgarità del doppi sensi, il cattivo gusto delle battute, le sguardate maliziose e gli atteggiamenti dozzinali di tanti suoi film. Oggi le imputazioni sono diventate i segni di riconoscimento della sua grandezza. Una comicità talora violenta, sguaiata, volgare, distruttiva, decisamente compromessa con le pratiche basse che tanta parte hanno nel linguaggio del corpo e nei meccanismi del desiderio, nella magmatica irriducibilità della vita necessaria per far coagulare la lingua universale della maschera. Solo ora sappiamo quanto Totò ha inciso nel costume e nell'immaginario nazionale. Ieri non avevamo il coraggio di riconoscerci nello specchio di una comicità impietosa che ci restituiva l'immagine derisoria del nostri difetti, della vacua pomposità del nostro modo di parlare. La pedagogia del nascondere, in cui si esprime l’ipocrisia nazionale, d induceva a chiudere gli occhi, a respingere la scomposta parodia dei nostri modi di essere, la irridente messa a nudo delle convenzioni linguistiche, la burocratica autorevolezza dei sapori costituiti.

La straordinaria avventura teatrale e cinematografica di Totò si è svolta nell'arco di quasi un cinquantennio dalla fine degli anni Dieci agli anni Sessanta e ha visto una complessa e stratificata evoluzione dello spettacolo italiano dal teatro di varietà all'avanspettacolo, dal cinema degli anni Trenta al cinema italiano del dopoguerra. Nessuno meglio di Dario Fo, che nel '78 lo considera il più grande comico italiano degli ultimi cinquantanni, ha colto i tratti fonda-mentali della sua formazione, i suoi inizi dal basso, la sua capacità di modificare progressivamente lo spettacolo, di lavorarci all'interno, di farlo esplodere reintroducendovi tutti i materiali a sua disposizione, acquisiti attraverso la sua personale esperienza o attinti involontariamente dalla tradizione più lontana. Oggi pochi, pochissimi di noi, possono dire di averlo visto a teatro, ma tutti possono rivedere i suoi quasi cento film, la punta di un iceberg sommerso, quello che resta di una lunghissima esperienza teatrale. Se il cinema di Totò è per tanti versi un cinema della fretta e della Improvvisazione, è vero che il grande attore dell'eccesso resta ancora vivo e attualissimo, nonostante - o forse grazie alle cadute di tono, i limiti farseschi, le grossolanità, le approssimazioni di molti suoi film. Straordinariamente moderno nella sua capacità di mettere tutto In discussione con un sogghigno o con uno sbattere di dgllo, di Indossare e togliere la maschera, di essere saldamente ancorato per terra e di sfidare la legge di gravità per volare via nel cielo della leggerezza, nella sua capacità di far lievitare i rituali perturbanti dello spiazzamento continuo. Questo Totò ultimo della classe ci appare sempre di più, come aveva intuito Ennio Flaiano, lo scolaro in castigo che facendo cenni alle spalle del maestro tiranno ridà una speranza di follia alla scolaresca umiliata e annoiata.

Orlo Caldiron, «L'Unità», 11 febbraio 1998


Tredici canzoni in un cd

Da morto, nel 1967, Totò aveva parecchi nomi (Antonio De Curtis Gagliardi Griffo Focas Comneno di Bisanzio), da neonato, cent'anni fa il 15 febbraio, ne aveva solo uno: Antonio Clemente. E come tale il futuro comico scoprì il teatro imitando Gustavo De Marco, artista famoso che faceva la marionetta. Così nacque la maschera di Totò: superando il maestro, il successo arrivò nell'avanspettacolo con Guglielmo Inglese (anni Trenta) e poi nella rivista (anni Quaranta) con Anna Magnani e Michele Galdieri. Al cinema, dopo il debutto in «Fermo con le mani» (1937), la consacrazione giunse nel 1947 con «I due orfanelli». Da qui parte una cascata di titoli celeberrimi, da solo o in coppia con altri grandi attori, da Peppino De Filippo a Aldo Fabrìzi, fino all'esperienza finale con Pier Paolo Pasolini in «Uccellacci ed uccellini». La creatività di Totò fu multiforme e fatta anche di versi, musiche e canzoni. A questa produzione è dedicato un cd edito da «l'U», intitolato «Totò, il Principe e la malafemmina» che riunisce le versioni inedite, delle canzoni di Totò interpretate da Enzo Moscato, Giacomo Rondinella, laia Forte e Maria Pia De Vito. Il cd sarà presentato da Liliana De Curtis, figlia di Totò, domani a Roma, nella sede dell’Eti in via in Arcione.

«L'Unità», 11 febbraio 1998


Totò, cent'anni e non li dimostra

Si celebra in tutta Italia, la figlia è scontenta. Domenica 15 è l'anniversario della nascita: «Peccato, la RAI non fa niente», dice Liliana de Curtis

ROMA

Una pioggia di celebrazioni, sparse nei vari punti d’Italia, collocate in giornate diverse, organizzate da chiunque, enti locali, gruppi di appassionati e via dicendo, dimostra che il desiderio di festeggiare il grande Totò nel centenario della nascita (15 febbraio 1898) è forte e chiaro. Ma la figlia dell'anista scomparso, Liliana De Curtis, presidentessa dell'Associazione che porta il suo nome, divisa in questi giorni tra mille appuntamenti, non è soddisfatta. «L'elenco delle cose belle è lunghissimo - ammette al telefono -, ci sono mostre, feste e per il 18 il presidente della Camera Luciano Violante ha annunciato una grande manifestazione in Parlamento, con tanti invitati e molti degli attori che hanno lavorato con mio padre. L'unica notizia che mi ha fatto dispiacere è stata quella della cancellazione del "Totò day” che sarebbe dovuto andare in onda il 15 su Raiuno, in diretta da Napoli, con Gigi Proietti e Milly Carlucci conduttori. Da Viale Mazzini hanno fatto sapere che si tratta solo di un rimando e che, prima o poi, l'omaggio andrà in onda; insomma so che esistono delle difficoltà e non voglio lapidare nessuno. Però sono rimasta male quando ho sentito Paolo Limiti dire che l'immagine di Totò è troppo sfruttata; secondo me, in una ricorrenza importante come quella del centenario, era importante ricordare in Tv quanto la figura di mio padre sia ancora attuale e piena di vigore».

 Un grande nastro azzurro verrà collocato, domenica a Napoli, davanti alla porta della casa dove Totò è nato, mentre oggi la signora De Curtis presenterà a Roma il cd intitolato «Totò, il Principe e la Malafemmena» e la maglietta con immagini e parole dell'artista, realizzata da un gruppo di detenuti nel carcere minorile di Rebibbia. «Sono tutte cose che mi emozionano, ma il fatto che mi stupisce sempre di più - dice Liliana De Curtis - è l'amore che i giovani, ragazzi e anche bambini, nutrono nei confronti di mio padre: magari non hanno mai visto un suo film per intero eppure conoscono a memoria le sue battute e tengono il manifesto in camera. D’altra parte per Totò l'amore del pubblico non è una novità, anche se forse, in questi giorni, con tutte le celebrazioni in programma, lui stesso potrebbe meravigliarsi, Che direbbe? Mah, si chiederebbe "Che è successo, Casamicciola?» 

Sorride, Liliana De Curtis, e racconta del Museo di Totò che dovrebbe aprire i battenti a Napoli, nel prossimo ottobre, dopo che i lavori di restauro avranno reso praticabili i locali messi a disposizione dalla Regione Campania nel Palazzo dello Spagnuolo, alla Sanità. «Vogliamo cha sia un museo vivo - spiega - un posto dove sviluppare iniziative con le scuole, dova promuovere corsi di recitazione olire che, ovviamente. mettere in mostra oggetti, foto, carteggi. Ci sarà anche un'ampia sezione informatica». Sono passati cent'anni, conviene la figlia dell'artista, e il nuovo Totò non è ancora nato: «Non credo che potranno facilmente nascere degli eredi. L’unico "figlio" di Totò, in senso artistico, poteva essere Massimo Troisi, ma purtroppo non è più con noi, solo lui aveva quell'umanità, quello spirito c quella forte vena di malinconia che contraddistinguono gli artisti della razza di mio padre. Gente che conosce le lotte, la fame, i caffellatte freddi. Ecco, Troisi era uno di loro. Certo, abbiamo tanti altri attori bravi, per esempio Roberto Benigni che è un grande, ma rappresenta un genere completamente diverso da quello di mio padre. La verità sa qual è? La parola Totò è fatta solo di quattro lettere, ma sono lettere "toste", difficili da imitare». 

[f. c.], «Corriere della Sera», 12 febbraio 1998


La duttilità del genio

In teatro era travolgente: ma sparse oro anche tra i filmacci

Fra il 1947 e il 1949, con «I due orfanelli», «Fifa e arena», «Totò al Giro d'Italia», «I pompieri di Viggiù», Totò divenne quanto a incassi il numero uno del cinema comico italiano, ossia del cinema italiano, chi da allora a oggi il nostro pubblico ha sempre privilegiato, nella produzione nazionale, i prodotti cosiddetti leggeri. Reazione contro la retorica fascista, antica vocazione allo sberleffo? Fatto sta che le grandi star di cassetta da noi sono sempre stati i clown: Macario subito prima di Totò, poi Rascel, poi Sordi, poi Gassman (comico!) Tognazzi, Manfredi, poi i Villaggio e i Pozzetto, infine i Nuti, Troisi, Benigni e Pieraccioni. I primi, Totò e compagni, venivano dalla rivista, avevano forti radici dialettali, e una certa età. Totò ere già apparso davanti all’obiettivo durante il ventennio, vedi «Animali pazzi» da un soggetto di Achille Campanile (1939), vedi «Due cuori ira le belve» (1943), vedi «San Giovanni Decollato» (1940), dalla commedia di Martoglio: farsa paesana quest'ultimo, mentre gli altri si rifacevano a una comicità stralunala, surreale, tipica dei nostri evasivi Anni Trenta.

