Ecco Totò, Altezza Imperiale

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1946 01 26 Espresso Sua Altezza Toto

Sua altezza Imperiale Principe Antonio de Curtis Griffo Focas Conte Palatino e Cavaliere di Gran Croce del Sacro Impero Ordine Costantiniano Nemagne di Santo Stefano per citare solo i più cospicui titoli legati alla sua persona, nel corso della sua vita ha fatto sbellicare dalle risate milioni di persone. Di questa ilarità S. A. Imperiale da uomo di spirito, non si è mai adontata. Anzi, più la gente ride e più egli è contento e più quattrini incassa.

Perché come ormai molti di voi sapranno, S.A. Imperiale altri non è se non il popolare comico Totò. La qualità di altezza Imperiale gli è stata solennemente riconosciuta con sentenza pronunciata nel luglio dell'anno scorso dalla IV sezione del Tribunale di Napoli.  La sentenza conclude testualmente:

essendo effettivamente risultata la discendenza del De Curtis (Totò)  dalla famiglia dei Griffo-Focas, di origine Imperiale, competono a quest'ultimo tutti quei diritti, oneri e titoli che a tale discendenza sono connessi, come il diritto di al titolo di principe e la qualità di altezza Imperiale.

Come tutte le questioni genealogiche anche questa vicenda, che ha portato il lustro di un titolo imperiale ad un artista di varietà, è piuttosto intricata. Dunque cominciamo dal principio. Il capostipite della famiglia De Curtis, di cui Totò è diventato l'erede per adozione, non era proprio quel che si dice uno stinco di santo. Al tempo dell'Imperatore romano d'Oriente Maurizio, un suo centurione, Flavio Foca, ordita una congiura di Palazzo, si impadronì del potere e fece decapitare Maurizio, dopo averlo costretto ad assistere allo strangolamento dei suoi cinque figli. Così nel 602 d.C.  Flavio Foca saliva sul trono di Bisanzio e fondava la dinastia. Il resto del suo regno corrispose al brillante inizio, le teste cadevano sotto le scuri dei suoi boia come foglie in autunno.

Malgrado ciò in onore di Foca venne eretta nel Foro Romano una colonna, tuttora in piedi, con una iscrizione in cui l'imperatore viene lodato come un egregio modello di virtù. Per questo ancora oggi gli eruditi dicono «la colonna di Foca», per indicare un classico esempio di sfacciata adulazione. Che diritti ha ora Totò sulla colonna di Foca? Volendo, potrebbe incartarsela e portarsela nel camerino del teatro? Ai giuristi l’arduo responso. 

La famiglia Foca si mantenne al trono per molti decenni, tra alterne vicende, congiure, assassini, attentati, incesti, usurpazioni ed altre cose che molte usavano nella splendida e corrotta corte di Bisanzio. Dopo qualche secolo il principe Leone Foca, non più Imperatore ma semplice principe e generale, dopo aver sconfitto i Bulgari, aggiunse, secondo l'usanza, il nome del nemico vinto al suo e si chiama Griffo Foca.

«Allora - ci dice Totò, che abbiamo intervistato nel suo camerino al Quattro Fontane ancora tutto sudato dopo gli sgambetti di una serata d'onore - allora i re combattevano alla testa dei loro eserciti.»

Passano altri secoli, la famiglia Griffo Foca si trasferisce in Italia meridionale e cambia un'altra volta nome. Un certo Curzio si acquista fama e i suoi discendenti vengono chiamati de Curzio, quindi De Curtis. Dopo un viaggio nel tempo di 1200 anni, siamo arrivati dalla corte di Bisanzio alle tavole del palcoscenico del Quattro Fontane. Potenza della suggestione? Il viso di Totò ci appare trasfigurato, stilizzato, e l'ocra del cerone, i netti tratti di matita blu sotto gli occhi sporgenti contribuiscono a dargli un aspetto bizantino.

Il riconoscimento del titolo imperiale non è stata cosa troppo facile a conseguire in quanto Totò, pur avendo tutte le carte genealogiche in regola, si è scontrato nella tenace opposizione del Principe Nicola Memagna Paleologo, Gran Maestro del Sacro Imperiale Ordine Costantiniano il quale, pur riconoscendo a Totò i diritti di discendenza, si rifiutava di scriverlo nei ruoli dell'ordine, affermando che tale trascrizione era subordinata a un suo giudizio favorevole  sulle qualità del richiedente. Evidentemente il principe magna preferisce Zacconi. Si impegna così una lunga, accanita battaglia tra l'ultimo dei Paleologhi e il re del varietà italiano. Totò ricorre al tribunale ed ha partita vinta.

«Tutta invidia - ci confida Totò - i Paleologhi sono saliti al trono di Bisanzio solo molti secoli dopo il mio avo Flavio Foca». Difatti il fondatore della dinastia è Michele Paleologo VIII,  incoronato nel 1241 d.C. dopo aver fatto accecare l'imperatore minorenne Giovanni IV, di cui era stato nominato tutore. Tutti galantuomini, a Bisanzio. Nel parlare dei Paleologhi, Totò ha nella voce un tono di partenopea commiserazione, come chi dicesse «ma guarda un po' questi parvenue dell’aristocrazia!  Seicento anni più giovani di me!»

«D'altronde -  conclude Totò - io non ci tengo. Quello a cui tengo è il mio lavoro, Il mio teatro. E poi…  altezza Imperiale!  Di questi tempi!»

Corrado Pallembero, «Espresso», Roma, 26 gennaio 1946


Corrado Pallembero, «Espresso», Roma, 26 gennaio 1946