Anche una ragazza vuole il trono di Bisanzio
La principessa Maria Teresa-Stella Mattutina-Fiore Tocci è entrata in gara con Totò e con Marziano II e col romano Sanmartini.
Roma, ottobre
L’imperatore Marziano II, Il titolare della casa Lascaris Comneno, l'uomo che per anni ha distribuito numerosi titoli di conte con aggancio al ramo cadetto, di una delle ventisette «linee» del trono di Bisanzio, l'uomo che nomina chiunque lo desideri Duca di Lorilea o Conte Palatino, Gran Croce di Giustizia o Bali di Castelforte, è stato denunciato nei giorni scorsi per alterazione del proprio atto di battesimo.
Marziano, di solito, distribuisce titoli nobiliari e attribuisce antenati di garantita marca bizantina a coloro che ne sentono improrogabile bisogno. Egli regna con una ventina di nomi e di titoli mentre, secondo la denuncia del noto araldista conte Luciano Pelliccioni di Poli, egli sarebbe venuto alla luce con la comune dote di un nome e di un cognome. Marziano II avrebbe infatti alterato il proprio atto di battesimo nella chiesa di San Camillo dove, come dai registri di stato civile, avrebbe dovuto risultare che Lavarello Marziano, nato il 17 marzo 1921 da Prospero Gottardo e da Cassanelli Nella, non ha altri nomi o titoli.
Marziano II se si fa eccezione per questa pretesa illegale conquista di un trono, nell’esercizio delle sue funzioni non trasgredisce il codice. Egli dispone di una decina di sentenze rilasciate da varie preture e tribunali meridionali all’Imperatore titolare della Casa Lascaris Comneno, erede Porfirogenito dei Nomanja Paleo-logo, Principe di Turgoville, Duca di Sayoja-Villars, Marchese Obertego di Lavarello Cibò Malaspina. Conte sovrano di Ventimiglia, Teodoro, Costantino, Augusto, Giulio, Angelo, Flavio, Capo della casa imperiale di Costantinopoli e Principe Supremo del Sacro Sovrano Ordine Angelico, dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio ovvero della Milizia Aurata d’Oriente, Marziano II.
“La topaia”
Queste sentenze (rilasciate ad Avezzano, Bari, Catania, Vico del Gargano) gli conferiscono facoltà di distribuire titoli nobiliari. Regnando, l'imperatore Marziano II altro non fa che esercitare i diritti acquisiti con queste sentenze.
La residenza privatissima di Marziano II è una terrazza alla quale si accede per una scaletta a chiocciola in via Piemonte, e che è stata nominata «la topaia». Si tratta di una reggia decorata con pitture astrattiste e cubista, mobiliata di freschi vimini, dove l’imperatore riceve gli amici, si diletta di musica e di pittura.
La sala del trono e delle Investiture è al piano di sotto, nell'appartamento materno, con molte pretese di fasto, un trono con tarli autentici e forse secolari ivi sono sfilati mezzadri meridionali e compagni di scuola, ricevendo dalla graziosa maestà, che da qualche tempo sfoggia un pa trucchino rosso a coprire la precoce calvizie, ordini cavallereschi, gran cordoni, decorazioni, diplomi e motti di spirito. Perché Marziano è un giovane spiritosissimo, erudito e fertile in quanto a storia antica e a estetica moderna. I suoi riti, come d'altra parte i suol nomi, cambiano con una certa volubilità. Ma non si può pretendere che l'ultimo erede d'una stirpe più antica dJ quella d'Inghilterra (egli asserisce che dal 105 d. C il suo nome è stato trasmesso di padre in figlio senza soluzione di continuità, senza rivendicazioni o trascrizioni anagrafiche) conservi le rigide etichette del tempo di origine. Etichette no, ma prerogative si, come quella di conferire ordini e onorificenze. Tanto è vero che quando Totò ottenne dalla magistratura napoletana l’autorizzazione a usare i nomi Angelo. Flavio, Comneno, Ducas di Bisanzio, egli protestò in tribunale e sui giornali, rivendicando solo a sé l'Istituzione Cavalleresca che considerava patrimonio ereditario.
Furono colpi di diffide, interviste, denuncie, proteste, terminate con un mal di testa generale della magistratura napoletana e archiviate senza luogo a procedere. Per cui, nonostante le vibrate lamentele di Marziano Lascaris Comneno, Lavarello ecc., Totò potè tranquillamente continuare a farsi chiamare, in piena coscienza di diritto, coi nomi di S.A.l. Principe Antonio Griffo, Focas, Flavio, Angelo, Ducas, Comneno, De Curtis di Bisanzio, Gagliardi, unico e legittimo Gran Maestro del Sacro Imperiale Ordine Costantiniano di S. Giorgio e assoluto erede del trono di Bisanzio.
Un professore-imperatore
La cosa finì con tutta pubblicità: nemmeno per «Guardie e ladri», il suo capolavoro, Totò ebbe tanti articoli e fotografie; nemmeno per il suo fidanzamento con Franca Faldini; nemmeno per tutte le storie che periodicamente escono sul suo conto. Valeva la pena farsi adottare dal vecchio marchese Gagliardi. Meglio lui, con gli agganci a Costantinopoli, che Caracciolo, borbone.