Nella seconda, trionfate mandata la maschera di Totò diventa meno paradossale e più umana, e l’oggetto della satira, più riconoscibile - lo spunto può partire dalla parodia di un film di successo, il dettaglio beffa la prosopopea di una piccola borghesia che tenta di darsi dignità coi paroloni («a prescindere», «lei non sa chi sono io», «ma mi faccia il piacerei»). Risultato, quasi cento film tutti ancora vivi e freschi e gettonati, e sull'altro piatto della bilancia, l'annosa questione: queste pellicole spesso frettolose e approssimative rendono davvero giustizia al suo genio? Fu Totò biecamente sfruttato da produttori avidi solo di soldi? Ebbe ragione quando di tanto lavoro salvò solo i tardi incontri con Pasolini?

Il cinema limitò Totò? Come detto sopra, Totò veniva dal teatro, e al cinema inizialmente approdò solo per appagare la curiosità degli spettatori di provincia, dove le grandi compagnie non si fermavano. Chiunque abbia visto Totò dal vivo, cosa che non avvenne più dopo il 1949 (con una eccezione noi 1957), compatisce chi lo conosce solo dai film. Non solo agiva con tutto il corpo, come un burattino disarticolato e acrobatico, ma il contatto con la gente lo galvanizzava; quando si sentiva seguito, andava a braccio ed era travolgente, mimicamente e linguisticamente, famoso il caso dello sketch del vagone letto, che da pochi minuti con le repliche arrivò a durare un'ora. Ora, i primi film tentarono di conservare questo aspetto di Totò, facendolo scatenare anche in improvvisazioni a beneficio della troupe, o, almeno in un caso prezioso («I pompieri di Viggiù»), riprendendolo in una sala teatrale. Ma andando avanti i registi cercarono di conciliare il surrealismo anteguerra con il neorealismo vigente. Oggi Mario Monicelli si dichiara pentito di avere casi contribuito a «snaturare» Totò, che diresse, con Steno, in «Totò cerca casa». «Guardie e ladri». «Totò e i re di Roma», e da solo in «Totò e Carolina», nei «Soliti ignoti» e in «Risate di gioia».

Ma ha ragione? Chi rimpiange che un solo fotogramma di questi film sia mai stato girato? Certo, invecchiando, e maturando, e alle prese con un medium diverso, Totò da quel genio che era si adeguò, e al cinema «fece» sempre meno, anche se il corpo lo usava eccome, mai tanto magistralmente come quando sembrava quasi immobile. Ma il suo interiorizzarsi diede spessore alla marionetta, consentendole a volle anche di diventare personaggio, vedi i suoi camei in «Napoli milionaria» di Eduardo, in «L'oro di Napoli» di De Sica, nella «Patente» di Pirandello con Zampa («Questa è la vita»); vedi ancora «Dov'è la libertà» di Rossellini, «Arrangiatevi» di Bolognini, «Il comandante» di Heusch. Infine Totò incontrò Pasolini e fu sublime, soprattutto nell'episodio «Che cosa sono le nuvole» di «Capriccio all'italiana», un vero testamento spirituale. Il punto però è che Totò lasciato a sè stesso sparse oro anche nei filmetti e nei fìlmacci mono ambiziosi, dove il critico farà meglio a arrendersi davanti a una constatazione inconfutabile: si ride. Finora ho elencato quello che ufficialmente è il «meglio» lasciato dal principe: ma forse qualcuno mi seguirà se confesso che, costretto, rinuncerei a molto di quel meglio pur di conservare ai posteri «Totò Diabolicus», e persino «Che fine ha fatto Totò Baby?».

Masolino d’Amico, «La Stampa», 12 febbraio 1998


«Il principe e la Malafemmena»: ecco Totò in cd

Canzoni e poesie del grande attore in una raccolta a gira delle iniziative de «l'U». Versioni classiche e incisioni inedite affidate a giovani artisti. Liliana De Curtis: «Se la Rai non lo celebra, c'è sempre Mediaset».

«Altezza, mi pare una lagna»: così il lapidario giudizio di Salvatore Cafiero, autista del principe De Curtis, dopo il primo ascolto di Malafemmena. E Totò, di rimando: «E tu sei un fesso». L'aneddoto è tornato a circolare durante la conferenza stampa di presentazione di Totò, il Principe e la Malafemmena, un cd di canzoni e poesie del grande attore, realizzato da l'U, in occasione del centenario della nascita che si celebra il 15 febbraio. Il cd viene distribuito in edicola, a 20.000 lire, assieme ad una maglietta riproducete immagini e parole di Totò. Le magliette sono realizzate dalla Rebibbia Jail Cooperative, un gruppo di ragazzi e ragazze recluse nel carcere minorile di Casal Del Marmo di Roma. «Una parte dei ricavi delle vendite - ha spiegato la figlia di Totò, Liliana De Curtis, presente alla conferenza stampa -serviranno a questi giovani per aiutarli quando usciranno dal carcere. È una bella iniziativa che speriamo di ripetere anche col carcere
minorile di Nisida».

Le incisioni del cd, realizzato da Flaviano De Luca e Alessandro Spinaci, sono quasi tutte inedite e sono eseguite da un gruppo di artisti napoletani: dalle neomelodiche Ida Rendano, Maria Nazionale e Pina Cipriani a Consiglia Licciardi, Enzo Moscato, Giacomo Rondinella, Maria Pia De Vito. Alle canzoni, tra cui ovviamente c'è anche la classicissima Malafemmena, si aggiungono 3 poesie di Totò, recitate dall'attrice Iaia Forte, e la celeberrima 'A livella, declamata dallo stesso Totò. Una miscela di interpretazioni classiche e rivisitazioni con sensibilità odierne, e persino qualche sperimentazione vocale, come quella di Maria Pia Fusco che si lancia in vocalizzi jazz ne II cigno di Caianello.

Il cd realizzato dalle iniziative editoriale de l'Unità, è una delle tante iniziative per il centenario della nascita del grande attore napoletano. Un anniversario che si porta dietro anche qualche pole-
la Rai non si decide in tempo, rischia di saltare tutto. Comunque abbiamo fiducia». Positiva conclusione, invece, per il museo dedicato a Totò che, come ha annunciato la Agostini, finalmente si farà. Dovrebbe aprirsi entro quest'anno, in un palazzo del rione Sanità, a pochi passi da dove nacque Totò. E mentre una bella mostra sul Totò letterato sta girando l'Italia e fa tappa al Teatro dei Dioscuri a Roma, ancora nulla di fatto per un progetto di una grande mostra sull'attore che dovrebbe tenersi al palazzo delle Esposizioni di Roma. «Il progetto l'abbiamo presentato da tempo - ha spiegato Paola Agostini - all'assessore Gianni Borgna che ora lo ha girato al neopresidente del Palaexpo, Renato Nicolini. Ma fino ad oggi non abbiamo avuto risposte. Anche in questo caso abbiamo fiducia e pazienza. Ma come direbbe Totò, ogni limite ha una pazienza».

Renato Pallavicini, «L'Unità», 13 febbraio 1998


"Totò fu un maestro anche come massone”

E Grande Oriente: “Fondò una loggia”. Napoli, lettera-appello al sindaco per il centenario. De Crescenzo: “Non ci credo. Lui avrebbe detto: ma mi faccia il piacere”

NAPOLI 

Totò è stato massone, fu anche fondatore, diventandone Maestro venerabile, della Loggia «Ars et Labor». Lo afferma, in una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, il Gran maestro del Grande oriente d’Italia, Virgilio Gaito. In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita dell’attore napoletano, in programma per oggi, da palazzo Giustiniani arriva l'appello: «Eviti, signor sindaco, che anche la memoria di Totò sia colpita dall' opera di rimozione della sua appartenenza alla Massoneria, che troppe volte fa cadere nell' oblio l’esperienza massonica di tanti illustri italiani». Gaito dice di scrivere anche a nome «del Fratello Totò, passato all’Oriente Eterno. Questo le chiedo di ricordare, domenica quando si troverà sulla tomba del grande Artista, principe Antonio De Curtis, al Cimitero del Pianto».

Sembra difficile immaginare, almeno fuori dalla scena dei suoi film, Totò «muratore» nel Tempio, con indosso il grembiulino, a compiere rituali sotto l’egida di squadra e compasso e dell'occhio «che tutto vede». Incredula, innanzitutto, la figlia Liliana che replica: «In famiglia non ne ha mai parlato». Eppure il Gran maestro della Loggia, nata in Italia dal 1805, sembra saperne moltissimo sul «principe della risata».

«Totò - scrive ancora nella lettera al sindaco Bassolino - fu iniziato alla Massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi, dunque all'età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista: una scelta che ha segnato profondamente tutto il resto della sua vita». E precisa anche: «Totò fu anche fondatore - diventandone poi Maestro venerabile - della Loggia “Ars et Labor’’».

L’avvocato Virgilio Gaito si dice convinto di reclamare il riconoscimento di una «verità storica su un grande napoletano, un grande italiano e - ma questo pochi lo sanno e molti se ne meravi-glieranno - un grande Massone». E chiama in causa una delle più celebri poesie dell’attore: «Ha espresso i sentimenti propri della sua appartenenza attraverso la poesia A livella, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».

Totò massone? Luciano De Crescenzo non ci crede. «Non può essere vero - sbotta lo scrittore - io che l’ho conosciuto, lo posso dire: tutto poteva essere tranne che un massone». De Crescenzo aggiunge: «Io parlerei di un'incompatibilità di tipo caratteriale. Perché ci si iscrive ad un’associazione più o meno segreta? Per ricavarne dei vantaggi, per contare di più. Ma a che tipo di vantaggi poteva aspirare uno come Totò, che nel suo campo era il massimo, e che ovunque andava era conosciuto ed amato da tutti?».

