Sveliamo il mistero della nascita di un film: «San Giovanni decollato»
Una sera del giugno 1940 in un palchetto del Valle c'era Liborio Capitani. Sul palcoscenico Totò rappresentava la rivista «Tra moglie e marito la suocera e il dito». Si notava un altro spettatore d'eccezione in poltrona, Ramon Novarro. Capitani nascosto nell'ombra rideva cercando di non farsi, scorgere. Dal pubblico? No, da Totò. Spieghiamo più avanti il mistero. Intanto diciamo che in quel palchetto nasceva il «San Giovanni decollato» film.
Capitani accarezzava da tempo la idea di tradurre sullo schermo la famosa commedia di Martoglio: se n'era assicurati i diritti, ma non aveva ancora trovato l'Interprete ideale. Girava per i varietà come un bracco, poi assumeva quella sua aria dolcissima e distratta con la quale riesce a dire cosi spesso di no. Un giorno aveva detto: « Io vedo i manifesti: San Giovanni decollato interpretato da Totò ». Gli bastava, come un sogno, per ruminare il progetto. Procedeva cauto, ascoltava i pareri di cento persone sopra Totò o mai si era trovato in mezzo a così acerbi dissensi. Per alcuni la commedia non era adatta allo spirito metafisico di Totò, per altri solo Totò poteva rinfrescare la figura di Agostino Miciacio servendosi delle sue qualità d'interprete meno popolari ma evidenti per gli uomini di teatro. Poche volte in quell'ufficio di via della Mercede la polemica era stata così accesa: telefonavano dai giornali, antichi amici si facevano vivi per incoraggiare o scoraggiare il nostro produttore. Il quale entrava da un uscio, riappariva da un altro, ascoltando, socchiudendo gli occhi, mettendosi e levandosi il «appello.
Da quel frastuono, da quella battaglia intorno a Totò si fortificava in Capitani la convinzione che l'idea era vitale e avrebbe tratto dalle discussioni uno degli elementi di più sicura e originale curiosità. Ma ci volle quella prova del fuoco: Capitani aveva tanto sentito parlare della preghiera di Totò come di un pezzo classico del comico napoletano dove si sposavano meravigliosamente i suoi due aspetti: il recitativo e il creativo. Inserita nella rivista, d'accordo con Totò disposto a sostenere l'esame. «la preghiera» fece cadere le ultime esitazioni del produttore. Ventiquattro ore dopo, si firmava il contratto.
E il mistero? Capitani non voile mostrarsi straordinariamente entusiasta per elementari ragioni psicologiche.
— Mi piacete — disse a Totò, — Io sono pronto.
Totò, abituato alle lodi, si aspettava dei superlativi: quindi non osò chiedere una cifra americana. Capitani vedeva dentro come fa Agostino Miciacio in una delle più allegre clamorose sequenze del film.
Quella sera Capitani, seguito dal solito codazzo di luogotenenti, percorse via Nazionale a piedi. E cominciava a impostare il secondo problema:
— Chi è donna Concetta, la moglie di Agostino Miciacio?
Subito (e furono almeno una diecina) passarono nell'aria buia i più brillanti nomi, da Pina Renzi a Tecla Scorano, a Amelia Chellini, alla Pica. Qualcuno disse:
— Titina De Filippo.
E Capitani interruppe la discussione senza commentare, augurando a tutti la buona notte. Il mattino dopo partiva per Napoli un telegramma al quale Titina De Filippo rispondeva affermativamente.
A questo punto il lettore avrà capito che nella creazione di un film il produttore c'entra per qualche cosa. Anzi, l'idea motrice nasce e dovrebbe nascere prima di tutto nella testa del produttore: anche sul vaglio delle molteplici proposte che quotidianamente gli vengono fatte, il produttore porta, selezionando e accettando, un vero e proprio contributo creativo.
Per questo si può sostenere che una grande cinematografia, anche se ha tutti i quadri in ordine, per farli funzionare, armonizzando i vari valori, ha bisogno di grandi produttori.
Dobbiamo dirlo? Produttori che abbiano intuito industriale ma insieme artistico: « che vedano ». Infatti la decisione di un film è un atto creativo, una specie di « prima assoluta » nella testa di chi vi arrischia tempo e danaro. Basta sbagliare un addendo, sia esso il regista o l'interprete o lo sceneggiatore, perchè i conti materiali ed estetici non tornino più. Basta, insomma, non individuare i nomi per la cosiddetta distribuzione dei ruoli per scardinare alla base le più belle intenzioni.
Il rosario delle preoccupazioni non finì con Titina De Filippo. Per tre mesi si avvicendarono elementi di primissimo ordine; il copione conobbe l'esperienza di teatro di Gero Zambuto, la, tecnica di Aldo Vergano, l'estro di Zavattini. Poi venne Amleto Palermi con la sua personale e irrompente immaginazione, scompose il lungo lavoro degli altri per ricrearlo in una perfetta parabola cinematografica. Il lavoro cominciato il primo luglio assumeva contorni precisi e confortanti dopo tre mesi, novanta giorni durante i quali il produttore aveva fatto 700 telefonate, 200 telegrammi, sedato 100 dialoghi troppo vivaci, spronato Caio e animato Sempronio.
In mezzo alle polemiche esterne e ai momenti di ebrezza o di panico, immancabili durante la gestazione di un film, nell'intrigo dei piccoli e dei grandi interessi che circondano il capitale necessario alla nascita di 3000 metri di pellicola, chi conservava una calma bonaria e umana era Liborio Capitani. Era sicuro di arrivare in porto l'idea lo aveva convinto sempre più ed era fermata in due nomi: San Giovanni decollato e Totò. Per muovere la grande macchina si chiamò Palermi: un'altra intuizione. Palermi entrò me il vento nell'organizzazione del film e in 48 ore scoperse Totò attore. Chiamò al suo fianco il regista Giorgio Bianchi e il giorno 16 settembre si dava il primo colpo di manovella a Cinecittà.
E i problemi non erano esauriti. Totò con la parrucca o senza? Capitani e Palermi si appartarono due ore a risolvere il quesito, come, vedrete nel film. Ora si sta dando l'ultimo colpo, stanno girando gli ultimi 200 metri: Agostino Miciacio nella sua ennesima conversazione con il santo miracoloso.
— Mi fate o non mi fate il miracolo di far cadere la lingua a mia moglie?
Liborio Capitani sorride più apertamente; ogni tanto guarda Palermi una grande voglia di abbracciarlo. Fra due ore tutto è finito. Nel teatro numero 7 cominceranno ad abbatte il cortile dell'architetto Filippone che risuonò delle gaie musiche di Cherubini e Pagano, le due spalle del mago Bixio. Ma la Capitani comincia una nuova fase: il lancio e la distribuzione del film...
G.B.St., «Film», anno III, n.44, 2 novembre 1940
G.B.St., «Film», anno III, n.44, 2 novembre 1940 |