Totò oggi potrebbe essere canonico o ufficiale di marina

1940-Teatro-Quando_meno_te_l_aspetti

Una recente onorificenza e i ricordi della sua fanciullezza. Perchè non si votò al sacerdozio. Venne "riformato" e non fu ammesso all'Accademia Navale.

Totò, al secolo Marchese Antonio de Curtis Gagliardi, è nato a Napoli meno di 40 anni fa, e, appena terminati gli studi liceali, si votò all'arte teatrale entrando a far parte della popolarissima compagnia dialettale partenopea. Ma non doveva essere quella la sua strada  artistica, poiché un istintivo senso della macchietta, nella più tipica e colorita espressione napoletana, lo indirizzò al varietà in cui potè ben presto avere una personalità, che a mano a mano si affermò e si impose. Dal varietà all’operetta, alla rivista questa sua personalità è diventata inconfondibile. anche al cinematografo Totò è l'artista del palcoscenico e, comunque utilizzato, lo schermo ce lo offre quasi isolandolo dal testo del film in cui agisce.

000 90 2

Totò, ovunque si esibisca, è soprattutto un minimo che percepisce il ritmo con estro diabolico:  i suoi scatti improvvisi, le sue pause sconcertanti e le sue dinoccolate movenze sono espressioni ritmiche di grande effetto musicale. Marco Ramperti, dedicandogli, or non è molto, un lungo articolo su un giornale milanese, scriveva che Totò viene diritto dalle farse atellane, dai vasi attili della Campania, dai [...] danzanti sugli otri, insomma da tradizioni anticamente, puramente, potentemente mediterranee. Le sue apparizioni fantomatiche ci ricordano degli autori della Sibilla, le sue camminate scattanti è un po' sinistre dal suolo bruciato dalla lava di un vulcano. Il Vesuvio sta nella sangue di questo partenopeo assai più che in tutti gli attori di De Filippo e di Viviani messi insieme. Quel covante fuoco che senti nella sua immobilità, e che un tratto prorompe in quella furia scatenata, ma cadenzatissima, in cui il «pazzerello» dalla mano allo «zompatore», e [...] a Pulcinella, e l'ispirazione alla demenza, e la musica all'epilessia, è l'ultima espressione riassuntiva di dieci maschere meridionali, l’una più storica e più autentica e più significativa dell'altra.

Perciò dico ed affermo che, nonostante le eccentriche apparenze, e gli è infinitamente più italiano di tanti attori italiani che recitano alla francese o dall'inglese, quando pure non sia in «volapuk». Siamo d'accordo con Ramperti:  Totò è, insomma, un grande artista e il successo che egli riporta ogni sera ne è la prova, perché difficilmente il pubblico favorisce un commediante, artista o attore che sia, quando questi non lo meriti. 

Passano gli anni e Totò e sempre più accetto alle platee, specie, come si verifica nella veramente bella rivista “Quando meno te l'aspetti” di Michele Galdieri, l'eccellente autore di tanti spettacoli, egli può aver modo di valorizzare meglio le sue innumerevoli doti. E’ questa una constatazione che siamo lieti di dare unendo i nostri applausi a quelli della folla anonima che sanziona, senza costrizioni mentali, liberamente, il successo di un grande artista italiano.

ant. barr. (Antonio Barretta)


Pinzellacchere e quisquilie...

Alcuni giorni or sono il Grande Magistero dell'Ordine della Corona d'Italia mi comunicò la mia nomina a Ufficiale dell'Ordine stesso, nomini* avvenuta motu proprio della Maestà del Re Imperatore. Rigirando fra le mani il gradito foglietto che mi dava l'annuncio di tanto onore concesso alla mia modesta persona, mi sono rivolto a mia moglie e le ho detto: — Vedi, Diana, se invece di essere attore io fossi ciò che volevo diventare quand'ero bambino, oggi invece della nomina a Ufficiale della Corona d'Italia avrei ricevuto da una Curia Vescovile, magari quella della mia Napoli, la nomina a canonico.

... a prescindere...

Mia moglie conosce tutta la storia della mia infantile tendenza al sacerdozio e perciò non fece troppo caso a questa considerazione; mi voltò le spalle obiettando: — Mi non hai adesso altri confronti da fare?
Gesù, Gesù, e che c'è di male? E' una quisquilia... Non posso, forse, quisquiliare quanto mi pare?

— E quisquilia pure!...

— ...a prescindere dal fatto che se non fossi attore, e neppure sacerdote, ma ufficiale di marina l'altra mia tendenza giovanile! oggi avrei potuto avere la no mi un a capitano di fregata. Dunque, l'avete capito: in un primo tempo io volevo votarmi alla carriera ecclesiastica, e alcun tempo dopo a quella marinara; ma, essendo svanite e l'una e l'altra, quando terminai gli studi liceali mi votai all'arte del palcoscenico la cui passione pure friggeva entro di me fin dalla mia più tenera età.