«La verità è un'altra - prosegue lo scrittore - è destino comune a molti personaggi famosi finire senza saperlo inliste massoniche o, peggio, in elenchi di affiliati ad associazioni di criminalità organizzata. Ricordate Franco Franchi, sospettato di essere mafioso? E Claudio Villa, anche lui accusato di essere massone? In entrambi i casi, non era vero niente. Anche a me una volta, a Napoli, è capitato di essere trascinato ad una festa che - per fortuna me ne accorsi in tempo - era una specie di riunione della camorra. Ma da qui a dire che ero un camorrista ce ne corre».

Domani, nel rione Sanità di Napoli, dove Totò nacque, inizieranno i lavori di ristrutturazione e di sistemazione dei locali di Palazzo dello Spagnuolo, in via Vergini, destinati ad ospitare il museo a lui dedicato. Il restauro, per cui è stato stanziato oltre un miliardo, durerà un anno. Il museo sarà gestito dall'associazione presieduta da Liliana De Curtis. L'iniziativa rientra nel progetto di riqualificazione dei Quartieri Spagnoli finanziato dall’Unione europea. E Rifondazione comunista pensa di intitolare una piazza o un largo del centro storico di Napoli all’illustre concittadino.

Franco Di Mauro, capogruppo consiliare di Rifondazione proporrà alle forze politiche del Consiglio comunale di sottoscrivere l’ordine del giorno per «Antonio De Curtis, in arte Totò. Principe della risata».

Il sindaco Bassolino, almeno ieri, non ha commentato ìa lettera arrivata da Palazzo Giustiniani. Era a Firenze, molto più interessato alle conclusioni ai D’Alema sulla Cosa 2. Ci pensa De Crescenzo a tagliare corto: «Totò massone, fondatore di una loggia? Lui avrebbe risposto: “Ma mi faccia il piacere...”».

Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998


Totò, il pazzariello napoletano che diventò santo della risata

ELZEVIRO Cent’anni fa nasceva Antonio De Curtis

Oggi ricorre il centenario della nascita di Totò, il grande attore che secondo Fellini bisognava far santo per il bene donato alla umanità continuando a farla ridere. Totò era per l’Italia quello che Charlot è stato per il mondo. Eppure i suoi numerosi incontri con il cinema non erano stati sempre felici, per colpa di registi frettolosi e di «gagmen» spregiudicati. Egli si lasciò spesso sedurre da parti buffe, ma nella direzione sbagliata, anche se poi riusciva a cavarsela da solo mostrando il suo ineguagliabile talento. La critica lo prese sottogamba e si lasciò così sfuggire senza accorgersene un grande attore. E lui se ne doleva. Solo il geniale intuito di Carlo Ludovico Bragaglia aveva cercato di annetterlo, nel 1938 con Animali pazzi, al cinema d’arte, rivolgendosi per il soggetto e la sceneggiatura al nostro maggiore umorista vivente, Achille Campanile.

Funambolico, paradossale, anticipatore di Ionesco, l’umorismo di Campanile non era adatto a Totò, attore della grande tradizione della commedia dell’arte, comico di effetti immediati, e di intelligenza popolare. Il tentativo di Bragaglia non ebbe successo. Andò bene, invece, con San Giovanni decollato, per la regia di Amleto Palermi; in Napoli milionaria di Eduardo De Filippo e in Guardie e ladri di Monicelli, dove, ben guidato, Totò potè mostrare la sua comicità esplosiva.

Certo i personaggi truffaldini, grotteschi e impudenti erano i più adatti al suo estro. Ne L'oro di Napoli di De Sica, Totò si ritrovò nei panni del «pazzariello»; in Arrangiatevi di Mauro Bolognini, anche se non ebbe una parte incisiva, risultò ugualmente godibile: in Totò e Carolina fu un faceto «celerino»; e in veste di esperto di casseforti fece ridere, con la sua scoppiettante genialità, gli spettatori de I soliti ignoti. Divertiva senza deludere mai.

Negli spettacoli di varietà e nei «musicals» all’italiana, bastava da solo far ridere le platee, con la mascella fuori dai binari, il naso sbilenco e quella capacità tutta sua di far roteare il collo sul busto tenuto rigido. Al finale, quando si scatenava con il piumetto dei bersaglieri, Totò era irresistibile. Con Clely Fiamma e con Anna Magnani fece i suoi «skctches» migliori. Ma come dimenticare la scenetta, con Isa Barzizza, del vagone letto? O l'episodio del «viveur» che andava a vuotare il pitale? In tempi non certo permissivi. Totò diceva sconcezze (non grandi) e sguaiataggini con serenità.

Superstiziosissimo, obbligato una volta a dormire in una cabina del vagone letto che portava il numero 13, non ebbe pace e sonno finché non riuscì a svitare quella targhetta con il numero fatale che stava sopra l’uscio.

Nato a Napoli, nel rione Sanità, il 15 febbraio del 1898, non arrivò nemmeno a settant’anni: la sera del 15 aprile 1967 si sentì male, colpito da un attacco cardiaco, arrivando a dire alla moglie e alla figlia con le quali aveva cenato: «Sto per morire... portatemi a Napoli». Tre giorni dopo Totò era già fra i morti della sua gente, nel grande cimitero di Poggioreale, dove la .lapide col suo nome era pronta da molti anni, con una epigrafe semplice, da lui stesso voluta: al centro soltanto il nome, Totò, e come seconda riga la data di nascita; mancava solo quella della morte, che fu aggiunta quel giorno.

I funerali si svolsero a Roma tra la dolente partecipazione di una folla che per due giorni era sfilata davanti al feretro su cui la moglie volle mettere la famosa bombetta che, insieme a quella di Charlot, fa ormai parte della storia del cinema.

La bara giunse a Napoli nelle prime ore del pomeriggio di martedì 18: centoventimila persone si erano assiepate nelle piazze e nelle vie adiacenti alla chiesa del Carmine, riempiendo tutti i quartieri vicini, fino alla ferrovia. Il traffico era stato bloccato per quattro ore.

Quando il carro spuntò. si udirono timidi battimani, pianti, grida disperate. Accadde il caos. La chiesa era stipata in modo inverosimile. Dalla folla straripante si levò una voce. Era quella di Nino Taranto che, fra i singhiozzi, arrivò a dire: «Totò, Napoli ti ha fatto l’ultimo "esaurito"». Si soffocava: in molti svennero. Arrivarono, allora, una cinquantina di agenti cori manganelli e solo così fu possibile aprire un varco al feretro e iniziare l’ufficio funebre. Intanto all’esterno, la calca continuava a premere. Alla fine della cerimonia la polizia impedì che la bara uscisse da dove era entrata. Sarebbe stato estremamente pericoloso: uscì da una porta segreta della sacrestia e, scortata dalle camionette della «Mobile», raggiunse Poggioreale, a sirene spiegate.

In quel pomeriggio, ci furono sedici feriti, tredici contusi, quattordici borsaioli arrestati e diciotto persone derubate del portafogli. C’era tutto il popolo di Napoli, senza distinzione di ceti, una grande mescolanza: nobili e borghesi; gentiluomini e guappi; scugnizzi e cadetti della Nunziatella (la scuola militare); preti, ladri e camorristi; sante donne in preghiera e puttane pallide, senza trucco e con il velo nero in testa: insomma, il ventre di Napoli.

Da ragazzo, figlio illegittimo di una giovane donna del popolo e di un nobile, Totò non aveva voglia di frequentare la scuola. Appena il maestro voltava gli occhi, andava in strada a godersi lo spettacolo della gente. Era tale la passione per la vita degli altri che la madre lo chiamava «lo spione» e gli diceva: «Totò, studia, così da grande puoi fare il questurino». Gli piaceva fare il «pazzariello», la maschera napoletana vestita in modo bizzarro che annunziava e festeggiava l’apertura di un nuovo negozio del quartiere. Quando poteva, si recava nei teatri di varietà per godersi con entusiasmo i comici che improvvisavano battute e gesti.

Tornato a casa, si ingegnava per ore e ore a imitarli. Cominciò a recitare nelle «periodiche», spettacoli (per famiglia) di commedianti chiamati a divertire gli ospiti. E dalle «periodiche» spiccò il volo diventando così quel grande attore che ha onorato e continua a onorare, con l’apparizione dei suoi film in tv, l’estro e il genio del teatro dell’arte.

Gaetano Alefra, «Corriere della Sera», 15 febbraio 1998



Principe De Curtis, io ti prego: se puoi, fammi la grazia

ANNIVERSARIO Cent'anni fa nasceva, nel quartiere Sanità a Napoli, il re della risata all'italiana

NAPOLI

Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis, principe imperiale di Bisanzio, nacque il 15 febbraio 1898 nel quartiere Sanità. Oggi Totò avrebbe compiuto 100 anni e Napoli si prepara a festeggiare la ricorrenza come se questo suo grande figlio fosse ancora presente.

Come del resto era accaduto nell’aprile, dell’anno scorso, in occasione del trentesimo anniversario della morte, quando la tomba di Totò nel cimitero della Pietà era stata al centro dell’ interesse dell’ opinione pubblica: giornalisti, fotografi, cineoperatori, vigili urbani in alta uniforme, cesti di rose, gruppi di visitatori in pellegrinaggio ruppero per qualche giorno la tranquilla vita di quell’ angolo sereno del cimitero degli artisti in cui le spoglie di Totò riposano vicino a quelle di altri grandi dello schermo: Nino Taranto, Peppino De Filippo.

Sulla tomba del grande comico, in tutti questi giorni, c’è stato un vero e proprio pellegrinaggio di persone che, ogni giorno, raggiungono la collina della Pietà per portare un fiore, per recitare una preghiera o per un semplice saluto.