Dicono a Napoli che il popolare comico, una ventina di anni fa, agli esordi della sua carriera di brillante, insistesse presso il vecchio Caracciolo, burlone e gaudente, per una regolare adozione. E quello, che andava nei locali dove Totò lavorava, in cerca di ballerine, rispondesse : «Ma io vengo ’cca a guardà e femmene, no pe' accattà guaglioni». Totò adesso ha 54 anni, è nonno, è il più popolare attore comico europeo, può permettersi il lusso del sogno, può divertirsi a prendere sul serio la corona di Bisanzio, e, se volesse, quella di Spagna, o di Francia o di Navarra. Con una recente sentenza del Tribunale di Roma è decaduto il reato di titoli nobiliari. Possiamo far mettere sui nostri biglietti da visita bizzeffe di palle e di corone, nomi lunghissimi, romantici. storici. A meno che questo non serva a truffare il prossimo e a spillargli quattrini il farsi chiamare conte o principe viene considerato solo un atto di vanità, da indulgere e trascurare.
Di questa legge, prima che venisse varata, doveva essere al corrente il terzo pretendente, Vittorio Sanmartini, che si fa chiamare nell’intimità S.A.S. don Vittorio Emanuele di San Martino e di Valperga, Principe e Conte del Canavese. Capo del Real Ceppo Anscarico-arduinico-carollngio e del Consortile del Canavese. come risulta dalla partecipazione di morte che egli fece stampare alla dipartita del fu cav. Adolfo Sanmartini, onorato e stimato tappezziere romano.
Di lui, tranne le solite notizie sulla triste sorte dei suoi avi, i Valperga, la cui nobiltà risale a prima di quella Savoia, non si può dire molto. È alto, grande, dall'aspetto serissimo. E' stato a scuola, stranezze della storia, con Marziano. Viaggia molto, ama il caffé, dette una festa spettacolosa, qualche anno fa, al castello di Agliè.
Sui Valperga si sa ancora che l'ultimo discendente di questo nome, Enrico di San Martino, già Presidente dell'Accademia di Santa Cecilia, è morto notoriamente senza discendenti pochi anni or sono. Sulla sua famiglia Marziano ha scritto una dottissima «memoria» accusando chiunque si spacci oggi per conte o principe di San Martino «come mestatore non degno di consideratone».
Insomma Marziano si difende con le unghie e con i denti. Non sappiamo come reagirà al colpo mancino menatogli, a suon di perizie calligrafiche, dal conte Pelliccioni, né come ha intenzione di sgominare la quarta pretendente, Maria Teresa Ily Tites (Stella Mattutina) Lule (Fiore) Argondizza-Tocci, sulla quale suo padre, il prof. Francesco Tocci, ha scritto tutta la storia dei Tocco, sparsa di tanti di quegli eroismi ed esempi di virtù che nemmeno i Flavi della Repubblica Romana.
Nell'ultimo numero del dicembre 1951, infatti, «Il Mondo Araldico» periodico dell'Accademia Genealogica, pubblicava un estratto dei meticolosi e pazienti studi del prof. Tocci-Argondizza, sotto il titolo «Una principessa napolitana, ultima imperatrice ed erede del trono di Bisanzio». In questo articolo il professore padre dell'imperatrice e imperatore egli stesso cominciava a raccontare le vicende, dal Paleologo in giù, degli sventurati esuli di Costantinopoli, rivelando i legami che, di generazione in generazione, attraverso secoli di muffa e imparentamenti, adozioni, bastardaggini, contaminazioni di nomi e di virtù, ricollegano Carlo I Tocco, conte di Cefalonia, alle sue zie materne, tutte somiglianti per profilo e per virtù alla famosa Teodora.
Onestamente egli aggiunge che il cognome Tocco ha dato origine radicale ai cognomi moderni Tocco, Tocci, Toccio. Tocchi e probabilmente a Tucci, Tecci e Tacci: sua figlia Maria Teresa è una ragazza sui vent'anni, cosi cosi, che un anno fa avrebbe voluto fare del cinema, ma pare che, scoprendo suo padre le origini imperiali della sua progenie, ora vi abbia rinunciato. Ha molti capelli, suona il pianoforte, non si è laureata.
Però, pensandoci bene, tre scapoli e una ragazza intorno a questo trono: forse ci faranno un film. O forse vorranno (come sarebbe bello) battersi per lei Marziano e Sanmartino, con Totò direttore di scontro e Nicola Amore De Cristofaro, responsabile di «Mondo Araldico» nonché impiegato al dazio, padrino, testimone e pubblicista di un avvenimento che forse non ci farebbe rimpiangere i tempi delle giostre e delle crociate, le castellane e le principesse (ma belle) con la sciarpa d'oro zuppa del sangue dei cavalieri di Costantino, poveruomo, che da un po' di tempo non fa che rivoltarsi nella tomba aspettando che si decidanoa chiarirgli questo spinoso affare di successione a quel trono sul quale stese, eroicamente. le cuoia.
Ugo Moretti, «Epoca», anno III ,n. 109, 8 novembre 1952
Ugo Moretti, «Epoca», anno III ,n. 109, 8 novembre 1952 |