«Totò» gioca

La vocazione al sacerdozio, come dicevo, fu la prima e la più sentita. In collegio, un collegio ecclesiastico, ero il chierico preferito e servivo la Messa inappuntabilmente; nessuno fra i molti collegiali sapeva servirla meglio di me, ed ero quindi il preferito in questa pia funzione. Allorchè tornavo a casa per le vacanze, nella mia cameretta innalzavo subito un altarino e devotamente passavo il mio tempo a pregare. Badate bene che non vi racconto delle fandonie, ma la pura verità, e questi ricordi della mia fanciullezza mi ritornano graditi or che la vita mi ha portato su altri sentieri. Mia madre non era troppo convinta di quella mia spiccata predilezione alle funzioni sacre e riteneva che ciò che facevo fosse più uno svago infantile che una seria predisposizione alle pratiche religiose, anche perchè io, contemporaneamente, frequentavo con una certa assiduità il «San Carlino», caratteristico e popolare teatro dialettale partenopeo che non poco mi attirava. Mia madre sosteneva convinta:

— Totò pazzeia a fà 'o prevete... (Totò gioca a fare il prete).

Pinzellacchere materne! Io invece, a prescindere, mi sentivo veramente trasportato al sacerdozio e non era quello un passatempo da bambino.

Poi, a sentirmi dire dalla mamma che pazzeiavo, mentre un'amica di mia madre insisteva a dichiarare che la faccia da prete non ce l'avevo, e qualche conoscente di famiglia asseriva che sarei stalo nu' prevete sbagliato (un prete cattivo), a poco a poco, l'altarino, gli annuali presepi e il servizievole chierichetto si dissolvettero come neve al sole..

Venne il Liceo, venne la licenza liceale, venne insomma l'epoca in cui mi dovevo decidere a iscrivermi a una Facoltà universitaria. Avvocato? Ingegnere? Medico? Niente di tutto questo: il mare mi attraeva e soprattutto mi attirava la carriera militare marinara. Allora mi decisi per questa e apertamente feci conoscere in famiglia il mio proposito.

— Voglio fare l'ufficiale di marina!

In famiglia non ebbero nulla da opporre a tate mio desiderio, ma credo che non tutti fossero persuasi che un bel giorno sarei diventato ammiraglio... Ritengo anzi che nessuno pensò che avrei mai messo piede all'Accademia di Livorno.

Voi mi conoscete da qualche anno e avrete certamente notato che le mie fattezze non sono perfettamente quelle che si addicono a un ufficiale. Non sono, è vero, nè gobbo, nè ho altre deformità fisiche, e, grazie a Dio, la salute non mi manca; però, mingherlino e mezza cartuccia lo sono. Figuratevi com'ero a diciott'anni! Tutti perciò erano convinti che per... deficienza costituzionale, mi avrebbero scartato, e mi prospettarono questa eventualità. Io, a prescindere, per nulla disarmato da simili rilievi, cercavo tuttavia di sincerarmi di essere a posto, e una .volta volli accertarmi che i miei requisiti fisici non fossero tali da annullare le m ie speranze. Mi chiusi nella mia camera, mi spogliai e mi posi dinanzi allo specchio dell'armadio...

«Quanto sono scemi !»

— Ih! Ih! Ih! — esclamai soddisfatto quando osservandomi attentamente riscontrai che ero fisicamente in grado di affrontare la visita sanitaria e di ottenere l'ammissione all'Accademia. — Quanto sono scemi quelli che pensano che io non sono buono a fà 'o marenaro.... Ih! Ih! Ih! Guarda qua che torace e che muscoli e che gambe!...

Sicuro di questo preventivo e coscienzioso esame della mia persona fisica, feci domanda per essere ammesso a Livorno. Arrivò il giorno della visita presso la Capitaneria di porto e mi presentai fieramente dinanzi agli ufficiali in commissione che avrebbero dovuto, secondo me, accettarmi solo a vista d'occhio. Invece la visita fu lunga e minuziosa e, quando ebbe termine, sentii pronunciare il verdetto: «riformato».' Non so più i motivi della riforma, ma ricordo che, tornato a casa, volli sincerarmi sul responso severo emesso nei miei confronti e ripetei l'operazione dinanzi allo specchio. Allora trovai che quell'ufficiale sanitario e gli altri commissari non avevano avuto torto a dichiararmi «riformato». Sicuro: «riformato», cioè formato due volte; vai quanto dire doppiamente in forma, e mi convinsi che i giovani due volte in forma non venivano allora ammessi in marina.

Direte che queste sono pinzellacchere e quisquilie alla Totò, ma provatevi a darmi torto, anche se quella dichiarazione di «riformato» non mi aprì le porte alla carriera di ufficiale di marina.

Totò

«La Stampa», 27 marzo 1941


Il Piccolo
ant. barr. (Antonio Barretta) e Totò, «La Stampa», 27 marzo 1941