Moltissimi di questi visitatori lasciano un messaggio. Carta e penna sono disponibili per tutti, poggiati sull’altarino della cappella, fatta costruire da Totò nel 195Ì. Negli ultimi dieci giorni sono state riempite con messaggi dieci pagine, al ritmo di una al giorno. Semplici firme di presenza, invocazioni, frasi accorate.

A Totò, alla sua maschera tanto straordinaria quanto trascurata, per anni, ha voluto dedicare un libro Roberto Escobar. Si tratta di «Totò» (pagg. 127, lire 18 mila), scritto dal docente di dottrina dello Stato all’Università di Bologna e pubblicato dalla casa editrice Il Mulino di Bologna.

«Nato e cresciuto ben dentro la tradizione grande della rivista, del varietà - scrive Escobar - e del teatro napoletani, tuttavia fu il cinema che ne rese conto a, un pubblico molto più vasto. Ed e ancora il cinema che ne rende conto oggi a noi, che mai l’abbiamo visto su un palcoscenico. Nei suoi film, nonostante il disinteresse con cui li possa aver interpretati, sopravvivono la sua maschera, la sua rivista, il suo varietà, il suo teatro».

Al cinema, Totò debuttò che non era, poi, giovanissimo. Quando Gero Zambuto lo chiamò a interpretare, nel 1937, «Fermo con le mani», infatti, era ormai alle soglie dei quarant'anni. Da allora, il principe De Curtis di film ne ha interpretati tantissimi. Basterebbe ricordare «Totò Le Moko» di Carlo Ludovicio Bragaglia, «L’imperatore di Capri» di Luigi Comencini, «Totò a colori» di Steno, «Totò, Peppino e la malafemmina» di Carmelo Mastrocinque. Per arrivare fino a quell’«Uccellacci e uccellini» di Pier Paolo Pasolini, che le fece uscire, in un certo senso, dal cinema di genere, dal cinema fatto un po’ con la fotocopiatrice, per innalzarlo al ruolo di attore «di culto». Una anno prima della morte, avvenuta a Roma nel 1967.

«Il Piccolo», 15 febbraio 1998


Totò: risate in faccia al mondo

Anna Magnani: «Aveva un sogno, recitare Don Chisciotte». Le mille maschere di un attore di culto nel ricordo di chi l’ha conosciuto

Ma chi era veramente Totò? Nella vita di tutti i giorni assomigliava a quella straordinaria marionetta da palco-scenico, da set cinematografico che ancora oggi non finisce di stupirei Abbiamo provato a ricostruire le mille facce di questo straordinario uomo e attore facendo un collage di dichiarazioni rilasciate da chi lo conobbe bene. Da chi gli fu vicino, come collega e come amico. 0 da chi, semplicemente, lo ha ammirato da lontano, come il Premio Nobel per la letteratura Dario Fo.

Ne viene fuori un ritratto originale. A tratti pieno d’ombra. Perchè se è vero che, adesso, tutti osannano Totò come uno dei grandi attori italiani di questo secolo, al tempo stesso va ricordato che il principe De Curtis è stato snobbato a lungo.

«Cosi conobbi Totò, e nei limiti delle nostre due timidezze, diventammo quasi amici. Totò era un "signore”, perlomeno del signore meridionale aveva la calma, la tolleranza, la cortesia. Questa fu la prima impressione. Salutava togliendosi il cappello, non faceva mai circolo attorno a sé, non raccontava storielle, nè cadeva preda di quelle concitate allegrie o depressioni che, nel lavoro del cinema, sono il prodotto delle lunghe e inspiegabili attese». (Ennio Flaiano).

«La rivista si intitolava ”Imputato alziamoci”!. Con Totò ci si divertiva in scena e fuori scena. Il pubblico lo seguiva ridendogli appresso proprio nel tono che dava alle battute, insomma era Totò a intonarlo, sembrava un direttore di un’orchestra di risate!». (Vittorio Caprioli).

Quando gli consegnavo il foglio delle sue battute, egli lo leggeva assumendo un’aria serissima, ma ad ogni parola, con una sorpresa sempre nuova, il suo volto cominciava a scomporsi in una reazione continua, apparentemente comica, e di una intensità infantile. Un re da favola, che avesse letto il discorso preparatogli dal ciambellano, non avrebbe espresso in altra forma la sua contenuta meraviglia. Un minuto dopo era pronto a dire nel migliore dei modi le povere cose da noi scrìtte». (Ennio Flaiano 2).

«Cominciavamo ad andare sul set alle due, perché prima di allora non ce la facevamo, in quanto che Totò era abituato a andare a letto alle 3-4 di notte e faceva l’alba. Io finivo il mio lavoro alle 8-9 di sera e andavo dritto a letto perché ero stanco. Ci si trovava alle 2 sul set con Totò a ricombinare la sceneggiatura; il soggetto era quello, la base era quella, ma era tutto campato in aria» (Peppino De Filippo)

Totò era un clown fabbricatro senza risparmio e, si direbbe, con precisa intenzione, dalla natura. La sua faccia era tutto uno zig zag: la fronte contraddiceva al lungo naso; questo, al mento sporgente e fatto a spatola. A loro volta, gli occhi globosi e di espressione triste contrastavano con la bocca enorme e ridanciana, la natura si era sbizzarrita pure nella sua struttura muscolare, dandogli una strana capacità di allungare e ritrarre il collo, e di inarcare le reni e spostare i glutei. A questi «doni» naturali, conveniva la misura degli «sketch» da avantspettacolo per la loro brevità che permetteva appunto a Totò di «apparire» senza essere costretto a «comunicare». (Alberto Moravia).

«Totò va cercato nel suo centinaio di film, non in uno solo, nella continua follia di una maschera che non fa della satira o tanto meno della sociologia ma propone esclusivamente se stessa. Ha potuto fingersi ladro, gentiluomo, generale, soldato, mondano, spia, ballerino, avventuriero, eccetera, proprio perché la sua sola presenza caricaturale sentiva tutte le possibili attribuzioni. Totò si è dedicato a illustrare, come in una striscia comica, l’assurdo della sua presenza i quel mondo. Una trovata in fondo letteraria, di confutazione della realtà fatta servendosi dei propri mezzi, con una sicurezza e un disegno aristocratico». (Ennio Flaiano 3).

«Dopo morto, tutti dell’ambiente hanno parlato bene di Totò, tutti si sono accorti di quello che avevano perso, perché Totò era veramente un grandissimo artista. Penso però che avrebbero dovuto rendersene conto prima, che quando era vivo si sarebbe dovuto fare qualcosa di più per lui. Totò avrebbe potuto fare film e personaggi immensi. Aveva un sogno, poverino ma non ha potuto realizzare; quello di fare Don Chisciotte. Sarebbe stato perfetto». (Anna Magnani).

«Totò è l’Arlecchino del Novecento e la sua comicità nasce dal suo senso di tragico. Recitava il sesso come Pulcinella, come un burattino. Era un uomo che amava le donne. Il suo erotismo, però, era sempre delicato. C'era un grande distacco nei confronti del sesso. Lui non toccava mai le ragazze che gli stavano introno». (Dario Fo)

Paolo Lunghi, «Il Piccolo», 15 febbraio 1998


«Dite che ho la faccia triste? Macchè, è soltanto storta»

Il cinema, la vita, le sue avventure e le disavventure. E com’erano nate le battute più popolari. Nelle interviste rilasciate, nelle chiacchierate con i giornalisti e gli scrittori che lo seguivano, Totò finì per raccontare un po’ tutti i retroscena della sua carriera.

Cinema: «Il mio incontro con il cinema avvenne in un ristorante. Due signori e una signora mi guardavamo ridendo da un altro tavolo. Stavo per alzarmi a litigare quando seppi che uno di quei signori era Gustavo Lombardo. Come un impiegato».

«Fermo con le mani»: «Il mio primo film è del 1937. Poi dal 1950 ho fatto solo cinematografo, però ci sono dei motivi. Allora il teatro cominciava a zoppicare e poi viaggi e debutti mi stancano, mentre il cinema era più comodo: andavo a lavorare come un impiegato la mattina, la sera ritornavo a casa e mi piaceva; anche l’aspetto finanziario era più favorevole».

«E che caspita!»: «Sì, i fascisti e i tedeschi volevano prorio portarmi al nord perchè io, con certe battute maligne della rivista, me la prendo con loro, ma del resto, vedevo i rastrellamenti, le fucilazioni, mica potevo restarmene a fare lo gnorri, e che caspita!». :

Bei film; «Dei miei film ne salvo una decina al massimo, il resto è tutto da buttare via. Sono attaccato a «Guardie e ladri», «Yvonne la nuit», «Napoli milionaria», «L’oro di Napoli», questi sono dei bei film. E in «Totò cerca moglie» c’era uno sketch che mi riuscì molto bene. Poi «Siamo uomini o caporali?», «Totò, Peppino e la malafemmina», e più tardi «La mandragola» e «Uccellacci
e uccellini».

L'arte di far ridere: «Oggi si è persa l’arte di far ridere. Oggi si tenta di divertire la gente con le barzellette. Io le barzellette non ho mai saputo dirle. Se voglio raccontarne qualcuna mi imbroglio, ne vien fuori una cosa penosa. Io non so raccontare. Sono un comico muto. Sono sempre andato in scena con canovacci di dieci minuti che sviluppavo sul momento fino a farli durare anche tre quarti d’ora».

La miseria: «Io so a memoria la miseria, e la misera il copione della vera comicità. Non si può far ridere se non si conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l'amore senza speranza, la disperazione della solitudine di certe squallide camerette ammobiliate, alla fine di una recita di un teatrucolo di provincia».

La faccia storta: «Dicono che ho la faccia triste. Non ce l'ho triste, ce l’ho storta perché mi sono rotto il naso. Ma con questa faccia triste ho fatto ridere per tanti anni, risate vere, e la gente ride anche oggi, modestia a parte»

Paolo Lunghi, «Il Piccolo», 15 febbraio 1998


Era di sinistra. No, di destra Anzi: un eroe del popolo

NAPOLI

A ricordare Totò oggi è solo la gente comune. Secondo l'83 per cento dei napoletani intervistati per un sondaggio, il principe Antonio De Curtis resta un eroe del popolo, visto che soltanto il 16 per cento ne affidala memoria al mondo del cinema e uno striminzito 1 per cento alle istituzioni.

Il sondaggio, realizzato dall’Ipr Marketing-gruppo Cirm per conto dell’ emittente Telenapoli Canale 34 in occasione del centenario della nascita dell’artista, colloca al top delle preferenze dei napoletani (41 per cento) il film «Totò, Peppino e la malafemmena», mentre «La banda degli onesti» conquista il secondo posto (20 per cento).

Nella classifica delle celebri battute di Totò, primo posto a «Siamo uomini o caporali?» (43 per cento)» seguita da «Armiamoci e partite» (16 per cento) e «E' la somma che fa il totale» (15 per cento).

Quanto alle opinioni politiche, per il 47 per cento del campione intervistato Totò oggi sarebbe «di sinistra», mentre per il 30 per cento «di destra».

«Il Piccolo», 15 febbraio 1998


«Vi ricordo che fu massone» dice il gran maestro Gaito

NAPOLI

II gran maestro del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, Virgilio Gaito, ha reso noto di aver inviato una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, per invitarlo a ricordare che il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, è stato «anche un grande massone».

«Totò - sostiene Gaito nella lettera a Bassolino, di cui ha diffuso il testo - fu iniziato alla massoneria nel 1944 dalla loggia Palingenesi, dunque all’età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista. Fu anche fondatore, diventandone poi maestro venerabile, della loggia Ars et Labor ed ha espresso i sentimenti della sua appartenenza alla massoneria attraverso la poesia ”A livella”, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera massoneria, che si batte sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».

Gaito esorta il sindaco a evitare che «anche la memoria di Totò sia colpita da quell’opera di rimozione della sua appartenenza alla massoneria».

«Il Piccolo», 15 febbraio 1998



Totò, come ricordare un Mito con affetto ma senza adulazione

Come si celebra un Mito, come si ricorda un Genio? E' un bel problema, che periodicamente ci si trova a dover affrontare, con soluzioni spesso opinabili, per scadimenti retorici, acritiche esposizioni o critiche astruse e ricercate. Era quindi suggestiva l'ipotesi che Tullio Kezich ha formulato sul Corriere della Sera: il modo migliore per ricordare Totò, che nacque (signore, naturalmente) il 15 febbraio del 1898, esattamente cent'anni fa, era quello di lasciarlo tranquillo e di non ricordarlo affatto con celebrazioni fatte apposta e inevitabilmente artificiose. Basta la sua opera, che abbiamo continuamente sotto gli occhi, per non farcelo dimenticare. Manifestazioni in giro per l'Italia ce ne sono state, però la figlia Liliana de Curtis si è lamentata perché la Rai, che doveva realizzare un grande speciale su di lui, si è tirata indietro, ha rimandato l'appuntamento. Per una volta è comprensibile la decisione della Rai: che dire di Totò che non sia già stato detto, che non sia banale, ripetitivo, che non sia la solita solfa con i testimoni, le persone che l'hanno conosciuto e che sono sempre meno numerose, gh spezzoni dei film? Film che peraltro i canali italiani mandano continuamente in onda. Così, invece di fare un programmone, uno di quegli speciali di Paolo Limiti in onda la sera, la Rai ha preferito, almeno per ora, una scelta defilata. Ma assolutamente deliziosa. Certo, non è difficile mettere su un programma delizioso su Totò, basta mandare in onda i suoi monologhi, le sue facce, le sue movenze, ed è già una bellezza.

L'altra sera è andato in onda su Raiuno «Totò cento - Vita, opere, amori e immortalità del principe Antonio de Curtis», una trasmissione di Giancarlo Governi, lo stesso autore di un programma, sempre dedicato all'attore, che qualche tempo fa andava in onda nel tardo pomeriggio, con quella famosa sigla che montava e rimontava alcune sue parole e frasi celebri, da «vota Antonio» a «mosica», da «ammesso e non concesso» a «e io pago». Dopo la stessa sigla, un altro montaggio delle sue frasi, questa volta ripetute dalla gente comune, uomini, donne, ragazzini, giovanotti dall'aria intellettuale, stranieri, napoletani, messo lì a simboleggiare l'ecumenismo dell'attore, le sue conquiste a 360 gradi. Cosa che ha subito sottolineato Governi: in un Paese che non coltiva le sue radici, anzi ne rifugge, dove tutto, anche i comici, gh artisti, vengono lottizzati prima ancora di essere capiti, quello di Totò è un fenomeno trasversale, unico. E attraverso le immagini, certamente gli spezzoni di film, le sue vecchie interviste, le nuove interviste alla moglie Diana Rogliani e alla figlia Liliana (Liliana come Liliana Castagnola, la «sciantosa» che si suicidò per lui e che segnò la sua vita), le misurate parole di Governi, abbiamo ripercorso la vita dell'attore, le sue manie (la passione per l'araldica, a esempio, la figlia dice che avrebbe voluto una «monarchia socialista»), i suoi amori, il suo genio. Un programma gradevolissimo e non superfluo, informativo e non agiografico. La seconda parte venerdì prossimo.

Alessandra Comazzi, «La Stampa», 15 febbraio 1998


I napoletani ricordano Totò con una festa al cimitero

Napoli

«Ah già, è vero; oggi è l'ultima domenica di Carnevale, perciò il cimitero sembra un mortorio». La battuta è di un film del 1954 («Totò cerca pace») ma lui, che amava prendere in giro anche la Morte, l’avrebbe trovata buona persino oggi, entrando nel Cimitero Monumentale di Napoli, dove si sono celebrati i 100 anni della nascita del Principe della risata che lì riposa da 31 anni. Una «festa» cui hanno partecipato centinaia di persone, tutte attorno alla sua tomba, chi in cerca di autografi della figlia Liliana De Curtis, chi portando fiorì.
A testimoniare un amore intatto ed ecumenico, senza distinzioni di classe o di età. E padre Giuseppe Garofalo nell’omelia l'ha così ricordato: «Diceva Totò: Signore, vi sono tante persone che si divertono a far soffrire, noi dobbiamo invece soffrire per far ridere e io questa faccia la faccio ancora più brutta per divertire...». Intanto gli assessori di Comune e Regione, hanno confermato a Liliana De Curtis (che ha inaugurato una mostra fotografica dedicata al padre) l'avvio dei lavori per il Museo Totò, che dovrebbe essere pronto entro l'anno.

«Corriere dell'Informazione», 16 febbraio 1998


«Festa» al cimitero per Totò

Per i cento anni della nascita. Una gran folla si è riunita a Poggioreale dov'è sepolto il maestro della risata.

NAPOLI

«Ah, già è vero, oggi è l'ultima domenica di Carnevale, perciò il cimitero sembra un mortorio». La battuta è di un film del 1954 (Totò cerca pace) ma lui che amava prendere in giro anche la morte l'avrebbe trovata buona persino ieri, entrando nel cimitero monumentale di Napoli, immerso nel silenzio, dove si sono celebrati i cento anni del Principe della risata. Eppure, svoltando l'angolo, la scena è mutata come in un incantesimo: in centinaia attorno alla sua tomba, chi in cerca di autografi facendo ressa attorno alla unica figlia, Liliana De Curtis, chi portando fiori. Tutti accomunati dal desiderio di testimoniare un amore intatto ed ecumenico, senza distinzioni di classe né di età, in perenne espansione. Esattamente un secolo fa nasceva Antonio De Curtis e le celebrazioni - decine in città, tra mostre, proiezioni di film gratis e rappresentazioni teatrali - sono state coronate ieri dalla manifestazione al cimitero della Doganella dove Totò riposa da 31 anni.

Si è trattato di un mix tra il raduno, festoso, e il rito religioso con la celebrazione della messa. Ricorda padre Giuseppe Garofalo nell'omelia: «Diceva Totò: Signore, vi sono tante persone che si divertono a fare soffrire, noi dobbiamo invece soffrire per far ridere e io questa faccia che ho la faccio ancora più brutta per divertire...». Qui infatti sono tanti a rappresentarsi un Totò in grado di dare sollievo, e non solo con il divertimento che provocano puntualmente le sue battute. Qualcuno, che è giunto dal rione Sanità dove nacque l'attore, ricorda la beneficenza silenziosa del principe De Curtis («infilava di nascosto le banconote sotto la porta di povere persone anziane»), qualcun altro addirittura parla di miracoli («i medici parlarono di male incurabile, Totò mi venne in sogno e le analisi il giorno dopo furono negative»). Un uomo si fa avanti e cerca le telecamere: «A me - racconta - in sogno mi diede tre numeri per il lotto, presi il terno: peccato perché ci puntai sopra pochi soldi, ma proprio non ci credevo...». Spiega la figlia, Liliana: «Tutti amano mio padre, ma in particolare la gente che soffre, forse perché anche lui aveva conosciuto la sofferenza».

Un esempio del tributo della Napoli dei vicoli all'artista è la recita della celebre poesia La livella fatta davanti alla tomba da Gennaro, Pasquale e Giuseppe, tre undicenni allievi del «Centro diurno Giovanni XXIII». Parallelamente al rito religioso, si celebra la parte «ufficiale», con assessori del Comune e della Regione che, conversando con Liliana De Curtis, confermano l'avvio dei lavori per il Museo Totò, che sarà completato entro il 1998. La gente vuole intitolare una piazza del centro storico, chiede una statua. E da un recente sondaggio è emerso che molti napoletani vorrebbero collocarla all'ingresso del porto, come una sorta di Statua della Libertà.

«L'Unità», 16 febbraio 1998


«Caro Totòti scrivo...» fiume di lettere al principe

Da Malafemmena a Core 'ngrato, passando per O’ Surdato nnammurato. Così l'associazione internazionale Amici della Canzone Napoletana, presieduta dal senatore Tancredi Cimmino, ha festeggiato il Principe della risata a cento anni dalla nascita. In un gremitissimo salone del Circolo Antico tiro a volo, un coro di voci ha reso omaggio a Totò, con canzoni, poesie e lettere: in prima fila, Sergio Bruni, Mario Maglione, Pino Moris, Nunzio Gallo, Pietra Montecorvino, Antonello Rondi e James Senese.

Ospite della serata, Liliana de Curtis che ha sottolineato il grande amore dei giovani per suo padre. «Ogni giorno sulla sua tomba - racconta - arrivano un sacco di lettere, magari piene di errori di ortografia, alcune allegre e spiritose, altre tristi e ironiche, ma comunque cariche di umanità. Qualche fan, ad esempio, si rivolge a lui come ad un novello San Gennaro, perché gli dia la dritta giusta, un temo sulla ruota di Napoli. Le più interessanti le ho raccolte in un libro, Totò noi veniamo con questa mia, che uscirà in aprile».

A festeggiare il comico dei comici, tra gli altri, il senatore Giulio Andreotti, seduto accanto alla signora Giovanna Mancino, e lo scrittore-filosofo Luciano De Crescenzo e l’onorevole Rocco Buttiglione che definisce Totò "un pezzo dell’anima italiana, con le sue grandezze e le sue miserie".

Orietta Cicchinelli, «Il Messaggero», 24 febbraio 1998


E per ricordare Totò una kermesse poetica

Capena celebra l'attore napoletano

Totò autore di canzoni e di poesie: è questo il tema dell’incontro che si terrà questa sera alle 20 all’hotel Feronia di Capena per celebrare il centenario della nascila del grande attore napoletano. La kermesse dedicata al principe Antonio De Curtis in arte Totò è organizzato dal Lions club della Valle Tiberina. «Tutti conoscono il Totò di "Malafemmina” e "La livella" - commenta il critico Vincenzo Mollica - pochi sanno che è autore di centinaia di canzoni e di altrettante poesie. Dal Totò cantautore emerge un uomo malinconico e sensibile, che considerava la canzone come un’opera d’arte».

F. Mar., «Il Messaggero», 7 marzo 1998


L'indimenticato Totò rivive nelle vetrine di tutta Loano

Grande iniziativa dell'Ascom nel centenario della nascita del comico

LOANO

L'indimenticabile Totò va «in vetrina» a Loano nella ricorrenza del centenario dalla nascita. Ancora una volta nel nome dei grande comici si tenta di promuovere una manifestazione e più in generale un'intera città. «Viva Totò» è infatti il terna della seconda edizione del concorso organizzato dall'Ascom Confcommercio di Loano con il patrocinio dell'assessorato al turismo. L'iniziativa vuole coinvolgere negozi, alberghi ed esercizi pubblici della città. Dal 1 al 5 aprile, proprio in occasione del centenario della nascita dell'artista, tutti gli esercizi commerciali di Loano sono invitati a «rendergli omaggio». Il tema preciso scelto per il concorso delle vetrine è «Totò, l'uomo, l'artista, il comico, il principe».

«Con questa iniziativa vogliamo animare le vie cittadine, creando una originale scenografia che condurrà attraverso la vita e le opere del grande Totò», spiegano all'Ascon loanese. Già da oggi dun- que è partita la ricerca di vetrinisti, pittori, scultori, fotografi ed artisti in genere in grado di allestire nelle vetrine dei negozi momenti della vita del grande comico.

La lunga presenza di Totò sul grande schermo, protagonista di film di successo, sarà facile stimolo per creare vetrine nuove. Spezzoni di film di Totò sono utilizzati ultimamente in molti messaggi pubblicitari. Anche l'Ascom di Loano spera di usufruire di «passaggi» nazionali con questo originale tema. A febbraio alcune riviste italiane avevano già annunciato il concorso. L'«italiana» comicità di Totò è ancora molto attuale. Nei primi 5 giorni di aprile ci sarà l'esposizione delle vetrine. I partecipanti verranno giudicati da una giuria di esperti formata da professionisti dell'Accademia vetrinistica italiana di Milano.

Saranno scelte le tre vetrine più belle che saranno premiate la sera del 5 aprile (Salone delle feste del residence Loano 2) durante una festa musicale.

Alla premiazione sarà presente Liliana de Curtis, figlia di Totò. In contemporanea al concorso sarà presentata anche una mostra di disegni dedicata al comico. [a. r.J

«La Stampa», 8 marzo 1998



Totò «sindaco» di Roccasecca

L’OMAGGIO / Una piazza intitolata all’attore

È stata scoperta ieri nel paese ciociaro di Roccasecca, in provincia di Frosinone, la targa con cui è stata intitolata una piazza al principe Antonio de Curtis, ovvero Totò, il principe della risata. La cerimonia coincide con il centenario della nascita. Erano presenti la figlia del grande attore napoletano, Liliana de Curtis, Dino Valdi, che ha lavorato come controfigura di Totò, il produttore Alfredo Bini e l’attrice Adriana Russo.

«Una parte di Totò - ha detto fra l’altro nel suo intervento Liliana de Curtis - ora continua a vivere anche qui a Roccasecca. La scelta di intitolargli questa piazza sta a dimostrare l’amore e l’affetto che gli italiani nutrono per mio padre e lui ne sarà sicuramente felicissimo». Il sindaco di Roccasecca, Antonio Abbate, ha sottolineato che il suo Comune è il primo in Italia a dedicare una piazza all’indimenticabile comico. Totò nel film «Il medico dei pazzi», girato da Mario Mattoli nel 1954, interpretava proprio il sindaco di Roccasecca e l’intitolazione della piazza è un riconoscimento per quella citazione.

Sabato, inoltre, Liliana de Curtis era intervenuta all’intitolazione di un viale dedicato a Totò a Sabaudia. Proprio in questi giorni, fra l’altro, la televisione sta riproponendo al pubblico le immagini amatissime di tanti film dei quali l’attore napoletano è stato protagonista: il programma intitolato «W Totò» va in onda alle 14.10 su RaiUno.

«La Stampa», 20 agosto 1998


Tutto quello che avreste voluto sapere su Totò

A Roma da mercoledì un omaggio «multimediale»

ROMA

Parte... nopeo, parte napoletano. E parte romano. Perché a Roma calcò, giovanissimo, palcoscenici allora celebri come quelli dell'Ambra Jovinelli e del Sala Umberto. E così nasce «Roma per Totò» un omaggio dovuto - già saprete che è il centenario della nascita - al talento mostruoso, e poliedrico, del principe De Curtis. Con un occhio di riguardo, appunto, al Totò attore, ma anche «autore», di teatro, o di avanspettacolo, allo scrittore, sensibile e melanconico, di poesie, canzoni e riflessioni. Da abbattere gli ultimi pregiudizi - che fosse un attore di serie B ormai non lo crede più nessuno - tipo una sua adesione al partito monarchico. Poco da aggiungere alla sua popolarità. Le generazioni continuano ad amarlo, i suoi cento e passa film continuano a girare a ciclo continuo nella tv italiana e fanno ridere come se non fosse passato neanche un giorno. O lasciano intravedere schegge di arte pura, notate e raccolte da Achille Bonito Oliva in un montaggio, Totòmodo: l'arte spiegata anche ai bambini, prodotto da Raitre e presentato pure all'ultima Mostra di Venezia.

La manifestazione romana è articolata. E durerà nel tempo. Si apre, infatti, mercoledì con l'inaugurazione di una mostra che resta in cartellone fino al 5 gennaio. Organizzano il ministero dei Beni culturali (e Veltroni dice che l'iniziativa «non è rituale ma un approfondimento che fa giustizia ai molti luoghi comuni»), il Comune di Roma, l'Università La Sapienza. Ci saranno anche un convegno e una serata teatrale. Il convegno, «Totò oggi: memoria, affetti ed eredità di un attor comico», si svolge il 3 e 4 dicembre e ospita oltre a illustri italianisti e studiosi di cinema anche molti artisti chiamati a portare testimonianze (sull'improvvisazione, il rapporto con le «spalle» e le partner) perché lo conoscevano bene o a spiegarci cosa e chi ne ha raccolto l'eredità. Li ritroveremo il 7 dicembre in una serata teatrale in forma d'antologia che vuole dimostrare come Totò fosse «atleta dello sperpero, sempre pronto a eccedere la domanda, a dare al pubblico dieci maschere in più di quelle attese».

Ma lo sperpero è anche orizzontale, interdisciplinare diciamo, e questo si vede nella mostra, realizzata in collaborazione con l'Associazione Antonio De Curtis, e articolata in quattro sezioni: quella sul teatro, curata da Antonella Ottai, mette soprattutto in relazione Totò e l'antica tradizione napoletana. Petito, Scarpetta, il varietà, Nino Taranto, le macchiette, gli sketch travasati poi al cinema. Ci sono foto di scena delle commedie (Miseria e nobiltà, Turco napoletano, La scampagnata dei tre disperati) e c'è un quaderno manoscritto dei «finali» di Salvatore Muto, grande Pulcinella. Tullio De Mauro si è occupato di mostrare come Totò, autore di poesie e canzoni i cui testi sono qui in versione autografa, facesse uso della lingua o delle lingue. Vincenzo Mollica ha lavorato su spartiti originali, spesso annotati, per la sezione «Totò e la musica». Infine ci sono i disegni. Di Fellini, Pasolini, Pratt, Manara, Crepax, Tamburini, Pazienza, Matticchio, Carpinteri, Zac. Tutte tavole originali, spesso non visibili al pubblico. Un ciclo di proiezioni, a cura di Giancarlo Governi, tiene insieme il tutto mandando in video citazioni a tema (le lingue straniere, il latino, i proverbi) e il Totocento prodotto dalla Rai.

La mostra è ospitata a Roma, Teatro dei Dioscuri, via Piacenza, 1. Informazioni al numero 06-4747155 oppure allo 06-3216779.

Cristiana Paterno, «L'Unità», 11 ottobre 1998


Le facce mai viste della marionetta Totò

La memoria. Un convegno all'Università di Roma vuol rendere giustizia all'attore. Grandi progetti con Eduardo, ma uno solo realizzato, quello di «Napoli milionaria» Zavattini e Risi gli offrirono molti ruoli anche in un «Pinocchio» con Carmelo Bene Totò, un grande attore capace di sedurre gli intellettuali italiani

ROMA

Si incontrarono che avevano 14 e 16 anni, due ragazzi che sarebbero diventati stelle di prima grandezza, Eduardo De Filippo e Totò. «Ci riconoscemmo come artisti di razza» ricordò il primo dopo la morte dell'altro. Era andato a trovarlo nel camerino del Teatro Orfeo, a Napoli, dove il comico muoveva i primi passi nel varietà. Quella precoce intesa, la contiguità delle loro origini e dei loro interessi sembravano la premessa di un cammino che li avrebbe uniti. Invece in teatro non fecero mai niente insieme. Successe nel cinema, nel '50, nella versione per lo schermo di Napoli milionaria. Per fare largo a Totò, Eduardo sdoppiò il personaggio che lui interpretava sul palcoscenico e le differenze fra il testo scritto e il film sono illuminanti per capire la collaborazione che fra i due doveva essere scattata, le piccole e grandi gags che - vicini - essi seppero inventare. Ma fu l'unica volta che lavorarono nello stesso film. E secondo alcune fonti, Totò - per ragioni di cassetta, perché famosissimo - sarebbe stato imposto dal produttore De Laurentiis. Eduardo, suo malgrado, avrebbe dovuto accettare.

De Filippo toglie la firma dal film

Eppure i loro itinerari di continuo si sfiorarono. Eduardo scriveva soggetti e sceneggiature, senza firmarli, di film Carlo Lodovico Bragaglia, il primo grande regista che diresse Totò. E scrisse il soggetto di Totò le Moko, togliendo poi la sua firma per dissidi con la produzione. Progetti, discorsi andati in fumo. Anche per Questi fantasmi ci fu un inizio di trattativa: il film si realizzò anni dopo, però con Renato Rascel. Paola Quarenghi, ricercatrice di Storia del Teatro all'Università di Roma, ripercorre questo tassello della intensissima vita di Totò nel grande convegno che Roma gli dedica in occasione del centenario della nascita, da domani a venerdì: «Totò oggi - Memoria, affetti e eredità di un attor comico». Recitano, mimano, ricordano, i personaggi dello spettacolo che con lui hanno lavorato o della sua lezione si sentono in qualche modo eredi. Mentre riflettono e vanno al di là del già detto, e del consumo della sua immagine che la pubblicità osa fare, i linguisti, i musicologi, gli storici del cinema e del teatro, i fans di quella «macchina perfetta di comicità» che Totò seppe diventare. «E' l'occasione per ripensare questa presenza importante nel nostro teatro. L'Università doveva farlo. Ci siamo detti: basta con i festeggiamenti, è arrivato il momento di rendergli onore e assegnargli il posto che si merita» concordano le docenti dell'Università La Sapienza che hanno ideato la manifestazione, Franca Angelini e Antonella Ottai, entrambe del Dipartimento di Italianistica e Spettacolo.

Totò burattino e marionetta, dunque. Ma anche lo stralunato inventore di una gestualità grottesca. Il creatore di infiniti pastiches verbali, di situazioni surreali, di paradossi e nonsense. L'erede dei grandi del varietà napoletano (come Gustavo De Marco, inventore di quella gestualità che l'esordiente Totò imitava con un tale successo da spingere il maestro, nel '23, a decidere di ritirarsi definitivamente dalle scene). Il depositario di un raffinato registro musicale interiore, quello che gli faceva collocare il gesto in un certo modo e alzare la voce in un certo momento. La maschera grandiosa di cui Pasolini si serve quando vuole abbandonare la mortifera grevezza dell'ideologia e cerca la lievità della poesia, del sogno: con la trilogia pasoliniana La terra vista dalla luna, Uccellacci e uccellini, Che cosa sono le nuvole (uscito nel '68, un anno dopo la sua morte), si conclude il suo percorso, che significa anche un ritorno al cinema d'autore degli esordi.

«Don Chisciotte» con Rascel

Tanti temi, tante ipotesi sui progetti che lo videro coinvolto - vero oggetto di desiderio da parte di personaggi alti dello spettacolo e che non si realizzarono. Il Don Chisciotte che Zavattini aveva scritto per Totò e Rascel. Il Pinocchio sceneggiato da Nelo Risi e Carmelo Bene, che prevedeva Totò nel ruolo di Geppetto e Carmelo Bene in quello del protagonista. Il Totò il buono di Zavattini, che sarebbe poi diventato Miracolo a Milano ma senza Totò. Nella rete fitta delle sollecitazioni che il personaggio offre non si perde Claudio Meldolesi, docente di Drammaturgia al Dams di Bologna. Dice: «Totò intuisce l'aspetto grottesco del divenire italiano, e come tale possiamo vederlo molto prossimo a noi. Lui ha avuto il merito di svegliare i nostri intellettuali sulla dimensione dell'esibizione e del distacco dalla bassezza della quotidianità, sulla dimensione della carica aggressiva che non appartiene al sentimentalismo comico di tradizione ottocentesca. Mi commuove la sua cecità, che contiene in sé l'energia e il potere della veggenza, e ne fa - insieme con la Duse e Petrolini - l'ultima grande voce della tradizione teatrale italiana».

Liliana Madeo, «La Stampa», 2 dicembre 1998


Un pomeriggio al Rossetti con il grandissimo Totò che compie cent'anni

Domani un incontro pubblico

«Totò ha cent’anni». È questo il titolo scelto per la manifestazione celebrativa indetta nel centenario della nascita del celeberrimo personaggio, che si terrà domani alle 17.30 al ridotto del Politeama Rossetti. L’iniziativa, aperta al pubblico, è stata promossa dall’associazione culturale Amici del Caffè Gambrinus in collaborazione con l’Università cittadina e con il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. Nel corso della manifestazione si susseguiranno gli interventi di Silvana Monti, preside della Facoltà di Lettere e docente di Storia del teatro, Antonio Calenda, regista e direttore del Teatro Stabile, e Roberto Nepoti, docente di Filmologia all’Università cittadina e critico cinematografico. È inoltre prevista una performance di Dodo Gagliarde.

«Il Piccolo», 21 dicembre 1998


Totò, noi lo conoscevamo bene

Un convegno e una serata teatrale sul grande attore

La lunga manifestazione «Roma per Totò», organizzata in occasione del centenario della nascita di Antonio De Curtis (1898-1998), propone oggi nella Sala dell'Ercole dei Musei Capitolini in Campidoglio il convegno «Totò oggi - memoria, affetti e eredità di un attor comico» Seguirà alle 21 una serata presso il Teatro Ateneo dell'Università «La Sapienza» dal titolo «Il mio Totò: incontri con gli attori»: parteciperanno Arturo Brachetti, Anna Campori, Pappi Corsicato, Pietro De Vico, Dodo Gagliarde, Antonino Jorio, Beppe Lanzetta, Carlo Molfese, Aroldo Tieri e Tonino Tajuti. Coordinamento artistico di Bruno Maccallini, al pianoforte Pino Cangialosi, al violoncello Giovanna Famulari.

Il convegno, alle ore 15. sarà introdotto dall’assessore Gianni Borgna, Francesco Sicilia e Amedeo Quondam. Interverranno Liliana De Curtis, Giancarlo Governi, Carlo Molfese, Mario Monicelli, Furio Scarpelli, Flaminia Siciliano e Franca Valeri. Seguiranno le relazioni «Totò e il cinema» di Orio Caldiron. «Totò e la supermarionetta» di Ferruccio Marotti e «Il teatro della deformazione» di Claudio Meldolesi. Coordinerà Michele Mirabella.

Nell'arco dell'intera giornata di domani presso il Teatro Ateneo si approfondiranno gli aspetti della vita professionale ed artistica di Totò nella prospettiva degli studi teatrali e della tradizione comica italiana con particolare riferimento alla tradizione napoletana. Walter Pedullà presiederà la sessione mattutina che dalle ore 9 vedrà interventi su «Totò e le avanguardie storiche». «Totò attor comico», «A lezione da Gustavo De Marco», «Una 'nferta napoletana: Totò ovvero un regalo per tutti», «Ancora una volta Totò linguista». Il convegno proseguirà alle 15, presiederà Maria Ida Gaeta: relazioni su ¯Totò cerca Zazà», «Totò e Anna Magnani», «Totò e Rascel: intrecci, confronti e convergenze», «Totò e Eduardo», «Totò e Pasolini», «I teatri di Pinocchio», «Canta Totò! Gesto sonoro e cadenze d'inganno». Al Teatro dei Dioscuri fino al 5 gennaio è aperta una mostra.

«Corriere della Sera», 23 dicembre 1998


Quando Totò faceva Tarzan a Trieste

Un'iniziativa degli Amici del Caffè Gambrinus per ricordare l'artista nato a Napoli nel 1898. Il centenario dell'attore festeggiato con ma serata nel foyer del Politeama

TRIESTE

«Totò ha cent’anni». Come se fosse ancora tra noi (ma la maschera di Totò è sempre tra noi), lo hanno festeggiato sabato scorso al Politeama Rossetti di Trieste, gli Amici del caffè Gambrinus, l’associazione che è nata qualche anno fa a Trieste e che con le sue iniziative mira a «valorizzare la conoscenza e la diffusione reciproca fra le culture del Sud d’Italia e del Friuli Venezia Giulia». Totò e Trieste, quindi, ricordando che a Trieste Totò - principe napoletano ma personaggio di radicata tradizione italica - ci passò davvero. Una prima volta nel 1939, con la rivista «Totò Tarzan» e «Tra moglie e marito, la suocera e il dito» (erano tempi in cui una compagnia di rivista doveva presentare due o più spettacoli al giorno). Poi nel 1943, con «Orlando curioso», uno dei successi di Michele Galdieri.

La città, che naturalmente vantava una forte tradizione in fatto di teatro di rivista e di varietà, conobbe, dunque, Totò qualche anno prima della sua grande scalata cinematografica, cominciata nel ’48 con titoli che oggi rappresentano og-
getti di culto: «Fifa e arena», «Totò al Giro d’Italia», «Totò cerca casa».

A ricordare aspetti diversi della figura dell’artista, c’erano, nel foyer del Politeama Rossetti, Silva Monti, Roberto Nepoti, Antonio Calenda e Dodo Gagliarde, l’unico attore in Italia - è stato detto nella serata -«che può permettersi di imitare Totò». Cosa che Gagliarde naturalmente ha Fatto, alternando il ruolo di ricercatore colto di «macchiette» a quello di interprete delle famose «mosse» snodate e marionettistiche, il segno distintivo, oltre che
l’icona comica, del personaggio Totò.

«Mo’ che t’hai imparato a fa’ sti mosse, può i ’o circo equestre», avrebbe detto un giorno la madre a Totò, che prese il consiglio materno alla lettera, facendo di uesto circo antichissimo i comicità e di tragedia la molla della sua straordinaria popolarità. Sulla presenza di entrambi i motivi, comico e tragico, nell’arte di Totò si sono soffermati Silva Monti e Roberto Nepoti, che rispettivamente sul versante teatrale e cinematografico, hanno sottolineato come lo spirito comico possa trovare radici solo in un territorio dove c’è profondamente sentita, anche per condizionamenti sociali ed economici, la ragione tragica.

Antonio Calenda ha ricordato che il filone d’autenticità popolare di cui si era fatto portavoce Totò conta ancora soltanto pochi interpreti nello spettacolo italiano e ha rimpianto il fatto che la nostra cultura abbia solo tardivamente riconosciuto a Totò il posto che merita. Se così avesse fatto - ha detto il direttore del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia - «oggi certo avremmo qualche capolavoro in più».

Per i fan di Totò, ricordiamo, infine, che fino al 5 gennaio al Teatro dei Dioscuri di Roma si può visitare la mostra «Totò parte-nopeo e parte napoletano».

canz., «Il Piccolo», 21 dicembre 1998


Mostre, eventi e celebrazioni nei luoghi nei quali è stato esposto il baule di scena
in occasione del centenario della nascita di Totò


Teatro “Politeama” - Napoli

14/15 febbraio 1998

L'Ente Autonomo "Antonio de Curtis", con la direzione artistica di Aldo Giuffrè
in occasione del centenario della nascita di Totò ha organizzato la mostra antologica "Dal baule di Totò"




Associazione Culturale “La corte sveva” – Palazzo Chieppa Andria (Ba)

25/26 aprile 1998


Teatro “Garofalo” - “VIII Premio Totò” - Battipaglia (Sa)

10/11 ottobre 1998

L'Ente Autonomo "Antonio de Curtis", con la direzione artistica di Aldo Giuffrè
presenta l'VIII edizione del Premio Totò.
Nell'occasione è stata organizzata la mostra antologica "Dal baule di Totò"


Teatro Comunale Alessandria

7/8 novembre 1998


Teatro “La Pergola” Firenze

10/15 novembre 1998


Et voilà, il baule di Totò

Firenze: in mostra abiti, foto e locandine

FIRENZE

Era nato cento anni fa, Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis. Principe imperiale di Bisanzio. Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero: per tutti noi semplicemente Totò. L’attore comico che più di ogni altro ha lasciato un'impronta indelebile nel teatro e nel cinema italiano di questo secolo. Nell’anniversario del centenario della sua nascita è stata allestita la mostra itinerante «Nel baule di Totò» aperta fino a domani nel Sa-loncino del Teatro della Pergola di Firenze, in contemporanea con lo spettacolo «Il medico dei pazzi» di Eduardo Scarpetta nella regia di Aldo Giuffrè, che nel 1954 fu partner di Totò nella versione cinematografica.

C’è una storia curiosa dietro a questa mostra. Una storia che pare una favola e che ruota intorno al baule del grande attore, custodito intatto con tutti i suoi segreti da Eduardo Clemente, cugino di Totò, ma anche suo fedele custode e segretario per tutta la vita. Tanto da vegliare gelosamente fino alla sua morte su questo baule.

Adesso il figlio Federico ha permesso di aprire il baule e di mostrare al pubblico gli oggetti personali del comico napoletano. Come per una magia, a quasi quarant'anni dalla scomparsa di Totò. Sono saltati fuori due tight neri - curioso quello completo di pantaloni a «zampa-fosso» - l’immmarcescibile bombetta, una calzamaglia con bretelle, i pennacchi da bersagliere, un piccolo specchio da tavolo, il necessaire per il trucco e un grosso ferro di cavallo di sicuro valore scaramantico. Se gli abiti di scena richiamano alla memoria le immagini dei film e i personaggi interpretati da Totò, ci sono oggetti che invece evocano momenti più intimi e più privati. Le scatole delle amate sigarette Tormac rouge, usate come contenitore del naso finto. della barba e dei baffi finti.

Il fondotinta di marca Hollywood Extra che sembra provenire dai tempi del cinema muto. E poi le foto di famiglia il prontuario di citazioni latine, la caminia d’avorio con lo stemma imperiale. Completano la mostra una bella serie di fotografie e di gigantografie a colori, un gran numero di documenti d'epoca e di locandine di spettacoli teatrali.

Viviano Vannucci, «Il Tirreno», 14 novembre 1998


Teatro Comunale “G. Borgatti“ - Cento (Fe)

18/19 dicembre 1998


Chiostro del Convento (Municipio) - Montecorvino Pugliano (Sa)

29 settembre - 1 ottobre 2006

Nell'occasione è stata organizzata la mostra antologica "Dal baule di Totò" 

Galleria fotografica della mostra


Salone “Margherita” – Napoli – Festival “Emozioni Napoli 2007” – “La lunga notte di Totò”

7/9 aprile 2007


Castello Mediceo – Ottaviano (Na)

6/10 maggio 2007

Nell'occasione è stata organizzata la mostra antologica
"Mostra degli oggetti personali e di scena del Principe della risata" 

Galleria fotografica della mostra


Teatro “Totò” – Napoli - “Totò 110 e lode”

31 gennaio - 17 febbraio 2008

Spettacolo con Angela Luce, Vito Cesaro, Antonino Miele – regia di Vito Molinari
Nell'ambito della manifestazione, l'Ente Autonomo "Antonio de Curtis" ha organizzato la mostra antologica
"Dal baule di Totò"


Rassegna stampa dell'evento


Riferimenti e bibliografie:

Immagini e documentazione fotografica © Archivio Famiglia Clemente

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Giuseppe Tesorio, «Corriere della Sera», 13 maggio 1997
  • Giovanna Grassi, «Corriere della Sera», 9 luglio 1997
  • Fulvia Caprara, «La Stampa», 13 agosto 1997
  • [m. b.], «La Stampa», 17 agosto 1997
  • Maria Volpe, «Corriere della Sera», 22 agosto 1997
  • Walter Dondi, «L'Unità», 29 agosto 1997
  • «Corriere della Sera», 20 novembre 1997
  • [f.v.], «Il Mattino», 20 novembre 1997
  • Stefania Ulivi, «Corriere della Sera», 21 novembre 1997
  • Giulio Baffi, «Il Mattino», 21 novembre 1997
  • Antonella Marrone, «L'Unità», 5 dicembre 1997
  • [f. c], «La Stampa», 13 agosto 1997
  • Margherita d’Amico, «Corriere della Sera», 6 gennaio 1998
  • r.s., Luciano Giannini, «Il Mattino», 8 febbraio 1998
  • Tullio Kezich, Emilia Costantini, «Corriere della Sera», 8 febbraio 1998
  • Fabrizio Zampa, «Il Messaggero», 8 febbraio 1998
  • Maurizio Assalto, «La Stampa», 10 febbraio 1998
  • Orlo Caldiron, Michele Anselmi, «L'Unità», 11 febbraio 1998
  • [f. c.], «Corriere della Sera», 12 febbraio 1998
  • Masolino d’Amico, «La Stampa», 12 febbraio 1998
  • Renato Pallavicini, «L'Unità», 13 febbraio 1998
  • Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
  • Gaetano Alefra, «Corriere della Sera», 15 febbraio 1998
  • Paolo Lunghi, «Il Piccolo», 15 febbraio 1998
  • Alessandra Comazzi, «La Stampa», 15 febbraio 1998
  • «L'Unità», 16 febbraio 1998
  • Orietta Cicchinelli, «Il Messaggero», 24 febbraio 1998
  • F. Mar., «Il Messaggero», 7 marzo 1998
  • «La Stampa», 8 marzo 1998
  • «La Stampa», 20 agosto 1998
  • Cristiana Paterno, «L'Unità», 11 ottobre 1998
  • «Corriere della Sera», 23 dicembre 1998
  • canz., «Il Piccolo», 21 dicembre 1998
  • Viviano Vannucci, «Il Tirreno», 14 novembre 1998